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7 modi per ottenere Rispetto e Fiducia da tuo figlio
Pensiamo che i figli ci debbano rispettare per il semplice fatto che siamo i loro genitori. Perché noi siamo gli adulti, perché ci siamo passati prima di loro e abbiamo già vissuto queste cose. Ci devono rispettare e si devono fidare di noi perché noi parliamo ed è legge quello che diciamo. In verità la fiducia non è uno stato di diritto, ma è un qualcosa che il genitore si deve conquistare. Vediamo insieme cosa puoi fare per guadagnarti la sua fiducia. Come conquistare la fiducia dei figli in 7 passi 1- Rispetta i bisogni di crescita di tuo figlio Anche a costo di andare contro alla tradizione e alla cultura del paese in cui vivi o della famiglia di origine da cui provieni o delle persone che ti hanno cresciuta, rispettare i bisogni vuol dire che, se un bambino ha la necessità di dormire con mamma e papà per i primi tempi o i primi anni di vita, bisogna farlo, anche se ci hanno sempre insegnato che così LO VIZI. Se i bambini hanno bisogno di accoglimento, di contatto fisico, vanno presi in braccio, stretti, avvolti dalle nostre braccia, anche a costo di “viziarli” (tra l’altro i vizi non esistono). I NO vanno detti con fermezza, ma accompagnati anche da empatia e amore. È necessario dimenticarsi che fino all’altro ieri ci hanno insegnato che “ci vuole polso! Devi essere duro. Deve capire, deve smetterla. Lascialo piangere…” Prima ti liberi da questi “credo” e prima tuo figlio imparerà, anzi apprezzerà e si fiderà sempre di più di te. 2- Impara a restare calma Più ti aiuterai a restare calma, a gestire le situazioni guadando il lato positivo e cercando di trovare una soluzione efficace serenamente, e più tuo figlio saprà di potersi fidare di te. Perché più tu sei una persona che riesce a gestire i propri stati d’animo, riesce a gestire la rabbia anche nelle situazioni più difficili, più impari ad essere il suo Aiutante Magico e sei a disposizione per aiutarlo a superare le difficoltà è più “punti” e fiducia guadagnerai nei suoi confronti. 3- Giudizi e umiliazioni non aiutano Non umiliare tuo figlio con punizioni e sgridate, con i paragoni perché credi che sia più opportuno un altro atteggiamento, che dica cose diverse, che sia un bambino diverso e che faccia proprio come quello con cui lo paragoni, magari un compagno, uno che passa per strada, un fratello o anche soltanto il “bambino ideale” che hai in testa… È perfetto così com’è! A nessuno piace essere paragonato! 🙂 4- Lascia che sperimenti le sue idee Per i bambini è importantissimo provare e imparare attraverso la pratica, le esperienze, i tentativi. E se facendo per caso sbaglia, inciampa, si rompe qualcosa, gli puoi dare la possibilità di rimediare, invece di accusarlo, punirlo e sgridarlo come spesso hanno fatto i nostri genitori con noi inibendo il nostro desiderio di sperimentare. Puoi sdrammatizzare dicendo: “AH capperi! È successo un guaio! Come possiamo rimediare?” E poi aiutarlo a risolvere senza farlo sentire sbagliato. L’unico vero antidoto all’errore, lo sai anche tu, non è la sgridata, non è la punizione, ma è semplicemente dare, a bambini e ragazzi, la possibilità di rimediare per imparare dall’errore. Tu come ti sentiresti al suo posto? Per approfondire leggi l’articolo Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo 5- Ascoltalo Ascolta le sue motivazioni, quello che prova, sempre, senza giudicarlo, senza sminuirlo, con disponibilità ad accogliere i suoi sentimenti e le sue emozioni, a credere in quello che sta provando, senza dirgli che è sbagliato, senza dirgli che deve essere coraggioso, che non deve fare così e che non deve piangere. Abituati ad accogliere i suoi stati d’animo, qualsiasi essi siano. 6- Dire di no e dare limiti, ma con calma Come genitore sai dire di NO quando è ora e soprattutto sai farlo nel modo corretto, rispettando i bisogni di tuo figlio. Il NO è fermo e non diventa Sì (altrimenti sei incoerente). E pur essendo detto con fermezza e sicurezza tutte le volte in cui è necessario dire no, è un NO sereno che si affianca anche alla nostra capacità di essere empatici con la reazione di nostro figlio e di accogliere il suo dispiacere o il suo stato d’animo del momento. È naturale che un bambino o un ragazzo possa non accettare il tuo No o avere delle resistenze se proprio la voleva fare quella cosa particolare. Chiediti se il No che stai per dire serve e, se poi lo dici, sostienilo e accogli tuo figlio con amore. Puoi scoprire come aiutare tuo figlio a rispettare le regole e i tuoi no leggendo questo articolo: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no 7- Sfodera la fiducia in te stessa Se credi in te, in quello che pensi, credi in quello che provi, ti accogli e non ti giudichi, dai tu un ottimo esempio che anche lui potrà seguire da subito. Se ti senti un genitore insicuro, puoi approfondire leggendo l’articolo Le 5 cause che ti fanno sentire un genitore insicuro (la prima da piccolo ti umiliava)
Prendi i Compiti per le corna
Vediamo oggi come possiamo supportare i nostri figli in questa nuova modalità scuola/compiti. Scopri qui come alleggerire e rendere più divertente il momento dei compiti.
Smettila di dire Parolacce! (Perché i bambini le dicono?)
Cosa fare quando i bambini dicono parolacce ai genitori o a scuola? Per quale motivo tuo figlio ripete una parolaccia anche se gli spieghi che non si dice? Quali sono i passi da seguire per aiutare i bambini a non dire le parolacce? I bambini dicono parolacce perché… In genere un bambino dice una parolaccia per 3 motivi: 1️⃣ Continua a ripeterla perché la nostra spiegazione razionale “perché non si fa!” non viene recepita. E allora magari, oltre a dirgli che non si fa, posso provare a spiegarglielo in un altro modo che sia più immediato per la sua età. 2️⃣ A volte i bambini riportano le parolacce, ad esempio, dalla scuola materna. Se, nel loro piccolo, magari cominciano ad avere la fiducia in se stessi che tentenna un pochino, possono riconoscere in una persona che dice le parolacce, adulta o coetanea che sia, una forza. E quindi cominciano a ripeterle. 3️⃣ Altre volte il bambino la ripete perché sa che ci punge sul vivo 😊 4️⃣ Altre volte ancora (dipende anche dall’età) sono un po’ una scoperta oppure gli altri ridono mentre le dico e allora le ripeto o quando il mio amico le dice gli altri ridono allora le dico anche io. Scopri tutti i dettagli e le soluzioni in questo articolo. Motivo 1: le spiegazioni non servono Per prima cosa io vado a caccia dei motivi e quindi mi chiedo: “come mai continua a ripetere la parolaccia?” Un motivo potrebbe essere che continua a ripeterla perché la mia spiegazione razionale “perché non si fa!” a 4 anni non viene recepita. E allora magari, oltre a dirgli che non si fa, posso provare a spiegarglielo in un altro modo che sia più immediato per la sua età. Per esempio, posso dirgli (possibilmente con calma e senza accusarlo): “Quella parola!!! Quella parola lì che proprio non si può dire! Adesso l’hai fatto perché anche tu ti sei arrabbiato! Allora bisogna cambiare: quella parola lì non si dice ma puoi dire: mamma, io sono arrabbiato, arrabbiato, arrabbiato perché non riesco a montare questo gioco!!! Uffa, sono arrabbiato per questo.” Quante volte dovremo farlo? Ancora e ancora, tutte le volte che sarà necessario. Finché pian piano lo disabituiamo a dire la parolaccia e lo abituiamo a usare un altro termine. Un bambino piccolo non capisce se gli diciamo con serietà che: “quella cosa non si fa, non la devi dire” “è maleducazione” e “non la devi più fare”. Questa modalità a lui non arriva e, anzi, più usiamo un tono duro e siamo arrabbiati è più si sente accusato. Anzi, forse proprio perché si sente accusato, rincara la dose. E quindi continua a dire ancora più parolacce! Ci possono essere anche degli altri motivi. Motivo 2: a volte i bambini dicono parolacce perché le hanno sentite, ad esempio, dalla scuola materna. Magari iniziano a credere poco in se stessi e allora se capita che abbiano la sensazione che chi dice le parolacce sia più forte e più sicuro di sé, allora iniziano a dirle anche loro. E potrebbero pensare: “Guarda che carattere, guarda con che temperamento ha detto quella cosa! Guarda che potere che ha sulle persone: alla fine li fa stare zitti e tutti lo guardano! Anche io voglio essere così carismatico! Forse per avere quella forza bisogna dire una parolaccia. E allora io dico la parolaccia!” In questo caso possiamo mettere in pratica la soluzione precedente, ma, allo stesso tempo, riflettere sul perché potrebbe non sentirsi all’altezza e fare il possibile per rimediare. Per approfondire l’argomento Autostima, puoi anche leggere questo articolo: Le 9 frasi che fanno sentire tuo figlio uno “sfigato” (e limitano l’autostima dei bambini) Motivo 3: il bambino dice parolacce per pungere… Altre volte il bambino ripete le parolacce perché sa che ci punge sul vivo. Ha capito che per noi va bene tutto, ma non le parolacce! Se le dice scattiamo sull’attenti! Ed ecco allora che pensa: “Perfetto! allora io comincio con la prima che ho sentito dire. La ripeto, la ripeto come un disco rotto perché, cara mamma, forse mi ami tanto, ma è anche vero che spesso mi sgridi. E’ anche vero che ogni tanto alzi la voce e urli. È anche vero che un sacco di volte mi dici di aspettare e che non hai tempo. E’ anche vero che quando io voglio stare con te invece corri e giri come una trottola e quando ti metti a giocare con me non hai tanta voglia, sei stanca, ti addormenti e non mi fai divertire. E quindi cosa devo fare? Io devo fare solo le cose belle per te? Se questa cosa ti dà fastidio, allora la faccio ancora di più!” Altre volte un bambino ha bisogno di attenzioni di qualità, perché magari siamo sempre di corsa, o perché, magari, quando è bravo e tranquillo noi ne approfittiamo per fare altro. Ha visto che, quando invece fa qualcosa che non va, le attenzioni sono su di lui e corriamo subito. Siamo super attente e, anche se per rimproverarlo, stiamo con lui, mezz’ora. O pur di fargli cambiare idea cominciamo a distrarlo prendendo un gioco o facendogli vedere cosa c’è fuori. Gli raccontiamo finalmente qualcosa. Ecco che il tasto per accendere le nostre attenzioni nei suoi confronti diventa la parolaccia. Se noi a monte iniziamo invece a dare attenzione di qualità, non avranno più bisogno di usare uno strumento come la parolaccia per attirare la nostra attenzione. Quindi, sintetizzando, bisogna trovare la motivazione e darci il tempo, con pazienza, di risolvere il motivo a monte. Solo in questo modo il bambino smetterà di dire parolacce, infatti non avrà più un motivo per dirle o ripeterle 😊 Se tuo figlio non ti ascolta e vuoi approfondire perché non accetta le tue regole, puoi leggere qui l’articolo Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no
Tuo figlio odia i compiti e la scuola? Forse ha un buon motivo…
Come si spiega che i bambini e i ragazzi spesso non vogliono fare i compiti, li odiano e non chiedono mai che ne vengano dati di più? Perchè tuo figlio non vuole studiare e non vuole leggere? Perché non amano stare seduti ad ascoltare l’insegnante e non mettono volontariamente prima la sveglia la mattina per approfondire le lezioni e per arrivare a scuola in anticipo? Nonostante tutta l’organizzazione scolastica con spiegazioni, compiti, interrogazioni e voti come è possibile che non sembrino MAI ABBASTANZA PREPARATI e, passato qualche mese, a volte anche solo qualche settimana, NON RICORDANO più quello che hanno imparato se non qualche piccolo dettaglio o un discorso vago e a grandi linee? I bambini e i ragazzi perdono così in fretta la passione per lo studio e la curiosità di imparare tanto che arrivati alle scuole superiori sono a volte fortemente demotivati, tristi o ribelli (e quasi sicuramente è successo anche a te). Ecco perchè arrivano nel tempo a rifiutare di fare i compiti a casa, non vogliono studiare e non hanno nessun interesse per lo studio e l’apprendimento. Questo fatto proprio non si spiega. E se proprio vogliamo ridercela un po’, ogni tanto, invece di ringraziarci per il tempo che dedichiamo loro all’interno degli istituti scolastici, ci rispondono con ingratitudine in questo modo: «L.F: giustifica l’assenza del 25/05/1999 con: mi sto preparando con largo anticipo alla fine del mondo»; «L’alunno D.L. giustifica l’assenza con: ha ceduto una diga in Puglia (siamo in Lombardia)»; «Per festeggiare la sufficienza in arte L.S. spara un fumogeno dalla finestra dell’aula»; «C. aizza i compagni a lanciare penne e gomme verso il sottoscritto»; «In classe volano patate e altri ortaggi»; «L’auto della professoressa di storia è bersaglio degli sputi di F.S.»; «L’allievo F. non è sensibile ai miei stimoli culturali»; «La classe dopo ripetuti richiami continua a simulare un insistente terremoto battendo i piedi sul pavimento»; «In classe si inneggia alla rivoluzione»; A volte, invece, gli alunni sembrano disperati e adottano comportamenti preoccupanti: «D.L. abbaia durante la lezione»; «T.U. butta il proprio banco e la sedia del suo compagno fuori dalla classe per motivi ignoti»; «B.D. peregrina senza meta per la classe»; «L’alunno F.M. ritorna dal bagno dopo 20 minuti dicendo che non lo trovava»; «C. disturba la lezione dando testate al muro»; «R.P. si autoestrae un dente nell’ora di Filosofia»; Altre volte ancora, proprio come i neonati che, per non sentire il troppo disagio, si adattano e cercano di compensare, ecco cosa fanno: «D. dice di andare in bagno: va a fumare e torna con cappuccino e brioches a fare colazione in classe»; «L’alunno M. persevera nel dirigere e nell’allestire cori dall’anda mento REP (i compagni lo seguono impedendo la prosecuzione della lezione)»; «L’alunno M.S. costruisce con impegno la sorpresa trovata dentro il cioccolato, che si è mangiato durante la spiegazione» * Tratto da www.notadisciplinare.it Perché tuo figlio arriva a odiare la scuola, non vuole fare i compiti (e perché gli insegnanti sono dei Santi) Vogliamo spezzare una lancia a favore di tutti gli insegnanti che, quotidianamente, si prodigano con tutto l’impegno possibile per fare e per dare il meglio. Chi mi conosce lo sa: li definisco spesso angeli e individui che meritano la “santità”, perché cercano tutti i giorni di fare il loro lavoro in condizioni che non solo sono contro Natura per il bambino, ma anche contro la natura dell’insegnante stesso. Quindi, se tuo figlio non vuole fare i compiti o andare a scuola è perché ci siamo adattati ad un sistema obsoleto e inefficiente che a volte rallenta l’apprendimento, che non considera i ritmi del bambino né le sue tappe di crescita, le sue passioni e i suoi talenti. Se da un lato non abbiamo colpe, dall’altro di certo possiamo e dobbiamo fare il possibile per: 1️⃣ Diventare coscienti di tutte le Idiozie che stanno negando