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Le 6 lezioni che ho imparato con bambini e ragazzi “difficili”
Ho trascorso cinque anni a stretto contatto con bambini e ragazzi considerati “difficili”. Oltre ad avermi arricchita dal punto di vista umano e ad avermi aperto gli occhi su un sacco di false credenze, il tempo trascorso con loro, 24 ore su 24, mi ha donato 6 grandi lezioni. 1. I figli considerati “difficili” non sono bambini e ragazzi difficili Difficili sono le situazioni e le circostanze che hanno vissuto. I bambini e i ragazzi che hanno alle spalle eventi spiacevoli manifestano spesso atteggiamenti violenti, scontrosi, oppure si estraniano, si isolano, tanto da sembrare “disadattati” o bambini/ragazzi “particolari”. Nel momento in cui l’adulto inizia a guadagnarsi la loro fiducia, a comprenderli e ad applicare le leggi che la natura prevede per la loro crescita, sempre (a breve o a lungo termine, a seconda della situazione) il bambino/ragazzo molla i meccanismi difensivi per lasciare spazio alla sua vera natura, dolce, docile e generosa. Quando ho potuto liberamente intervenire su di un bambino con difficoltà emotive ho sempre assistito al manifestarsi di questo processo regressivo e a un ritorno alla serenità. 2. L’amore senza se e senza ma vince tutto Quello che ogni bambino e ragazzo chiede è di essere amato incondizionatamente e di essere amato per quello che è. Raramente noi adulti soddisfiamo davvero questo loro bisogno: senza rendercene conto li manipoliamo, vogliamo da loro quello che piace o fa comodo a noi, secondo la scusa di “educarli bene”. Questo succede a causa dei modelli che noi stessi assorbiamo dal nostro ambiente familiare, che a sua volta ha appreso dai nostri nonni e così via… nessuno ha colpe! 🙂 Alcuni atteggiamenti di noi adulti sopra citati a lungo andare non funzionano, soprattutto di questi tempi e con i bambini sensibili che nascono oggi. Non possiamo più trovare scuse e questi nostri preziosi maestri ci chiedono di crescere, di diventare grandi, di abbandonare le corazze emotive e l’ego per lasciare libero respiro alla nostra autenticità. L’unica ricetta vincente è proprio l’AMORE, quello puro e disinteressato che non vuole e non ha bisogno di nulla in cambio. Dovendolo mostrare a loro, i nostri cuccioli ci danno la possibilità di allenarci e di diventare esperti verso quell’unica forza che può davvero accompagnarci alla realizzazione, alla salute e alla felicità. Se vuoi sapere come aumentare la qualità del tempo che trascorrete insieme puoi leggere Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo 3. Figlio difficile o impossibile? Se vai in reazione e ti arrabbi sei finito Qualsiasi cosa cerchi di mettere in campo quando sei preda della reazione e della rabbia non funziona e il bambino perde fiducia in te. Dalla tua reazione il bambino deduce che lui non va bene e che tu non gli credi. 1️⃣ La reazione non è mai causata da quello che ha fatto il bambino, ma da una tua frustrazione: non sono riuscita a fargli fare quello che voglio, mi rovina i piani, sono nervosa e ora ci si mette pure lui, è tutto suo padre, non sono capace di farmi ascoltare… 2️⃣ La reazione spaventa il bambino che non comprende il perché di questo atteggiamento esagerato (se ha sbagliato, non lo ha fatto apposta, altrimenti non lo avrebbe fatto). In più minaccia notevolmente la sua autostima e la stima nei confronti di noi adulti. Infatti come avrai già notato la rabbia, l’impazienza, il nervosismo non aiutano a migliorare il rapporto di fiducia reciproco e impedisce al bambino di trovare sempre il suo porto sicuro rappresentato dalla comprensione di mamma e papà. 4. La buona organizzazione quotidiana è un asso nella manica vincente anche con “figli difficili da gestire” Essere ben organizzati permette di guadagnare un sacco di tempo durante la giornata che può essere dedicato a momenti di qualità con i propri figli. Inoltre per il bambino vivere in un ambiente e in un tempo ordinati e armonici è sinonimo di sicurezza, pace e tranquillità. 5. Con il gioco, la comprensione e la pazienza si vincono tutte le resistenze Per avere la stima del bambino e dell’adolescente e garantirgli il meglio a livello di educazione e di qualità di vita dobbiamo agire secondo i suoi bisogni, secondo modalità a lui comprensibili e secondo quello che lui si aspetta veramente da noi. Per esempio tuo figlio apprende con il gioco, quindi non puoi sperare di insegnargli delle regole in altro modo se non con il gioco, il divertimento. Allo stesso modo il suo mondo è fatto di serenità, gioia. Una delle sviste che involontariamente spesso commettiamo è pensare di doverlo svezzare fin da subito nei confronti delle difficoltà della vita (che sono solo nella nostra testa…). La stessa cosa vale per l’adolescente. Forse con lui non giocheremo più ai pirati o a fare le mammine, ma comunque possiamo entrare nel suo mondo. Possiamo comprendere le sue motivazioni, accettare la sua visione delle cose e aiutarlo a manifestare la realtà che lui desidera. Se anche noi adottiamo pazienza e comprensione, possiamo ottenere sempre il meglio da lui ed elevare la qualità della nostra vita. 6. Come comportarsi con figli difficili? La fiducia dei bambini e dei ragazzi te la devi conquistare I bambini e i ragazzi non ci devono nulla: tutto quello che facciamo per loro deve essere a titolo amorevolmente gratuito. Tutto quello che ricevono lo renderanno poi ai loro figli: “è una ruota che gira”. Anche se noi adulti siamo apparentemente in posizione privilegiata adatta a dare regole a dare o a privare, in verità non è così. I bambini sono in posizione privilegiata perché sono puri, perfetti e con un enorme potenziale in via di sviluppo, sensibili alle corde fuori nota. Ecco che per avere con loro un rapporto eccellente dobbiamo ogni giorno accordarci ai loro toni e meritare i loro sorrisi, la loro stima.
7 modi per ottenere Rispetto e Fiducia da tuo figlio
Pensiamo che i figli ci debbano rispettare per il semplice fatto che siamo i loro genitori. Perché noi siamo gli adulti, perché ci siamo passati prima di loro e abbiamo già vissuto queste cose. Ci devono rispettare e si devono fidare di noi perché noi parliamo ed è legge quello che diciamo. In verità la fiducia non è uno stato di diritto, ma è un qualcosa che il genitore si deve conquistare. Vediamo insieme cosa puoi fare per guadagnarti la sua fiducia. Come conquistare la fiducia dei figli in 7 passi 1- Rispetta i bisogni di crescita di tuo figlio Anche a costo di andare contro alla tradizione e alla cultura del paese in cui vivi o della famiglia di origine da cui provieni o delle persone che ti hanno cresciuta, rispettare i bisogni vuol dire che, se un bambino ha la necessità di dormire con mamma e papà per i primi tempi o i primi anni di vita, bisogna farlo, anche se ci hanno sempre insegnato che così LO VIZI. Se i bambini hanno bisogno di accoglimento, di contatto fisico, vanno presi in braccio, stretti, avvolti dalle nostre braccia, anche a costo di “viziarli” (tra l’altro i vizi non esistono). I NO vanno detti con fermezza, ma accompagnati anche da empatia e amore. È necessario dimenticarsi che fino all’altro ieri ci hanno insegnato che “ci vuole polso! Devi essere duro. Deve capire, deve smetterla. Lascialo piangere…” Prima ti liberi da questi “credo” e prima tuo figlio imparerà, anzi apprezzerà e si fiderà sempre di più di te. 2- Impara a restare calma Più ti aiuterai a restare calma, a gestire le situazioni guadando il lato positivo e cercando di trovare una soluzione efficace serenamente, e più tuo figlio saprà di potersi fidare di te. Perché più tu sei una persona che riesce a gestire i propri stati d’animo, riesce a gestire la rabbia anche nelle situazioni più difficili, più impari ad essere il suo Aiutante Magico e sei a disposizione per aiutarlo a superare le difficoltà è più “punti” e fiducia guadagnerai nei suoi confronti. 3- Giudizi e umiliazioni non aiutano Non umiliare tuo figlio con punizioni e sgridate, con i paragoni perché credi che sia più opportuno un altro atteggiamento, che dica cose diverse, che sia un bambino diverso e che faccia proprio come quello con cui lo paragoni, magari un compagno, uno che passa per strada, un fratello o anche soltanto il “bambino ideale” che hai in testa… È perfetto così com’è! A nessuno piace essere paragonato! 🙂 4- Lascia che sperimenti le sue idee Per i bambini è importantissimo provare e imparare attraverso la pratica, le esperienze, i tentativi. E se facendo per caso sbaglia, inciampa, si rompe qualcosa, gli puoi dare la possibilità di rimediare, invece di accusarlo, punirlo e sgridarlo come spesso hanno fatto i nostri genitori con noi inibendo il nostro desiderio di sperimentare. Puoi sdrammatizzare dicendo: “AH capperi! È successo un guaio! Come possiamo rimediare?” E poi aiutarlo a risolvere senza farlo sentire sbagliato. L’unico vero antidoto all’errore, lo sai anche tu, non è la sgridata, non è la punizione, ma è semplicemente dare, a bambini e ragazzi, la possibilità di rimediare per imparare dall’errore. Tu come ti sentiresti al suo posto? Per approfondire leggi l’articolo Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo 5- Ascoltalo Ascolta le sue motivazioni, quello che prova, sempre, senza giudicarlo, senza sminuirlo, con disponibilità ad accogliere i suoi sentimenti e le sue emozioni, a credere in quello che sta provando, senza dirgli che è sbagliato, senza dirgli che deve essere coraggioso, che non deve fare così e che non deve piangere. Abituati ad accogliere i suoi stati d’animo, qualsiasi essi siano. 6- Dire di no e dare limiti, ma con calma Come genitore sai dire di NO quando è ora e soprattutto sai farlo nel modo corretto, rispettando i bisogni di tuo figlio. Il NO è fermo e non diventa Sì (altrimenti sei incoerente). E pur essendo detto con fermezza e sicurezza tutte le volte in cui è necessario dire no, è un NO sereno che si affianca anche alla nostra capacità di essere empatici con la reazione di nostro figlio e di accogliere il suo dispiacere o il suo stato d’animo del momento. È naturale che un bambino o un ragazzo possa non accettare il tuo No o avere delle resistenze se proprio la voleva fare quella cosa particolare. Chiediti se il No che stai per dire serve e, se poi lo dici, sostienilo e accogli tuo figlio con amore. Puoi scoprire come aiutare tuo figlio a rispettare le regole e i tuoi no leggendo questo articolo: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no 7- Sfodera la fiducia in te stessa Se credi in te, in quello che pensi, credi in quello che provi, ti accogli e non ti giudichi, dai tu un ottimo esempio che anche lui potrà seguire da subito. Se ti senti un genitore insicuro, puoi approfondire leggendo l’articolo Le 5 cause che ti fanno sentire un genitore insicuro (la prima da piccolo ti umiliava)
Basta Ciuccio! 4 step per togliere il ciuccio senza traumi
Come togliere il ciuccio (di giorno e di notte) e sapere quando farlo è uno degli argomenti più richiesti dai genitori. Ecco perchè in questo articolo trovi i 4 passi completi per eliminare il ciuccio di giorno e di notte rispettando i bisogni di tuo figlio 🙂 Le indicazioni sono valide se tuo figlio ha 1 anno, 18 mesi, 2 anni, 3 o più anni. C’è chi sostiene l’utilizzo del ciuccio sempre e comunque ed è convinta che senza ciuccio non si possa gestire un bambino piccolo. Ci sono mamme che invece sostengono che senza ciuccio i figli si gestiscono benissimo e di conseguenza non si sono mai ritrovate a dover capire come e quando toglierlo. Sì, hai letto bene sopra, anche se sembra per molti una tappa quasi obbligatoria e scontata, ci sono mamme che non hanno mai utilizzato il ciuccio. Oltre alla scelta iniziale di usare o meno il ciuccio poi ci sono diversi dubbi e dilemmi che ogni mamma si trova a dover risolvere, per esempio in molte vorrebbero sapere: Quando togliere il ciuccio? Esiste un’età giusta e più corretta per eliminarlo? Ci sono modi più corretti per togliere il ciuccio senza traumi e senza crisi? Quanto dura la crisi di astinenza da ciuccio? E come si risolve? Quanto ci mette un bimbo ad abituarsi senza ciuccio? In quanto tempo lo dimenticherà e non lo chiederà più? Ci sono modi per addormentare i bambini senza ciuccio? Perché i bambini vogliono il ciuccio e continuano a chiederlo? E poi ci sono anche altri elementi che ci confondono, per esempio tutti i modi possibili che trovi in giro e che a volte aumentano solo l’ansia su come si dovrebbe togliere il ciuccio: dal tagliarlo/romperlo al farlo sparire improvvisamente dalla casa, dal dargli un sapore cattivo in modo da convincere il bambino a non usarlo più al fare finta di perderlo. Per fortuna esistono suggerimenti che prendono in considerazione lo stato d’animo di tuo figlio, che non prevedono di prenderlo in giro e soprattutto che aiutano a tranquillizzare te, il vero ago della bilancia in ogni relazione mamma-bambino. In questo articolo troverai i suggerimenti: 1️⃣ per preparare te stessa e il tuo bambino ad affrontare questo delicato passo se sei agli inizi della tua maternità 2️⃣ per sapere cosa fare passo passo se tuo figlio è già un pochino più grande e pensi sia arrivato il momento di togliere l’amato ciuccio 3️⃣ come gestire le reazioni di tuo figlio nella fase di passaggio mentre togli il ciuccio Ovviamente le informazioni di questo articolo sono presentate solo a scopo informativo. Chiedi sempre il parere del tuo medico/specialista riguardo qualsiasi indicazione specifica sulla tua situazione. Per qualsiasi dubbio o domanda è sempre necessario contattare il proprio pediatra di fiducia. Partiamo dal principio: se devi ancora diventare mamma o sei agli inizi ecco cosa devi sapere sul ciuccio Se devi ancora diventare mamma o papà o se sei proprio agli inizi della tua avventura di genitore puoi prendere in considerazione l’alternativa di fare a meno del ciuccio. So che ti sembra un suggerimento un po’ strano, eppure anche se il ciuccio per molti è ritenuto una tappa quasi obbligata devi sapere che ci sono tantissime mamme che non hanno mai usato il ciuccio con i figli. Ti scrivo queste parole non perché, per partito preso, io ho deciso che non volevo usare il ciuccio con i bambini. Sei perfettamente in grado di risolvere qualsiasi difficoltà tuo figlio abbia in qualsiasi momento Il motivo è che, osservando la natura dei bambini e osservando anche la dinamica del ciuccio, quindi cercando di capire come mai esistesse questo strumento, sono arrivata alla conclusione che tutto quello che di fatto fa il ciuccio lo possiamo fare noi. Oltre all’allattamento, ci sono le nostre braccia ad accoglierlo, contenerlo e consolarlo quando sta piangendo e a rassicurarlo quando ha paura. Quando sta piangendo ci sono le nostre parole e il tono della nostra voce, il nostro cuore per accoglierlo e calmarlo (oltre che le nostre azioni concrete che possono risolvere i motivi per cui piange). Ha le nostre coccole che lo accompagnano al sonno e lo fanno addormentare. Se piange perché ha fame possiamo dargli da mangiare. Quando piange perché ha caldo possiamo svestirlo, se ha freddo possiamo coprirlo di più. Se piange perché c’è stato un rumore forte, o perché è arrabbiato, o va consolato per qualche motivo, lo possiamo fare noi con la relazione che abbiamo con lui. Non abbiamo bisogno di usare il ciuccio per tamponare o spegnere il pianto, che non è altro che la manifestazione di un’esigenza o di un problema che sente di avere in quel momento. Quindi, se sei agli inizi e pensi di poter considerare il fatto che il ciuccio non sia così utile, puoi tranquillamente farne a meno e puntare invece molto sulla relazione che hai con lui. Sii consapevole del fatto che hai tutte le carte in regola per dare a tuo figlio tutto quello di cui ha bisogno e che sei perfettamente in grado di risolvere qualsiasi difficoltà lui abbia in qualsiasi momento. Se già lo utilizzi ecco la guida completa: come togliere il ciuccio, di giorno e di notte, in 4 passi (+ come gestire le “crisi”) Se invece utilizzi il ciuccio da mesi o anni e magari ti stai chiedendo quale sia il momento migliore per toglierlo, o se sei nella fase in cui ti stai dicendo “forse è ora di iniziare a togliere il ciuccio perché ho paura che poi diventi troppo tardi” ecco come puoi fare. Quand’è il momento migliore per togliere il ciuccio? Proprio rispetto a tutto quello che ti ho detto finora, il momento migliore è quando vuoi e, magari, appena puoi. Perché? Perché più i bambini crescono e più fortificano le abitudini che hanno iniziato ad apprendere. I bambini sono molto legati alle loro abitudini e il fatto di costruirle dentro di loro li aiuta a trovare dei punti di riferimento. Pensa ad esempio alla routine della mattina che si ripete sempre uguale: sveglia, pipì, lavarsi, vestirsi, colazione, lavarsi i denti, uscire. Quando magari la routine per qualche motivo cambia, ad esempio scendete subito a fare colazione senza che tu l’abbia vestito prima, ti guarda stranito come per dire “ma no, dobbiamo prima vestirci, abbiamo sempre fatto così!”