alle future generazioni di manifestare la loro genialità; 2️⃣ Conoscere quello che la loro natura prevede nell’ambito dell’apprendimento; quali sono le modalità con cui i bambini imparano velocemente e divertendosi; come recuperare tempo indirizzandoci verso le potenzialità di ciascuno; 3️⃣ Fare delle scelte secondo coscienza che, una volta applicate, possano portare al cambiamento. Adesso andiamo a vedere quali sono questi schemi e queste false credenze a cui ci adattiamo. I 4 falsi miti sull’Apprendimento che ti riveleranno perchè non vuole studiare e si rifiuta di fare i compiti “Dimmi e io dimentico. Insegnami e io ricordo. Coinvolgimi e io imparo” Benjamin Franklin 1° Falso Mito: perchè odia la lettura e i compiti? I voti sono un buon metro di giudizio per far comprendere al bambino a che punto è, e per spronarlo a fare meglio. Riflessioni su scuola e compiti A cosa serve dare il voto a scuola? Le attuali modalità comunicative basate su minacce e note: potrebbero umiliare bambini e ragazzi? Non sei in grado di sapere da solo che cos’hai o che cosa ti manca, e te lo devi far dire da un altro. Potrebbe essere che si mettono da parte talenti e passioni e invece si segue solo la strada del: “sono io che ti valuto, sono io che decido per te sulla base di un mio metro di giudizio personale e insindacabile”… potrebbe impedire all’individuo di essere davvero autonomo? Da solo non puoi sapere, il tuo senso critico non basta e ti serve sempre qualcuno dall’esterno che ti dica come stanno le cose I voti, soprattutto se usati in un clima di paura, hanno come conseguenza deleteria il fatto di crescere i rappresentanti delle future generazioni SFIDUCIATI, a caccia del premio o TIMOROSI DELLA PUNIZIONE, schiavi del fare anziché padroni dell’essere. Quello che invece dobbiamo fare è smettere di utilizzare il voto come arma di potere e coltivare nel bambino un proprio senso di valutazione sincero, neutrale e trasparente. Dobbiamo impegnarci affinché ritorni in lui la voglia di imparare per il gusto di conoscere, di maturare, di acquisire competenze sempre più sofisticate per migliorare se stesso, la propria esistenza e quella degli altri. Se provi a metterti nei panni dei ragazzi, scopri che oggi vivono troppo spesso tra una profonda apatia e uno stress elevato. Hanno come unico sottofondo la preoccupazione del compito in classe, della valutazione, di sapere e di ricordare nel momento in cui si trovano davanti all’insegnante, di fare bene i compiti e di finire, perché altrimenti… Quando invece tutta quest’ansia non c’è, vivono una sorta di noiosa rassegnazione dove prendono a spizzichi e bocconi qualche cosa che arriva dall’adulto, senza essere più in grado di autoalimentare la propria curiosità e la propria capacità innata di imparare da soli. In un clima simile come si fa a non perdere la voglia di fare i compiti? Come si fa non odiare scuola e apprendimento? 2° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè i bambini si annoiano a scuola? La modalità accademica e frontale attuale va bene per insegnare. Riflessioni su scuola e compiti Ci sforziamo di tenere gruppi di 18, 20, 25 bambini o ragazzi attenti e partecipativi senza riuscirci con quotidiana regolarità, perché usiamo i modi sbagliati per intrattenerli e stimolarli. Non è vero che sono più stanchi il venerdì oppure all’ultima ora. O meglio, è vero che lo sono, ma semplicemente perché hanno accumulato ore (se non una settimana intera) di noia e frustrazione. I bambini non sono fatti per stare fermi immobili a imparare, in ascolto passivo di un individuo che parla, sciorinando tutta una serie di informazioni che poi dovranno ripetere, memorizzare e ricordare per sempre. NOI SIAMO FATTI PER IMPARARE DALL’ESPERIENZA DIRETTA. Impariamo meglio se possiamo muoverci coinvolgendo anche il nostro corpo mentre apprendiamo. Impariamo davvero se possiamo trovare in modo spontaneo le soluzioni, se ci è dato di rispondere ai perché della vita trovando le risposte dentro di noi, senza doverle assimilare preconfezionate e impacchettate. 3° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè bambini e ragazzi a volte che si sentono inadeguati, incapaci e inferiori? Bisogna potenziare le debolezze. Riflessioni su scuola e compiti I voti avvalorano la frase che hai appena letto. Perché dare i voti se non per sottolineare le carenze di chi il voto lo riceve? Non possiamo nasconderci dietro una foglia, negando che consideriamo un “tre” negativo e che suggeriamo di correre ai ripari. Non possiamo neppure negare che spendiamo soldi in ripetizioni per le materie in cui i nostri figli sono carenti e non, ad esempio, per potenziare gli ambiti in cui sono bravi, nei quali possono esprimere al massimo i loro talenti. È vero che bisogna sapere di tutto un po’, avere delle basi che ci permettano di comunicare con gli altri e di vivere nella società, ma se potessimo approfondire le materie che rappresentano le loro passioni, vedremmo più bambini felici nelle scuole. È uno spreco di tempo e di risorse insistere dalle Elementari alle Superiori nel potenziare i temi che non risuonano con le passioni degli alunni, per portare allo stesso livello tutte le loro conoscenze e per omologarli ai coetanei. Faremmo invece un’ottima cosa per le future generazioni e per la società tutta se spendessimo più tempo a VALORIZZARE le CAPACITÀ e i TALENTI SPECIFICI di ciascuno. Questo richiede organizzazione, tempo e fatica? Bene, diamoci da fare! Cosa stiamo aspettando? L’obiezione è invece la paura che le cose ci scappino di mano? O di perdere il controllo sul bambino o sul ragazzo perché noi adulti sappiamo cosa è bene per lui? In questo caso faremmo meglio a osservare la nostra mancanza di fiducia e risolverla, impegnando le nostre risorse per far sbocciare e splendere i meravigliosi e unici talenti che ciascuno di loro possiede. Tu come ti sentiresti se ti costringessero a passare i pomeriggi a fare cose che non sono nelle tue corde e che non ti appassionano? Allora perchè bambini e ragazzi devono passare ore e ore a ripetere temi che non accendono la loro creatività e la loro passione? Dietro il “non voglio fare i compiti e odio la scuola” come vedi c’è un modo sommerso da scoprire. 4° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè la scuola limita la creatività? I programmi attuali garantiscono un’istruzione adeguata. Riflessioni su scuola e compiti Una cosa che ci ha sempre fatto riflettere e, che ancora oggi non capiamo, è la seguente: perché studiamo gli Egizi e i Romani iniziando sempre dallo stesso punto (anche se con gli anni aumentano la complessità e la quantità delle informazioni), alle Elementari, alle Medie e poi alle Superiori? Che pizza! Risposta: è giusto cara Roberta, perché possiamo dimostrarvi che dopo un tot di anni i ragazzi non si ricordano nulla. Meglio non ribattere a questa affermazione: Se un bambino o un ragazzo non ricorda ciò che ha ascoltato in classe la responsabilità è solo nostra, che non abbiamo saputo APPASSIONARLI e fissare il RICORDO VIVIDO nella loro memoria. Nessuno di noi è uno smemorato. Ne è dimostrazione il fatto che ci basta guardare anche una sola volta un film ben fatto, che ci appassiona, per ricordarne per tutta la vita i tratti salienti, le battute principali e la sequenza delle scene. Se solo lo permettessimo, i nostri ragazzi farebbero la stessa cosa con la Storia, la Geografia, le Scienze, la Letteratura ecc. È vero che hanno bisogno delle basi, che il tempo è poco e che sono in tanti ma, anche in questo caso, è un problema di organizzazione e di gestione delle risorse, non certo di capacità dei nostri adulti del futuro. Tutto questo si può ottimizzare per lasciare spazio ad altro e, nel nostro sistema scolastico, c’è troppa POCA PRATICA rispetto alla mole di nozioni teoriche insegnate. E ancora: Perché per esempio nelle Medie o nelle Scuole superiori non si abbonda con lezioni sulla MATURITÀ PERSONALE, su come avviare un’IMPRESA, sulla COMUNICAZIONE, su come SUPERARE I PROPRI TIMORI, sulla gestione della propria AUTONOMIA AFFETTIVA, sui RAPPORTI CON GLI ALTRI, sull’ APPRENDIMENTO veloce, sulle tecniche di visualizzazione, sul come sviluppare un PIANO STRATEGICO per realizzare un proprio sogno ecc.? Perché alle Scuole elementari i bambini non passano la maggior parte del loro tempo a imparare giocando? (scoprirai più avanti che in questa fascia di età apprendono fisiologicamente e spontaneamente in questo modo). A giocare a fare i grandi imparando la teoria da situazioni che simulano la vita di tutti i giorni? (se ti sembrano cose strane devi sapere che in diverse realtà questa modalità di insegnamento è la normalità mentre noi spendiamo ore ed ore per le spiegazioni razionali che per bambini di 6-7 anni sono incomprensibili e noiose). Come apprendono i bambini e i ragazzi: le soluzioni se non vuole fare i compiti Tutti attraversiamo differenti fasi di crescita. In ogni fase sviluppiamo determinate competenze necessarie per diventare individui autonomi e in grado di realizzare le nostre passioni, manifestando così noi stessi e dando anche un contributo agli altri. Se non hai mai sentito parlare delle tre fasi della crescita, ti suggeriamo di approfondirle il prima possibile: non conoscere il “Libretto delle Istruzioni” significa non sapere quali siano i bisogni affettivi ed emotivi di tuo figlio nell’infanzia e nell’adolescenza. Infatti, anche per quanto riguarda l’apprendimento, ogni fase ha le sue caratteristiche e, se le conosciamo e le applichiamo, possiamo superare numerose difficoltà che i bambini e i ragazzi incontrano sul loro cammino. Le fasce di età che vedremo tra poco sono schematiche per necessità di stesura. In verità, le varie fasi si susseguono in modo armonico maturando nel tempo, giorno dopo giorno, senza stacchi netti o cambiamenti repentini. Ora vediamo come si potrebbe prevenire l’odio per la scuola e per i compiti. Le modalità elettive con cui apprendono i bambini da 0 a 5-6 anni Sperimentazione Assorbendo in modo incondizionato dall’ambiente Sfruttando la fantasia Sperimentando nella pratica le loro intuizioni Qualche spunto per la pratica da 0 a 5-6 anni In questi anni il bambino ha bisogno giocare, giocare e giocare ancora. Deve poter vivere nel suo mondo di fantasia dove tutto è possibile, perché questo è il modo naturale in cui sviluppare e strutturare un proprio bagaglio di supporto, l’ottimismo e la sfera delle possibilità. Se viene limitato o trattato come un adulto troppo presto, oppure ridicolizzato, questo bagaglio si alleggerisce a danno degli anni successivi. In più, giocare rappresenta per i bambini l’unico strumento valido per conoscere, per sperimentare e per “fare le prove”, per immedesimarsi e sperimentare la vita di adulto. Le modalità elettive con cui apprendono i bambini e i ragazzi dai 6-7 a 15 anni Attraverso le parole delle persone di cui si fidano e di cui hanno stima Iniziando a sviluppare la loro facoltà razionale e logica Riuscendo a comprendere una regola esposta a parole Qualche spunto per la pratica da 6-7 a 15 anni Permettiamo loro di imitare le lettere con il corpo e di viverne prima i suoni con filastrocche e canzoni. Solo successivamente, diamo loro la possibilità di riprodurre il carattere stilizzato sulla carta con la penna. Per la Matematica portiamo torte in classe da dividere, oggetti, semi e legumi da suddividere. Giochiamo al mercato, cuciniamo utilizzando le dosi degli ingredienti, usciamo a misurare tutto il misurabile (scalini, strade con i passi, altezze ecc.). Per lo studio della Storia facciamo teatrini e scenette con costumi e atti di vita quotidiana. Per esempio, per tutta una settimana o tutto un mese siamo Romani, Egizi, Greci. Le modalità elettive con cui apprendono i ragazzi da 15 a 20 anni Sviluppando un proprio senso critico Mettendo insieme e potenziando tutte le competenze dei tre cicli Qualche spunto per la pratica da 15 a 20 anni In questa fase, aumentando naturalmente le capacità dell’individuo, anche la posta in gioco si alza. Quindi può capitare che un certo numero di formule chimiche si debba per forza ripeterle per ricordarle, così come può succedere per alcuni articoli di Diritto privato. Se al ragazzo è stata data la possibilità di maturare le proprie capacità di apprendimento seguendo ad esempio le indicazioni descritte, non farà fatica a integrare questa parte del suo sviluppo mentale. Gli sarà quindi naturalmente più semplice “studiare e ripetere a memoria” qualora si dimostri necessario. Comunque, anche per le formule chimiche e per gli articoli di Diritto c’è una via breve per semplificarci la vita e, anche questa volta, la troviamo partendo dall’esperienza pratica. Vediamo brevemente qualche soluzione. Per le formule chimiche Si ricordano meglio se, laddove possibile, abbiamo prodotto in prima persona quella sostanza in laboratorio, con tutte le precauzioni del caso, ma pur sempre dal vivo e avendo partecipato attivamente all’esperimento. Altrimenti la formula che dobbiamo imparare resterà sempre anonima e, non trovando prima il suo spazio nel mondo delle sensazioni, non potrà trovare nemmeno quello nei cassetti della mente. Per il Diritto (con il potere delle immagini e delle storie) Che differenza potrebbe esserci se, anziché aprire il tomo alla pagina x, e iniziare a leggere e a ripetere, facessimo così? Il professore ci dice che siamo chiamati a risolvere un caso che da qualche tempo sta affrontando e dice alla classe: “Ragazzi ho una difficoltà e cerco la soluzione. Mio nonno mi ha lasciato in eredità un terreno a cui era molto affezionato. Io non ci ho mai badato più di tanto, perché insegnando ho altro da fare. Ieri ricevo una telefonata dal mio confinante il quale mi dice che il terreno non è mio ma suo. Secondo voi è possibile? (e aspettiamo le risposte dei ragazzi). Lui sostiene che essendo stato incolto per molto tempo ed essendo che lui doveva per forza tagliare l’erba per poter arrivare al suo appezzamento, questo mio terreno è da considerarsi suo di diritto. Secondo voi è possibile? E se così fosse, allora, ragazzi, come è possibile definire il concetto di proprietà? Secondo voi com’è possibile tutelare proprietari e confinanti?”. Il tutto guidandoli e avvicinandoli a quelli che sono i principi del Diritto e, solo alla fine aprire il libro di testo per confrontare gli articoli e impararli a memoria. Per loro sarà molto più facile perché potranno naturalmente associare alla regola il film di immagini che si sono creati immedesimandosi nella storia del professore. Inoltre, sarà anche più facile, perché l’insegnante fin da subito nel suo linguaggio avrà utilizzato tutti quei termini che i ragazzi ritroveranno poi nel testo: non saranno delle cose sconosciute da dover infilare in testa, ma concetti già ben chiari che necessitano soltanto di trovare il loro ordine e di essere fissati.
Le 5 cause che ti fanno sentire un genitore insicuro (la prima da piccolo ti umiliava)
Quali sono i “sintomi” che ti fanno capire di essere un genitore insicuro e di non avere abbastanza fiducia in te stesso? Quali fattori hanno “demolito” la sicurezza e l’autostima che avevi da piccolo? Oggi quali sono le conseguenze nella relazione con tuo figlio se ti senti un genitore insicuro e inadeguato? Ti scriviamo la soluzione a questi tre dilemmi per aiutarti a fare un passo in più verso lo stato di Genitore Stra-Felice. Scopri se se sei un genitore insicuro Vediamo di riassumere, in linea generale, i “sintomi” del genitore che non ha abbastanza fiducia in e stesso e con bassa autostima di sé: tendi a giudicarti, bacchettarti, lagnarti, paragonarti sei molto duro con te stesso, fai di tutto per metterti sempre in riga. Quando sei stanco e avresti bisogno di staccare o di divertirti, dici che non è il momento e che ci penserai poi a volte potresti essere con te stesso troppo permissivo: ti lasci andare, non reagisci, non trovi nuove strade e nuove soluzioni per toglierti dalle difficoltà secondo il tuo parere ci sono altri che sono sempre più fortunati o più bravi o più capaci o migliori di te ti prendi poca cura di te e dei tuoi spazi: dall’igiene del corpo a quello della casa, dalla cura per l’estetica della tua persona a quella per la tua casa (e qui non è una questione di tempo che non hai o di troppo tempo che ci vorrebbe…) può essere che tu dia molta importanza all’esterno e non all’interno: è molto più importante quello che pensano gli altri rispetto a quello che senti andar bene per te stesso. Quali cause hanno abbassato la tua autostima? L’autostima non è un qualcosa che si costruisce da zero ma qualcosa che è già nostro a pieno diritto fin dall’inizio: dunque quando l’abbiamo persa? Perché oggi siamo dei genitori insicuri? In verità non c’è una data precisa, o un evento particolare. Si tratta di tanti aspetti che riguardano la relazione tra noi bambini e gli adulti che nel tempo, poco alla volta, hanno generato il risultato, ovvero la disistima di noi stessi. Vediamone alcuni: Causa 1: Paragoni Ti paragonavano ai tuoi fratelli o sorelle o ai tuoi compagni di scuola, cugini, vicini di casa, figli di amici, ecc. (senza sapere ahimè che i paragoni umiliano e sviliscono) Causa 2: Ricatti e manipolazioni Pur di ottenere quello che volevano, tendevano senza rendersene conto a manipolarci e utilizzare ricatti: “se finisci tutto quello che hai nel piatto puoi mangiare il gelato” “solo se fai il bravo e mi aiuti ti lascio andare a giocare in cortile” “solo se finisci i compiti guardi i cartoni”. Causa 3: Senso di colpa Ti facevano sentire involontariamente in colpa quando ti accusavano di aver fatto male a un amichetto o a tuo fratello o a tua sorella (non sapevano di dover accogliere prima di tutto le tue emozioni e che se qualcosa era accaduto avevi i tuoi buoni motivi). Quando ti chiedevano di salutare o baciare qualcuno e tu non ne avevi nessuna intenzione, quando ti chiedevano di fare il bravo e tu non sapevi bene cosa volesse dire, volevi essere te stesso e quando ci provavi ti accorgevi che non sempre a mamma e papà piaceva e questo ti faceva sentire a disagio, dispiaciuto, sbagliato. Causa 4: Lasciami stare un attimo! Quando ti dicevano “adesso non ho tempo“, “adesso non posso“, “lasciami stare un attimo“, “poi vediamo, adesso non è il momento“, “no, non si può! Punto e basta!“. E mentre lo dicevano vedevi che si irritavano, si arrabbiavano, sbuffavano o giravano gli occhi al cielo, era come se li stessi disturbando, come se fossi un peso. Causa 5: Disistima dei genitori Quando i tuoi stessi genitori forse si disistimavano profondamente e anche tu hai assorbito e imitato involontariamente le loro ferite o i loro vuoti (ovviamente loro non hanno colpa perché a loro volta sono cresciuti con genitori con bassa autostima). Le 3 conseguenze nella relazione con tuo figlio se ti senti sfiduciato Se tu per primo hai difficoltà a stimarti e ti senti un genitore insicuro, con tutto quello che comporta, è praticamente automatico che tu lo faccia anche con tuo figlio. Magari in forma diversa, ma è comunque facile che tu abbia anche con lui lo stesso atteggiamento di fondo. Senza considerare il fatto che, poiché i bambini assorbono le abitudini e il modo di essere dei genitori, se in te alberga la disistima, può essere che anche tuo figlio adotterà questo modo di percepire se stesso, per assorbimento osmotico. C’è poi una prima grande conseguenza di fondo: tuo figlio si sentirà poco amato e poco accettato (“se non mi amano e non mi accettano loro che sono i miei pilastri, i miei punti di riferimento, le mie guide, quelli che ne sanno più di me, vuol dire che qualcosa di vero c’è di sicuro…”). Di conseguenza, cresce e diventa adulto convincendosi di questa storiella, considerando verità quello che è, invece, un errore mastodontico. Le conseguenze per lui sono le stesse che valgono oggi e che valevano in passato anche per te. Per quanto riguarda poi la relazione in sé, è probabile che: tra genitore e figlio si inneschino più facilmente lotte di potere, che si abbia difficoltà a comunicare e a farlo sul piano del cuore. il bambino, se non si sente accettato per quello che è, se fa fatica a manifestare le sue istanze e le sue volontà perché spesso ha la sensazione che vengano negate o giudicate, ha difficoltà a stimare gli adulti di riferimento, a sentirsi al sicuro e creare sintonia, fiducia e rispetto. a discapito della sua natura, diventa poco collaborativo, non parla con facilità di quello che prova e di quello che pensa. Da un lato sembra chiudersi in se stesso e dall’altro sembra diventare a volte sempre più richiedente, nel disperato tentativo di “recuperare”, di farsi accettare e amare per quello che è.
Come staccare i bambini dal cellulare, videogiochi e tablet?
Ecco uno dei nostri dilemmi e crucci più grandi: come convinciamo i bambini a staccare da qualsiasi schermo come cellulare, videogiochi e tablet? Come evitiamo la dipendenza dagli schermi? Intanto ti dico subito cosa non fare. So che all’inizio non sempre sarà semplice, ma dato che è importante eliminare il prima possibile questi ingredienti, queste abitudini, se vogliamo riuscire a trasmettere loro la giusta misura con questi strumenti, allora ci conviene farlo come prima cosa: 1️⃣ Evita di arrabbiarti e di perdere la calma 2️⃣ Se parti con l’idea di salire su uno sgabello e iniziare con una lunga filippica sei fritta/o come un panzerotto già in partenza 3️⃣ Se pensi di usare ricatti, punizioni e sgridate corri il rischio che tuo figlio finisca per spegnere i videogiochi soltanto perché ha paura o per evitare la punizione. Non certo perché sta integrando una nuova abitudine o perché ha capito l’importanza. E dato che invece vogliamo educarlo alla giusta misura, è importante che le cose avvengano in un altro modo e che si semini un po’ alla volta in lui la giusta consapevolezza indipendentemente dall’età di tuo figlio 4️⃣ Ricordati che l’obiettivo non è “convincere”, l’obiettivo è mostrare a tuo figlio o a tua figlia delle sane abitudini e aiutarlo ad integrarle nel tempo A proposito di buone abitudini, passo subito ai cavalli di battaglia, agli ingredienti fondamentali che non puoi non considerare se vuoi evitare lotte di potere, musi lunghi e arrabbiature quando è ora di usare questi dispositivi e decidere come e quanto usarli. Primo passo per staccare i bambini dagli schermi del cellulare, dei videogiochi e del tablet: la fiducia tra di voi Questo ingrediente è valido qualsiasi sia l’età di tuo figlio o di tua figlia. Se loro si fidano di te, stanno bene con te, ti vedono proprio come il loro “Aiutante Magico” perché conosci e sei attenta/o ai loro bisogni, sai dare loro del tempo della qualità di cui hanno bisogno, non li paragoni, ecco che non vedono l’ora di ascoltarti. E sanno che quando dici “no” o “basta” bisogna proprio seguirti perché lo fai per il loro bene, così come hai sempre detto di sì tutte le volte in cui è possibile soddisfare le loro richieste (di qualsiasi genere e non solo per la tecnologia). Non siamo due eserciti che devono combattere tra loro o difendersi, non è questione di chi ha ragione e chi no, non è questione di giocare a carcerieri e carcerati. Si tratta piuttosto di sapere che abbiamo bisogno di guidarli e accompagnarli a integrare delle buone e sane abitudini. A proposito di abitudini, passiamo al secondo ingrediente. Secondo: buone e sane abitudini Quando si tratta di regole siamo noi i primi a mettere su i capelli dritti o a farci venire la pelle d’oca. Partiamo di solito già prevenuti e con lo spavento addosso perché pensiamo che inizieranno a fare storie. Temiamo che ci diranno sicuramente che non vogliono spegnere, cominceranno a ricattarci a loro volta, dovremo usare le maniere forti, ecc. È molto più facile se invece iniziamo a vivere le regole come delle semplici, sane e buone abitudini da trasmettere. Come cose che vanno semplicemente fatte così. Come beviamo un bicchiere di acqua quando abbiamo sete, come quando mettiamo a posto i piatti dopo averli lavati, così come sparecchiamo la tavola, ci laviamo i denti dopo aver mangiato, ci infiliamo le scarpe prima di uscire. Anche in questo caso per noi si tratta semplicemente di: 1️⃣ Decidere in base all’età dei nostri figli se vogliamo che usino questi dispositivi oppure no 2️⃣ Se la risposta è sì, quali dispositivi, per quanto tempo e quante volte alla settimana o al mese 3️⃣ Che cosa possono fare con questi dispositivi e cosa no. 4️⃣ In base all’età cosa possono fare da soli e cosa no 5️⃣ E poi dare per scontato che sia così e che vada semplicemente trasmesso loro, vanno solo abituati ad usare i dispositivi così come noi riteniamo più opportuno. Così come decidiamo cosa è giusto mettere in tavola o cosa è giusto leggergli la sera. Terzo: chi ben comincia è a metà dell’opera Anche se sarebbe bellissimo, non sempre queste cose funzionano in automatico. Sì, certo, possiamo “in automatico” staccare la spina della tv o buttare il telefono fuori dalla finestra. Ma se vogliamo che tuo figlio ti ascolti quando chiedi di spegnere la TV o che impari a farlo in autonomia e comprenda cosa è possibile fare con questi strumenti e cosa no, allora dobbiamo essere un po’ come dei bravi contadini. Questi risultati si seminano tempo prima, si coltivano e solo alla fine si raccolgono i frutti 😊 Non è una partita che si gioca il secondo prima dello spegnimento. Se hai già incontrato delle difficoltà in questi momenti, non puoi sperare di non costruire nulla prima di arrivare lì e dirgli: “Spegni… Ti ho detto di spegnere… É ora di spegnere… Dai, che è pronto!… Mi avevi detto che avevi finito… Mi avevi detto che era l’ultima… Guarda che vengo e ti prendo il joystick… guarda che spengo… tolgo la spina e poi domani non giochi più…”. A proposito di videogiochi… la partita così è già persa. Abbiamo già fallito e perso in partenza. Se vogliamo che tutto avvenga serenamente e senza litigare, oltre ai primi due ingredienti che ti ho citato sopra, puoi: 1️⃣ Stare con loro mentre li usano in modo da vedere cosa vogliono farci, cosa li diverte, cosa li interessa 2️⃣ In loro compagnia riesci a vedere quanto durano gli episodi o quanto dura una partita. In questo modo ti è più facile decidere quando spegnere per fare sì che avvenga a fine partita e non dopo 10 minuti quando il cartone non è finito o la partita non si è conclusa 3️⃣ Puoi informarti su cosa c’è in circolazione, approfondire le tue informazioni in modo da sapere cosa proprio non possono fare e cosa invece sì. Puoi essere tu la prima a proporglieli serenamente perché sai che non sono cose pericolose, non contengono messaggi sbagliati 4️⃣ Se stai con loro è più facile che diano la priorità al rapporto con te, a te chi li stai guardando, ti stai divertendo con loro. Questo riduce il rischio che si incantino e si assentino da tutto il resto, correndo il rischio di ricercarli sempre più spesso 5️⃣ Se sono adolescenti e non ti vogliono con loro, puoi comunque informarti, vedere come li usano. E a proposito di sane abitudini, puoi parlarne insieme e definire delle regole che possano andare bene a loro ma che non superino i confini che secondo te sono necessari 6️⃣ Puoi mostrare loro che divertimento e relax non si soddisfano solo davanti alla tv o a un video di youtube o un videogioco. Favorisci altri tipi di attività, divertiti con loro, usa i loro personaggi preferiti per inventarvi delle avventure a cui giocare anche a tv spenta, leggete dei libri su questi personaggi, costruite insieme dei pupazzi che li rappresentino e con cui giocare Quinto: fermezza e accoglienza in egual misura quando è ora di staccare dal cellulare o da qualsiasi schermo Già immagini che se da un lato è utile non arrabbiarsi, dall’altro dovrai usare una buona dose di fermezza. Non è facile spegnere la tv o il tablet quando ci stiamo divertendo un sacco, quando prima ci annoiavamo soltanto, quando non sappiamo proprio cosa fare se spegniamo, quando tutti i nostri amici sono lì sopra, ecc. E se non ce la fanno a farlo da soli, è ovvio che dovremo mettere noi per loro quella cognizione, quella disciplina, quella forza interiore, quella fermezza che è necessaria per dire: “ok, per oggi basta”, “ok, adesso è proprio ora di spegnere” e farlo. Non possiamo sperare di continuare a ripeterlo e ottenere che loro lo facciano in automatico. A volte, appunto, è necessario prendere noi le redini e prendere in mano il telecomando e spegnere o fare la stessa cosa con il tablet o con il pc o con il cellulare. Non significa che dobbiamo farlo con rabbia, ma abbiamo bisogno di farlo con convinzione, con fermezza, anche sorridendo… perché no? All’inizio si lamenteranno, non saranno contenti e allora per far sì che la nostra fermezza funzioni senza creare lotte di potere, allora abbiamo bisogno di accompagnarla alla giusta dose di accoglienza. Cosa vuol dire? Vuol dire che dobbiamo essere dei veri “Aiutanti Magici” e metterci nei loro panni, comprendere il loro dispiacere, il loro disappunto e la loro difficoltà e come anche noi vorremmo qualcuno che ci capisce, ci ascolta e ci accoglie, così facciamo con loro. Quando arriverà il momento di spegnere la TV possiamo dire loro che anche a noi dispiace perché si stavano divertendo un sacco e che spegnere è proprio a volte il momento più brutto, che li capiamo perfettamente. Non pretendere che si stampino subito un sorriso sul volto pronti a dirti “che bello spegnere” e accetta il fatto che restino delusi. Del resto è la stessa cosa che succede anche a noi se dobbiamo smettere di fare qualcosa che ci piace moltissimo. Possiamo aggiungere che domani a merenda ci riguarderemo quella bella puntata o rassicurarli sul fatto che tanto tutte le volte che si può, come al solito, siamo noi i primi a ricordargli che possono accendere. Possiamo avere già tra le mani delle alternative interessanti: i loro giochi preferiti, un gioco da fare insieme, ecc. Sesto: scegli il momento migliore Se possiamo non metterci nei pasticci con le nostre mani è meglio, no? Quindi, quando deciderai i tempi in cui si può giocare al videogioco o dedicarsi alla tv, evita per esempio: I momenti prima dei pasti, altrimenti sarai di fretta e non sempre è così entusiasmante spegnere per venire a mangiare Prima di andare a dormire: per gli stessi motivi e perché tendenzialmente questi strumenti agitano invece di rilassare La mattina prima di uscire per andare a scuola Evita di usarli nei momenti in cui pensi di doverli intrattenere (in auto, al ristorante, mentre devi cucinare, ecc.). In questo modo rischi di creare una abitudine difficile da scardinare e che poi te li chiedano sempre più spesso Settimo: abbondanza (anche quando è ora di staccare i videogiochi) Tranquilla/o… non significa lasciare che stiano attaccati a tv e videogiochi per tutto il tempo che vogliono 😊 Se ci fai caso, è anche vero però che spesso il primo atteggiamento di noi adulti è più simile al “No a priori e più No possibili” “No, no, dopo è troppo… Non te lo sei meritato… No, adesso no… Basta! No!… No, non mi interessa, ho detto no!… Aspetta… Smettila di chiedere…”. E invece sarebbe molto più proficuo un atteggiamento di “abbondanza”. Dare abbondanza non significa che dobbiamo sempre dire di sì a tutto. Nel mio vocabolario, abbondanza significa amore, disponibilità, comprensione, sì tutte le volte in cui è possibile, comprensione e empatia anche quando devo dirti di no. Per esempio nel caso di un cartone animato o di un videogioco che piace, possiamo essere noi i primi a proporlo tutte le volte che lo riteniamo giusto. Possiamo metterci anche noi lì comodi a guardarlo insieme o a farci una partita insieme, rilassati e (monitorando i tempi)… perché no… …essere no i primi a dire “Dai ne facciamo un’altra?!” oppure “Ma no… fanne pure un’altra… c’è tempo”. E se dobbiamo dire di no e essere fermi sul fatto che adesso tutto va spento, possiamo aggiungere: “Che barba… ma aspetta… hai salvato tutto per poter riprendere da qui?… Guarda che me lo sono già segnato: sabato si rigioca eh!...” Oppure: “dato che oggi c’è poco tempo scegline uno corto tra questi… e invece… domenica pomeriggio ci mettiamo qui con una bella merenda e ci guardiamo tutto tutto Madagascar!” Che cosa preferiresti anche tu se per esempio ami fare shopping e volessi andare a comprare qualcosa di nuovo? Preferisci: “Dai.. oggi andiamo. Oggi partiamo. Ci facciamo la nostra bella ora di shopping! Perfetto… wow! Non abbiamo molto da spendere ma vedrai che faremo affari e troveremo proprio quello che cerchiamo!” Oppure: “Solo un’ora però!… Senza spendere troppo perché non hai un grande budget, mi raccomando!… Torniamo presto perché troppo relax è meglio di no… meglio non esagerare… E non voglio sentire lamenti se poi non trovi cosa cerchi, eh!” Io preferire qualcuno che mi accompagna nel primo modo e non nel secondo 😊 anche se il budget e il tempo a disposizione è sempre lo stesso. Per i nostri figli e le nostre figlie funziona allo stesso modo. Se noi mettiamo entusiasmo nel vivere quell’esperienza che dura quel che deve durare senza puntare al ribasso, ma dando un senso di abbondanza, di pienezza, di gioia, rimangono molto più soddisfatti e allora hanno molta più facilità a dire poi: “Va bene, va bene… Spegniamo tanto poi domani mi hai detto che lo rifacciamo… Ci divertiamo di nuovo un sacco insieme. Ok, ci sto”. Aiutandoci con questi ingredienti, diventa molto più facile in quel momento farci ascoltare o spegnere senza conflitti e capricci e fare in modo che si instaurino delle buone abitudini che ci aiutino ad evitare l’abuso di questi strumenti con tutte le conseguenze che conosciamo bene. Se vuoi approfondire il tema delle regole puoi leggere l’articolo Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no
Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli
Sei alle prese ogni giorno con 2 o più figli che litigano sempre? Se li lasci un momento da soli tuo figlio picchia la sorella o esplodono gelosie, si azzuffano e si fanno male? In questo articolo ti descriverò passo passo come comportarti mentre i tuoi figli si scontrano, urlano e diventano aggressivi. Quando due bambini litigano e uno è tuo figlio e l’altro no, può sembrare più semplice perché, di fatto, accadono tendenzialmente 2 cose: 👉 Scena n°1 Ti metti dalla parte di tuo figlio: lo accogli, lasci che l’altro bambino sia gestito dall’adulto che è con lui e finisce lì (“a ciascuno il suo…”) 👉 Scena n°2 Rimproveri tuo figlio: per perbenismo ti metti dalla parte dell’altro bambino facendo la figura del genitore altruista. Succede la maggior parte delle volte anche se è la soluzione più sbagliata… Tuo figlio rimane mortificato, tu hai fatto bella figura con il genitore dell’altro bambino e finisce lì. Ma come gestire i litigi quando i bambini sono entrambi i tuoi? Come fai a prendere le parti di entrambi i tuoi figli? Come si fa a garantire ad entrambi gli stessi diritti in qualità, la stessa comprensione e lo stesso sostegno? Per di più nello stesso momento? Come si fa a togliere il gioco a uno per darlo all’altro? È un’ingiustizia… Sono tutti e due tuoi figli! Avere figli che si picchiano, sono aggressivi, sono gelosi e che litigano è un classico in quasi tutte le famiglie. Sono eventi quotidiani che che esasperano entrambe le parti e che peggiorano l’umore in famiglia. Vediamo adesso cosa puoi fare da oggi per risolvere i conflitti velocemente e per far sì che nel tempo non se ne creino di nuovi. I miei figli litigano: 3 punti fermi da conoscere Per prima cosa voglio marchiare a fuoco, imprimere nella roccia 3 punti fermi: 1️⃣ È naturale che due fratelli o sorelle litighino tra di loro e che si contendano le attenzioni di mamma e papà 2️⃣ Non è una questione vitale il dover amare per forza il proprio fratello (o sorella)e il doverci andare d’accordo per forza. È un peso, una responsabilità, troppo grande soprattutto per i bambini piccoli 3️⃣ Più i bambini vengono trattati come figli unici e meglio stanno e più riescono a giocare, passare del tempo, collaborare con i propri fratelli (questo passo è la base di partenza se i tuoi figli litigano sempre) Questo non vuol dire che non bisogna fare il secondo, il terzo, il quarto figlio. Vuol dire che bisogna sapere a cosa si va incontro e agire di conseguenza dando a ciascun figlio le dovute attenzioni. È più difficile? Sì è sicuramente più difficile ma non impossibile. L’importante è metterlo in conto fin da subito: quando decidiamo di allargare la famiglia evitando di considerare una certezza che giocheranno insieme e non ci saranno gelosie da risolvere. Se non si conoscono queste dinamiche fin da subito è normale sentirsi frustrati perché non si sanno gestire più bambini nello stesso tempo e si finisce per delegare la responsabilità a loro: “sono terribili, non mi ascoltano, non ci sono più i bambini di una volta, ma a chi assomigli!” Fratelli che si picchiano: come gestire il litigio iniziato quando non c’eri Vediamo adesso quello che puoi fare quando la battaglia sanguinosa è già iniziata mentre tu eri in un’altra stanza. Di solito succede che inizi a sentire delle lagne, delle urla, il rumore di una manata che finisce su una guancia, il rumore di giochi che si spiaccicano per terra, “ahi!”, “smettila!”, “adesso chiamo la mamma!”, ecc. Tu alzi rassegnata gli occhi al cielo, lasci perdere quello che stai facendo e corri da loro, sbuffi, metti i pugni sui fianchi, li guardi di storto, e chiedi cosa è successo e chi ha cominciato… Ognuno di loro dice la sua, tu dici “poverino” a chi le ha prese e “sgridi” chi ha causato il pasticcio, gli dici che non si fa, magari lo metti in castigo o gli dai una sberla, preso dal nervosismo ritiri i giocattoli e li separi uno da una parte e uno dall’altra. Fino a quando? Chi può dirlo… a volte la pace dura per tutto il pomeriggio, per tutta la sera, a volte invece solo il tempo di tornare a fare quello che stavi facendo prima di essere interrotto. E si ricomincia da capo. Ecco il primo suggerimento che, lo so, potrebbe farti trasalire, o farti venire la febbre, o farti alzare di scatto oppure anche farti imprecare contro di me perché sono una pazza. Ti chiedo di aspettare un attimo prima di giudicare e di prendere in considerazione l’utilità delle soluzioni, anche se queste vanno contro corrente. Quando due fratelli litigano tra di loro, evita di pensare che il tuo intervento possa essere superfluo, soprattutto nel momento in cui la situazione sta degenerando e il carico emotivo sta diventando per loro eccessivo (uno di loro piange, alza le mani, butta le cose per terra, urla, chiede l’aiuto di un adulto, ecc.). 4 passi per risolvere (e 1 per prevenire) se i tuoi figli litigano sempre Passo 1: sei i tuoi figli litigano e si azzuffano renditi disponibile Quando i tuoi figli litigano intervieni, mettiti a disposizione, prendi tu in mano la situazione perché, se fossero davvero in grado di gestire la situazione, il loro territorio e le loro cose, la loro emotività e nello stesso tempo anche il rapporto con l’altro, non arriverebbero a tanto. Se ci arrivano è perché non hanno ancora la maturità per farlo. Passo 2: Trova tu la soluzione Prendendo in mano la situazione è importante che sia tu a fornire la soluzione ideale per entrambi, che sia tu a mostrarti risoluto, non arrabbiato, equilibrato, sicuro di quello che stai facendo, senza ledere l’emotività di nessuno. Così i tuoi figli si sentiranno finalmente rassicurati. Di solito in questi casi è bene comprendere le ragioni di entrambi (lo vediamo tra poco) e poi trovare per esempio un gioco che possa fare l’uno da solo e un altro gioco che possa fare l’altro da solo (almeno finché non si calmano le acque). Oppure farti aiutare a risistemare il campo di battaglia e poi farli venire con te e fare qualcosa tutti insieme (il fatto che ci sia un adulto a mediare tra i loro bisogni, a dare a entrambi le giuste attenzioni, a gestire i tempi e i modi del gioco è il primo strumento utilissimo affinché non si creino lotte di potere tra fratelli). Passo 3 – Comprendi le ragioni di entrambi quando i tuoi figli litigano Questo è il suggerimento più importante e quello più contro corrente quando i figli litigano un giorno sì e l’altro anche! Quando accorri sul campo di battaglia è naturale che tu possa e voglia soccorrere chi dei due “le ha prese”, chi sta piangendo a squarcia gola, chi si è visto il giocattolo essere miseramente distrutto dal nemico, chi si ritrova senza una ciocca di capelli. È quindi naturale che tu ti possa abbassare sulle ginocchia e mettere una mano sulla schiena al bambino “ferito”, avvicinarlo a te, porgergli un fazzoletto e cercare di consolarlo. Questo è naturale, ci viene spontaneo ed è bene farlo. Ma c’è un pezzettino in più che tutti dimentichiamo. L’altro contendente dov’è? Cosa sta vivendo? Cosa ha vissuto prima di sentirsi spinto a rompere il gioco del fratello? Di solito, accecati dal senso di ingiustizia, premiamo la vittima e rinneghiamo e puniamo l’assalitore. Ma siamo proprio certi che quest’azione funzioni e che risolva il litigio fra fratelli o sorelle? Ecco perché insiste sempre sulla motivazione profonda del bambino. Bene, anche nel caso delle liti tra fratelli la situazione non cambia. Infatti se il figlio “cattivo” (ai tuoi occhi di giudice imparziale), quello che alla fine ha picchiato, rotto, fatto del male, offeso, non avesse avuto un motivo valido e profondo per agire così, credi davvero che si sarebbe accanito con tanta foga contro un suo simile? Posso garantirti che la risposta è no. Il bambino è un “animale” pacifico che reagisce solo se provocato o solo se non riesce a contenere le emozioni che lo stanno annegando. Quando i bambini picchiano un altro bambino, gli fanno un dispetto o altro, lo fanno per difendersi, per liberare una forte emozione (come fai tu, lo abbiamo visto, quando lo punisci o alzi la voce, quando invece alla tua età dovresti aver imparato a essere più neutrale), perché si sono sentiti offesi, violati, perché hanno visto il loro territorio minacciato, perché hanno avuto paura, perché si sono sentiti prevaricati, ecc… Quindi se davvero vuoi risolvere nel migliore dei modi il conflitto che si è acceso tra i tuoi figli: Passo 4 – Rivolgiti con amore a chi ha scatenato la lite, accogliendo le sue ragioni, perché è lui il più ferito Puoi consolare la vittima ma sentiti obbligato a sostenere chi dei due ha acceso la lite, chi, in teoria, dovrebbe essere “sgridato o punito”. Avvicinati a lui, guardalo negli occhi e con tono amorevole puoi dirgli per esempio: “Amore, che cosa è successo! Mannaggia, deve proprio averti fatto arrabbiare tanto se sei arrivato a tirargli uno schiaffone!” “Dimmi cosa è successo, ti capisco, forse non hai proprio potuto farne a meno… io sono qui per aiutarti, per risolvere la situazione… adesso ti aiuto, non ti preoccupare”. Inutile perdere tempo in filippiche perché tanto i bambini sanno già che “non si fa”, sanno che gli altri non si picchiano, sanno che non si dicono parolacce, sanno che anche i giochi si rispettano. Soltanto che, se al loro volta non si sentono rispettati, se si sentono feriti e perdono il controllo della situazione. Capita (anche a loro) esattamente quello che succede a te quando perdi la pazienza, quando inizi ad urlare, quando li punisci, quando li ricatti, quando ti arrabbi, ecc. Cosa fai? Ti metti in punizione e vorresti una sberla da qualcuno? Ti dici che sei un bambino cattivo? Grazie! Lo sai benissimo che non si fa! Capisci l’empasse e vai avanti dicendoti che sai che non dovevi farlo ma ti è scappato, come se non potessi farne a meno. L’esatta fotocopia di quello che sta provando tuo figlio. Anche per lui dovrebbero valere le stesse regole e quindi comprensione, amore, azioni di soccorso e soluzione. E non dimenticare che: i tuoi figli restano comunque figli unici. Non pretendere che giochino insieme per forza, non dare per scontato che vadano d’accordo, che si guardino l’uno con l’altro. Non è detto che l’uno sia nato per non far sentire solo l’altro, anzi. Forse anche tu hai fratelli o sorelle e non sempre siete andati d’accordo, chissà quante volte non ti è venuto spontaneo considerarlo come una cellula dei tuoi stessi genitori, come un intruso, come un pezzo in più, anche se oggi siete adulti e tutto va bene. Passo 5 – Tempo esclusivo per i figli: quando litigano abbi cura di riservare momenti esclusivi Il tempo esclusivo è il modo migliore per ridurre nel tempo le lotte e i litigi. È fondamentale riservare durante la giornata o durante la settimana dei momenti esclusivi che ciascuno di loro possa trascorrere da solo con mamma o con papà oppure anche con un altro adulto (nonni, tata, vicina di casa, amici, ecc.). Ti faccio qualche esempio pratico: mentre uno è con mamma a cucinare, l’altro è con papà a giocare o a fare la doccia, mentre uno è casa con mamma l’altro è dalla nonna (e poi si farà cambio il giorno o la settimana successiva), mentre uno e a nuoto, l’altro è con papà, mentre uno dorme l’altro gioca con mamma, ecc. Più momenti intensi esclusivi vivono e più sentono appagati (riempiendo il loro bicchiere emotivo di attenzioni e coccole che non devono spartire con il fratello/sorella), riuscendo a sostenere molto meglio i momenti da trascorrere insieme ai fratelli (anzi, spesso si creano poi spontaneamente situazioni in cui vogliono giocare serenamente insieme e trovano anche da soli le soluzioni ai piccoli conflitti). Ecco come uscire fuori dal vortice dei figli che litigano 🙂 Se vuoi approfondire come aumentare la qualità del tempo leggi qui: Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo Mio figlio non condivide i giochi: è un bambino egoista? Averti suggerito come risolvere le liti tra i fratelli, ci dà la possibilità di aprire una parentesi per parlarti di tutte quelle situazioni in cui tuo figlio non vuole prestare i suoi giochi agli amichetti o in cui inizia a dire che tutto è suo. Bene, voglio anche in questo caso rassicurarti sul fatto che tuo figlio non è un egoista. È naturale che viva la sua sana fase di egocentrismo e che possa esprimere quello che sente. Anche in questo caso ti suggerisco di comprenderlo dicendogli che sai che il gioco è suo e che lui ha ragione a essere arrabbiato per un qualcosa che gli è stato per esempio tolto di mano. Solitamente anche solo questo passaggio è sufficiente per calmarlo. Se ci sono gli adulti di riferimento per “l’altro contendente” puoi: delegare a loro la gestione del loro figli e tu restituire il giocattolo al legittimo proprietario. Quando si tratta di giochi comuni come lo scivolo al parco oppure i giocattoli della scuola materna (che sono di fatto di tutti), ti suggerisco: 1. di mediare con pazienza e dolcezza 2. e soprattutto dare sempre uno spazio prioritario ad accogliere il sentimento del bambino per esempio dicendo “sì, hai ragione a volerlo tutto per te…” Da ricordare per risolvere i litigi fra i tuoi figli La maggioranza dei genitori cerca a tutti i costi di far andare d’accordo i figli, in modo che giochino insieme e che si vogliano bene. Se i tuoi figli litigano abbiamo visto perchè bisogna uscire il prima possibile da questo effetto valanga che spesso peggiora solo i litigi e le gelosie fra fratelli e sorelle. Quindi da oggi: 👉ricordati di non pretendere che i tuoi figli vadano per forza d’accordo e che giochino insieme! 👉puoi intervenire per sedare il conflitto agendo direttamente sulla causa che ha scatenato il litigio e senza causare ulteriori malumori (i 4 passi di questo articolo). 👉riserva momenti esclusivi per i tuoi figli quando possibile. 👉i figli egosti… non esistono! Non è una colpa odiare la sorella: come nasce la gelosia tra fratelli e sorelle? Scopri qui tutti i dettagli delle cause che portano i tuoi figli a essere gelosi e a litigare in questo articolo: come nasce la gelosia tra fratelli e sorelle?