. La routine e le abitudini che si ripetono giorno pressoché uguali dopo giorno sono una sicurezza per i bambini e li aiutano ad imparare. Ma che cosa c’entra questo con il ciuccio? Perché così come man mano che i bimbi crescono e diventano più consapevoli di queste abitudini, tanto da seguirle spesso in autonomia, la stessa cosa vale per il ciuccio: in automatico lo cercano e, mano a mano che crescono, se lo mettono anche da soli. L’abitudine si sta fortificando e il bambino pensa: “Per consolarmi, per rilassarmi, per confortarmi mamma e papà mi hanno sempre dato il ciuccio. Questo significa che è quello il modo che usano gli adulti per consolare, coccolare e rassicurare i bambini. Ed è ormai da tempo che io ho imparato a consolarmi e confortarmi in questo modo, non conosco altro. E se conosco altro, comunque è questo il modo con cui mi sono sempre consolato, l’unico che mi rassicura. Dunque, nel momento in cui i bambini crescono, questa abitudine si fortifica e diventano sempre più consapevoli degli strumenti che usano e a seconda dell’uso sarà sempre un po’ più complicato disabituarli ad usare questo strumento di conforto e di coccola. Un paragone, anche se un po’ estremo, è ciò che succede ad un adulto fumatore. È facile smettere di fumare se lo fai da una settimana, ma è più difficile se lo fai da 5 anni. E’ più facile smettere di fumare se fumi giusto una sigaretta dopo pranzo mentre è più difficile se ne fumi 20 al giorno. Per i bambini è la stessa cosa: prima lo facciamo e più è possibile farlo in maniera veloce e anche più serena per il bambino. Cosa faccio in pratica quando decido che è arrivato il momento di togliere il ciuccio? Dopo queste premesse, che cosa puoi fare quando decidi che probabilmente è arrivato il momento di fare a meno del ciuccio? Le soluzioni che, dal mio punto di vista, funzionano di più sono diverse e non sono dirette. . Ti anticipo che è possibile tenere in considerazione e rispettare i bisogni emotivi di tuo figlio, evitare l’eliminazione del ciuccio improvvisa, evitare un “trauma” da ciuccio, prevenire reazioni di nervosismo dopo aver tolto il ciuccio o dire bugie ai figli del tipo: “ora me lo dai, non esiste più, lo mettiamo via, piangerai lacrime di sangue…non importa prima o poi ti passa” ti convinco la prima volta con un regalo (…e poi?) ti dico che serve ad altri bambini, che sei grande, che non ne hai più bisogno, adesso basta… Puoi invece mettere in campo per il tempo necessario una serie di soluzioni che ti spiego ora passo per passo. Il 1° passo per togliere il ciuccio: devi essere convinta Quando arriva il momento di togliere il ciuccio a qualsiasi età, 1 anno, 18 mesi, 2 anni, 3 e oltre, i nostri figli sono ancora nella prima fase di crescita, quella in cui “assorbono” da noi adulti, e sono particolarmente sensibili al nostro stato d’animo. Dunque il nostro stato d’animo di mamme influisce tantissimo su di loro, sul loro comportamento, sulle loro risposte. Sarà allora importantissimo e di grande aiuto, se tu per prima sei fermamente convinta che: 1️⃣ È il momento giusto per farlo 2️⃣ Sei consapevole e sicura di avere la capacità come mamma di aiutare tuo figlio ad attraversare questa evoluzione e questa fase di crescita Perché te lo dico? Perché spesso succede invece che noi per prime ci sentiamo insicure e ci facciamo assalire da dubbi come: “ho paura di non farcela se non riuscirò a convincerlo” “mi fa pena, mi dispiace! È abituato da tanto tempo…” “io non sono sicura di avere la forza e la capacità di consolarlo” “io non so cosa fare quando ha paura, io non so cosa fare quando si mette a piangere a squarciagola” “Mi ricordo quando i miei mi privavano di qualcosa e io ci rimanevo malissimo… non voglio fargli del male, non voglio che lui si arrabbi con me” “Non voglio che mi viva come una madre degenere, io ho bisogno del suo amore, non voglio che sia scontento di me” “faccio fatica a dire di no…” Se viviamo tutta questa incertezza, allora vale la gioia aspettare un attimo, fermarci e piuttosto fare qualcosa su di noi. 2° passo elimina-ciuccio: prepara il terreno (individua e soddisfa i bisogni che rimangono scoperti togliendo il ciuccio) Prima di passare alla fase dell’eliminazione del ciuccio di giorno e di notte, inizia ad entrare nell’ottica che, quando toglierai il ciuccio, rimarranno dentro tuo figlio alcuni bisogni “scoperti”. Cosa farà ad esempio senza il ciuccio per: consolarsi rassicurarsi tranquillizzarsi non sentire la noia uscire dallo sconforto calmare la paura Allora il suggerimento è: mentre il ciuccio c’è ancora inizia a preparare un buon terreno. Quindi preparati, con la mente e con il cuore ad essere tu la persona che sa consolare un bambino, che sa prendersi cura di suo figlio, che sa accoglierlo, sa coccolarlo quando piange, che non si spaventa se cade, che lo aiuta nei momenti di difficoltà. Come prima cosa puoi iniziare ad osservarlo meglio. Nota ad esempio quando si sta annoiando, piuttosto intervieni facendo subito qualcosa insieme, facendolo ridere, giocando insieme. Cogli dal suo sguardo quando comincia ad essere stanco, quando ha fame, quando è un po’ sconfortato. Osserva se, quando gli hai detto di no per qualcosa, eri più nervosa e gli hai trasmesso questa tensione: se ti tranquillizzi, sarà anche lui più tranquillo. Se succede una scaramuccia con la sorella, puoi accoglierlo prendendolo in braccio. Inizia ad entrare nell’ottica che per ogni problema c’è una tua risposta che sei in grado di dare, che puoi dare col tuo comportamento, con una tua azione, col tuo sguardo, le tue parole, le tue coccole, il tuo amore, le tue soluzioni. Puoi farlo tu. Puoi farlo anche se si tratta di metterlo a dormire in un orario in cui di solito non dorme se è stanco. Magari si tratta di prenderlo in braccio e coccolarlo un’oretta prima di cena perché ormai si sta stancando, sta diventando capriccioso. Si tratta di cambiare gioco 2 o 3 volte in più in un’ora perché noti che si annoia facilmente e poi comincia a fare i capricci. Magari ti accorgi che si lamenta perché ha fame e piuttosto gli puoi dare da mangiare una volta in più. Non hai bisogno di tamponare con il ciuccio una sua manifestazione emotiva. Questo è il gioco forza: perché se ti prendi qualche giorno, qualche settimana per abituarti con calma ad essere tu la soluzione alle sue difficoltà, allora il terreno sarà preparato. Quando poi, pian piano, un po’ alla volta, toglieremo il ciuccio, tu non cadrai giù senza paracadute, perché avrai preparato questo terreno in cui la soluzione sei tu.. 3° passo: inizia a non dargli subito il ciuccio A questo punto, dopo esserti e allenata per qualche giorno o qualche settimana, prova a cominciare a non dargli subito il ciuccio appena inizia a piangere. Mettilo in un posto non in vista. Potresti essere tu la prima a dimenticarlo in un cassetto fino a sera. Inizia per esempio a darglielo soltanto più per dormire. Prima di dargli il ciuccio per farlo addormentare puoi raccontargli una storia, cantargli una canzone, cullarlo, accarezzarlo. Siamo agli inizi, quindi a questo punto, se non riesce ad addormentarsi subito, puoi anche dargli il ciuccio. Intanto avrai però già fatto un sacco di cose prima di darglielo e, invece di fare come è successo fino al giorno prima, il tempo sarà stato più allungato. Puoi fare la stessa cosa ad esempio quando si sta annoiando, quando è più stanco, quando piange per qualche motivo: puoi aspettare a dargli il ciuccio e intervenire tu con questa modalità che stai già coltivando da qualche settimana. 4° passo per togliere il ciuccio: gestiamo le reazioni di tuo figlio 👉 Se tuo figlio è molto piccolo (entro l’anno/anno e mezzo) Come già ho spiegato, naturalmente l’età incide molto sulla reazione che avrà il tuo bambino. Se tuo figlio è molto piccolo, entro l’anno, l’anno e mezzo, allora davvero incide tantissimo il tuo stato d’animo. Se tu per prima inizi a dimenticartelo in un cassetto e lui vede che la consolazione, il conforto, l’accoglienza, il calore arrivano da te, si abituerà molto più facilmente. Questo avviene perché lui sta assorbendo da te il messaggio che tu senti dentro: “Ci sono io. L’unica cosa che conosco sono le mie azioni. Le mie braccia, la mia voce, il mio calore: è ciò che ti serve in questo momento.” Se tu diminuisci mentalmente dentro di te il valore che dai al ciuccio, lui lo percepirà. Sentirà che adesso la sicurezza arriva da questo tuo stato d’animo e si abituerà molto più facilmente. Anche lui lo richiederà meno e non sarà così drammatico dimenticarlo sempre più spesso. 👉 Se tuo figlio è un pochino più grande Quando i nostri figli sono un pochino più grandi, ormai si sono abituati e lo usano autonomamente, ci può essere qualche difficoltà in più. In questi casi spesso lo chiedono proprio, piangono, stanno male, urlano “mamma dammi il ciuccio!” e vogliono il ciuccio perché ormai si sono abituati così. Avrai allora bisogno di più tempo e di mettere in pratica queste soluzioni più a lungo. Quindi non ti preoccupare se questa fase dovesse durare un po’ di mesi: va benissimo. Meglio fare con calma e nella maniera migliore che avere fretta, pretendere tutto subito e finire per trovarsi con un bambino che pensa “no, me lo vuoi portare via, io lo voglio! Te lo chiederò sempre più spesso perché sento che me lo stai portando via!” Con calma, ti abitui io dentro di te, superi le tue resistenze, prepari il tuo terreno. Continui a darglielo e poi cominci a dimenticartelo. La prima cosa che farai sarà arrivare ed esserci tu: per consolarlo, coccolarlo, farlo addormentare prenderlo in braccio, accoglierlo ecc, fino all’ultimo, quando gli darai il ciuccio. Lo farai abituandoti a sentirti sicura e costruendo dentro di te la certezza che questa cosa la puoi fare. Sei tu che con autorevolezza gestisci la situazione. Una volta che avremo creato questo terreno e nostro figlio si sarà abituato a questa nostra modalità, glielo daremo in maniera sempre meno frequente, proprio solo nei momenti più critici. Ad esempio glielo potrai dare quando si sta per addormentare perché è abituato così. Quando proprio esplode per qualche “capriccio”, tu non sai più che pesci pigliare e ti stai innervosendo, per esempio possiamo dargli il ciuccio. Sarà magari una volta nella giornata, non capiterà più come prima, in cui lo aveva sempre. A quel punto potremo allora cominciare a salutare il ciuccio, a dirgli innanzi tutto che ci sei tu, che adesso non serve, che lo hai dimenticato nella borsa. Ma lascialo davvero nella borsa, lascialo davvero in macchina, perché servirà anche a te per non avere la scusa di averlo a portata. Infatti all’inizio cosa potrebbe succedere? Lui farà un po’ di resistenza, perché è abituato ed è normale che sia così. Un po’ come noi adulti davanti ad un “questa sigaretta non la puoi fumare” “no questo tiramisù lo lasciamo in frigo, lo mangi domani”. In questi casi succede che magari vai un po’ in tensione, hai paura di non farcela a consolarlo e finisci col pensare anche tu “va be’, gli do il ciuccio, la prossima volta vediamo”. Se invece davvero lo dimentichi in macchina ci sei soltanto tu. Sarai tu che dovrai accogliere senza l’aiuto del ciuccio, questo pianto anche importante, questa frustrazione di tuo figlio. E ce la farai. Magari durerà un pochino di più. Forse ci metterai 20 minuti, o mezzoretta ma ce la fai. Lo puoi fare davvero. Del resto, come accogliamo una grande frustrazione di nostro figlio che ha 7/8 anni e non ha più voglia di studiare, o quando dobbiamo spegnere la televisione o quando non può fare un’altea partita a un video gioco. Anche in questo caso la frustrazione è enorme, magari lui è arrabbiatissimo. Cosa facciamo, gli diamo il ciuccio? No! Risolviamo con le nostre forze. Risolviamo all’interno della relazione. Ecco il modo di pensare è lo stesso. Puoi tranquillamente fare a meno del ciuccio anche se il pianto e la frustrazione sono un pianto e una frustrazione importanti. Che cosa gli dico se incontro resistenze? Mi è capitato di sentire racconti di alcune mamme che mi hanno detto: “Guarda Roberta, preparando il terreno così, essendo convinta io, sembra quasi davvero che se lo dimentichi. Ho fatto questa sorta di svezzamento un po’ alla volta, ad un certo punto gli ho detto “il ciuccio adesso lo diamo alla fatina dei ciucci che in cambio che può farlo andare insieme a tutti i suoi amici ciucci nell’isola dei ciucci. Mi ha detto che in cambio ti porta un regalino, quella cosa a cui tenevi tanto”. Lui, tranquillo, non me lo ha più chiesto. E tanto se succede qualcosa ci sono io, se mi dice “ciuccio!” io gli dico che lo abbiamo dato alla fatina, lo coccolo finché ne ha bisogno, risolvendo i bisogni e i suoi stati d’animo e non ho problemi.” Altre volte i nostri figli fanno un po’ più di resistenza e c’è un po’ più di difficoltà. Le prime volte avranno più nostalgia del ciuccio, i pianti e le frustrazioni saranno un po’ più importanti, e ciò non significherà che tu abbia sbagliato qualcosa. Ogni situazione è diversa. Anche in questo caso, con sicurezza, continua ad accogliere il pianto, ferma sulla tua decisione. Storia per togliere il ciuccio: quando il nostro amico prende la parola e rassicura tuo figlio Lo consoli, lo accogli, sei sensibile al suo dispiacere e dici a tuo figlio: “mi dispiace tanto che tu stia male così e lo so, prima c’era il ciuccio, ma non importa perché adesso ci sono io, puoi piangere tranquillo, anche se hai nostalgia del ciuccio. Anche io ogni tanto sono triste, quando papà magari va a lavorare via per due o tre giorni, io sento nostalgia di papà e il mio cuoricino piange, anche a me scende la lacrimuccia, perché sento proprio questa nostalgia. Mi chiedo: ma come faccio senza papino alla sera, che non dorme con me, e non possiamo mangiare insieme, non parliamo insieme? Lo so, ci vuole un pochino per abituarsi. Allora sai cosa facciamo? Adesso diamo un pensierino al ciuccio, gli diciamo “ciao ciuccio, come stai lì nel mondo della fatina? Con tutti i tuoi amici ciucci?” Sentiamo un po’ che cosa dice? Io lo sento nel cuoricino: “sto bene, sto bene! Mi dispiace Luca che stai così male! Io qua mi sto divertendo tanto con tutti i miei amici ciucci! E col gioco che ti ha dato la fatica ti stai divertendo? Lo sai che l’ho scelto io per te? Andiamo a prendere un po’ questo giochino?!” E magari con la connessione del giochino e del ciuccio, con le tue parole sicure, calme, amorevoli e balsamiche lo tranquillizzi come in qualsiasi altra situazione e per qualsiasi altro “capriccio”. Quindi se ci saranno delle resistenze iniziali è naturale che ci siano e le potrai affrontare come qualsiasi altra situazione. Se vuoi approfondire come affrontare le reazioni e i “capricci” dei bimbi, puoi leggere questo articolo: Guida completa per i Capricci dei Bambini (se li ignori si moltiplicano)