Figli disordinati: come insegnare l’ordine con la tecnica dello svezzamento
Con figli a casa disordinati la vera sfida spesso è restare in piedi fra macchinine nel soggiorno, bamboline in giro, calzini e magliette ovunque, vecchi disegni accartocciati per le stanze… La vera domanda è: ma quando impareranno a essere ordinati?! In verità nell’ordine e nel pulito il bambino ci sta bene. Ordine fuori è per lui, come per gli adulti, ordine anche nella propria interiorità con tutti i vantaggi che questo comporta. Anche se può sembrare strano tutti i bambini nascono tendenzialmente amanti dell’ordine e della pulizia. Anche quelli che oggi ti sembrano disordinati! Soltanto che nel loro cammino possono succedere delle cose che li deviano e lasciano morire in loro questa attitudine naturale. Perchè bambini e ragazzi diventano disordinati? Solitamente le motivazioni principali sono 3: 1️⃣ Esempio ricevuto: a volte i bambini disordinati hanno entrambi o uno dei due genitori un po’ disordinato. 2️⃣ Opposizione: se tuo figlio per qualche motivo è arrabbiato con te e se tu all’ordine ci tieni, è probabile che utilizzi il disordine per attirare la tua attenzione sul suo disagio emotivo. In questo caso è utile, come sempre, andare all’origine del suo disagio e risolvere quello come primo obiettivo. 3️⃣ Energia repressa: i bambini che portano in corpo carichi di energia non espressa possono diventare nervosi, scontrosi, confusionari e distratti. Questo aspetto si può riversare anche sull’ordine dei loro giochi, della cameretta, dei vestiti, dei quaderni, ecc. In questo caso è utile porre attenzione alle loro attività giornaliere e settimanali assicurandosi di: 👉 permettere loro di potersi esprimere di più (correre, giocare all’aperto, non sentirsi troppo limitati in quello che vogliono fare o sperimentare) 👉 gestire al meglio il ritmo della giornata, prevedendo anche momenti di tranquillità e di riposo (oggi molti bambini non sanno più come godere del silenzio, dell’assenza di movimento, della serenità, d’animo, dell’attesa). 5 indicazioni per insegnare l’ordine a tuo figlio Oltre a questi dettagli, ecco comunque qualche suggerimento pratico per aiutare tuo figlio a essere spontaneamente più ordinato (se oggi questo è per voi un problema): 1. Se i tuoi figli si rifiutano di riordinare inizia con l’esempio Fai in modo che tuo figlio ti osservi mentre metti in ordine, mentre sparecchi, mentre sistemi la cucina, il salotto, la cameretta. Fai il possibile per fare queste cose con gioia sincera, senza sbuffare, trovandone sempre il lato positivo, organizzandoti meglio per non stancarti o dover fare di corsa. Solo così tuo figlio potrà imitandoti non farsi un’idea negativa del riordinare o del “non rimandare se puoi farlo adesso”. 2. Come insegnare l’ordine: fatelo insieme Più tuo figlio è vicino agli zero anni e più è impossibile pretendere che metta in ordine da solo. Se tuo figlio si sta avvicinando ai 7-8 anni o se li ha superati ma continua a non essere autonomo su questo aspetto, è probabile che non lo abbia assimilato negli anni precedenti e quindi bisogna “tornare indietro”. Riordinate insieme finché non noti che tuo figlio inizia a prendere iniziativa autonoma. Vedrai che spontaneamente inizierà a fare delle cose da solo. Per esempio incomincerà a svestirsi e mettere i vestiti sporchi nel cesto in bagno anziché lasciarli per terra, piuttosto che togliersi le scarpe e metterle nella scarpiera invece di lasciarle sparse sul tappeto in salotto, o altro. I tempi sono differenti da bambino a bambino… tu intanto non mollare! 3. Fatelo giocando (e divertitevi mentre riordinate i giochi) Se riordinate insieme pensando che sia noioso, se lo fate con un senso del dovere pesante e asfissiante, come è possibile che il bambino si appassioni e riordinare diventi per lui una piacevole abitudine? Quindi ti suggeriamo di farlo anche giocando. Per esempio potete improvvisarvi dei pirati o dei corsari che rassettano la nave. Potete giocare a fare Cenerentola, pulire e poi andare al ballo. Potete giocare a fare le formiche che meticolose e puntigliose mettono in sesto il loro formicaio, ecc. I risultati sono stupefacenti e ci si diverte un sacco! 4. Superati i primi anni inizia a dare piccole assunzioni di responsabilità Nella maniera descritta in precedenza tuo figlio può abituarsi spontaneamente a riordinare. Comunque, una volta superata i primi 6-7 anni, quando lui stesso diventa più consapevole di se stesso e si attiva in lui il bisogno di essere più autonomo, puoi iniziare a delegargli nel corso degli anni sempre maggiori responsabilità. Per esempio puoi iniziare con : 👉 l’accudimento di un animale domestico 👉 portare fuori la spazzatura 👉 mettere le proprie stoviglie nel lavandino una volta finito il pasto (lo devono fare anche gli adulti) 👉 essere autonomo nella gestione della cartella, ecc. 5. Prevenzione per figli disordinati: fai in modo che possa fidarsi di te! Seguendo sempre di più uno stile educativo che segua davvero al meglio la natura di tuo figlio, sarà più facile per tuo figlio stimarti in qualità di genitore. Se tuo figlio ti stima, se si sente amato e accolto da te, non vorrà fare altro che poterti imitare e, nel caso dell’ordine, se tu sei una persona pulita, precisa e ordinata, tuo figlio lo sarà altrettanto. Dal diario di Roberta: secondo V. i giocattoli non sono mai in disordine! (la soluzione dello svezzamento) Ora ti racconterò una storia per chiarire come puoi mettere in pratica i suggerimenti quando hai in casa un figlio disordinato. Come per il discorso igiene, anche per l’ordine io e V. abbiamo punti di vista differenti. Per me ordine esteriore è sinonimo di ordine interiore e l’uno aiuta l’altro, riordinare se ti impegni è una cosa veloce e il risultato appaga. Per lui invece riordinare non ha senso: perché perdere tempo a tirare dentro e fuori se tanto con quei giocattoli ci giochi tutti i giorni? È inutile perdere tempo nel riordinare se quel tempo lo puoi utilizzare per giocare fino all’ultimo. Se il disordine è sul tappeto del salotto, dove soggiornano gli ospiti, secondo lui basta che le persone scavalchino i giochi che sono per terra per arrivare al divano. E se anche lì ci fossero giochi è sufficiente spostarli o evitare di sedersi. Il bello di avere figli disordinati e che amano giocare 24 ore su 24! Anche io in verità non sono proprio maniaca dell’ordine, ma giusto quel minimo per non inciampare, per non perdere oggetti, per non impiegare mezza giornata quando bisogna ritirare davvero. Preferisco almeno alla sera ritirare tutto nei vari cesti o cassetti appositi. Che fare dunque se davanti alla richiesta di riordinare le risposte di V. sono sempre le solite? Per esempio: “Dopo”, “Adesso non ancora”, “devo finire”, “non ho voglia”, “nooooo, ti pregoooo!”, ecc. Bè, riordinare bisogna riordinare e anche imparare a farlo come abitudine lo ritengo importante. Come fare? Nell’unico modo che credo sia davvero efficace a breve e a lungo termine, quello che rispetta anche la sua natura, oltre che raggiungere il risultato desiderato (fare ordine). Come convincere i figli a mettere in ordine con lo svezzamento Ecco che con santa pazienza, giorno dopo giorno, ho messo in campo una sorta di svezzamento. Ho iniziato con pazienza da lontano, riordinando io con lui che mi aiutava in qualcosa. In questo modo V. ha potuto osservarmi per qualche giorno e vedere che in fondo era una cosa veloce, che non era faticoso e che si poteva fare giocando e sorridendo. A quel punto iniziava a mostrarsi più disponibile e allora gli ho detto che lo avremmo fatto insieme, un po’ a ciascuno, suddividendoci i compiti. All’inizio per me le cose più pesanti e difficili e per lui il contrario. Per esempio io portavo di là i giochi ingombranti mentre lui rimetteva insieme i fogli da disegno e li infilava sotto la tv a 20 centimetri di distanza. Nei giorni successivi ho lentamente invertito la rotta fino ad arrivare a una equa distribuzione dei compiti. V. quasi non se ne è reso conto, o meglio, se ne è reso conto ma in questo modo non è stato né traumatico né pesante. Un po’ come quando vai in palestra. Se all’inizio non esageri, puoi aumentare la complessità degli esercizi senza rendertene conto. Se invece passi per esempio da 1 serie di addominali a 10 serie, non vorrai mai più entrare in una palestra in vita tua! Dunque, abbiamo continuato così per qualche giorno finché ho iniziato a invertire la rotta “a mio favore”, ovvero più giochi da ritirare per lui e meno per me. Dopo qualche tempo la situazione era la seguente: V. non ritirava ancora i giochi se io non glielo chiedevo o non glielo ricordavo e non lo faceva da solo, ma abbiamo raggiunto un ottimo risultato. Infatti, nelle ultime settimane, mi bastava dire che bisognava ritirare e che io sarei stata con lui per vederlo alzarsi e iniziare a ritirare tutti i giochi portando a termine il compito. Nel frattempo io stavo con lui, magari mettendo via qualche pennarello e supportandolo per indicargli dove andava messa la roba. Con il trascorrere del tempo è diventato indolore per lui mettere in ordine grazie all’esempio che ha avuto, come ha visto tante volte fare a me (senza arrabbiarmi o ricorrere a ricatti e minacce) e come abbiamo fatto tante volte insieme giocando, ridendo, scherzando. Anche se può sembrarti impossibile oggi raggiungere questo risultato e pensi che tuo figlio sia un disordinato cronico e che non riuscirai mai a insegnargli ad essere ordinato ti suggerisco di riflettere sulla vostra relazione, se il suo rifiuto a riordinare sia legato a qualcosa che non ha funzionato in passato fra di voi. Puoi cominciare leggendo Perché i capricci di tuo figlio non sono comportamenti isterici e inspiegabili (e come puoi risolverli senza urla o sgridate).