Smettila di rompere tutto! I 5 passi se il tuo bambino rompe i giochi, morde o graffia
In effetti i bambini a volte reagiscono rompendo oggetti, rompendo i giochi, graffiano, mordono, tirando pugni e calci, strappando i capelli… Gli adolescenti invece magari sbattono le cose, urlano, ci mandano a quel paese, spaccano la porta chiudendola malamente e insultandoci. Vorrei iniziare rassicurandoti perché sono diventata la regina di queste situazioni 😉 Quando avevo i bambini in affido, al loro arrivo la maggior parte delle volte erano bambini che picchiavano, mi mordevano, mordevano gli altri, rompevano i giochi dalla rabbia, non avevano rispetto per le cose. Arrivavamo a dover cambiare o aggiustare nell’arco di quindici giorni giochi, sedie, tende, ecc. Ovviamente i tuoi figli non vivono le situazioni drammatiche che vivevano questi bambini. Ma voglio farti questo esempio innanzitutto per dirti che ho la soluzione. Queste situazioni le ho vissute e dovute gestire moltissime volte anche io. Inoltre vorrei dirti che in qualche maniera sono reazioni spontanee che i bambini o gli adolescenti possono avere, soprattutto se nessuno ha fatto veder loro, insegnato o trasmesso con il proprio esempio come fare a gestire il proprio bagaglio emotivo. Se ci pensi, a volte nemmeno noi adulti sappiamo farlo. In fondo, quante volte ci è capitato che magari ci tratteniamo dal mordere, ma non sappiamo trattenerci dal mollargli uno sberla o strattonarli? O dallo sbattere le porte o buttare malamente le cose nel lavandino quando siamo nervosi? Ecco allora i 5 passi da seguire se tuo figlio è a volte rompe tutto come giochi o oggetti in casa, diventa aggressivo, prepotente, o ti sembra esagerato e addirittura violento. 1. Eliminiamo le “etichette” Come prima cosa possiamo eliminare le etichette: tuo figlio non è cattivo, non lo hai educato male, né è nato per farti…”girare le scatole” o per darti dei problemi. Se i nostri figli, bambini o ragazzi che siano, sono ancora sotto la nostra guida si comportano in questo modo, è perché hanno un motivo valido per farlo. Infatti, se a un bambino dagli zero ai 6-7 anni nessuno ha insegnato a gestire il suo bagaglio emotivo, relativo a: sensazioni di paura frustrazione e rabbia sensazione di non sentirsi amato abbastanza da mamma e papà sensazione di non aver capito impressione di aver subito un torto delusione percezione di sentirsi “meno” (bravo, importante, all’altezza ecc) di qualcuno accade che il bambino accumula, accumula, come una pentola a pressione e alla fine il suo modo di reagire sarà quello di esplodere. Reagisce attaccando, “esplode” fisicamente con il corpo. Avrà bisogno di liberare tutta questa tensione che sente dentro, con delle reazioni fisiche, direi… istintive… con il corpo perché non sa farlo in altro modo. O non ha ancora l’età e la capacità per ascoltarsi, riflettere su quello che sente, per accogliersi (in verità è una competenza che spesso non abbiamo acquisito neanche noi adulti), per venire da noi e spiegarci a parole cosa sente dentro per essere poi confortato e aiutato. Oppure, avrebbe l’età per farlo, ma non succede perché nessuno nel tempo gli ha mostrato come si fa. Per i bambini e i ragazzi è necessario che siano mamma e papà o gli adulto che si occupano di loro a farlo per primi, a dare l’esempio, e a mostrare come si fa durante questi primi momenti di frustrazione o disagio. Altrimenti non imparano. Ecco perché se a un ragazzo di sedici anni nessuno ha mai insegnato a gestire il suo bagaglio emotivo, continuerà a reagire con rabbia, con stizza, con violenza: anche se ho sedici anni non cambia nulla. Ciò che cambierà rispetto a un bambino piccolo sarà l’intensità della reazione. Eliminiamo dunque queste etichette: tuo figlio non è cattivo, non ce l’ha con te, non ha modi maleducati. È il suo modo di reagire perché non ha altri strumenti. 2. Con i figli che rompono i giochi, mordono, graffiano arrabbiarsi e urlare… non serve a nulla Davanti una reazione aggressiva cosa è meglio evitare? Se ci arrabbiamo e cominciamo anche noi a sfogarci in quel modo, diventiamo come lui, ci mettiamo al suo livello, diventiamo anche noi dei bambini senza strumenti. Ma noi siamo le guide, noi siamo gli Aiutanti Magici, siamo gli adulti maturi e quindi abbiamo bisogno di imparare a mantenere la calma, mantenere la fermezza in quei momenti. E a questo proposito, se ne sentiamo il bisogno o la necessità, è utile per tutti noi incamminarci per acquisire più fiducia e più sicurezza in noi stessi. Sono da evitare quindi urla, minacce, durezza, punizioni e frasi come: “Se fai ancora così ti tolgo questo!” “Questo non mi piace. Guarda che se fai così non sei più mio figlio. Non ti voglio più bene!” Tutti i bambini reagirebbero in maniera più serena se avessero una alternativa. E invece: 1) Se hanno visto noi comportarci in questo modo (con rabbia, nervosismo, alzando la voce, minacciando, ecc.) tanto o poco che sia stato, rischiano di credere che è così che ci si comporta, si reagisce così, è normale così e quindi lo faccio anche io perché così mi stanno insegnando da come si comportano loro. 2) Se non hanno avuto un esempio, se non vedono noi gestire il nostro bagaglio emotivo in maniera serena e matura, se non mostriamo loro come fare, non assorbono questa abitudine. Il mondo dei bambini non ha doppia morale. Le cose che valgono per loro devono valere anche per noi. Ecco un esempio (estremo): Quando un bambino vive la violenza in casa, quindi magari assiste a un padre, un nonno, uno zio violento o una mamma anche violenta con crisi isteriche, spesso è molto probabile che quel bambino, avendo vissuto solo quel modo di esprimersi, di fare le cose, dia per scontato che possa essere giusto e corretto essere così violenti. Quindi nella vita si comporterà in questo modo spontaneamente. Riportando questo concetto nelle realtà (per fortuna) totalmente ridimensionate e naturali che viviamo in casa nostra, allora possiamo chiederci: “Che tipo di esempio diamo?” Il nostro esempio, anche solo in minima parte, potrebbe essere un po’ aggressivo? Alziamo la voce, siamo nervosi, sbattiamo anche solo ogni tanto le cose?” Una volta esplorate queste possibilità possiamo fare sì che non capiti più, in modo da poter dare davvero un esempio sereno ai nostri figli. 3. Ci sarà una motivazione se un bambino rompe tutto, morde o graffia? Abbiamo bisogno di andare sotto la superficie, di comprendere come mai un bambino si comporta in modo aggressivo. Perché solo in questo modo possiamo risolvere davvero e solo così possiamo essere il suo Aiutante Magico e aiutarlo. La natura dei bambini è una natura buona, pacifica e collaborativa, ma ricordiamoci che siamo anche noi dei mammiferi. Quindi, quando il bambino si sente attaccato, se non sa come altro fare, si difende con il corpo, si difende verbalmente, si difende aggredendo, alzando le mani contro la minaccia, alzando la voce, cercando di provocare fisicamente. O accade anche soltanto quando il suo vaso è pieno, quando si sente una pentola a pressione che dopo aver accumulato ha bisogno di esplodere… e non c’è ragionamento che tenga. Lo fa perché non ha alternative. Allora noi che cosa possiamo fare? Noi possiamo innanzitutto comprendere i motivi per cui sta succedendo. Ti faccio qualche esempio: 1) Aggredisce il fratello perché a monte c’è un problema di gelosia, si sente inferiore, non amato. Quindi a monte dovremo agire su questa difficoltà. 2) Se reagisce ai nostri no e alle nostre regole, è probabile che sia perché non gliele stiamo dando nella maniera migliore possibile per lui e per noi. 3) Può darsi che percepisca molto la nostra rabbia, il nostro giudizio nei suoi confronti. Magari pensiamo “ma io non mi arrabbio e dico le parole di Roberta!”, ma dentro ribolliamo e nella testa ci rimbombano solo pensieri come: “che barba… basta! sempre la solita storia, sei sempre il solito!”. E se nei momenti “esplosivi” non riesci ad individuare la motivazione? Come facciamo a capire la motivazione proprio in quel momento, in cui magari siamo già in difficoltà? Se mentre il nostro bambino reagisce con rabbia o ti sta picchiando o tenta di rompere i giochi e non riusciamo a capire subito le motivazioni alla base del suo comportamento, possiamo farlo a posteriori, perché capisco che possa essere difficile imparare a farlo subito in quegli attimi più intensi. Proviamo quindi solo dopo a farci domande, a osservare queste motivazioni e a vedere la situazione con una visione d’insieme: allenandoci, la volta successiva saremo più pronti, più preparati e ci verrà sempre più automatico cogliere la motivazione da subito. Alla fine le motivazioni che fanno arrabbiare i bambini non sono così tante. Ad esempio può essere stanco, o magari geloso della sorella, oppure sta assorbendo il nervosismo che si vive in casa, oppure noi abbiamo lo stesso tipo di reazioni, oppure ancora reagisce al modo in cui gli abbiamo detto di no, o semplicemente appunto ha bisogno di imparare come si fa in un altro modo quando ci si sente così. Cerchiamo, allenandoci, di individuare le motivazioni e a riconoscerle nelle situazioni in cui si manifestano e capiremo che alla fine ruotano sempre intorno ad alcune situazioni. Tutto questo ci permetterà di prevenire reazioni così violente. Come facciamo a prevenire una reazione esplosiva? Per prevenire è utile imparare a osservare i figli un pochino meglio. Perché un bambino può avere questo scatto che lo trasforma da dottor Jekyll a mister Hyde, così dal niente? Se noi impariamo a essere presenti nella relazione che abbiamo con loro, a osservarli, guardarli negli occhi, riusciremo a notare come cambia il loro sguardo a seconda se cominciano ad avere sonno, o ad esser annoiati, o ad essere arrabbiati perché qualcosa nel gioco non sta funzionando, o se cominciano a cambiare umore perché una mossa della sorella gli sta togliendo il sole dal viso. Sono tutte piccole cose che noi possiamo notare. Magari ha tirato come un pazzo tutto il giorno, non ha dormito al pomeriggio o ha dormito male stanotte. O sono due, tre volte che gli dico di continuo “no” per qualcosa e glielo dico malamente: devo aspettarmi che prima o poi scoppi in qualche modo. Noi abbiamo sempre modo attraverso l’osservazione di cogliere questi segnali. Anche questo fa parte del nostro allenamento. È utile allenarsi con calma perché questo ci aiuta a intervenire ben prima che il vaso sia pieno e che scoppi con una reazione aggressiva. Come prevenire e attivare i radar per intervenire molto prima di arrivare all’esplosione di tuo figlio Ad esempio, mi capita di vedere a volte bambini che cominciano ad avere sonno già due ore prima. Si nota il bambino che sbadiglia, sbadiglia ancora, diventa insofferente, non ha più voglia di fare niente, “questo non va bene…quello non va bene…”. Oppure si nota che si sta annoiando e si sta spegnendo, perché non c’è un adulto che sta giocando con lui per fargli vedere una alternativa di come quel gioco può essere ancora consumato. Poi ad un certo punto il bambino esplode perché la mamma non riesce ad aprire subito la carta della merenda. “Roberta, ma…è scoppiato per la carta della merenda! Capisci… la carta della merenda!!!” No, non è per la carta della merenda, sono le due o quattro ore prima, sono le cose che è da stamattina che succedono, solo che nessuno le ha viste. Non le abbiamo viste perché semplicemente non siamo abituati a guardarle. Ma da ora puoi “allenarti” a vederle e notarle. Ed ecco come prevenire: già ore fa, minuti fa, osservandolo potevamo cogliere questi cambiamenti dai suoi occhi, dal suo atteggiamento. In anticipo potevamo quindi intervenire, magari chiacchierare e portarlo con noi, fargli delle coccole, sorridergli, parlargli con amore o portarlo a nanna, o risolvere la dinamica con la sorella, gestire meglio il litigio con la sorella o il fratello. Quindi per prevenire bisogna attivare i nostri radar per intervenire molto prima di arrivare all’esplosione di tuo figlio. 4. Cosa fare nel momento in cui bambino diventa aggressivo, esplode di rabbia o rompe gli oggetti? Se non abbiamo agito a monte e fatto il lavoro di osservazione di cui ti ho parlato, inciamperemo in queste esplosioni dei nostri figli. Ma cosa fare proprio in quei momenti? Interveniamo Come prima cosa interveniamo, quindi non lasciamolo da solo, perché anche se ci manda via, anche se ci picchia, ci attacca, ci morde o graffia, se tenta di rompere o lanciare gli oggetti in verità ha bisogno di aiuto. Ha veramente bisogno che in quel momento l’Aiutante Magico ci sia per aiutarlo. Se c’è bisogno, fermiamolo fisicamente. Bisogna fermarlo perché magari sta facendo del male a te o a se stesso, a qualcun altro o sta rompendo le cose, o rischia di farsi male. Molto spesso con il contenimento esploderà ancora più forte: 1) O perché finalmente sente qualcuno che è lì pronto ad aiutarlo e sente di poter liberare tutto lo sfogo e quindi inizierà magari a piangere e a singhiozzare forte e poi si calmerà 2) Oppure perché sente che il tuo non è un contenimento autentico ma lo stai fermando o bloccando solo perché vuoi che smetta. Non è l’atteggiamento giusto e farà di tutto per liberarsi, per allontanarti e rifiutare il tuo aiuto. Proprio per questo il tipo di presa che utilizzeremo non sarà una presa nervosa, stizzosa o di rabbia. Sarà una presa puramente ferma, magari dovremo usare una certa forza per allontanare la sua mano, per abbracciarlo, per aprire una ad una le sue dita che stringono qualcosa o qualcuno, ma dentro non saremo arrabbiati. Saremo forti, ma non arrabbiati proprio come quando giochi al tiro alla fune e tiri la corda: non c’è rabbia ma usi semplicemente la forza. In queste situazioni il principio è lo stesso. Molti mi dicono: “ma io non ce la faccio. Lui è più forte di me!” Se stiamo parlando di un ventenne alto un metro e novanta certo, lo capisco. Ma nel caso di un bambino di due, tre, sette, dieci, dodici anni il problema non è che è più forte di te o non ce la fai. Il problema spesso è che abbiamo paura. Abbiamo paura della sua reazione, o di non farcela, o di non essere capaci di sostenere e gestire questa aggressività. Tu sei l’adulto e volendo hai tutte le capacità per fermarlo, contenerlo senza innervosirti. Accogliamolo, abituandolo ad avere fiducia in noi Mentre sei lì che eviti che si faccia male contenendolo, puoi iniziare a parlargli a trasmettergli accoglienza ed empatia. Ad esempio possiamo dire, già mentre lo teniamo con fermezza da subito: “Amore… Mamma mia, sei tanto arrabbiato. Cos’è successo? Io lo so che cosa è successo, sai? Adesso sfogati. Lo so, amore mio, lo so. Dopo poi lo vediamo e risolviamo… adesso piangi pure… Sei tanto arrabbiato amore mio, lo so.” Se non accetta e scappa, se non si sta facendo male, lascia pure che scappi ma vagli comunque dietro. Magari stai a distanza, ma non quella distanza di chi ha paura. Quella distanza di chi sente e capisce quale debba essere il confine tra di voi. Ma intanto sei lì con la tua presenza, non lo stai giudicando e lo stai accogliendo. Molto spesso, quando si contengono i bambini, ad un certo punto senti proprio che loro rincarano la dose e spingono più forte, cercano di morderti in tutti i modi, mentre tu continui a fermarli perché non si facciano male o non facciano male. Come ti dicevo, esplodono perché sentono che tu non li stai giudicando e possono tirare fuori tutto ciò che hanno da tirare fuori. A questo punto, se tu continui ad essere tranquilla e serena, in genere succedono due cose: 1. O si calma singhiozzando piano o spegnando piano piano il pianto 2. O esplode tirando fuori tutto quello che deve esplodere. Poi comincia a piangere in modo diverso, con un pianto di sentimento che non è più il pianto della rabbia. È come un’onda e tu in questo modo ci sei stata dentro. Lo hai accolto, lo hai assistito, sei stata con lui nella curva che doveva arrivare a un picco per poi riscendere. Una volta fatto questo, il bambino si tranquillizza o si dimentica, comincia a giocare oppure è il momento in cui c’è bisogno di fare il passo successivo: risolvere. 5. Risolviamo “Allora adesso ce lo diciamo cosa era successo? Stavi giocando con i Lego. Lui è arrivato lì apposta. Ti ha dato un calcio sulla stazione della polizia. Amore… Vieni con me. Adesso glielo andiamo a dire e piano piano la ricostruiamo insieme. La facciamo bella com’era prima. Vieni, amore mio.” Se il bambino inizia a vedere questo da noi diventerà ogni volta più aggressivo perché noi non l’abbiamo picchiato o non lo abbiamo punito? No, i bambini sono per natura buoni. Loro lo sanno che non si rompono i giochi, non si morde, non si picchia e infatti non lo farebbero. Ma è l’unica cosa istintiva che riescono a fare in quel momento per liberare il malessere, il dolore che provano dentro. Allora se noi facciamo in questo modo, gli facciamo vedere che non li giudichiamo, che siamo davvero i loro Aiutanti Magici, che accogliamo senza giudizi, senza aspettative e poi risolviamo, possiamo iniziare a dire loro: “Amore, la prossima volta vieni a dirlo alla mamma. Qualsiasi cosa sia successo, vedi che mamma non ti sgrida. Non è successo niente. Mamma, lo capisce e ti da una mano. Perché quando stai così male, amore, quando ci sono le cose che ti fanno arrabbiare così tanto e che ti fanno tanto male come si fa da soli? Non si può! Si chiede aiuto a mamma. Si viene da papà e si chiede aiuto.” In questo modo ecco che educhiamo i nostri figli alla fiducia verso di noi. Tempo due, tre, quattro volte o il tempo che sarà necessario (ma non è moltissimo, te lo posso garantire) invece di scoppiare si metterà a piangere, verrà da noi e ci dirà che cosa è successo e ci chiederà di andare a vedere cosa è successo. Nel frattempo iniziamo ad osservare, a cogliere la motivazione e a risolvere prima che queste esplosioni avvengano. Riassumendo i suggerimenti sono: 1. Nessuna etichetta: tuo figlio non è mai cattivo 2. “Allenarsi” a cogliere la motivazione anche a posteriori e abituarci ad osservarlo 3. Intervenire per risolvere, fermarlo, contenerlo in modo che non si faccia male: in questo modo facciamo sì che possa sentire la nostra presenza ferma, non arrabbiata, sicura di noi. 4. Lasciamo che si sfoghi, se è necessario, mentre lo accogliamo. Abituiamolo ad avere fiducia in noi e ad esprimersi anche man mano con le parole. 5. Risolviamo con una soluzione concreta, rimediamo Magari tuo figlio non riuscirà a farlo da subito se ha solo due anni ma, usando la perseveranza vedrai che pian piano negli anni, crescendo, imparerà a esprimersi invece che accumulare e poi esplodere. Iniziare da oggi a prendere dimestichezza con i 5 passi di questo articolo: è così che stai mettendo i semi perché questi episodi in cui tuo bambino comincia a rompere tutto quello che trova in casa, ti morde o diventa aggressivo siano nel tempo sempre meno numerosi. Se vuoi approfondire questi argomenti puoi anche leggere questi articoli: Bambini che lanciano oggetti e urlano: ecco cosa fare Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle) Rabbia bambini: 4 passi per gestire crisi di Rabbia e crisi Isteriche
Capricci Bambini 1 anno, 2 anni, 3 anni (come gestirli?)
Aiuto: sono alle prese con i capricci del mio bambino di 2 anni ed è ingestibile. Aiutami a risolvere i capricci di mio figlio di 3 anni! Ha solo 18 mesi e fa già troppi “capricci”! Non so più cosa fare! Cosa faccio quando i miei bambini sono capricciosi e disubbidienti?” Quando si tratta di “capricci” dei bambini a 1 anno o a 3 anni la richiesta delle mamme è sempre la stessa: “aiutami a gestire e calmare i “capricci” di mio figlio, subito!” Ecco perché ora voglio indicarti 3 linee guida fondamentali per comprendere la causa di qualsiasi tipo di comportamento etichettato come “capriccio”. Scopriamole insieme. Indicazione N°1 per calmare i “capricci” dei bambini: il nodo emotivo Non ha importanza se oggi tuo figlio fa i capricci a 18 mesi, 1 anno, 3 anni o 4 anni. I “capricci” dei bambini a qualsiasi età non sono degli strumenti diabolici che si inventa per farti perdere tempo all’ultimo minuto o per farti andare su tutte le furie. Se davvero vuoi spegnere il fuoco dei comportamenti etichettati come “capricci” ci sono alcune cose che è importante sapere: la prima è che non sono un fuoco che va spento. Lo so che questo aspetto è davvero assurdo la prima volta che lo leggi. Eppure è davvero importante sapere che tuo figlio quando piange, quando ti implora, quando urla, quando fa quella cosa che definiamo come “lagna” ha un “problema” emotivo, che per lui è serio davvero. In verità quando un bambino fa “i capricci” li fa perché ha una difficoltà ma non sa come dirtelo, non nel senso che vuole mentirti o nascondertelo, nel senso che al momento non ha altri strumenti per dirtelo diversamente o per aiutarsi da solo. Quanto attirano la tua attenzione con il “capriccio” ricordati che hanno sempre un motivo vero da risolvere. Poi la manifestazione cambia in base all’età, per esempio i “capricci” dei bambini a 2 anni magari si manifesteranno con pianto e urla, i “capricci” dei bambini a 6 anni saranno accompagnati anche da rifiuto delle regole, episodi di nervosismo o brutte parole. Ecco ora vediamo con una nuova lente, a cui non avresti mai pensato, ma che hai bisogno di considerare da subito: tornare a considerare la dignità di tuo figlio. La dignità dei bambini Tuo figlio quando ti segnala un problema, ha una sua dignità. Significa che non ha bisogno di essere maltrattato, sgridato o preso a sberle soltanto perché ci dà fastidio e non sappiamo come gestire la situazione. Lui ti sta comunicando una difficoltà, quindi come genitore o insegnante, hai il dovere assoluto di andare lì vicino, guardarlo negli occhi e trasformarti nel suo Aiutante Magico. Sei lì per aiutarlo, lui ha bisogno di te, ha bisogno della tua calma; vai in soccorso, aiutalo, per esempio dicendo: 👉 “Qual è il problema? Mannaggia, ma quanto è difficile questa cosa per te?” 👉 “Questa mattina la maglia gialla proprio non ti piace… mi sa che è più sonno e voglia di coccole… mi spiace che sei così triste stamattina… Oppure sai benissimo che questi sono momenti in cui sta vuotando in sacco. Magari tuo figlio è “pieno” di qualcosa che è successo il giorno prima o due giorni prima. Ha accumulato tensione, rabbia o tristezza che pian piano hanno creato una pentola a pressione. Proprio come succede a noi adulti. Molto spesso i bambini fanno questi “capricci” perché vogliono attirare la nostra attenzione Sono stanchi, nervosi, non si sentono capiti e l’aiuto giusto che si aspettano è: 👉 “Cavoli! mamma ieri non è stata con te tutto il giorno e stamattina ti ha pure messo fretta per arrivare in orario. Dobbiamo arrivare in orario, è vero, però amore capisco che per te è così difficile, dobbiamo stare un po’ insieme. Vieni che ti abbraccio, vieni che ti do un bacio.” Se inizi a ragionare che essere genitore vuol dire anche diventare il suo Aiutante Magico, quindi davvero metterti a sua disposizione senza paura che non impari le regole e che non diventi un bambino educato, allora sei a buon punto e tutto diventa più semplice. I bambini nascono già positivi e pieni di fantastici ingredienti, solo con il tuo atteggiamento da imitare e la tua giusta disponibilità d’animo, possono crescere sereni e sviluppare tutto il bello di cui sono già ricchi. SII IL SUO AIUTANTE MAGICO: Impara a restituirgli la dignità che merita quando ti segnala una difficoltà attraverso il capriccio, perché non ha un’altra modalità di farlo. Vai e aiutalo, vai alla motivazione e accoglilo, sempre. E poi trova le soluzioni pratiche. Indicazione N° 2: la motivazione valida per gestire i “capricci” dei bambini a 1 anno, 2 anni, 3 anni I bambini di oggi hanno una sensibilità particolare e non si adattano e sottomettono facilmente. Fino all’ultimo continuano a comunicarti con il comportamento che noi etichettiamo come “capriccioso” o disubbidiente il problema o la difficoltà che sentono e che provano. Cercano di fartelo capire attraverso il “capriccio”, la lagna, la ribellione e l’opposizione. I “capricci” dei bambini a qualsiasi età, 2 anni o a 4 anni non sono mai capricci incomprensibili, infatti… non esistono! Noi genitori abbiamo bisogno di uscire dal “file mentale automatico” che il “capriccio” sia un capriccio, cioè quella cosa che non ha senso fare, che ci fa infuriare e uscire di testa, per esempio: “Ma perché sono le 8 meno 10, alle 8 chiudono il cancello di scuola e tu sei qua e non ti vuoi mettere le scarpe? Mi stai facendo le storie per una maglietta gialla, perché vuoi proprio quella verde? Che senso ha? Lo fai apposta! Sei testardo!” La verità è che non è un “capriccio”! I bambini che abbiano 18 mesi o 3 anni infatti non possono dirti: “mamma guarda sono stato male per questa cosa, sono triste perché ho perso il mio gioco preferito” “non mi dedichi abbastanza tempo” “sono arrabbiato con te perché mi hai messo in punizione” “non hai capito quello che io volevo fare” “mi arrabbio perché tu e papà litigate” “sono triste perché ti sento triste e nervosa…” Facciamo fatica noi adulti a riconoscere ed esprimere i nostri sentimenti, figuriamoci un bambino di 4 anni! Pur di catturare la tua attenzione, usano il canale che più ti fa soffermare su di loro e, sperano, anche sul loro problema. Allora, prima di tutto non arrabbiarti e mettiti nei suoi panni. Guardalo negli occhi, fermati, sdrammatizza: 👉 “Davvero queste scarpe no? Mannaggia, ci saranno dei topini dentro? Fammi un po’ vedere… o vuoi che oggi facciamo cambio: io mi metto le tue e tu ti metti le mie?!” Quello che il genitore può fare per uscire dall’impasse è sempre cercare la vera motivazione Tuo figlio utilizza spesso come scusa la scarpa, la maglietta, la verdura che non vuole mangiare, la frutta che non gli piace, ma in verità le motivazioni che fanno scatenare il putiferio sono quasi sempre più profonde. Il primo modo per risolvere i “capricci” dei bambini è giocare d’anticipo. Non tanto nel momento di fuoco, che è solo un segnale, è solo la classica goccia che fa traboccare il vaso, ma andando a monte e cercando di capire: 1️⃣ come nella giornata, nella settimana, puoi dargli più tempo di qualità 2️⃣ se ci sono situazioni in cui puoi giocare di anticipo e puoi evitare di sgridarlo e punirlo 3️⃣ come puoi essere più calma o migliorare il clima familiare. Se come genitore riesci a fare questo passaggio, a modificare la tua routine frenetica per trovare del tempo speciale per lui, più tuo figlio si rilassa e inizia a viverti come l’AIUTANTE MAGICO emeglio è. Al posto di percepirti come una persona da cui nascondersi o pensare: 👉 “Devo dire una bugia alla mamma, perché quella cosa non la posso fare” oppure 👉 “Mamma sta arrivando, devo iniziare ad avere paura” potrà invece sapere che mamma e papà sono lì solo per lui, per sostenerlo e aiutarlo. Indicazione N° 3 per comprendere i “capricci” dei bambini: le regole C’è un aspetto che nella relazione genitore e figli fa scattare lotte, incomprensioni, urla e… “capricci”. Spesso ci porta a considerare i bambini come maleducati e disobbedienti! Si tratta del momento in cui vogliamo dare delle regole, trasmettere delle sane abitudini… che puntualmente i figli non ascoltano! Il problema da dove arriva? Noi siamo convinti che i bambini possano imparare una regola a forza di sentirsela ripetere. Quante volte diciamo “gliel’ho detto un milione di volte, eppure niente!”. La verità è che loro imparano osservando, imitando le abitudini da noi genitori o comunque dai loro adulti di riferimento Questa verità a volte ci fa paura. Ci rende responsabili dell’esempio che diamo, di come ci comportiamo nella nostra vita anche quando siamo senza i bambini. Ma allo stesso tempo è una grandissima fortuna! Perché se tu sei sereno del tuo modo di comportarti e costruisci una buona relazione con lui, il gioco è fatto. Non esiste un bambino al mondo che non guardi con occhi sognanti mamma e papà, che non li ami, che non li adori e dica: “mamma, voglio farlo anch’io”, “papà, voglio venire anche io con te. Voglio provare a guidare anche io la macchina, voglio anch’io svitare il tubo del lavandino”… Quindi una valida soluzione per prevenire i “capricci” e i litigi è comprendere come insegnare le regole a tuo figlio nella calma ed evitando di ripetere le stesse cose 120 volte. Tu resterai più calma e non perderai la pazienza e tuo figlio si fiderà di più di te perché si sentirà capito e ascoltato. Di conseguenza gli episodi in cui tu non lo capisci e lui si arrabbia con te saranno sempre meno frequenti. E con l’esperienza scoprirai che si tratti di “capricci” del tuo bambino a 18 mesi o capricci a 2 anni o a 3 anni scoprirai che la chiave è sempre considerare la sua vera motivazione. Mi auguro che queste 3 indicazioni ti siano di aiuto per comprendere sempre meglio il Libretto delle Istruzioni di tuo figlio.
Smettila di dire Parolacce! (Perché i bambini le dicono?)