I capricci non esistono: la Guida completa di Bimbiveri
So benissimo che il titolo i capricci non esistono ti fa passare la voglia di leggere e magari stai pensando: “esistono eccome! vieni a casa mia e ti faccio vedere quelli di mio figlio!” Ti chiedo solo un po’ di pazienza e di provare a mettere da parte le convinzioni che hai avuto finora nel leggere questo articolo e vedrai che una spiegazione valida potrebbe esistere. Tra tutte le piccole e grandi magagne quotidiane che danno del filo da torcere a mamma e papà, i capricci, le crisi di rabbia, le crisi di pianto o le crisi definite “isteriche” sono spesso molto rinomati perché: 1️⃣ Non si sa perché i bambini li facciano. Quando vogliamo darci una spiegazione accampiamo delle motivazioni ipotetiche come “sono sciocchi capricci”, “vuole farmi arrabbiare”, “saranno i terribili 2 anni”… 2️⃣ Infastidiscono l’occhio e il cuore dei genitori 3️⃣ Preoccupa e irrita il fatto di non sapere come risolvere la crisi di rabbia o di pianto e far tornare la situazione alla normalità Insomma, sono quelle cose che, a lungo andare, gli adulti proprio fanno fatica a sopportare. I capricci sono tante cose, una diversa dall’altra, sempre unici con sfumature differenti di volta in volta. Arrivano di soppiatto quando meno te lo aspetti e possono apparentemente scatenarsi per qualsiasi motivo, non sappiamo bene da cosa dipendano e sono terribilmente imprevedibili. Ma c’è una cosa davvero importante da sapere: i capricci non sono “capricci”… e non esistono Il dizionario online Hoepli ci dice che i capricci sono: Voglia bizzarra, insolita, improvvisa, generalmente effimera. Idea bizzarra e ostinata, comportamento irragionevole e arbitrario. Evento, fenomeno inusitato, incomprensibile. Dato che queste manifestazioni del bambino non le sappiamo comprendere con il tempo abbiamo imparato a definirli “capricci”. Proprio come se fossero comportamenti bizzarri, insoliti, improvvisi, fugaci e passeggeri, ma anche ostinati, irragionevoli. Discutibili e non autorizzati. Incomprensibili. E questo è il vero guaio! Solo perché questi comportamenti per noi sono incomprensibili e ingestibili e sono diventati capricci, non vuol dire che lo siano davvero. E infatti non sono tali per niente. Tutti i comportamenti dei bambini che noi cataloghiamo distrattamente come capricci sono sempre manifestazioni di un disagio e un tentativo di comunicare una difficoltà che non sanno esprimere a parole. Se i bambini e i ragazzi sapessero esprimere tutto a parole, stai pur certo che lo farebbero! Il guaio è che troppo spesso confondiamo i bambini per dei piccoli adulti e crediamo che come noi siamo bravi a recitare e a manipolare lo siano anche loro e quindi inscenino delle sceneggiate e dei brillanti teatrini. Ma i bambini non sono così, se sentono bianco esprimono bianco, se sentono nero esprimono nero. Quindi, quando piangono, quando puntano i piedi, quando si buttano per terra, quando chiedono insistentemente qualcosa non stanno recitando affatto. Ecco perchè i capricci dei bambini non esistono. Hanno sempre dunque un ottimo motivo e la nostra difficoltà in qualità di adulti sta proprio nel comprendere cosa si cela dietro e cosa nostro figlio sta cercando di dirci. Matteo torna da scuola e fa i “capricci”: vuole solo la pasta bianca Per esempio Matteo una mattina si sveglia e non trova più in camera il suo giochino preferito, è arrabbiato e si porta dietro quel nodo di tristezza. Ecco che magari, tornato da scuola con il “suo bagaglio di emozioni” in ebollizione non risolte, manifesta sintomi esterni come il rifiuto di sedersi al suo posto a tavola e pretende la pasta bianca mentre tu hai già messo il sugo rosso in tutti i piatti… Se consideri solo il suo comportamento esterno, è evidente che per te sta facendo un “capriccio” e magari pensi che una semplice alzata di voce o un castigo possa essere la soluzione. Se invece ti metti nei suoi panni, scopri che è solo arrabbiato e, non avendo ancora la capacità di raccontare i suoi sentimenti a parole, esprime con comportamenti esterni, che noi chiamiamo capricci, il suo disagio. Ecco la causa! Come comportarsi con i bambini “capricciosi”? 5 soluzioni per crisi di rabbia, crisi di pianto o crisi isteriche Vediamo ora 5 indicazioni pratiche che possono da subito aiutarti a comprendere i comportamenti “capricciosi” dei tuoi figli. 1️⃣ Avvicinati a tuo figlio rendendoti disponibile ad ascoltarlo prima di accampare giudizi avventati 2️⃣ Evita il tono accusatorio, chiedi in modo neutrale e con calma che cosa è successo, senza utilizzare le solite frasi “cosa hai combinato?” “ma perché adesso devi fare così?” (l’accusa lo fa sentire incompreso e si chiude ancora di più) 3️⃣ Ascoltalo attentamente guardandolo negli occhi e prendendo seriamente per valido tutto quello che ti dice, senza pensare che siano scuse o che ti stia dicendo delle bugie (ricordati che ha sempre un valido motivo) 4️⃣ Vai oltre le sue parole: lascia che il tuo intuito faccia la sua parte e indipendentemente dal racconto del bambino che può rispecchiare oppure no il suo vero stato d’animo, cerca di coglierlo comunque, individuando il sentimento che c’è dietro. Potrebbe essere che tuo figlio si senta solo, non ascoltato, poco guardato, oppure che abbia bisogno di coccole, della tua presenza totale, oppure che davvero abbia fame, sonno, o abbia paura, o si sia arrabbiato per qualcosa. 5️⃣ Rassicuralo e aiutalo nella pratica a risolvere la situazione: per esempio se ti dice che è arrabbiato perché ha perso il giochino preferito, gli puoi dire: “amore, hai ragione, non trovi il gioco e questo ti rende triste, andiamo subito in cameretta e andiamo a caccia del gioco, vedrai che lo troviamo”. E se non lo trovate? Anche qui trova una soluzione pratica, per esempio, lo rassicuri e gli dici che nel pomeriggio potete uscire insieme e comprarne un altro, oppure che ti impegnerai a cercarlo per bene nei prossimi giorni anche a casa dei nonni o a scuola. Quale sarà il risultato? Si sentirà compreso perché hai perfettamente intuito cosa lo rendeva triste, non lo hai colpevolizzato e hai trovato delle soluzioni e, aiutandolo nella pratica, si calmerà e questo incrementerà il suo grado di fiducia nei tuoi confronti, perché è consapevole che mamma e papà sono in grado di comprenderlo e aiutarlo. La fiducia e la stima costruita attraverso queste piccole ma grandi azioni sarà fondamentale per tutte le tappe successive di crescita. I 3 ostacoli che mettono in difficoltà i genitori… anche se i capricci non esistono! Le difficoltà principali sono in tutto 3, scopriamole insieme. 👉 Il primo ostacolo Il primo ostacolo è la grande difficoltà a riconoscere il reale bisogno del bambino e a non confonderlo con un “capriccio” o con una crisi senza un motivo valido. La maggior parte delle volte risulta paradossalmente più facile etichettare il comportamento del bambino come “capriccioso” e delegare a lui la responsabilità, piuttosto che vedere la nostra e dover fare nell’immediato qualcosa di efficace. 👉 Il secondo ostacolo Non sapere come fare a risolvere la situazione nella pratica. 👉 Il terzo ostacolo Tendiamo a voler risolvere la crisi con l’obiettivo di far calmare le acque, di tornare a una sorta di normalità, di non avere troppi gratta capi da gestire e di far star bene il bambino (ovvero: che non pianga, non urli, non imprechi, sia sereno, ascolti e dia pochi problemi, così vuol dire che sta bene). In verità se il bambino si sente libero di manifestare un problema o un’emozione interiore vuol dire che sta benissimo. Molto meglio di bambini che si sentono costretti per sopravvivenza ad assecondare i genitori e si adattano ai loro schemi pur di essere amati. L’obiettivo principale deve essere invece quello di andare a fondo del sentimento di nostro figlio, di individuare la motivazione profonda, agire su quella, trovando la soluzione ottimale per il bambino e non per noi. Meglio arginare e fermare i capricci o è meglio comprenderli e accoglierli? (10 dubbi risolti) Ora che abbiamo chiarito perchè i capricci non esistono qui sotto trovi le risposte ad alcune domande frequenti sul tema “capricci”. 1. Perchè i bambini fanno i “capricci”? In questo articolo approfondisco cosa sono davvero i comportamenti che noi adulti etichettiamo come “capricciosi”. Troverai anche esempi pratici come: Spegnere la Tv con urla e minacce o spegnerla senza capricci? E se mio figlio di 2 anni chiede sempre la cioccolata? L’Anticipo del Bisogno (ovvero si prevengono e risolvono i capricci dei bambini, le crisi di rabbia o le crisi isteriche) LEGGILO QUI: Perché i capricci di tuo figlio non sono comportamenti isterici e inspiegabili (e come puoi risolverli senza urla o sgridate) 2. Cosa sono i terribili 2 anni? Quando finisce questa fase? La maggioranza delle mamme si chiede quando inizia e quando finisce la fase dei terribili 2 anni dei bambini (o dei terribili 3) e quanto dura questo periodo. Scoprirai che la soluzione non è mai focalizzarsi su una fase definita terribile a 2, 3 o 4 anni di tuo figlio… LEGGILO QUI: E se i terribili 2 anni non esistessero? E i terribili 3 anni? 3. Mio figlio non mi ascolta e non accetta le regole: cosa posso fare? Spesso i conflitti con i figli, i “capricci” e lotte di potere sono causate dalla difficoltà a farsi ascoltare, far accettare un limite o un no. Scopri perché tuo figlio non collabora, non accetta i tuoi No o non rispetta le tue regole. LEGGILO QUI: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no 4. Come calmare l’aggressività nei bambini e nei ragazzi? A volte bambini arrabbiati e molto nervosi possono diventare aggressivi e arrivare a rompere oggetti, graffiare, mordere o picchiare i genitori. Scopri i 5 motivi che scatenano l’aggressività e le 4 soluzioni per gestire gli episodi di la rabbia dei bambini. LEGGILO QUI: Smettila di essere aggressivo! 5 motivi che scatenano l’aggressività dei bambini con i genitori e a scuola 5. Capricci tra fratelli per gelosia: come gestisco le liti e le gelosie tra fratelli? Scopri come gestire il litigio fra i tuoi figli iniziato quando non c’eri, 4 passi per risolvere (e 1 per prevenire) se i tuoi figli litigano sempre. LEGGILO QUI: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli 6. Le punizioni per i figli sono utili o sono dannose? La punizione è l’arma più inefficace per risolvere “capricci”, lotte di potere, episodi di nervosismo, gelosie e litigi dei figli. LEGGILO QUI: La punizione è la via più efficace per reprimere tuo figlio (e che disintegra la sua fiducia nei tuoi confronti) 7. Quale libro posso leggere per risolvere i capricci di mio figlio? Puoi iniziare dal libro “Smettila di fare i capricci” (edizioni Mondadori): come risolvere i capricci di tuo figlio senza urla e sgridate, anche se pensi di averle già provate tutte. Troverai tutti i dettagli e i casi pratici che ti confermeranno che i capricci non esistono. 8. Come gestire i capricci dei bambini di 1 anno? Cosa fare con figli capricciosi e disubbidienti a 4 anni? Ci sono 3 linee guida fondamentali per comprendere la causa di qualsiasi tipo di “capriccio” di tuo figlio: 1. il nodo emotivo, 2. la vera motivazione e 3. le regole. Non ha importanza se oggi tuo figlio ha 2 anni, 6 anni o 8 anni. I principi da seguire sono sempre gli stessi. LEGGILO QUI: Capricci dei Bambini da 1 a 10 anni (come gestirli e prevenirli) 9. Come insegnare l’ordine ai bambini? Se ogni giorno riordinare i giochi genere lotte infinite e tuo figlio si rifiuta di collaborare puoi ricorrere alla tecnica dello “svezzamento”. LEGGILO QUI: Figli disordinati: come insegnare l’ordine con la tecnica dello svezzamento 10. Cosa posso fare quando mio figlio ha una crisi di pianto o una crisi di rabbia? Scopri come aiutare i tuoi figli quando sono molto più nervosi, “capricciosi” o rompono i giochi: LEGGILO QUI: Come sgonfiare “crisi” e nervoso di tuo figlio
E se il co-sleeping fosse un “dovere”? (articolo provocatorio)
Il co-sleeping (dormire vicino ai genitori) e il bed-sharing (dormire nel lettone) sono argomenti controversi che fanno schierare spesso i genitori in 3 fazioni ben distinte: 1° schieramento: mio figlio dorme nel lettone… I genitori, in particolare le mamme, che non rinuncerebbero mai per nessun motivo alle coccole e al contatto diretto con i figli la notte nel lettone (in questo caso si parla di bed-sharing). Ecco l’esperienza delle mamme a proposito: “Io adoro dormire con i miei figli. Li respiro, li bacio e li abbraccio anche durante la notte. Sono certa, arriverà il momento in cui loro stessi, sentiranno l’esigenza di avere una loro intimità e da soli, andranno nella loro stanza. Non riesco proprio a pensare di farli dormire da soli” “Ho messo mia figlia di 4 anni da due sere nella sua cameretta da sola. Ha sempre dormito con me, prima nel lettone, fin dal giorno della sua nascita, poi nella stessa stanza in due letti separati. Pensavo facesse fatica ad accettare il cambiamento invece è andato tutto a meraviglia!” “Il nostro dorme in mezzo a noi e quando sarà pronto andrà… Ma i suoi abbracci e voglia di coccole ci mancheranno” 2° schieramento: mio figlio dorme vicino a me… Le mamme che scelgono il co-sleeping, quindi far dormire i figli nella loro stanza e in prossimità dei genitori con la culla attaccata al lettone o altre soluzioni simili. Ecco l’esperienza di un’altra mamma: “Abbiamo affiancato il lettino al letto togliendo la sponda e così abbiamo dormito tutti quanti. Poi verso i 5 anni un bel letto ad una piazza e mezzo in camera sua così c’è spazio per leggere insieme la sera o appisolarsi“ 3° schieramento: mio figlio deve abituarsi a dormire da solo nella sua stanza… I genitori che invece sostengono che i figli debbano dormire da subito da soli nella loro stanza. Sono assolutamente contrari al bed-sharing, quindi far dormire nel lettone i figli non solo nei primi mesi ma in generale a qualsiasi età, sono contrari anche al co-sleeping, cioè far dormire i figli vicino a loro, e contrari anche a farli dormire nella stessa stanza da letto (room-sharing). In questo caso le motivazioni sono varie, dal rischio di SIDS ai sostenitori del fatto che l’intimità di mamma e papà sarebbe compromessa dalla presenza dei figli nella stessa stanza, dalla scomodità di dormire insieme nel lettone alla paura che i figli prendano il “vizio” e non lascino la stanza dei genitori fino al… 25° anno 😊 E in tutte le sfumature intermedie degli schieramenti non dimentichiamo: gli antropologi che osservando diverse popolazioni nel mondo hanno scoperto che i bambini dormono da soli nella loro stanza solo in… occidente! (e già questa informazione dovrebbe farti riflettere) E i convinti sostenitori