Cosa fare quando i bambini dicono parolacce ai genitori o a scuola? Per quale motivo tuo figlio ripete una parolaccia anche se gli spieghi che non si dice? Quali sono i passi da seguire per aiutare i bambini a non dire le parolacce? I bambini dicono parolacce perché… In genere un bambino dice una parolaccia per 3 motivi: 1️⃣ Continua a ripeterla perché la nostra spiegazione razionale “perché non si fa!” non viene recepita. E allora magari, oltre a dirgli che non si fa, posso provare a spiegarglielo in un altro modo che sia più immediato per la sua età. 2️⃣ A volte i bambini riportano le parolacce, ad esempio, dalla scuola materna. Se, nel loro piccolo, magari cominciano ad avere la fiducia in se stessi che tentenna un pochino, possono riconoscere in una persona che dice le parolacce, adulta o coetanea che sia, una forza. E quindi cominciano a ripeterle. 3️⃣ Altre volte il bambino la ripete perché sa che ci punge sul vivo 😊 4️⃣ Altre volte ancora (dipende anche dall’età) sono un po’ una scoperta oppure gli altri ridono mentre le dico e allora le ripeto o quando il mio amico le dice gli altri ridono allora le dico anche io. Scopri tutti i dettagli e le soluzioni in questo articolo. Motivo 1: le spiegazioni non servono Per prima cosa io vado a caccia dei motivi e quindi mi chiedo: “come mai continua a ripetere la parolaccia?” Un motivo potrebbe essere che continua a ripeterla perché la mia spiegazione razionale “perché non si fa!” a 4 anni non viene recepita. E allora magari, oltre a dirgli che non si fa, posso provare a spiegarglielo in un altro modo che sia più immediato per la sua età. Per esempio, posso dirgli (possibilmente con calma e senza accusarlo): “Quella parola!!! Quella parola lì che proprio non si può dire! Adesso l’hai fatto perché anche tu ti sei arrabbiato! Allora bisogna cambiare: quella parola lì non si dice ma puoi dire: mamma, io sono arrabbiato, arrabbiato, arrabbiato perché non riesco a montare questo gioco!!! Uffa, sono arrabbiato per questo.” Quante volte dovremo farlo? Ancora e ancora, tutte le volte che sarà necessario. Finché pian piano lo disabituiamo a dire la parolaccia e lo abituiamo a usare un altro termine. Un bambino piccolo non capisce se gli diciamo con serietà che: “quella cosa non si fa, non la devi dire” “è maleducazione” e “non la devi più fare”. Questa modalità a lui non arriva e, anzi, più usiamo un tono duro e siamo arrabbiati è più si sente accusato. Anzi, forse proprio perché si sente accusato, rincara la dose. E quindi continua a dire ancora più parolacce! Ci possono essere anche degli altri motivi. Motivo 2: a volte i bambini dicono parolacce perché le hanno sentite, ad esempio, dalla scuola materna. Magari iniziano a credere poco in se stessi e allora se capita che abbiano la sensazione che chi dice le parolacce sia più forte e più sicuro di sé, allora iniziano a dirle anche loro. E potrebbero pensare: “Guarda che carattere, guarda con che temperamento ha detto quella cosa! Guarda che potere che ha sulle persone: alla fine li fa stare zitti e tutti lo guardano! Anche io voglio essere così carismatico! Forse per avere quella forza bisogna dire una parolaccia. E allora io dico la parolaccia!” In questo caso possiamo mettere in pratica la soluzione precedente, ma, allo stesso tempo, riflettere sul perché potrebbe non sentirsi all’altezza e fare il possibile per rimediare. Per approfondire l’argomento Autostima, puoi anche leggere questo articolo: Le 9 frasi che fanno sentire tuo figlio uno “sfigato” (e limitano l’autostima dei bambini) Motivo 3: il bambino dice parolacce per pungere… Altre volte il bambino ripete le parolacce perché sa che ci punge sul vivo. Ha capito che per noi va bene tutto, ma non le parolacce! Se le dice scattiamo sull’attenti! Ed ecco allora che pensa: “Perfetto! allora io comincio con la prima che ho sentito dire. La ripeto, la ripeto come un disco rotto perché, cara mamma, forse mi ami tanto, ma è anche vero che spesso mi sgridi. E’ anche vero che ogni tanto alzi la voce e urli. È anche vero che un sacco di volte mi dici di aspettare e che non hai tempo. E’ anche vero che quando io voglio stare con te invece corri e giri come una trottola e quando ti metti a giocare con me non hai tanta voglia, sei stanca, ti addormenti e non mi fai divertire. E quindi cosa devo fare? Io devo fare solo le cose belle per te? Se questa cosa ti dà fastidio, allora la faccio ancora di più!” Altre volte un bambino ha bisogno di attenzioni di qualità, perché magari siamo sempre di corsa, o perché, magari, quando è bravo e tranquillo noi ne approfittiamo per fare altro. Ha visto che, quando invece fa qualcosa che non va, le attenzioni sono su di lui e corriamo subito. Siamo super attente e, anche se per rimproverarlo, stiamo con lui, mezz’ora. O pur di fargli cambiare idea cominciamo a distrarlo prendendo un gioco o facendogli vedere cosa c’è fuori. Gli raccontiamo finalmente qualcosa. Ecco che il tasto per accendere le nostre attenzioni nei suoi confronti diventa la parolaccia. Se noi a monte iniziamo invece a dare attenzione di qualità, non avranno più bisogno di usare uno strumento come la parolaccia per attirare la nostra attenzione. Quindi, sintetizzando, bisogna trovare la motivazione e darci il tempo, con pazienza, di risolvere il motivo a monte. Solo in questo modo il bambino smetterà di dire parolacce, infatti non avrà più un motivo per dirle o ripeterle 😊 Se tuo figlio non ti ascolta e vuoi approfondire perché non accetta le tue regole, puoi leggere qui l’articolo Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no
Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no
Perchè a volte tuo figlio non ascolta mentre altre volte collabora e accetta le tue regole? Perché nonostante tutti i tuoi sforzi fai fatica a farti ascoltare e si ribella? Per leggere questo articolo è necessaria una buona dose di apertura mentale e la sospensione per qualche minuto del tuo giudizio! Infatti stai per scoprire: 1️⃣ Perché i bambini e i ragazzi rispondono male ai genitori, non ascoltano, non accettano i no e rifiutano le regole. 2️⃣ Approfondiremo quali sono i nostri atteggiamenti che involontariamente non rispettano il “Libretto delle Istruzioni” e che potrebbero causare ribellione, “capricci” e litigi. 3️⃣ I 5 principi d’oro che possono aiutare tuo figlio a rispettare le regole, ottenendo più collaborazione e armonia in famiglia. Iniziamo! “Fai il bravo! Comportati bene!” “Speriamo sia educato” “No, guarda che così non mi piaci” “Se mangi tutto ti do la caramella” “Solo più 5 minuti…” “Ascoltami!” “Vieni subito qui!” “Ti devi lavare i denti …” “Ti ho detto no!” “Così non si fa!” “Lì non devi andare!” “Ringrazia e chiedi per piacere” Ti suonano familiari queste frasi? Chissà quante volte le hai sentite per strada, in casa di amici oppure ti stai accorgendo mentre leggi che a volte fanno parte anche del tuo linguaggio e della relazione che hai con i tuoi figli. Perché sentiamo troppo poco spesso o diciamo troppo poco invece frasi come queste? 1️⃣ “Divertiti!” 2️⃣ “Sei felice?” 3️⃣ “Come ti senti?” 4️⃣ “Speriamo che riesca a essere se stesso e speriamo di riuscire ad aiutarlo in questo” 5️⃣ “Speriamo che impari ad ascoltarsi e speriamo di riuscire noi a sentire sempre i suoi bisogni” 6️⃣ “Non hai più voglia di finire quello che c’è nel piatto? Secondo te come mai?” 7️⃣ “Che cosa è successo, amore?” In più, se i bambini avessero una capacità razionale già sviluppata e un’ottima proprietà di linguaggio, probabilmente ci direbbero (e spesso lo fanno): “Mamma, basta urlare!” “Perché mi sgridi? Non l’ho fatto apposta. Se lo avessi saputo avrei evitato io stesso di mettermi nei pasticci” “Perché mi accusi? L’ho fatto perché mi sono sentito in pericolo, perché avevo bisogno di sfogarmi” “Papà, puoi parlarmi con più calma?” “Perché non riesci a stare davvero con me? Perché pensi sempre ad altro?” “Ma chi è questo qui a cui vuoi tanto che somigli tutte le volte in cui mi dici che non va bene quello che faccio o quello che dico o quello che esprimo?” Perché noi adulti recitiamo le battute che hai letto poco fa, anche se queste alla fin fine potrebbero peggiorare la relazione con i figli? Soprattutto considerando il fatto che sono anche una fonte enorme di stress per entrambi, figli e genitori: il rapporto si irrigidisce, viene meno la fiducia, tuo figlio non ti ascolta e aumentano le tensioni. Nonostante questo, lo facciamo comunque, perché è quello che direttamente (esperti, riviste, tv, libri, ecc.) o indirettamente (come riflesso incondizionato dell’educazione dei nostri genitori) abbiamo imparato e assorbito dall’ambiente. Oltre a questo, ci sono tre motivazioni profonde per cui agiamo in questo modo. Se ci osserviamo, vuoi o non vuoi, vengono fuori. Perché mio figlio non ascolta? Vediamo ora le 3 motivazioni che portano i genitori a imporre le regole: 👉 Vogliamo insegnare ai nostri figli le regole per stare al mondo e crediamo che questo sia il modo più giusto (o meglio, spesso è l’unico che conosciamo) per allevarli. 👉 Vogliamo che gli altri pensino bene di noi e avere figli che vadano bene a scuola, che siano dei bambolotti che dove li metti stanno, che dicano sempre grazie, prego e per piacere così che le persone pensino bene di noi, sono garanzie in più affinché lo facciano. A volte utilizziamo i figli e i loro risultati per compiacerci, gratificarci e per dirci che almeno qualcosa di buono lo abbiamo fatto. 👉 Vogliamo avere meno problemi possibili da gestire. Dato che abbiamo a volte serie difficoltà a gestire gli imprevisti, i problemi non sono sfide ma macigni che ci stressano. Abbiamo paura di sbagliare, ci sentiamo inadeguati e sogniamo perennemente quell’eldorado di felicità e non-sforzo dove tutto è perfetto. Se ce lo avessero fatto vivere nell’infanzia non andremmo a cercarlo ora in maniera così compulsiva. Anzi, probabilmente non avrebbe mai smesso di far parte del nostro mondo interiore, indipendentemente dagli eventi esterni. Per non sentire tutto questo, speriamo che meno imprevisti possibili arrivino a costellare le nostre giornate. Approfondiamo questi ultimi tre punti. Non ce lo chiediamo mai, ma crediamo che almeno una volta nella vita queste domande ce le possiamo fare: Perché vogliamo che i bambini imparino “le regole”? Quali regole e secondo chi? Potrebbero forse farne a meno? In verità vogliamo che i bambini imparino delle regole perché crediamo che quello sia l’unico modo per riuscire ad ottenere da loro un comportamento adeguato, soprattutto per quando saranno adulti e si dovranno confrontare con il mondo esterno e con altri individui. Temiamo che possano non aver appreso tutte le strategie che permetteranno loro di sopravvivere in questo mondo che consideriamo spesso pericoloso, ingiusto e difficile. Percepiamo l’esterno e la vita come terreni di battaglia e in più ci fanno credere che, a meno che non si tratti di un colpo di fortuna, siamo troppo deboli per affrontarlo, quindi meglio rassegnarci. Altre volte invece, sempre per condizionamento, crediamo che l’omologazione sia la via più facile. Dunque riteniamo che le regole possano abituare il bambino a diventare quell’essere intiepidito, insipido e che davvero “dove lo metti sta”, augurandoci così che abbia meno problemi possibili. Perché, si sa, la ribellione può rivelarsi scomoda e dare tanti problemi. Peccato che sovente confondiamo il “capriccio” del bambino o la ribellione di un ragazzo con il suo tentativo di essere se stesso a discapito dell’omologazione. Figli che si ribellano ai genitori: perché se cerchi di omologarli ottieni ribellione e perdita di fiducia Tutti i bambini e i ragazzi sanno di essere nati per essere se stessi, per conoscersi e per manifestare i loro talenti. Se noi tentiamo in tutti i modi di omologarli con rabbia, durezza e sguardi di ghiaccio ad uno schema o a un “si è sempre fatto così” probabilmente ottieniamo due cose. Conseguenza n° 1: la ribellione Il bambini e i ragazzi continuano a mettere in atto tentativi a volte ribelli per cercare fino all’ultimo di dirci che: 1️⃣ avrebbero bisogno di un nostro atteggiamento diverso 2️⃣ vogliono essere omologati alle nostre credenze ma vogliono essere sostenuti affinché possano essere se stessi. Conseguenza n° 2: la perdita della fiducia Se cerchiamo di omologarlo ad un prestampato che abbiamo nella nostra testa per il solo fatto che crediamo che sia giusto o perché anche noi ci adattiamo a modelli esterni o precedenti, lui percepisce di non valere, di non essere quello che tu vuoi da lui. Dato che la seconda cosa fondamentale che ogni bambino desidera è quella di essere amato incondizionatamente da mamma e papà, mette sotto le scarpe se stesso a favore del tuo amore per lui. Facendo questo, rinuncia a conoscersi e a manifestarsi (cosa che lo porterà ad essere infelice, sfiduciato e arrabbiato) e perde fiducia e stima in mamma e papà perché dovrebbero proteggerlo e sostenerlo nel suo intento e non lo stanno facendo. Anzi, lo giudicano, lo vogliono uguale a un qualcosa che lui non è. Viviamo impregnati di una cultura che porta ancora con sé il retaggio di un sistema di regime dove le stesse norme applicate in una caserma si riteneva fossero idonee anche per l’ambiente famigliare: con le ristrettezze e con la forza si potevano ottenere uomini forti, donne sottomesse, potere, fama e gloria. Ahimè un disegno di questo tipo, come non porta a un miglioramento nel mondo, non porta a nulla neppure nel mondo interiore di tuo figlio. A causa di questo modello crediamo che i bambini siano vasi vuoti da riempire di modi di fare, di regole, di buoni comportamenti. Crediamo che premi e punizioni servano per raddrizzarli, che i complimenti gli tirino su il morale e gli rafforzino lo spirito. Siamo convinti che le restrizioni siano l’unico strumento che abbiamo per fargli capire chi comanda e perché, forse, attraverso il patimento impareranno la lezione. I bambini e i ragazzi non vogliono appartenere a modelli ma vogliono essere se stessi, rispettando i principi naturali di vita e di condivisione che appartengono all’uomo e alle altre specie viventi. Se non rispettano noi e il nostro modello, per cui ci appaiono come dei trasgressori, potrebbe essere che quanto noi proponiamo non è nelle loro corde naturali? Potrebbe essere che fanno tutti i tentavi possibili, con il linguaggio verbale e non verbale e con gli strumenti che hanno a disposizione per farcelo capire e per darci la possibilità di essere anche noi diversi e più vicini alla nostra natura di genitori? La famiglia e tutti gli ambienti in cui un figlio cresce non devono essere ambienti militareschi e neppure ambienti democratici (anche questo oggi va molto di moda…). L’ambiente in cui il bambino si esprime è semplicemente “naturale”: per essere efficace a breve e a lungo termine deve poter rispettare i principi del loro Libretto delle Istruzioni che fanno crescere il bambino senza sforzo e sentendosi amato e fanno sì che anche noi lo educhiamo senza sforzo, con gioia e gratitudine. La crescita del bambino e l’armonia del rapporto con i propri genitori dovrebbe avvenire naturalmente e senza sforzo. Ognuno conosce il proprio ruolo, sa cosa fare, quando farlo e come farlo, senza dover ricorrere a stratagemmi, manipolazioni, giudizi, premi, punizioni, ricatti, compravendite di amore (“se fai così non ti voglio più bene”). Troppo spesso confondiamo questi metodi con l’”Educazione”. Questi metodi fanno parte dell’istruzione, ovvero di un tentativo di inserire all’interno del bambino, codici, schemi, regole, morale del giusto e dello sbagliato. Educare è invece tirar fuori quello che il bambino ha già naturalmente dentro di sé e senza sforzo. Sai perché diciamo “senza sforzo”? Perché se iniziamo con pazienza a osservare il bambino, ci accorgiamo che è lui con la sua trasparenza, la sua innocenza e la sua consapevolezza a farci capire quello di cui ha bisogno per diventare un adulto felice. Noi adulti abbiamo perso l’abitudine di stare davvero con i bambini, di sentirli, di guardarli negli occhi e di osservarli. La loro perfezione, la loro lucidità e la loro coerenza ci spiazzano, a volte ci mettono in difficoltà e quindi preferiamo soprassedere o restare sulla superficie. Anche se iniziamo ad osservarli, dobbiamo poi ancora fare i conti con questi “benedetti” condizionamenti che utilizziamo ormai in maniera automatica. Non rispetta l’autorità, risponde male, non accetta i miei no: i 5 falsi miti svelati A proposito di regole e di condizionamenti ora vediamo quello che ahimè rafforza una modalità educativa militaresca e omologante, anziché favorire la libera espressione dei bambini e dei ragazzi e la loro manifestazione. 1° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: il rinforzo positivo Educare con il rinforzo positivo: quando un bambino si sente elogiato e gratificato per ciò che sta facendo, inizia a credere di più in se stesso. Riflessione Il rinforzo positivo ha lo stesso valore della punizione, della critica e del giudizio. Si trova dalla parte opposta, ma è allo stesso livello. Infatti, possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che sgridare e punire i bambini non sia efficace, ma non ci chiediamo che cosa accade nel bambino davanti al rinforzo positivo e all’elogio. Tuo figlio deve sentirsi amato per quello che è, qualsiasi cosa faccia o dica. Se quello che fa a noi non piace è un problema del bambino oppure nostro? Nostro. Ci sono vie mono faticose e più efficaci del lodare o criticare perché speriamo che così impari le buone maniere o perché così la prossima volta eviterà un comportamento scorretto che abbiamo criticato o ripeterà un comportamento che noi riteniamo corretto e che abbiamo elogiato. Rinforzare positivamente un comportamento vuol fargli capire (anche se le nostre intenzioni sono diverse, questo è quello che gli trasmettiamo) che così ci piace, se si comporta diversamente no, che così lo preferiamo e lo amiamo di più. Si innesca un meccanismo a spirale discendente per cui il bambino e il ragazzo restano in perenne tensione per controllare i loro istinti e i loro atteggiamenti perché, se seguono le loro motivazioni e il loro istinto, l’amore di mamma e papà potrebbe diminuire. È necessario imparare a fidarci di più dei figli perché non sono prototipi da stampaggio, non sono cd da masterizzare, sono bambini, sono ragazzi. Per certe cose siamo molto più mammiferi di quello che crediamo. Come mamma leonessa non ha bisogno di insegnare, spiegare, indirizzare, lodare, punire i suoi cuccioli perché imparino a seguirla evitando i pericoli, a diventare autonomi, a cacciare, così noi potremmo limitarci a dare un buon esempio e lasciare che il bambino lo imiti e lo assorba. 2° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: i vizi… A differenza della mamma lei, mia nonna, non doveva occuparsi della mia educazione ma doveva solo viziarmi. Riflessione Ascoltando questa frase mi sono chiesta: perché educare, coccolare e dare abbondanza devono essere visti come incompatibili? Perché vediamo le coccole e l’abbondanza come vizio e come concessione? Perché l’educare deve implicare restrizioni e sacrifici per il bambino? Se vogliamo davvero andare verso uno stile educativo che rispetti tuo figlio dobbiamo lasciar perdere tutti questi modi di pensare e allontanarci dalla credenza che sia dannoso dare al bambino un senso di abbondanza (e non intendiamo con questo riempire la cameretta di giocattoli…). L’educazione si impara imitando e non imponendo o restringendo, quindi, tanto vale essere “abbondanti” in coccole, attenzioni e dettagli. In questo modo, non solo soddisfiamo i bisogni del bambino, ma gli diamo anche un senso di abbondanza che lo accompagnerà per tutta la vita e che gli impedirà di sentirsi vuoto, sfiduciato, privo di risorse e con un percorso in salita dove la vita è ingiusta e c’è sempre qualcuno pronto a deluderci o a fregarci. La vita non è così. È così lo schema educativo che abbiamo assorbito e subito e che inconsciamente ribaltiamo sulla nostra vita di adulti. Un bambino cresciuto nell’abbondanza di amore e nel soddisfacimento di tutti i suoi bisogni affettivi cresce con molti meno limiti a fargli da intralcio per la sua realizzazione. 3° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: bisogna farli ragionare… Dal primo anno i bambini hanno bisogno di spiegazioni per capire cosa bisogna e non bisogna fare. Riflessione Dal primo anno i bambini, a meno che debbano andare in trincea o alla scalata del Kilimangiaro, hanno bisogno di amore, attenzioni e coccole. I bambini non hanno bisogno di capire razionalmente, hanno bisogno di vedere, sperimentare e imitare. Sono troppo piccoli per poter comprendere un discorso razionale fatto di pro e di contro, di cause e conseguenze, di diritti e doveri, e soprattutto di spiegazioni. Quante volte pensiamo o diciamo: “Eppure sai quante volte gliel’ho detto?” “Te l’ho già spiegato il perché!” “Ma non capisci?” Ecco il punto di vista di tuo figlio: “Cara mamma e caro papà, sarebbe più semplice per voi, e a me piacerebbe di più, se quando non ho voglia di fare i compiti o faccio i capricci per non lavarmi i denti, prima di tutto mi veniste vicino e vi ricordaste che ho un motivo per cui faccio così. Non ve lo so spiegare bene e allora lo manifesto come posso”. “Se mi chiedete con calma e dolcemente come mai e vi rendete disponibili ad aiutarmi e a risolvere la mia difficoltà o il mio bisogno, io sono il bambino più felice del mondo. Smetto di avere paura e di sentirmi a disagio, so che mi posso fidare di voi e so che mi basta seguirvi. Insomma, mamma e papà, so benissimo come si lavano i denti, è da quando sono nato che mi portate con voi e che vi guardo, di solito lo facciamo sempre insieme! E per i compiti, che voi mi diciate di sforzarmi, mi serve a ben poco! Ho un disagio dentro che non riesco a superare da solo, altrimenti vi pare che perderei tutto questo tempo? Se non mi annoiassi e volessi farli da solo a quest’ora li avrei già finiti e sarei fuori a giocare!” 4° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: ignoralo se dice parolacce… Mio figlio dice le parolacce: se non trova alternative alle parolacce sgridatelo e ignoratelo. Riflessione Perché un bambino dice parolacce? Forse le ha sentite dire e semplicemente le ripete perché funziona per imitazione. Oppure sa che non si fa e vuole attirare la nostra attenzione (ha provato in mille altri modi e “con le buone” ma non c’è stato nulla da fare). Forse si sente un debole o un insicuro: chi dice parolacce gli sembra più forte e quindi fa anche lui così. Se non comprendiamo la motivazione e non andiamo a fondo non serve a nulla sgridarlo o ignorarlo. Nel primo caso continuerà a farlo perché pur sgridandolo almeno abbiamo iniziato a considerarlo. Nel secondo caso anche, perché volendo le nostre attenzioni rincarerà la dose o cercherà altri atteggiamenti distruttivi per segnalarci la sua presenza e il suo bisogno di attenzioni. 5° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: il disordine… Mio figlio è disordinato, non pulisce, si rifiuta di riordinare! Riflessione Se invece vuoi che tuo figlio “impari” a fare le pulizie perché hai paura che diventi sporco e disordinato puoi partire da subito con un’altra motivazione nel cuore. Infatti, grazie al buon esempio e al gioco puoi far amare a tuo figlio tutte quelle esperienze che fanno parte della vita quotidiana: lavarsi, apparecchiare, sparecchiare, riordinare la stanza, ecc.. Il bambino impara giocando: prima lasciati imitare mentre fai le cose con gioia (se anche tu le vivi come un peso, come pensi che potrà viverle lui?), poi fate le cose insieme, giocando! Per esempio, invece di dover pulire la stanza potete andare a risistemare per bene la barca dei pirati con tanto di bandana in testa. Invece di dover apparecchiare la tavola potete preparare un ottimo servizio per i principi e per le principesse che vengono a palazzo per la festa. Oppure allestire un banchetto per i samurai che tornano affamati dalla battaglia. In questo modo tutti i bambini si divertono e imparano. Attenzione! Se l’adulto lo fa con un secondo fine e quindi manipolando (facciamo finta di giocare così ti porto dove voglio io) non funziona. Funziona se siamo sinceramente convinti che questa sia la cosa più naturale per il bambino e se anche noi ci stiamo divertendo. Per approfondire questo argomento puoi leggere: Figli disordinati: come insegnare l’ordine con la tecnica dello svezzamento Come insegnare le regole senza urla, sgridate e senza ripetere le cose 100 volte! Anche se oggi tuo figlio rifiuta le tue regole e i tuoi limiti ci sono 5 principi d’oro che possono aiutarti a ottenere più collaborazione e armonia in famiglia. Sono gli stessi principi utili anche con bambini oppositivi e provocatori, bambini che non rispettano l’autorità o bambini ritenuti “difficili da gestire”. Sono principi semplici che vengono spesso trascurati e che invece ti suggerisco di valorizzare nella vostra vita familiare perché ti consentiranno di allinearti con i bisogni emotivi di tuo figlio ed eviterai inutili imposizioni e litigi. 1️⃣ Vivere in un clima rilassato aiuta Muoverti con calma, sorridere, mostrarti paziente e disponibile, evitare litigate, cercare un gioco insieme e con calma riordinare il resto, aiuta i bambini a rasserenarsi. Bambini più sereni, che percepiscono rilassatezza e sicurezza intorno a loro, spontaneamente hanno più voglia di ascoltarti, di seguire le tue indicazioni. 2️⃣ La qualità del tempo che trascorri con tuo figlio Se gli dedichi del tempo di altissima qualità (meno di quanto credi) tuo figlio si sentirà appagato affettivamente e non avrai bisogno di insistere, premiare, punire, perché sarà lui per primo a volerti aiutare. 3️⃣ Funzionano le buone abitudini condivise e non il “devi fare così” I bambini rispettano le regole che diventano per tutta la famiglia delle buone abitudini che tutti condividono e che sono parte integrante dei ritmi quotidiani e del modo di essere di mamma e papà. Al contrario le imposizioni fatte con toni duri tendono a creare trasgressione, soprattutto con i bambini di oggi. 4️⃣ Apprendere l’arte di saper dire di NO Non avere paura di dire di no e di dare limiti, evita però le prese di posizione esplicitate con rabbia, le sgridate e gli “sguardi di ghiaccio”. Sii ferma ma mantieni un sorriso sincero. Infatti i no e le regole si possono “trasferire” anche con calma e in un clima sereno (contrariamente a come spesso siamo stati abituati noi nella nostra infanzia con ricatti, punizioni, urla e minacce). Al contrario metodi educativi basati su minacce e paura tendono a peggiorare la situazione se tuo figlio è oppositivo e non ti ascolta. 5️⃣ I tuoi figli vivono e imparano giocando e nella gioia Nulla può essere appreso o eseguito da loro con modi militareschi o autoritari. Se vuoi che “impari le regole”, le dovrete mettere in pratica insieme giocando e divertendovi (soprattutto nei primi 5-6 anni). Per esempio, si può raccontare e “vivere” la storia di un supereroe ogni volta che si lavano i denti, come Spider-man che salta da un dente all’altro sparando la sua ragnatela. Oppure la stanza diventa magicamente una nave di pirati da pulire, completa di cannoni, vestiti per la ciurma e spade! I bambini comprendono principalmente il linguaggio del gioco, ecco perché come genitori è necessario diventare anche i loro animatori. Tu ti divertirai di più, aumenterà la qualità della vostra relazione, tuo figlio collaborerà e apprenderà le sane abitudini come lavarsi, pulire gli ambienti, prendersi cura del proprio corpo… divertendosi. E, infine, ecco una riflessione molto contro-intuitiva e di vitale importanza: i bambini hanno voglia di cooperare e di essere solidali con mamma e papà, mentre si oppongono quando sentono che la loro natura amorevole e la loro emotività non viene rispettata. Approfondimento Se vuoi comprendere meglio come gestire il nervosismo di tuo figlio e i comportamenti “capricciosi” leggi qui: Capricci dei Bambini da 1 a 10 anni (come gestirli e prevenirli)
Lockdown e Figli: 3 modi per non ri-friggerti nel 2021
Da mesi mi gira e rigira un’ossessione che non mi abbandona e che oggi condivido con te: perché alcune mamme continuano a raccontare che il periodo del lockdown è stato il periodo peggiore della loro vita e che sono arrivate addirittura a non sopportare più i loro i figli mentre… altre continuano a dirmi che per loro non è cambiato nulla, si sono divertiti come matti, ne hanno approfittato per fare ancora di più le cose che facevano prima insieme, ore intere a ridere e giocare ai loro giochi preferiti, fare lavoretti o attività che prima non avevano il tempo di fare…? Come è possibile che per Francesca il 2020 è stato l’anno peggiore di sempre mentre per Marta è stata una preziosa opportunità per stare ancora meglio con i propri figli e in famiglia? Figli fra quarantena, zona rossa e coprifuoco… Ebbene sì, anche se ti sembrerà molto strano: 👉 per alcune mamme stare chiuse in casa fra con i figli è una fortuna, un modo per cementare ancora di più una relazione che già da prima “funzionava” 👉 per altre è un vero inferno fatto di litigi, capricci, urla, nervosismo, pianti, lamentele, sgridate, ripetere 267 volte le stesse cose… Alcune mi hanno anche confidato che per la prima volta si sono pentite di averli fatti nascere, che se sapevano che sarebbe finita così era meglio non fare figli (o adottarli). Naturalmente non voglio innescare un paragone o un sentimento di profonda delusione se per caso in questo momento ti senti o ti sei sentita proprio quella mamma che invece di difficoltà ne ha avute e ne sta avendo parecchie. Voglio soltanto condividere delle riflessioni che possono rivelarsi preziose per tutti noi. 3 aspetti che quasi tutti ignorano Dopo 28 bambini e ragazzi in affido e tutte le esperienze con migliaia di famiglie vissute negli ultimi 14 anni ho compreso che alla fine a fare la differenza sono 3 aspetti che quasi tutti ignorano. E il lockdown e la chiusura forzata in casa ha confermato definitivamente e all’ennesima potenza queste mie osservazioni e scoperte. Eccole qui. 1.Eruzioni vulcaniche (ovvero l’arte di saper restare calmi) Sapere come gestire se stessi, restare calmi e gestire rabbia/nervosismo che inevitabilmente arrivano durante la giornata si conferma essere l’abilità numero 1 sia per la gestione in generale della tua vita e sia per la gestione della relazione con i tuoi figli. Ti devi sempre immaginare come un vulcano con 10 livelli all’interno, dove il livello 0 è la calma zen assoluta e 10 è l’eruzione disastrosa, quella che fa danni molto seri. 🟠 Ogni volta che arriva un imprevisto… 🟠 Ogni cosa che accade e che ti dà fastidio… 🟠 Ogni volta che qualcuno non fa quello che vorresti… il livello di lava sale al tuo interno. E più la lava si accumula e più diventi nervosa, impaziente, irritabile fino ad arrivare al livello 10 dove perdi il controllo, cominci a urlare, sgridare, punire, fare e dire in automatico quello che forse anche i tuoi genitori dicevano e facevano con te da piccola. La capacità di riconoscere quando la lava sta salendo, di gestirla al tuo interno e avere gli strumenti per raffreddarla sul nascere prima che arrivi al livello 10 è quello che io chiamo “il balsamo per l’anima”. Un balsamo che calma, rassicura, rasserena, ti fa sentire finalmente che hai il controllo di te stessa, aumenta la tua pazienza e la tua sicurezza interiore, che sono ingredienti fondamentali per chi oggi è genitore. Ecco perché il lockdown ha fatto esplodere tante famiglie, è stato un vero cocktail esplosivo di: 1️⃣ Paura del futuro, paura di ammalarsi, paura di restare senza lavoro o peggio perdita effettiva del lavoro 2️⃣ Restare chiusi in casa con i figli per un periodo lunghissimo e magari con tutto il bagaglio dello smart working 3️⃣ Restare chiusi in casa con il proprio marito o moglie per un periodo lunghissimo e con la presenza dei figli che amplificano x 100 tutte le dinamiche In questa situazione straordinaria non sapere come gestire la lava interna della rabbia porta inevitabilmente a litigi, incomprensioni, conflitti con i figli e mariti/mogli. È inevitabile che accada e sarà sempre così se non sai come fare. 2. Il manuale (ovvero il Libretto delle Istruzioni) Fiumi di libri sono stati scritti sul tema infanzia/adolescenza e ancora nel 2021 la maggioranza di questi continua a descrivere situazioni che non esistono, soluzioni inventate o tramandate o copiate che non considerano la natura dei figli di oggi e che difficilmente funzionano e soprattutto difficilmente agiscono sulle cause e danno risultati duraturi nel tempo. I figli di oggi sono 10.000 volte più svegli, intelligenti e veloci di noi, e poi: 1️⃣ Vivono e ricevono input da un mondo veloce che fino a 50 anni fa non esisteva fatto di informazioni, schermi, telefoni, videogiochi, internet, youtube, tablet 2️⃣ Sono sensibili, amorevoli, leggono quello che pensiamo e viviamo dentro di noi, hanno idee straordinarie e un’intelligenza fuori dal comune… …e noi cosa facciamo? Ci impuntiamo e vogliamo relegarli con una educazione obsoleta che hanno usato i nostri genitori con noi o che abbiamo sentito usare in giro e che non rispecchia il modo in cui andrebbero aiutati a crescere, e mica perché ci divertiamo, anzi! Lo facciamo spesso perché non abbiamo alternative, perché nessuno ci ha insegnato a pensare al bambino o al ragazzo in maniera diversa, nessuno ci ha dato delle alternative valide e lungimiranti. Vogliamo che stiano fermi e zitti e congelarli come nostro padre faceva con noi o perché crediamo che sia l’unico modo per farli stare fermi. Vogliamo che siano sottomessi e ubbidienti come magari noi eravamo con i nostri genitori o perché così è più comodo per noi gestirli e avere l’impressione che stiamo facendo un buon lavoro. Nella maggioranza dei casi non succederà, tuo figlio si ribellerà, si arrabbierà, non ti ascolterà (e se ti calmi un attimo, ti liberi da tutti i pregiudizi che hai nei suoi confronti e ti metti nei suoi panni potrebbe aver ragione lui) oppure finirà per chiudersi in se stesso, allontanarsi da te perdendo la fiducia nella vostra relazione. Perché? Perché per ogni fase di crescita esiste il Libretto delle Istruzioni, cioè come tuo figlio funziona “dentro” nella testa e nel cuore. E se il libretto prevede che a 5 anni tu spinga il pulsante verde ma tu continui a spingere quello rosso la vostra relazione non funzionerà mai, i “capricci” ci saranno sempre e continuerà a non ascoltarti E il vero problema non è tuo figlio e non sei neanche tu: semplicemente nessuno ti ha detto quale sia il pulsante giusto da premere, la parola giusta da dire, l’atteggiamento corretto da avere, e soprattutto quello che bisognerebbe evitare per non peggiorare la situazione. Senza la conoscenza di come funziona tuo figlio in ogni fase della sua crescita, viaggi senza bussola e senza cartina, ti smarrisci continuamente, non sai cosa fare, viaggi alla cieca senza una chiara destinazione, perdendo un sacco di tempo e non avendo mai la certezza se stai andando nella giusta direzione. Fai una gran fatica senza ricevere quella soddisfazione che come genitore meriti per tutte le responsabilità che ti stai prendendo sulle spalle. Ecco perchè non è possibile crescere i figli di oggi restando aggrappati al vecchio modello di “genitore”. Oggi tuo figlio ha bisogno di un genitore che sia un vero Aiutante Magico, di un adulto che conosce la sua emotività, che lo osserva, che comprende la causa dei suoi comportamenti, che ha le soluzioni, e che sa sempre cosa fare e dire nel momento giusto, compresi no e regole 3. Il tempo cattivone (ovvero l’arte di saper trovare il tuo maggiordomo) L’ultima abilità è la capacità di gestire il tuo tempo, di organizzarti, di saper scandire i momenti e il ritmo della giornata in base all’età di tuo figlio. E dal 2020 si aggiunge anche la piccola sfumatura di sapere gestire il lavoro da casa mentre i tuoi figli sono… a casa!!! Gestione del tempo e organizzazione significa: 🟠 trovare la pace mentale e la serenità anche nel caos degli imprevisti perché sai come organizzare ogni momento della giornata 🟠 avere la sicurezza di sapere sempre cosa fare e di quali sono le vere priorità 🟠 avere figli più calmi e collaborativi perché (anche se ti sembrerà assurdo) sentono e vedono che hanno un adulto che si muove organizzato e sicuro durante la giornata (aspetto che li fa sentire più sereni) 🟠 trasformare il tempo da tiranno che ti ruba i minuti a un vero maggiordomo che ti serve e ti aiuta a ottenere quello che vuoi, a gestire ogni situazione con calma e pazienza
Capricci per vestirsi: perché i bambini non si vogliono vestire?
La mattina tuo figlio non si fa vestire e fa un sacco di “capricci” per prepararsi? In questo articolo vediamo cosa fare quando i bambini fanno “capricci” per vestirsi, quando tuo figlio non vuole mettere le scarpe o non vuole indossare i pantaloni o una maglia. La situazione peggiora quando i minuti al mattino sono contati e tuo figlio non ascolta e urla perché si rifiuta di vestirsi per andare a scuola o se avete un appuntamento… Le indicazioni che leggerai sono utili anche per comprendere altri “capricci” del mattino, per esempio: se tuo figlio si rifiuta di fare colazione si rifiuta di uscire di casa se vuole restare a letto se arrivano pianti disperati perché dovete lasciarlo con la nonna o la babysitter C’è un motivo se i bambini non vogliono farsi vestire o non si vestono da soli? I bambini hanno sempre un motivo per cui si comportano in un certo modo. Se consideriamo che tutti i bambini del mondo non sono cattivi, sono spontanei, sereni, seguirebbero mamma e papà tranquillamente, le loro regole e le loro indicazioni, dobbiamo sempre domandarci come mai si comportano in un modo differente. Questo “come mai” non riguarda il bambino che: “è rompiscatole”, “che vuole farci arrabbiare”, “che è cattivo”, “è fatto male”… In verità c’è sempre una motivazione valida, che ha un senso, per spiegare il comportamento che hanno. Quindi la mattina non vuole vestirsi per andare a scuola o non vuole mettere le scarpe o i pantaloni? Scopriamo quali possono essere i motivi. Possono essere vari, ecco i principali: Motivo 1: approfittano del momento mattutino. I bambini sanno che bisogna uscire, sanno che papà e mamma devono andare a lavorare e sanno che la scuola chiude, quindi sanno che quel momento è ottimo per attirare la vostra attenzione. Se iniziare a risponderti con dei secchi il loro No!, se puntare i piedi con “io non voglio, non voglio”, innesca questa lotta di potere, sanno che voi vi impegnerete tantissimo a stare lì con loro. Poi sì, probabilmente vi arrabbierete, ma starete lì con loro, mollerete tutto quello che avete da fare in giro, non penserete a fare il caffè, non penserete a vestire voi stessi, non penserete al lavoro. Non penserete a niente: mollerete tutto e andrete lì da vostro figlio perché si vesta e per riuscire a convincerlo. Sembra paradossale, ma quando i bambini hanno la sensazione di non stare abbastanza tempo con noi, di trascorrere un tempo di qualità con noi, approfittano anche di questi momenti per comunicarci tramite i “capricci” per vestirsi o per uscire: “cavoli! almeno così stai con me. Ti prego, anche da arrabbiata ma stai con me. Non voglio che passi poi ancora una giornata, tu adesso mi porti a scuola e io starò di nuovo tutta un’intera altra giornata senza vederti, senza vivere il rapporto con te. E poi quando tornerai a casa sarà la stessa cosa perché tu sarai di fretta. Perché dovrai cucinare, perché smanetterai con il cellulare, perché dovrai rispondere alla zia, perché mi chiederai di lasciarti tranquilla, perché dovrai fare le lavatrici e poi sarà ora di andare a dormire. Mi metterai a letto e la giornata sarà passate di nuovo e io con te quando sono stato? Quando mi sono sentito davvero amato da te? E quando ho giocato con te? Quando ho sentito proprio la nostra relazione stringersi? Quando? Allora allunghiamo questo tempo la mattina e, visto che non so come farlo, lo faccio con questa lotta di potere”. Le vere motivazioni dei “capricci” che fanno i bambini per vestirsi sono sempre a monte. Quindi, in questo caso, dobbiamo cercare di orientare meglio il tempo di qualità, dare priorità alla qualità del tempo che passiamo con loro. Motivo 2: altre volte invece i bambini innescano questa lotta di potere e non si vogliono vestire come una sorta di sfogo. Se per esempio, involontariamente, siamo nervosi con loro, arrabbiati, li rimproveriamo, gli gridiamo contro, alziamo la voce, li strattoniamo, siamo impazienti, allora ecco che alla prima opportunità in cui sanno di darci fastidio perché abbiamo fretta di andare a portarli a scuola o andare al lavoro, allora ecco che cercano di ripagarci con la stessa moneta: “Tu non te ne accorgi mamma, mi tratti in questo modo, allora io non mi vesto, i vestiti non me li metto, questi non li voglio e non voglio andare… Capirai che è lo stesso atteggiamento che hai tu con me o no!?” Anche qua dobbiamo andare a risolvere il vero motivo: dovremmo allora cercare di essere più calmi, più disponibili, fermi quando bisogna esserlo ma senza arrabbiarsi, senza punire e senza essere aggressivi. Motivo 3: i bambini hanno bisogno di sfogare delle tensioni. Succede spesso ai bambini di oggi perché non vivono una quotidianità serena come avrebbero bisogno di vivere. Vivono i nostri ritmi frenetici e le nostre ansie. Di giorno siamo sempre di fretta, non c’è qualcuno che li accolga veramente, che calmi i ritmi, che li rallenti, una persona serena che trasmetta loro: “Ho tutto sotto controllo, stai tranquilla, ci sono io”. Si riempiono come delle pentole a pressione e quando hanno bisogno di esplodere basta la minima cosa. Quando sanno che tu sei lì presente perché devi insistere e li devi vestire, esplodono dicendo “quello non lo voglio mettere!”, ma in verità hanno bisogno di sfogare tutta la tensione nervosa che accumulano. Questa tensione si accumula anche quando la relazione con loro è un pochino troppo rigida. Magari sentono le nostre aspettative su di loro, i giudizi su di loro, il nostro nervosismo. Magari il nostro atteggiamento nei loro confronti è: “fai questo, fai quello. Ti ho detto di comportarti così, ti ho detto di essere così, no, così no”… Una relazione eccessivamente basata sulla rigidità produce questa tensione. Paradossalmente la stessa cosa la produce una relazione troppo molle, quando il bambino non ha delle regole, quando non ha una sana fermezza, quando non ci sono dei genitori che sanno decidere per lui che sanno prendere le situazioni in mano. Allora i bambini rimangono senza degli argini in cui navigare e questo crea di nuovo molto nervosismo, che sfogano anche in momenti come quello del mattino e del vestirsi. È fondamentale risolvere la motivazione nel tempo, a monte occorre lavorare sulla vera causa, durante il giorno, durante le settimane, per cambiare toni e modo o ritmi, ovvero la causa vera delle loro esplosioni. Come fare se il tuo bambino fai i “capricci” per vestirsi al mattino? Nel frattempo, sul momento, l’ideale è non arrabbiarsi. Occorre mantenere la calma e per facilitarci il lavoro potrebbe essere necessario svegliarsi prima, anche se è un po’ faticoso, avere già tutto fatto e preparato prima di svegliarli ed essere lì con loro, disponibile, avere la calma per non arrabbiarsi e seguire i loro ritmi. Non avere l’orologio che ci pressa perché dobbiamo correre al lavoro o portare nostro figlio a un appuntamento e poterci prendere un momento di calma, respirare, non innervosirci, tanto abbiamo tutto il tempo a disposizione è un’ottima base di partenza e per prevenire il nostro nervosismo. Se tua figlia dice: “Io questo vestito non me lo voglio mettere!” ci giochiamo un po’, cerchiamo di sdrammatizzare e possiamo dire: “Davvero non vuoi mettere? Come mai? Forse perché mi sono sbagliata, questa non è una gonnellina, questo è un cappuccio o cappello? Allora aspetta, me lo metto io, mi metto il cappuccio, il cappello…” Se loro vedono che non c’è presa, che non possono farci arrabbiare, che restiamo sereni e addirittura scherziamo allora a quel punto si rasserenano. Oppure per il pantalone possiamo dire scherzandoci su: “allora me lo infilo io questo pantalone… ma non mi passa, mannaggia ho il piede che è grande come la tua gamba! Caspita! Che facciamo allora?” Se siete veramente zen e non siete giudicanti la lotta di potere si spegnerà molto prima sul nascere. Cosa potrebbe non funzionare se tuo figlio non vuole vestirsi al mattino 1. Il nostro vulcano interiore La cosa che a volte succede, ahimè, è che dentro di noi abbiamo un doppio dialogo contrastante: magari pensiamo “ok facciamo come dice Roberta” e diciamo: “Amore ma questa non è una gonnellina, è un cappellino, allora guarda se lo mette mamma”. dentro di noi pensiamo: “Porca Miseria, ti spicci a mettere questa gonna che devo andare a lavorare? Ma tutte le mattine sempre la stessa storia? Ma con me con tutto quello che faccio per te, tutti i sacrifici che facciamo… Basta!’” Se questo in verità è quello che pensiamo, al di là delle parole che diciamo, non funzionerà, perché i bambini hanno bisogno di sentire che in quel momento soprattutto ci interessa accogliere la loro emotività e risolvere il loro disagio. E non avrai bisogno di ore. E’ necessario essere veramente con loro e per loro, avere tempo per loro. È un suggerimento importante ed è ciò che va fatto. Ci vorrà allenamento, sicuro, ma va fatto, perché tutti noi possiamo acquisire questa calma. Ecco perché il primo suggerimento utile resta fare le cose in anticipo e svegliarsi un po’ prima al mattino in modo da ridurre la nostra pressione e per avere minuti preziosi in più per gestire questi imprevisti. 2. Esplicitare il motivo che ha scatenato il “capriccio” per vestirsi Può essere utile poi esplicitare ai vostri bambini il vero motivo per cui si sentono o si comportano così. Possiamo per esempio dire: “Amore, secondo me non è mica la gonnellina. Secondo me è che non hai proprio voglia di andare a scuola (o dalla nonna), vuoi stare a casa con la mamma… Amore mio, lo so che sei ancora arrabbiata perché ieri sera mamma si è arrabbiata. Non ti abbiamo fatto vedere il cartone (o Luca ti ha rotto il gioco), vero? Sei ancora arrabbiata per questo, siamo andati a dormire, niente coccole e sei ancora arrabbiata per quella cosa.” Se i bambini sentono che voi lo sapete, che siete disposti ad aiutarli, si tranquillizzano, perché loro cercano il vostro aiuto. Che vi risponda di Sì o che vi dica No, se sai qual è la causa e vai a colpo sicuro, abbracci la tua bimba, la accogli, il risultato è che si veste senza più parlare o arrabbiarsi. Personalmente non sono mai arrivata a dover vestire un bambino in macchina, perché se i passaggi prima sono fatti con il cuore non si arrivata a tanto. Certo, bisogna però mantenere la calma 😊. So che non è semplice ma è possibile. Come prevenire le lotte di potere quando tuo figlio rifiuta i vestiti che proponi Un altro aspetto è che, se i vostri bambini nei primi anni sono abituati a decidere tutto, è difficile che all’inizio accettino che voi vogliate per loro quei vestiti, questi orari, questo cibo a pranzo o questo a colazione. Se siete abituati a fare loro le domande: “Cosa vuoi? Vuoi mettere questi pantaloni? Vuoi mettere quello? Andiamo al parco, andiamo dalla nonna, aspettiamo ad andare dalla nonna? Ti cambio il pannolino? O non lo cambiamo? Vuoi mangiare adesso? Cosa facciamo?” Se si abituano a decidere, per loro sarà difficile accettare le vostre regole, anche se ne hanno un bisogno estremo. Infatti senza regole i bambini sono nervosi, hanno bisogno di dritte. Ecco perché è importante badare a questo aspetto, tornare a quella fermezza sana, saggia che noi possiamo costruire dentro, che manifestiamo senza arrabbiarci, senza durezza ma in maniera diretta e serena. Per riassumere: se i nostri figli fanno i “capricci” per vestirsi la mattina, non vogliono indossare i pantaloni o si rifiutano di fare colazione dobbiamo andare alle cause, alle motivazioni. E sul momento è importante non arrabbiarci, sdrammatizzare e poi accogliere, svelare, mettere in chiaro quello che loro stanno provando, come mai sono arrabbiati, come mai si stanno comportando in questo modo, e poi accoglierli. Spero che queste soluzioni ti siano utili per tutte le volte in cui tuo figlio o tua figlia fanno i “capricci” per vestirsi o non vogliono indossare una maglia o un pantalone. Se vuoi approfondire come comprendere e gestire i capricci di tuo figlio puoi leggere qui l’articolo I capricci non esistono: la Guida completa di Bimbiveri
Perchè fratelli e sorelle litigano sempre fra di loro?
Cosa puoi fare per limitare o eliminare per sempre tirate di capelli e litigi continui fra i tuoi figli? Che cosa prova emotivamente tuo figlio quando gli rubano i giocattoli? Questo video ti farà mettere nei suoi panni e dopo averlo visto non banalizzerai più il suo senso del possesso e le volte in cui dice È MIO! Lo faremo con la storia dello “scippo” della borsa al parco. Fatti anche tu due risate come le 200 persone che erano presenti in sala: GUARDA IL VIDEO
Come trasmettere le regole a ragazzi e adolescenti?
I nostri ragazzi non sono ormai più bambini piccoli: come possiamo riuscire a trasmettere le regole ai figli adolescenti e a farle rispettare senza dover lottare e senza dover accendere fuochi inutili? Quando i figli diventano preadolescenti o sono adolescenti avremo a che fare anche con l’integrazione di abitudini più difficili come ad esempio: la forza di volontà per spegnere i videogiochi quando è ora la forza di volontà di impegnarti e di finire di studiare se l’indomani c’è un compito in classe o se non vuoi rimanere indietro la forza di volontà di riordinare la tua camera, rifare il letto anche se non hai voglia ed è una cosa noiosissima ecc Man mano che crescono i nostri figli hanno bisogno di parlare e a volte anche discutere delle regole. Ciò che possiamo fare è dunque “metterci a tavolino” insieme e parlare di ciò che va fatto perché, ad esempio a seconda della situazione: si viva in una casa ordinata e pulita lo studio è importante e abbiamo deciso che questo ciclo di studi si deve concludere, magari alla bene e meglio, ma va finito e quindi in qualche modo bisogna affrontare lo studio. se riteniamo che tu possa giocare con i videogiochi, ma non ad oltranza, non passerai tutta la notte sui videogiochi ecc Ci mettiamo insieme a tavolino o sul divano e ne parliamo, ne discutiamo insieme, troviamo insieme delle soluzioni. Un esempio: ragazzi ho bisogno che mi aiutiate tenere la casa ordinata! Ad esempio supponiamo che ci sia bisogno di integrare l’abitudine di aiutare in casa tenendola in ordine. Parleremo ai nostri ragazzi, anche già dagli otto-nove anni in su, quasi come se fossero adulti, perché in grado di ragionare sulle cose personalmente. Diremo ad esempio che da soli non riusciamo a fare tutto, parleremo delle nostre necessità, delle nostre motivazioni. Gli parleremo di che cosa ci sta a cuore, che cosa ci preoccupa, che cosa desideriamo da parte loro. Diremo che vogliamo ascoltarli, che vogliamo ascoltare tutto ciò che hanno da dire su quello che per loro non va, che non hanno voglia di fare o che non piace. È importante non alzare muri tra noi e loro. Aiutiamoli ad esplicitare ciò che pensano: “Dimmelo pure: riordinare ti fa schifo. Trovi inutile rifare il letto alla mattina se tanto poi alla sera lo devi disfare” Sono quindi da evitare quelle frasi del tipo: “È così, basta, non si discute. Mi devi rispettare perché sono tua madre”. Perché altrimenti li abbiamo persi. I nostri ragazzi sono delle menti intelligenti. Se non faccio sentire un ragazzo giudicato, se gli parlo riconoscendo la sua consapevolezza e la sua maturità per l’età che ha trattandolo come chi ha voglia di crescere e diventare responsabile, allora non si chiuderà completamente, non trasgredirà o cercherà comunque di dare una mano. Ecco cosa nel pratico potremo dire per esempio: “ Abbiamo un problema: non ce la faccio più a fare tutto. Ho piacere che la casa sia ordinata e che tutte le parti della casa siano ordinate, comprese la vostra camera, le vostre cose, i vostri armadi. E poi sinceramente (e so che voi questo discorso non volete sentirlo), ci tengo anche a trasmettervi questa buona abitudine. Perché poi comunque, quando tutto è ordinato, la mente lavora meglio. Il corpo lavora meglio. Però è veramente noiosissimo, riordinare neanche a me piace. È uno sforzo anche per me perché non mi piace. Preferirei mettermi a leggere. Odio mettere in ordine e preferirei andare a fare una passeggiata. Però dopo aver fatto ordine in effetti sto meglio. Avere invece la casa che è un caos e dover impiegare una giornata intera alla settimana o ogni quindici giorni per rivoluzionare tutto perché ormai dobbiamo calpestare la roba per passare non è possibile. Dobbiamo venirci incontro. Qua servono tutte le nostre energie da samurai perché dobbiamo trovare un punto d’incontro” A questo punto li ascolteremo oppure saremo noi direttamente a dire: “Lo so che fa schifo riordinare, che sembra una perdita di tempo considerando anche tutto quello che hai da studiare. In effetti é una paranoia galattica. Dobbiamo trovare un punto d’incontro. Facciamoci venire delle idee. Facciamo un po’ di brainstorming perché insieme dobbiamo aiutarci”. Per trovare una buona via di mezzo, anche in questa fase eviterei di partire a tutta velocità dicendo: “Allora se io tengo ordinata la mia camera da letto, anche tu devi tenere ordinata la tua camera da letto. Quando io faccio le pulizie, anche tu fai le pulizie. L’armadio deve essere sempre a posto. Devi essere responsabile delle tue cose, ecc…” Se siamo una squadra, probabilmente partirei… come se fossimo una squadra 😊 Comportiamoci come se avessimo davanti non i nostri figli adolescenti, ma delle amiche o degli amici adulti con cui farei squadra. Ecco che allora possiamo procedere in questo modo: “Cosa ti piace fare? A me piace meno fare questo e a te? In questo invece mi sento forte, tu dove ti senti forte? Perché magari uniamo le forze due volte alla settimana e ognuno fa qualcosa proprio in base a cosa decidiamo insieme. Io posso togliere la polvere e lavare per terra. Tu puoi piegare i vestiti e sistemare le cose nell’armadio, ecc.” O ancora, proprio puntando su ciò che più ci piace fare o non amiamo: “A me piace stirare e posso farlo per tutti. Tua sorella preferisce togliere la polvere. A te piace passare l’aspirapolvere e lavare il pavimento e puoi fare quello”. Come fare per mantenere questi accordi? Ecco un esempio pratico: “Dato che non possiamo lasciare che da una volta all’altra questa casa diventi di nuovo il finimondo, ragazzi, che ne dite se ci aiutiamo a vicenda? Allora voi sapete benissimo in cosa io sono disordinata, giusto?” “Sì, mamma. Lasci tutta la roba fuori dai cassetti in bagno: i tuoi trucchi e le creme. Alla fine sei sempre di corsa e non le metti mai nell’armadietto. La sera non hai mai voglia di lavare i piatti, non li metti in lavastoviglie e alla fine è tutto poi da fare la mattina dopo, quando siamo di corsa. E poi non ti piace are il letto…ti dimentichi e non cambi le lenzuola tutte le settimane.” “Sì, tutto vero! Voi invece non mettete mai i libri in ordine. Tirate fuori la roba dall’armadio per vedere cosa vi volete mettere e poi non la ripiegate e non la rimettete dentro. Allora ci impegniamo ad aiutarci: io mi impegno a cambiare le lenzuola una volta alla settimana, a mettere i piatti in lavastoviglie la sera e a sistemare le mie creme e i miei trucchi ogni volta che li uso. Se per caso voi vedete che io mi dimentico, o magari tu Lucia, dopo un’ora, vai a fare la pipì e vedi che mi sono dimenticata di mettere via tutta la mia roba in bagno mi chiami. Ma non è che mi sgridi, dobbiamo aiutarci. Me lo dici gentilmente, mi chiedi magari se vuoi aiutarmi perché sono le prime volte e magari ancora non riesco da sola. E io faccio la stessa cosa con voi. Se mentre metto la roba nel cassetto vedo che c’è un gran caos, verrò da te e…. Lucaaaa sono andata di là e nel cassetto ho trovato qualcosa che non andava…c’è stata una rivoluzione nel cassetto! Che facciamo? Sono le prime volte.. Dai, lo facciamo insieme se non hai tempo o non hai voglia. Dai, avevamo deciso che questa era una sfida, lo fai in 5 minuti e poi ti aiuto io a studiare!” Regole adolescenti: ma come fanno ad imparare senza durezza e punizioni? Dopo aver letto questi consigli potresti pensare che in questo modo i tuoi figli non impareranno. Che tu sei cresciuta o cresciuto con la concezione che solo la durezza e la punizione possano aiutarli ad imparare e che questa modalità non sembri affatto rigorosa. Potresti pensare che in questo modo non integreranno mai la disciplina nella loro vita. Ma proviamo a fare un paragone con noi adulti, secondo me piuttosto calzante. Io, adulta, sono più disciplinata se qualcuno mi dà la frusta addosso per obbligarmi a fare le cose, oppure sono disciplinata se mi do degli stimoli, se mi motivo? Se qualcuno allo stesso tempo mi accoglie, mi dice “Guarda, lo so che è difficilissimo lavorare dodici-quattordici ore al giorno, eppure Roby in queste settimane ci devi dare dentro. Dai, magari alla sera ti cucino qualcosa di buono!” O magari con il mio dialogo interiore mi dico: “Dai, Roby, ce la fai. Sei bravissima. Guarda quante cose stai facendo. Stasera ti fai una bella doccia calda, poi ti rilassi.” Una modalità di questo tipo, più morbida, mi fa davvero essere una persona meno disciplinata? Mi fa trasgredire? Assolutamente no. Per i nostri ragazzi, che stanno crescendo, è la stessa cosa. Negli anni ho osservato che più do loro fiducia, più riconosco la loro consapevolezza, la voglia di impegnarsi, evitando di creare lotte di potere, e più loro dimostrano la voglia di darmi una mano. Trovo che con i ragazzi funzioni tantissimo il concetto di solidarietà, di squadra, di aiuto reciproco. Possiamo anche aiutarci disegnando ad esempio una mappa con tutte le nostre tappe della settimana e con i task di ognuno, in modo da avere tutto ben chiaro e in modo da poter segnare ciò che è stato fatto. Ci complimentiamo a vicenda, se abbiamo bisogno di una mano chiediamo agli altri di darci una mano: “mamma, oggi proprio non voglio, non ce la faccio: domani ho l’interrogazione di chimica e oggi mi toccherebbe la spolverata. Per piacere mi dai una mano? Oppure puoi farlo tu e in cambio io domani cambio le lenzuola per tutti perché tanto sarò tranquillo e avrò un sacco di tempo sabato per studiare”. Credo che questa sia la maniera più efficace per aiutare i nostri ragazzi a irrobustire la loro disciplina, imparare le regole, abituarsi a nuove abitudini, anche quando non hanno voglia, anche quando sono cose che non piacciono. Un altro esempio pratico: la disciplina nell’utilizzo dei videogiochi Possiamo applicare la stessa modalità per i videogiochi. Possiamo metterci anche in questo caso a tavolino e possiamo spiegare tutte le motivazioni per le quali non gradiamo. Spiegherò quindi tutte le mie motivazioni per cui non gradisco che stia troppo tempo a giocare con i videogiochi, il perché sinceramente non voglio e perché questa cosa mi preoccupa. Che la mia intenzione non è quella di privarlo dei videogiochi. Dirò secondo me che cos’è pericoloso e quale sia secondo me la maniera migliore per utilizzarli. Lui mi dirà la sua motivazione, cosa gli piace dei videogiochi e perché li usa. Mi dirà quando si accorge che si sta stancando, ma magari non ha la forza di smettere perché i suoi amici non stanno smettendo e si sentirebbe magari meno di loro. Mi racconta le sue difficoltà. Si definisce una regola di base di quanto si può stare, di come si deve stare, che se ha difficoltà a spegnere andrò io, lo aiuterò, parlerò io con i suoi amici. O troveremo insieme soluzioni come ad esempio portare gli amici anche qui a giocare ogni tanto, così potrò monitorare la situazione. Se ne parla insieme, sempre facendo leva sulla consapevolezza e sull’intelligenza che i ragazzi hanno quando crescono. Preadolescenti e adolescenti ribelli: cosa potrebbe non funzionare con le regole? Anche nella trasmissione delle regole, così come nella risoluzione dei conflitti, ci sono degli elementi che potrebbero vanificare o rendere meno efficace questo tipo di approccio. 1. Innanzitutto il “fattore abitudine”, soprattutto se siamo abituati ad arrabbiarci, a fare la morale, a essere molto duri. Per questo motivo all’inizio sarà forse un po’ complicato, trovare una via di mezzo tra l’essere ferma, ma avere questa modalità “morbida” in cui c’è una comunione di intenti si dialoga. È questione di abitudine: prova a non desistere, continua giorno per giorno ad allenarti, anche se le prime volte dovessi incontrare delle difficoltà. 2. Un’altra cosa che potrebbe succedere, è il fatto di non riuscire ad essere e rimanere così calmi. Magari ti viene subito il nervoso, ti arrabbi in generale, ti arrabbi con loro, ti viene da giudicarli come dei disordinati, dei maleducati. Senti di voler essere ascoltata e non ti senti abbastanza apprezzata da loro. Se così fosse, ti suggerisco allora di lavorare proprio su te stessa e sull’imparare a riuscire a rimanere più neutrale possibile. 3. Un’altra cosa che potrebbe vanificare un pochino i nostri intenti è, anche in questo caso, il fatto che con loro abbiamo faticato negli anni precedenti a costruire una relazione di fiducia. Se questa relazione di fiducia è venuta meno perché magari negli anni non li abbiamo mai ascoltati, di solito li rimproveravamo, usavamo le punizioni, le sgridate, ci sono conflitti legati alla gelosia tra fratelli o sorelle si sono sentiti trascurati da te si sono sentito giudicati in questi anni sei stata fredda e dura con loro o, al contrario, ti riconosco come un genitore troppo molle. non hanno fiducia in te. Allora è probabile che all’inizio tu debba dedicare qualche settimana o qualche mese a risanarla e ricostruirla e nel frattempo, puoi comunque iniziare a mettere in pratica questi suggerimenti proprio anche per aiutarti nel cercare di ricostruire un po’ alla volta, una relazione di fiducia. Puoi anche approfondire leggendo il nostro articolo: Conflitti Adolescenziali: da dove iniziare?