di metodi assurdi (che non considerano i sentimenti dei bambini) che prevedono non solo di far dormire i bambini da soli fin da neonati, ma addirittura che bisogna ignorare i loro pianti perché si devono abituare… Quindi dove bisogna far dormire i figli? È meglio il co-sleeping, il bed-sharing o ci sono altre soluzioni? NOTA: Prima di andare avanti ti segnalo che se sei già convinta/o che bisogna far dormire da soli i figli e che tutto il resto sono solo stupidaggini, puoi fermarti e passare a un altro articolo. Se invece vuoi saperne di più, ti suggerisco di aprire la mente ed evitare di chiuderti in pregiudizi e condizionamenti del passato. Anche se ti sembrerà strano il voler dormire vicino ai genitori per un bambino è sia istintivo che normale. Siamo noi che a causa di false credenze culturali siamo sommersi da mille dubbi e domande. Ecco cosa tratteremo in questo articolo: Perché i bambini vogliono dormire nel lettone con mamma e papà o vicino a loro? Cosa faccio se non voglio far dormire con me mio figlio nel lettone ma neanche lasciarlo da solo nella sua stanza? Come insegnare a dormire nel proprio letto? Quando passare dal lettone al lettino? Esiste un’età precisa? Esiste un modo per disabituare il bambino a dormire nel lettone? Perché i bambini a 5 anni, 6 anni, 7 anni o anche quando sono più grandi non vogliono andare a dormire da soli in cameretta? Dormire nel lettone o vicino a mamma e papà: partiamo da principio (e tuo figlio potrebbe aver ragione!) Per quanto ci crediamo evoluti e per quanto lo siamo, per certe cose rimaniamo pur sempre dei mammiferi e quindi sensibili al nostro istinto e alle leggi ancestrali che governano il nostro comportamento: se distrattamente ci scottiamo, allontaniamo d’istinto la mano, il giorno ci inquieta meno della notte, spesso ragioniamo “a pelle”, se qualcuno ci fa “buuu!!” di soprassalto noi ci spaventiamo. Allo stesso modo, caso mai si presentasse nella nostra casetta un predatore un poco affamato, se siamo anche solo un grado sotto di lui nella catena alimentare e siamo dei cuccioli, preferiamo che a dormire con noi ci sia sempre qualcuno. Anche le mamme di alcune popolazioni a cui è stato fatto osservare che in Occidente, nel grande territorio della “razza umana evoluta”, i bambini hanno una loro cameretta, diversa da quella di mamma e papà, e lì devono dormire (o almeno ci si sforza per farlo), hanno risposto: “Certo, che bella idea, ma almeno c’è qualche adulto che dorme con loro?”. Anche per la maggior parte delle mamme occidentali (statisticamente tutte quelle con cui mi sono confrontata) vale lo stesso. Pur seguendo il metodo del “dai un’occhiata e fuggi”, ingranando o scalando i secondi come fai con il cambio delle marce in auto quando vai a fare la spesa. Pur attratte forse dall’ingannevole semplicità con cui viene presentata questa opzione. Nonostante siano più facilmente prede dopo notti passate insonni, dopo “inspiegabili” risvegli e interminabili filippiche dai più anziani del branco sul fatto che prima o poi si devono abituare a dormire da soli, nonostante ciò, qualcosa le turba. Il mal di pancia è rimasto, anzi, generalmente aumentato e aggravato da un profondo senso di colpa e da un disagio lacerante nel vedere il proprio cucciolo solo, in preda ad un dolore profondo. La voglia di prenderlo in braccio è grande, sentendo questo impulso come il più naturale e il più efficace in quel momento. Oppure siamo stanche e stravolte, non abbiamo nessuna voglia di tenerlo con noi, siamo persino arrabbiate, eppure… eppure se diamo retta a questa reazione (e anche al nostro sano bisogno di riposare)… è come se una parte di noi si sentisse in colpa, in errore per aver pensato di lasciarlo di là e di vederlo così solo o in preda al pianto. E sì, perché da che mondo è mondo un bambino accolto, protetto e rassicurato, si calma senza perdere fiducia nell’adulto, rafforzando indirettamente la sua autostima e il suo coraggio. Se lasciato da solo a gestire le sue paure ancestrali, non avendo ancora sviluppato le capacità autonome per farlo (e non sono capacità che si “imparano” o si “insegnano”, bensì sono capacità innate che si sviluppano nel giusto tempo, proprio come il germoglio non esiste prima del seme o il frutto prima del fiore) il bambino teme per la sua sopravvivenza. Manifesta questo timore e vive un profondo disagio fatto di fragilità e paura che lo rende e lo renderà insicuro, oltre che poco fiducioso in mamma e papà che non sanno rispondere in modo efficace e naturale ad un suo bisogno innato. Quindi, facendo un baffo al detto, meglio in compagnia che da soli, soprattutto se si tratta di sonno notturno e di bambini. Ecco spiegato perché i bambini vogliono dormire nel lettone. Il co-sleeping o il bed-sharing non sono una moda o un’invenzione: è un bisogno emotivo di tuo figlio. E se mio figlio poi vuole dormire nel lettone o nella mia stanza per sempre? E se il co-sleeping va avanti fino a 18 anni? Quando saranno più grandi, di sicuro non dormiranno più nel vostro lettone o nella vostra stanza. Siamo una delle poche società al mondo che ha questa fissazione di far dormire i bambini da soli da subito, perché si devono abituare a dormire da soli. Non esiste in altre parti del mondo. Forse solo in una società come la nostra, dove abbiamo case tanto grandi e abbiamo tante stanze, pensiamo che sia educativo che i bambini dormano da soli. In verità non è tanto un fattore di educazione. Tendenzialmente i bambini, se finché sono piccoli hanno la possibilità di dormire con degli adulti e di sentirsi rassicurati nel passaggio notturno, diventano molto più sicuri nella loro crescita. Alla fine abbiamo questo retaggio: potrebbe arrivare il lupo, potrebbe arrivare un pericolo, l’addormentamento potrebbe essere un pericolo, perché di fatto si spegne tutto, si spegne anche la coscienza. Quindi noi non sappiamo cosa c’è dall’altra parte, abbiamo bisogno di rassicurazione, è normale avere bisogno della vicinanza di un genitore. Poi a 6 anni, 7 anni, magari anche 4 anni potrebbero già iniziare ad andare a dormire nella loro cameretta, ancor di più se c’è un fratello o una sorella che a volte rende la cosa più semplice… Perché i bambini che sono già grandicelli vogliono dormire vicino a mamma e papà? I 4 possibili motivi 1. Non ha dormito abbastanza con te Potrebbe essere perché da piccoli il co-sleeping è stato breve o non hanno dormito abbastanza con noi. Rimane una sorta di paura che fanno fatica a superare quindi, anche se hanno 7 anni, 8 o 9 anni hanno bisogno di recuperare quella fase. Se noi li “assecondiamo”, attivando una specie di regressione, facendo poi man mano una sorta di svezzamento, loro recuperano questo bisogno e riescono a dormire da soli più facilmente. 2. Paure e tensioni Un altro motivo potrebbe essere una sorta di stress, preoccupazioni, ansie, paure che magari accumulano durante il giorno. In questo caso la notte non riescono a rilassarsi per poter dormire serenamente. Dunque si svegliano di frequente con una sensazione di preoccupazione o di paura e vengono da noi o vogliono comunque il nostro contatto. 3. Gelosia in corso Altre volte lo fanno se magari hanno dei fratellini più piccoli che per qualche motivo anche loro vanno nel lettone da mamma e papà. Oppure i fratellini non vanno da mamma e papà però vince una sorta di gelosia nel grande: “Anche io voglio essere piccolo come mia sorella e mio fratello. Anche io voglio essere preso in braccio, coccolato come fai con lei o con lui di giorno. Prende ancora la tetta e io no… allora almeno di notte, quando lui sta dormendo beato, io mi infilo nel lettone. Voglio stare lì come un bimbo piccolo con te”. 4. Vuole il co-sleeping o il bed-sharing per stare con te! Altre volte i bambini vogliono dormire nel lettone perché di giorno non hanno la sensazione che trascorriamo abbastanza tempo di qualità insieme. Succede che proprio di sera, quando è ora di andare a dormire, si attivano. Sì, proprio in quel momento quando vi siete già messi il pigiama, quando i piatti sono tutti in lavastoviglie, quando i denti sono già lavati, quando tutte le luci sono già abbassate, voi siete pronte per la storia e loro invece: “giochiamo? No, io voglio montare la casa, voglio costruire… Mamma tira fuori i pennarelli, tira fuori i pennelli, facciamo questo, facciamo quest’altro” Finalmente vedono che c’è uno spazio vuoto nella vostra giornata, sentono che tutto sta rallentando e quindi danno spazio al “voglio stare con te! Stai con me, giochiamo, facciamo qualcosa insieme”. Se questa qualità di giorno a volte non c’è, cercano di recuperare la vicinanza con noi di sera e anche di notte nel lettone, hanno bisogno della nostra presenza e se non basta, si attivano quando trovano uno spazio di disponibilità che a loro pare adatto. Agendo nel tempo sulla motivazione, e facendo una sorta di “svezzamento”, magari accettando che per ora venga a fare capolino nel vostro lettore e rimanga lì per finire la notte con voi, poi pian piano, risolvendo la causa, lo porterete a dormire sempre più a lungo nel suo letto. E se non voglio farlo dormire con me nel lettone ma neanche lasciarlo da solo nella sua stanza? In questo caso la soluzione è il co-sleeping, quindi puoi attaccare la culla o il lettino al vostro lettone e sarai comunque vicina a tuo figlio. Negli anni ho visto un po’ di tutto come soluzione creativa per praticare il co-sleeping: per esempio stanze da letto un po’ piccole dove il lettone viene disposto in diagonale per far spazio al lettino del figlio, lettoni circondati da 3 lettini dei figli, uno vicino alla mamma, uno ai piedi del letto e uno vicino a papà, 2 letti matrimoniali uniti insieme, poi c’è la soluzione del futon circondato da cuscini, ecc… E quando succede il contrario e tuo figlio ti vuole nel suo letto? A volte capita che un bambino dorma nella sua cameretta, ma insieme alla mamma e non voglia dormire da solo, come si può fare? In verità se per esempio da 4 anni tuo figlio dorme nella sua cameretta, ma ci dorme con te, per lui quella è sia la cameretta di mamma che la sua… Come tutti i bambini piccoli fatica a dormire da solo, ma questo come abbiamo visto è fisiologico. In questo caso l’aiutante magico ribalterebbe la situazione completamente. Anche con papà dormiamo tutti nella camera familiare, la camera matrimoniale. Mamma e papà dormono nel lettone, con il bambino a fianco magari in un lettino attaccato. Poi, a mano a mano che passano le settimane, sempre più distante, sempre più distante, finché poi potrà dormire da solo nella sua camera (sempre considerando eventuali motivazioni sottostanti che gli impediscono di dormire da solo, oltre all’abitudine che si è creata, e agendo su quelle). Ecco un’altra sfumatura relativa al perché i bambini non dormono nella loro cameretta da soli ma vogliono noi lì con loro: a volte è solo questione di come li abbiamo abituati fin dall’inizio. Come ho descritto sopra capita a volte, o sovente, che il bambino richieda così tanto le nostre attenzioni notturne, perché di giorno ha la sensazione di ricevere poche attenzioni da parte nostra. Magari siamo sfuggenti, siamo di corsa, siamo nervosi, siamo stanchi quindi lui pensa: “Mamma, almeno la notte stai vicino a me. Voglio sentire la tua presenza, da solo non ci voglio stare”. Altri motivi che spingono i bambini a preferire il lettone Se sei preoccupata perché tuo figlio ti chiede di dormire nel lettone e non vuole dormire assolutamente da solo nel suo lettino dobbiamo ricordarci sempre che i bambini hanno un’età anagrafica e un’età “affettiva”. Ed è l’età affettiva quella che conta, soprattutto quando si tratta di co-sleeping e di dormire nel letto con i genitori. Se tuo figlio per esempio, pur avendo 4 anni o 6 anni, non è ancora “maturato” abbastanza e dall’atteggiamento e dai bisogni ci dimostra che è affettivamente più piccolino, più lo assecondiamo, più a monte lo aiutiamo a riempire eventuali vuoti o mancanze del passato e più facilmente supererà questa fase. 1° soluzione: se a 5 anni non vuole dormire nel suo lettino… La soluzione è: continua a farlo dormire nel lettone o vicino a te con un lettino attaccato al tuo letto nel frattempo valuta la motivazione di fondo e agisci su quella non avere fretta e riduci le aspettative mostrati serena e sicura della scelta che stai facendo dopo aver agito per sciogliere l’eventuale motivazione, ricordati di attivare tu per prima un po’ alla volta questo “svezzamento” che lo porterà poi a dormire in camera sua a tempo debito nel frattempo fai in modo che la sua cameretta non sia un ambiente freddo e sconosciuto: andate a giocarci insieme, metti lì tutte le sue cose, frequentatela spesso di giorno e di sera, ecc. Non aspettare nemmeno che lui chieda. Dai per scontato che il tuo è il letto dove tuo figlio va a dormire quando è ora della nanna. (aspetta ad allarmarti… continua a leggere perché un senso c’è 😉). Non fare neanche il tentativo di chiedere: “Vuoi provare ad andare a dormire nel tuo lettino?” Sarai proprio tu a comprendere da lui e dalle circostanze quando potrai attivamente iniziare con questo “svezzamento” di cui ti scrivevo. Soprattutto è utile se c’è già la sua camera pronta e se lui in quella camera ci gioca spesso, se è una camera che viene vissuta e in cui trascorrete del tempo insieme. 2° soluzione: se vogliono dormire nel letto con i genitori, a volte non è pronto il “terreno” Come ti dicevo poco sopra, spesso i bambini vogliono dormire con i genitori perché la cameretta per loro è estranea, non è “la loro camera”. Magari sono pronti affettivamente, ma non ci vanno perché quella camera non la sentono come un pezzo di casa, non è il loro spazio. Magari non vanno mai nella cameretta perché è più bello giocare in salotto, in cucina vicino a mamma. O magari la cameretta è diventata una sorta di ripostiglio, ci si appoggia tutto quello che non ha un vero posto… La cosa migliore sarebbe iniziare a frequentarla e viverla prima del passaggio vero e proprio. Qualche mese prima si può iniziare a giocare insieme in camera, fare in modo che i vestiti siano negli armadi lì, che i giochi stiano lì in ordine, che lì ci siano pupazzi, pentolini, macchine, tappeti accoglienti… che mamma e papà trascorrano del tempo con i figli in questo spazio. Tutto quello che occorre è costruire familiarità tra la camera e il bambino. Quando sarà pronto, in quella cameretta dove ci si diverte, dove si sta bene, dove dormono i suoi orsetti, potrà dormire sereno nel lettino anche lui. Siamo davvero tutti pronti per il passaggio al lettino o alla cameretta? E a questo punto la vera domanda sarà: tu mamma sei pronta a lasciarlo andare di là nel suo lettino e concludere la fase di co-sleeping? Sei disposta a rinunciare alle notti insieme nel lettone? Te lo scrivo perché molto spesso anche noi abbiamo un ruolo centrale in tutto questo. E non solo perché da noi dipende il fatto di conoscere e comprendere i suoi bisogni, individuare le possibili motivazioni e agire su di esse, favorire la regressione se necessario, attivare uno “svezzamento”, ma anche perché i bambini sono molto sensibili rispetto a quanto sentiamo dentro di noi, lo assorbono e si comportano di conseguenza. Se noi per prime (e mi rivolgo in particolare alle mamme) siamo dispiaciute del fatto che stiano crescendo o possano crescere e quindi avere meno bisogno di noi… se siamo noi le prime a nutrirci di questo momento di condivisione, se siamo noi le prime a sentirci importanti, utili, essenziali e questo ci gratifica e ci fa sentire vive, se siamo noi le prime ad avere la sensazione che questo sia l’unico momento di vero amore che viviamo nella giornata, se abbiamo paura di vederlo crescere, se proviamo una sorta di dispiacere a pensarlo solo di là perché noi per prime nella vita patiamo la solitudine… Ecco che loro lo sentono e faranno più fatica a favorire un naturale passaggio di crescita che li porta spontaneamente ad essere sempre più autonomi. Perciò, se senti che anche per te a volte è così, goditi a pieno questi momenti e allo stesso tempo ricordati che puoi essere sia il suo aiutante magico. E quindi prenderti cura dei suoi bisogni sia che si tratti di assecondarli, di favorire una regressione o di favorire uno “svezzamento”, sia puoi essere il tuo aiutante magico e aiutare innanzitutto anche te per sentirti sempre più autonoma e matura, libera di soddisfare anche i tuoi bisogni o riempire i tuoi vuoti, senza che tutto questo debba dipendere da tuo figlio 😊 Del resto la vita di mamma e quella di papà non è tanto una strada segnata da rigide regole e codici esterni da seguire, quanto un meraviglioso viaggio in cui si alternano salite e discese. E il bello è tutto quello che impariamo in questo viaggio osservando e conoscendo meglio sia noi che i nostri figli, un viaggio dove si impara soprattutto ascoltando i principi del cuore e delle attitudini e bisogni naturali di tutti gli esseri umani, compresi i nostri cuccioli. Se vuoi, puoi approfondire questo argomento leggendo l’articolo Tuo figlio non dorme o si sveglia di notte? Scopri perché
Come svegliare i bambini al mattino per andare a scuola
Svegliare tuo figlio la mattina per andare a scuola è sempre una guerra? È troppo lento per fare colazione, prepararsi e non ascolta? Se la mattina per tirare giù dal letto tuo figlio sono necessarie le cannonate non sei da sola! E se non ha voglia di alzarsi, fa storie e vorrebbe guardare ancora un po’ i cartoni sei la benvenuta a bordo! Se il tuo problema è che si sveglia tardi e non riuscite ad arrivare spesso in orario a scuola ti capisco benissimo. Io stessa per anni mi sono ritrovata a svegliare 3-4 o anche 5 bambini di età diverse per fargli fare colazione, portarli a scuola, il tutto possibilmente senza guerre, lotte infinite, senza doverli chiamare più volte mentre i minuti passavano inesorabili. Ecco qui un po’ di indicazioni direttamente dal campo di battaglia. Una mamma chiede: Ho due figli e tutte le mattine è un casino. Per assecondare i nostri tempi si devono svegliare alle sei e mezza, dobbiamo andare tutti a lavorare presto, c’è la scuola. Eppure è una lotta! Non vogliono alzarsi, fanno la lotta a chi deve entrare prima in bagno, non hanno voglia di lavarsi e vestirsi quando è ora di finire colazione. Spegnere la tv e i cartoni è di nuovo una guerra, non si riesce mai ad avere una mattinata tranquilla. Come posso fare? Il mattino rappresenta proprio la partenza della giornata e, se vogliamo, è possibile riuscire a rendere questo momento più armonico. Per farlo è importante ottimizzare i tempi e nello stesso tempo farlo in modo piacevole, sia per noi che per i nostri figli, rispettando anche i loro bisogni. 6 modi per svegliare al mattino i figli, arrivare in tempo a scuola evitando rabbia, lotte infinite e sgridate 1. Svegliati e cerca di mantenere la calma! So che è difficile perché hai i minuti contati e già tu per prima non hai voglia di alzarti la mattina… Posso garantirti che la calma è la prima cosa fondamentale per tutti. Perché se tuo figlio o i tuoi figli ti vedono serena, percepiscono che la situazione è sotto controllo e per loro sarà tutto molto più facile. È lo è ancora di più se tuo figlio è un dormiglione ed è lento per prepararsi al mattino. Per mantenere la calma, oltre a fare qualche respiro profondo, puoi andare a cercare nel profondo il vero perché, cosa scatena la tua rabbia, cercare di capire che cosa ti dà fastidio, perché ti infastidisce così tanto il fatto che non si vogliano svegliare o se sono lenti a prepararsi al mattino. Puoi chiederti: “Ok, ma perché mi infastidisco così tanto? Forse perché odio ripetere tante volte le cose? O è perché io per prima odio essere di fretta? Magari è perché penso a tutti i genitori che ce la fanno e mi arrabbio perché io non ce la faccio?” Tra queste domande (o domande simili, queste sono solo un esempio) cerca di individuare la motivazione che per te è quella valida, la vera causa. Questo ti aiuterà ad avere una risorsa per poter agire sul motivo, in modo da riuscire a essere più tranquilla e serena sempre, al mattino e durante la giornata. 2. Organizzazione ferrea Anche se ti sembra già di svegliarti molto presto, metti la sveglia ancora dieci minuti prima e prendi quei dieci minuti solo per te, per stare un po’ nel letto, in modo da fare le cose ancora più con calma, o per fare colazione tranquilla. Posso garantirti che quei minuti che togli al sonno in verità sono fondamentali per essere più serena e organizzata. Saranno dei minuti preziosi per poter fare le cose con la calma che richiedono e ne avrai un beneficio durante il giorno, anziché uno svantaggio. Ti aiuteranno per svegliare i bambini al mattino per andare a scuola in orario ed evitare crisi. 3. Se possibile evita lunghe spiegazioni al mattino Quando vai a svegliare i tuoi figli e loro ovviamente non vogliono alzarsi e vogliono ancora dormire, quello che ti suggerisco di fare innanzitutto è di evitare le spiegazioni. Evita di spiegare e fare lunghe filippiche perché potresti peggiorare la situazione irritandoli sempre di più. Evita frasi del tipo: “Eh ho capito, però ti devi alzare!” “Tutte le mattine la stessa storia!” “A scuola bisogna andare, papà deve andare a lavorare , mamma deve andare… e fai il piacere, devi capire!” “Guarda che un domani nella vita…” Evita tutte queste cose soprattutto con i bambini piccoli perché sono asfissianti e tuo figlio non ne ha bisogno perché quello che gli serve è sentirsi capito da un lato e aiutato dall’altro laddove lui non riesce, non ha bisogno di morali. E non funzionano nemmeno con un adolescente, perché nei momenti del risveglio capacità di ragionare ce n’è veramente poca: sanno già benissimo da soli che a un certo punto dovranno alzarsi e correre, con un megafono che glielo ricorda se la prendono ancora di più con noi. Stai arrivando dal pianeta di Morfeo e veramente quei “perché ti devi alzare” non ti interessano. Hai soltanto bisogno di qualcuno che sia comprensivo verso il fatto che “non mi voglio svegliare!”. Tu, al mattino, preferiresti il noiosissimo BI BIP BI BIP della sveglia oppure che arrivasse da te la fata madrina di Cenerentola con la sua bacchetta magica e ti dicesse: “è ora di andare a lavorare. Oooh lo so che non hai voglia tesoro mio. Cucciola! Ti capisco. Allora aspetta, ti lascio ancora cinque minuti, poi ti faccio qualche coccola. Vado a preparare la tua bella colazione fumante, i tuoi biscotti preferiti, la tua frutta preferita, tu stai qui tranquilla”. Poi dopo cinque minuti la fata madrina torna e ti dice: “Allora ci siamo! Oooh lo so che è proprio dura. Non preoccuparti, io ti aiuto. Sposto le coperte, piano, piano, ti accompagno, ti faccio scendere io. Guarda, qua ci sono le ciabatte”. Non sarebbe bellissimo? Assolutamente! ! E direi anche utilissimo se al mattino facciamo particolarmente fatica a ingranare! Per i tuoi figli è uguale! Quindi se vuoi salvarti la pelle alla mattina, ti suggerisco di fare la fata madrina e di andare a svegliarli accogliendo a priori il loro disappunto. Forse sarà necessario accogliere prima te, con o senza fata madrina, ma poi accogli la loro. Vai da loro e puoi dire: “Mamma mia!! questa sveglia che ha suonato, questi bimbi che non si vogliono alzare. Amore, avete ragione. Allora state ancora un attimo qua. Io accendo la lucina, alzo un po’ la tapparella, vado di là e preparo colazione. Voi dormite ancora un pochino, state ancora un po’ lì a rigirarvi, piano piano, aprite gli occhi…” Intanto vai a fare qualcosa di là e torni dopo qualche minuto: “Allora ci siamo? No, non ci siamo. Capperi!! qua ci vuole una gru, aspetta, vieni che ti tiro su io…” E li aiuti ad alzarsi a costo di prenderli, di aiutarli fisicamente, accompagnarli in bagno, dargli una mano a vestirli… Se pensi che diventeranno viziati e non impareranno da soli, stai sbagliando, perché loro possono imparare in momenti più sereni: al pomeriggio e alla sera quando bisogna vestirsi e mettere il pigiama, d’estate, nel fine settimana, ci sono tanti altri momenti. Non correranno, non correrete, non correrai questo rischio. Naturalmente questi suggerimenti ti servono solo all’inizio o in casi estremi, quando appunto il momento dei preparativi mattutini è davvero una lotta e dobbiamo fare il possibile perché le cose vengano fatte senza perdere troppo tempo e senza peggiorare le cose. Ma, appunto, anche se in futuro impareranno o questo periodo sarà superato, in quel momento se hanno bisogno di aiuto l’ideale è aiutarli. Sentendosi compresi in questo modo, eviteranno subito di fare una lotta, di mettersi sulla difensiva dicendo “ma non ho voglia, ma non hai capito, sei una mamma cattiva”. Eviterai tutti questi problemi e conflitti al mattino. Inoltra ricorda sempre che minacce e toni duri tendono a creare conflitti sempre più grandi e, in genere, non risolvono le situazioni. Con un tono morbido e gentile sarà più semplice svegliare tuo figlio senza farlo arrabbiare e garantire un sereno buongiorno a tutta la famiglia. 4. Il tuo sorriso al mattino favorisce il risveglio di tutta la truppa Forse lo sai già senza che te lo ricordi io: se voi vi svegliate all’ultimo minuto di corsa, arrabbiati perché dovete andare a lavorare, arrabbiati perché tutte le mattine è sempre la stessa storia, ovviamente sai benissimo che questo non aiuta il risveglio di tutti. Dunque questi suggerimenti adottali prima di tutto con te stessa, perché ti aiuteranno ad alzarti con il piede giusto, a essere un po’ più solare, un po’ più positiva, un po’ più tranquilla. Perché i tuoi figli, respirando quest’aria, avranno più voglia di alzarsi e al loro risveglio potranno vedere e parlare con persone sorridenti, con persone solari, tranquille, che hanno voglia di cominciare la giornata. A lavorare bisogna andare comunque, tanto vale cercare il modo di sorridere a partire dal mattino perché altrimenti con i figli diventa tutto molto difficile. 5. Mio figlio è sempre attaccato al cellulare, Tv e cartoni Ammetto che dover lottare al mattino alle sette, sette e mezza, un quarto alle sette con la televisione o gli schermi è una battaglia persa in anticipo, perché la televisione o il telefono, da questo punto di vista, sono molto potenti. Ti suggerisco di importi in maniera autorevole, non autoritaria, ma di importi ed evitare se possibile di accendere la televisione e gli schermi la mattina. È ovvio che i tuoi figli non vorranno e faranno storie. Cerca allora di accogliere la loro frustrazione e comprendere mentre dovrai comunque essere ferma sul no. Puoi dire: “io vi capisco, lo so che i cartoni vi piacciono. Anche a mamma piacciono i film. Anche a mamma e papà piacciono le notizie. Da questa mattina si fa così. Per venirvi incontro – evita di dire “se volete” – per venirvi incontro li guardiamo un pochino di più alla sera, li guardiamo un pochino di più al pomeriggio, ma al mattino non si accende”. Ovvio che loro faranno le loro rimostranze, ma se accoglierai il loro disappunto, se tu darai modo di far vedere che stai accogliendo, li stai capendo, non li stai accusando, loro lo capiranno. Poi l’ideale, se possibile, è che tu possa fare colazione e interagire con loro, altrimenti diventa ancora più noioso e la voglia di televisione aumenta. Quando avevo i bambini in affido familiare, spesso erano almeno cinque i bambini, di età diverse, che in una volta dovevo svegliare e portare a scuola, a cui far fare colazione e da vestire, dalle medie alle elementari, alla scuola materna. Dovevo organizzarmi, dovevo svegliarmi molto prima, ma il riuscire a fare tutto con calma e soprattutto accogliendo il loro malumore senza pretendere che si stampassero per forza un sorriso addosso e non facessero polemiche è quello che mi ha tanto aiutato. Andare da loro e capirli, sapere che per loro era difficile, scherzare, comprendere come si sentivano, aiutarli: solo così non avevo difficoltà. I ragazzi e i bambini hanno iniziato ad apprezzare questa modalità, hanno visto che se anche ci provavano perché magari volevano farmi arrabbiare, in verità non ci riuscivano, quindi magari utilizzavano altri modi, ma al mattino si riusciva ad andare a scuola per tempo e in maniera serena. Se vuoi approfondire come fare per risolvere i capricci e le reazioni dei tuoi figli senza urla e sgridate, puoi leggere questo articolo: Guida completa per i Capricci dei Bambini (se li ignori si moltiplicano) 6. Come prevenire gli imprevisti con la qualità della relazione durante la settimana Un ultimo suggerimento importantissimo è: tieni a bada la vostra giornata, la vostra settimana. Se i tuoi figli hanno la sensazione di non ricevere abbastanza attenzione di qualità durante la settimana, durante la serata o durante la giornata, al mattino, quando sanno che tu hai fretta e che sei costretta a occuparti di loro perché altrimenti perdi tempo, inizieranno tutta una serie di azioni per riuscire a dirti che hanno bisogno di te, cercheranno, senza cattiveria, di farti perdere tempo perché hanno bisogno di attirare le attenzioni. Se tu gli darai più attenzioni di qualità durante la settimana o la sera non avranno bisogno di essere assillanti al mattino quando è ora di correre e di scattare. Buona sveglia! Se vuoi approfondire come dare a tuo figlio attenzioni di qualità, puoi leggere qui l’articolo Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo