Cosa fare?
I nostri articoli li trovi nel blog qui: Blog Bimbiveri.
Puoi anche iniziare visitando la nostra home page o navigando usando il menu in alto del sito.
Forse potresti trovare interessanti questi
Voglio la Mamma! Perchè l’inserimento al Nido e alla Scuola dell’infanzia è difficile?
L’inserimento dei figli al nido o alla scuola dell’infanzia è un momento delicato e spesso anche difficile per i bambini e per i genitori. I bambini a volte fanno i “capricci” (che capricci non sono), piangono, non vogliono andare a scuola… La mamma spesso si sente in colpa perché è “costretta” a lasciare il figlio per andare a lavorare e questi sentimenti di certo non aiutano a vivere serenamente la fase di distacco. Ma perché le spiegazioni razionali non calmano tuo figlio che non vuole andare al nido o alla scuola dell’infanzia? Perché non si calma anche se gli spieghi che devi andare a lavorare? E c’è un modo per farlo sentire accolto e per disinnescare i tanto temuti “capricci” (che capricci non sono)? A volte ci sono delle preoccupazioni che assalgono la mamma che, se non affrontate e sciolte, fanno diventare l’inserimento al nido o a scuola fonte di pianti, tensione e nervosismo per entrambi. Come risolverle? Scopri tutto in questo articolo. Perché l’inserimento al nido e alla scuola dell’infanzia è difficile? Per cominciare possiamo dire che se siamo mamme dispiace a noi per prime lasciare nostro figlio al nido o a scuola, non è semplice emotivamente andare via a vederlo che piange, lasciarlo alle insegnanti… I tanti dubbi e timori irrisolti sull’inserimento e su quello che succederà a nostro figlio al nido o alla scuola materna di sicuro non aiutano la fase del distacco. Per esempio è normale chiedersi: Cosa faccio se mio figlio piange al nido? Quando si fa l’inserimento all’asilo e come evito imprevisti? Come affrontare l’inserimento alla scuola materna? Quanto dura l’inserimento al nido e come facilitarlo? Cosa faccio se non voglio lasciarlo con le educatrici e con le insegnanti? Come si risolve l’attaccamento alla mamma? Asilo a 2 anni: si o no? Molte mamme mi chiedono se è giusto mandare al nido i bambini così piccoli oppure se è meglio di no, mi chiedono come risolvere la situazione se, per necessità, li devono mandare “per forza” e non hanno alternative. Come rendere semplice l’inserimento al nido, alla scuola materna e come far sì che i bambini vadano tranquillamente Innanzitutto quando arriva il momento dell’inserimento i bambini sono ancora piccoli per uscire dal nido familiare e trascorrere tante ore con altri bambini e in un ambiente che non è subito così famigliare. Sappiamo già in partenza che non ci può essere la qualità di relazione che potremmo avere se un bambino potesse stare con la mamma o con papà, con i nonni oppure con una tata tutta per sé, nella sua famiglia. Infatti con pochi adulti che in tutto il tempo della giornata devono comunque essere presenti il più possibile per tutti i bimbi, assecondare la fase dei primi anni del “è tutto mio!” di ogni singolo bambino, e seguire i loro bisogni affettivi è difficile riuscirci con una qualità elevata. Purtroppo però oggi il nido spesso è una necessità, quindi ben venga la possibilità di avere queste strutture a disposizione. Quindi come fare quando siamo costretti a rivolgerci a queste strutture? Allora come si può rimediare e come evitare un inserimento difficile per tutti? 1. Previeni e gioca d’anticipo Il momento migliore è, per esempio, a casa la sera e/o durante il fine settimana. Tuo figlio durante l’inserimento al nido o a scuola avrà bisogno di più attenzioni, di essere accolto di più, di essere più coccolato o molto spesso di arrivare ad avere la possibilità di scaricare la tensione accumulata durante la giornata facendo qualche “capriccio”, dicendo qualche no, piangendo, rifiutandosi di mangiare… L’importante è sapere che la motivazione potrebbe derivare da questo distacco giornaliero. Se accogli tuo figlio, non lo rimproveri, ma semplicemente lo accogli e gli permetti di sfogarsi, lo coccoli molto, cerchi di anticipare i suoi bisogni, allora in automatico riesci a soddisfare quel piccolo buco che si è creato con il distacco e permetti che la situazione non diventi intollerabile o difficile da gestire. Se vuoi approfondire come gestire i “capricci” dei bambini, puoi leggere anche l’articolo: Guida Bimbiveri ai capricci. 2. Evita le spiegazioni: tuo figlio non le comprende e non aiuta a calmarlo Oltre a questo, una volta presa coscienza del fatto che il tuo bambino deve andare al nido e ti trovi tutte le mattine con lui che piange, ti invito a evitare di dare spiegazioni. È quello che d’istinto ci viene spontaneo, il nostro bimbo piange e noi: “dai che mamma torna presto, non fare così. Guarda c’è la maestra. Ma che bello questo gioco! Guarda che sono arrivati gli amichetti! Eh dai che ieri poi ti sei divertito, che la maestra mi ha detto che poi hai smesso di piangere…” Un bambino così piccino non è in grado di comprendere motivazioni razionali. L’ideale è anticipare la sua reazione accogliendo la sua emozione e facendolo sentire compreso. Non aver paura di tenerlo in braccio e dire: “Oooh questo bimbo piange. Eh hai ragione, amore, non vuoi andare. È brutto stare senza mamma, non ti piace vero? Piangi amore, sfogati, la mamma torna presto, viene a prenderti e giochiamo insieme, ma adesso piangi se hai voglia di piangere. Lo so che per te è un momento difficile”. Questo lo aiuterà a sentirsi compreso e quando finirà di piangere, sfogherà, tirerà fuori tutto quello che c’è dentro di lui, e poi inizierà a giocare. Questo è un bene perché il pianto è sempre una valvola di sfogo importante per i bambini. 3. Come sta la mamma e cosa prova in merito all’inserimento del figlio? Oltre a questi suggerimenti, c’è un terzo molto più importante dei primi due: l’età in cui tuo figlio va al nido è un’età molto precoce, un’età in cui inevitabilmente i suoi sentimenti e le sue emozioni sono ancora in completa e totale sintonia/simbiosi con i sentimenti e le emozioni della sua mamma. Quindi, a volte, quando i bambini piccoli hanno un atteggiamento per cui sfogano delle tensioni emotive, piangono, si ribellano, fanno i “capricci”, non dormono, non mangiano, l’ideale è sempre che la mamma si chieda come si sente, per esempio: “Come mi sento e come sto vivendo questo momento di inserimento e di cambiamento?” È possibile che il bambino assorba le nostre emozioni cerchi, in qualche modo, di esprimerli con il pianto. Ecco perché vale la gioia fermarsi e cercare di guardare che cosa c’è dentro di noi. Se questo è il tuo caso, ti invito a prendere uno spazio di tempo per chiederti: “Come mi sento io sapendo che devo mandare mio figlio all’asilo? Voglio o non voglio? È una necessità ma preferirei tenerlo a casa? Soffro tantissimo nel vederlo piangere? Sono io che dentro di me, se potessi, piangerei perché non voglio lasciarlo al nido?” Oppure ecco altri esempi che potrebbero riguardarti: “non voglio andare a lavorare perché il lavoro che faccio non mi piace? È andata bene durante il periodo dell’allattamento, durante il periodo della maternità, adesso devo tornare ma per me è un dramma perché non mi piace quello che faccio.” “E se le maestre dell’asilo non sono abbastanza brave? E se sente la mia mancanza o se lui mi manca? Ma se le maestre della scuola materna non lo conoscono e non sanno assecondare i suoi bisogni, non lo sanno capire come lo posso capire io? Se fosse troppo il tempo che sta fuori casa?…” Queste spesso sono le motivazioni che in te potrebbero rimanere latenti, che non ti concedi di provare e che potrebbero renderti l’inserimento difficile da affrontare. In questo caso è importante prendersi uno spazio serale con calma, prendere carta e penna e sentirti libera di scrivere su un foglio tutte queste emozioni che stai provando, senza giudicarsi, ma anzi lasciando libero sfogo a questa tua parte interiore che comunque soffre, che ha delle difficoltà, che ha delle emozioni profonde da esprimere. Questo ti aiuterà innanzitutto nel trovare la vera motivazione del problema. E, soprattutto, il fatto di poter scaricare queste motivazioni senza giudizio ti renderà più serena, più tranquilla e di conseguenza renderà più tranquillo anche il tuo bambino. 4. Un ultimo piccolo suggerimento pratico per favorire l’inserimento al nido o alla scuola dell’infanzia Lascia un oggetto tuo nello zainetto del tuo bimbo e tu prendi qualcosa di suo. Magari il bavagliolo della sera prima, una maglietta da lavare che ha ancora il suo profumo. Portala con te durante il giorno, durante la tua attività lavorativa e vedrai che ti sarà utile per non sentire troppo la sua mancanza. E poi fai di tutto per recuperare il tempo perduto: più gli darai attenzioni alla sera, durante il fine settimana e più sarà facile evitare di sentirti in colpa perché lo lasci tante ore da solo 😊 Per approfondire questo tema puoi leggere: Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo Spero che questi suggerimenti ti aiutino a vivere al meglio la delicata fase dell’inserimento di tuo figlio al nido o alla scuola dell’infanzia.
Mi sento in colpa dopo una sgridata: come rimedio?
È successo anche a te almeno una volta di sentirti in colpa? So bene che i sensi di colpa arrivano a volte dopo che alziamo la voce con i nostri figli, dopo averli puniti o rimproverati, dopo esserci arrabbiati con loro, dopo avergli detto malamente un no che in fondo in fondo poteva essere un sì ma eravamo di corsa… … o quando non abbiamo tempo di stare con loro quanto vorremmo, quando abbiamo la sensazione di trascurarli o di non dare loro abbastanza. Come possiamo sopravvivere ai sensi di colpa? Come possiamo evitare di rimuginare e distruggerci dentro perché ci sentiamo in colpa? Forse si può riavvolgere il nastro e tornare indietro? Ci piacerebbe ma non so dirti come si fa e non credo che per ora sia possibile 😊 Però se vuoi un rimedio efficace ce l’ho, a me è servito tanto e serve tanto tuttora. Lo condivido volentieri anche con te, nella speranza che possa affrancarti dai giudizi e dalle colpe che a volte siamo così bravi a riservarci. E parlo anche di giudizi che ci riserviamo perché non solo a volte sentiamo questo senso di disagio e appunto “di colpa” che ogni tanto ci pervade, ci travolge come un’onda e non sappiamo come scansarci, come farcelo scivolare via da dosso… … ma anche scattano i giudizi, come se avessimo lì sulla spalla un giudice cattivo sempre pronto a criticarci, a dirci che abbiamo sbagliato, a dirci che non siamo capaci, che avremmo dovuto fare diversamente e meglio. Hai presente? Ma sai bene anche tu che questo “giudice” non ci serve affatto… Abbiamo anche noi bisogno piuttosto di un “Aiutante Magico” anche in questi momenti 😊 Il nostro aiutante magico che cosa ci direbbe? Secondo me si metterebbe lì con calma, seduto sul divano vicino a noi e poi ci direbbe: “Tranquilla/o… siamo umani… siamo umani… a volte sbagliamo ed è naturale che succeda… Se non si sbaglia non si impara. Siamo in cammino come i bambini quando crescono e pian piano imparano un sacco di cose e prima di impararle del tutto a volte o spesso sbagliano, fanno errori e questi errori servono proprio per capire con certezza cosa o come non fare”. Ma si può sbagliare anche due volte di fila? Certo che sì! Come un bambino che sta imparando a camminare e non sta subito dritto dopo la prima caduta, così come lo studente ha bisogno di ripetere più volte lo svolgimento di espressioni complesse prima di integrare il procedimento, così anche noi non sempre “impariamo la lezione” subito la prima volta, subito dopo la prima “svista”… o il primo senso di colpa. Eppure non è più il tempo di far leva sul nostro senso di colpa, rendere ancora più pesante quel macigno che ti schiaccia, che ti toglie l’appetito, ti toglie il sonno, ti umilia. È ora di vivere il senso di colpa come un “Aiutante Magico”. Sì, hai letto bene, come possiamo vivere i sensi di colpa come perfetti aiutanti magici? Che ne dici se iniziamo a vivere il “senso DI colpa” come “senso DELLA colpa”? Mi spiego meglio… Sono poche letterine che cambiano, ma fanno una differenza enorme, perché quando iniziamo a sentirci in colpa, invece di farci travolgere dal senso di disagio e dal giudizio nei nostri confronti, possiamo osservare piuttosto il senso della responsabilità che noi abbiamo verso quella determinata azione. Come posso “leggere” quello che è successo? C’è qualcosa di diverso che posso fare la prossima volta? Cosa posso imparare? Cosa vuole dirmi questa cosa che è appena successa e che forse non dovevo fare, non dovevo dire o dovevo fare diversamente? È successo. E meno male che è successo, perché così, in maniera ancora più forte, in maniera ancora più ampia, ancora più attenta io posso rendermi sempre più conto di cosa evitare la volta prossima. Esempio: mi sono arrabbiata, ho alzato la voce, e adesso mi sento tremendamente in colpa… Se per esempio mi sono arrabbiata con mio figlio, ho alzato la voce, gli ho detto malamente di andarsene di là da solo perché mi ha proprio fatto arrabbiare perché deve smetterla di dirmi di no e adesso mi sento tremendamente in colpa perché mi rendo conto che potevo agire diversamente… …invece di cominciare ad accusarmi, sentire il peso del disagio come un macigno, invece di dirmi che sono una cattiva madre o un cattivo padre, che cosa posso fare? Ecco i passi: 1) Mi fermo Mi fermo un secondo, faccio un bel respiro profondo, e posso dirmi per esempio: “Sì, è vero, ho esagerato, non è servito a nulla e potevo fare diversamente… non sono riuscita/o a fermarmi un attimo prima e provare a pensare a come potevo reagire” 2) Cosa posso fare la prossima volta di diverso? “Ok, questa volta è andata e in effetti non voglio più che succeda. Cosa posso fare la prossima volta di diverso?” 3) Ripercorrere quello che è successo Adesso (o appena avrai un attimo di tempo) prova con calma a ripercorrere quello che è successo. Senza rimproverarti puoi valutare che cosa fare la prossima volta invece di arrabbiarti. In questo caso per esempio puoi ricordarti di fermarti prima di esplodere (anche se all’inizio è dura), valutare come mai continua a dirti di no, comprendere il suo punto di vista e mettere in campo un po’ di fermezza se serve. E infine puoi valutare cosa modificare nella vostra relazione perché inizi a diventare più collaborativo quando serve 4) Allenati a reagire diversamente Servirà un po’ di allenamento, ma se lo fai diventare un obiettivo importante per te, allora puoi farci attenzione, concentrarti e tutte le volte che senti salire la rabbia puoi fermarti un attimo, accogliere come ti senti e ricordarti che puoi imparare a reagire diversamente e evitare di “sentirti in colpa” Si tratta di abbracciare la nostra responsabilità: cascasse il mondo da domani questo diventa il mio obiettivo principale per il prossimo mese. Puoi appuntarti quali sono le modifiche necessarie che puoi apportare alla vostra relazione e cosa può aiutarti per non arrabbiarti e ogni giorno provarci, un pezzettino alla volta, con calma, con convinzione e senza giudicarti. In questo modo il senso di colpa diventa davvero “senso della colpa”. Diventa un buon Aiutante Magico che ti aiuta a migliorare le cose. Diventa il segnale prezioso di una bussola che ti indica la strada migliore per te e per voi e come percorrerla. Se vuoi, puoi anche approfondire con questo articolo: Ti senti sbagliata e incapace? E invece sei perfetta così come sei.
Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo
Presi come siamo dalla nostra frenetica routine quotidiana, abbiamo spesso l’impressione che le giornate scivolino via senza che la lista delle cose da fare si accorci, o senza che riusciamo davvero a goderci i nostri figli! Ma come possiamo migliorare la qualità del tempo dedicato ai figli? Vediamo oggi 4 soluzioni. 1. Non hai tempo per tuo figlio? Soluzione: inverti le priorità Quando torni a casa dal lavoro, magari hai già la testa in cucina: “Che cosa preparo? Quando finisco le faccende domestiche? Quando faccio la lavatrice? Suggerimento: non lasciare il tempo con i figli in coda alla lista! Scardina il meccanismo del “prima il dovere e poi il piacere”: basta poco per farli sentire coccolati e ascoltati. Quando arrivi in casa, fai in modo che il tuo primo pensiero siano loro: “Amore, sono a casa! Non vedevo l’ora di tornare per giocare un po’ con te!” Basta una partita a carte, un gioco da tavolo, prendere un tè con le bambole o una gara di macchinine: anche se pensi di perdere del tempo, in realtà lo stai guadagnando! Perché in questo modo si sentiranno appagati e vi lasceranno più tempo dopo da dedicare alle faccende di casa. Prova e vedrai quanto tempo guadagnerai. 2. Tempo di qualità o quantità con i figli? Soluzione: ritorna bambino Per i bambini e i ragazzi non conta tanto quanto tempo trascorri con loro, ma COME. Se trascorrete insieme anche un intero pomeriggio, ma non li ascolti perché ha la testa altrove o guardi sempre il cellulare, quel tempo non vale molto. Prenditi invece anche solo mezz’ora da dedicare in maniera immersiva ed esclusiva a tuo figlio: stacca il cervello dalle cose da fare e spegni il cellulare. Goditi il gioco e prova a tornare bambino! Si tratta di semplici accorgimenti per instaurare una routine familiare che non dimentichi i momenti piacevoli da passare in compagnia dei figli, chiudendo fuori il mondo e facendo iniziare il gioco! 3. Non lo capisci? Soluzione: mettilo sempre al primo posto Tuo figlio ha bisogno di sentirsi sempre in qualche modo “visto, considerato”. Ha bisogno di sentire che noi siamo interessati a quello che lui fa, a quello che lui dice, che noi lo consideriamo. Ci sono 3 passi che possono aiutarti a migliorare la qualità del tempo che trascorrerete insieme e per farlo sentire al primo posto! Passo 1: occhi Una delle cose migliori che puoi fare è guardarlo negli occhi quando parla. Fermarti un secondo, guardalo negli occhi e ascolta quello che ha da dire. Anche nella tua situazione lavorativa classica, se parli con un collega e lui intanto fa altro, ti senti considerato? Forse non molto? Se lui ti parla mentre fa altro non riesce a connettersi davvero con te, a guardarti negli occhi, ad essere concentrato su di te e sull’emotività che ti accompagna. Non può capire: “Secondo me questa cosa non ti è piaciuta tanto. Ti stai un po’ arrabbiando. Forse ti dà fastidio, ma non me lo stai dicendo”. Senza lo sguardo non si colgono queste cose. E con i bambini è uguale. Spesso noi genitori ci lamentiamo: “Non riesco a capire che cosa prova” Ecco perché. Perché non lo guardiamo abbastanza. Nel momento in cui lo guardi un po’ di più, lo osservi, fai qualche domanda in più guardando che faccia fa, la luce che ha negli occhi, come si muove, che cosa dice… Allora vedrai che diventa tutto più facile. Gli occhi sono lo specchio dell’anima e guardare tuo figlio gli permette di sentirsi amato, accolto, di sentire che lui esiste e che esiste per l’amore di mamma e papà, il vero motore e l’alimento che lui desidera di più. Passo 2: abbassati Abbassati alla sua altezza ogni volta che ti è possibile quando vuoi comunicargli qualcosa. Passo 3: sentimenti Chiedigli spesso come si sente: si sentirà ascoltato e imparerà a sua volta ad entrare in contatto e a riconoscere i suoi sentimenti. Quando rientra da scuola o dalla scuola materna, per esempio, evita di chiedergli: “Come è andata?” (lui si proietta nel fare e nella performance) e chiedigli piuttosto: “Come ti senti? Come sei stato stamattina a scuola?” (si sente messo al primo posto e sente che per mamma e papà è importante innanzitutto lui come individuo e non per quello che fa) 4. Trascorro poco tempo con mio figlio! Soluzione: Organizza esperienze di (estrema) qualità Sarebbe molto comodo avere figli che “dove li metti stanno”, e sappiamo benissimo che il tempo è sempre poco. Ma… quando possibile possiamo giocarci la carta della sperimentazione senza limiti. Infatti i bambini e i ragazzi, per imparare, per crescere, per scoprire come risolvere i problemi quando saranno grandi, per avere fiducia e stima in se stessi, hanno bisogno di fare, di sperimentare, di sporcare e di sbagliare. Non ti preoccupare solo del riordino: poi metteranno a posto, perché tu gli dai l’esempio. Se tu sei ordinato, loro saranno ordinati, se non hai conflitti e lotte di potere con loro, ti seguiranno e se tu pulisci, loro puliranno… I bambini hanno bisogno di sperimentare! Cogli l’invito e prova a non metterli di fronte a una classica lezione da apprendere a memoria e ripetere fino alla noia, prova a metterli davanti a un’esperienza. 👉 Organizza esperienze nuove: portali per esempio in un weekend di viaggio, magari in una fattoria a vedere gli animali, dove sia possibile toccare le bestiole, accarezzare i cuccioli, provare a dar loro da mangiare… 👉 Fagli vivere delle esperienze sensoriali che scatenino in loro la voglia di farti delle domande, di sentirti rispondere ai loro perché, di trovare loro per primi delle risposte. I bambini e i ragazzi non sono dei vasi vuoti. Sono pieni di sapere e il loro nutrimento è dato dall’esperienza, vedere il mondo, toccare con mano. 👉 Quando gli proponi un giocattolo, prova a sostituire un artefatto perfetto, un bambolotto o macchinina che fanno tutto da sé, con dei materiali con cui tuo figlio possa costruire, creare, strappare, incollare, ricucire… Questo sarà un vero insegnamento per la sua vita da adulto. Sperimentando in prima persona impara, già da piccolo, l’unica verità importante: ognuno può plasmare la propria vita. Quindi raggiungere i sogni è possibile, creare, fare delle domande, trovare le risposte dentro di sé…
Prendi i Compiti per le corna
Vediamo oggi come possiamo supportare i nostri figli in questa nuova modalità scuola/compiti. Scopri qui come alleggerire e rendere più divertente il momento dei compiti.
7 modi per ottenere Rispetto e Fiducia da tuo figlio
Pensiamo che i figli ci debbano rispettare per il semplice fatto che siamo i loro genitori. Perché noi siamo gli adulti, perché ci siamo passati prima di loro e abbiamo già vissuto queste cose. Ci devono rispettare e si devono fidare di noi perché noi parliamo ed è legge quello che diciamo. In verità la fiducia non è uno stato di diritto, ma è un qualcosa che il genitore si deve conquistare. Vediamo insieme cosa puoi fare per guadagnarti la sua fiducia. Come conquistare la fiducia dei figli in 7 passi 1- Rispetta i bisogni di crescita di tuo figlio Anche a costo di andare contro alla tradizione e alla cultura del paese in cui vivi o della famiglia di origine da cui provieni o delle persone che ti hanno cresciuta, rispettare i bisogni vuol dire che, se un bambino ha la necessità di dormire con mamma e papà per i primi tempi o i primi anni di vita, bisogna farlo, anche se ci hanno sempre insegnato che così LO VIZI. Se i bambini hanno bisogno di accoglimento, di contatto fisico, vanno presi in braccio, stretti, avvolti dalle nostre braccia, anche a costo di “viziarli” (tra l’altro i vizi non esistono). I NO vanno detti con fermezza, ma accompagnati anche da empatia e amore. È necessario dimenticarsi che fino all’altro ieri ci hanno insegnato che “ci vuole polso! Devi essere duro. Deve capire, deve smetterla. Lascialo piangere…” Prima ti liberi da questi “credo” e prima tuo figlio imparerà, anzi apprezzerà e si fiderà sempre di più di te. 2- Impara a restare calma Più ti aiuterai a restare calma, a gestire le situazioni guadando il lato positivo e cercando di trovare una soluzione efficace serenamente, e più tuo figlio saprà di potersi fidare di te. Perché più tu sei una persona che riesce a gestire i propri stati d’animo, riesce a gestire la rabbia anche nelle situazioni più difficili, più impari ad essere il suo Aiutante Magico e sei a disposizione per aiutarlo a superare le difficoltà è più “punti” e fiducia guadagnerai nei suoi confronti. 3- Giudizi e umiliazioni non aiutano Non umiliare tuo figlio con punizioni e sgridate, con i paragoni perché credi che sia più opportuno un altro atteggiamento, che dica cose diverse, che sia un bambino diverso e che faccia proprio come quello con cui lo paragoni, magari un compagno, uno che passa per strada, un fratello o anche soltanto il “bambino ideale” che hai in testa… È perfetto così com’è! A nessuno piace essere paragonato! 🙂 4- Lascia che sperimenti le sue idee Per i bambini è importantissimo provare e imparare attraverso la pratica, le esperienze, i tentativi. E se facendo per caso sbaglia, inciampa, si rompe qualcosa, gli puoi dare la possibilità di rimediare, invece di accusarlo, punirlo e sgridarlo come spesso hanno fatto i nostri genitori con noi inibendo il nostro desiderio di sperimentare. Puoi sdrammatizzare dicendo: “AH capperi! È successo un guaio! Come possiamo rimediare?” E poi aiutarlo a risolvere senza farlo sentire sbagliato. L’unico vero antidoto all’errore, lo sai anche tu, non è la sgridata, non è la punizione, ma è semplicemente dare, a bambini e ragazzi, la possibilità di rimediare per imparare dall’errore. Tu come ti sentiresti al suo posto? Per approfondire leggi l’articolo Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo 5- Ascoltalo Ascolta le sue motivazioni, quello che prova, sempre, senza giudicarlo, senza sminuirlo, con disponibilità ad accogliere i suoi sentimenti e le sue emozioni, a credere in quello che sta provando, senza dirgli che è sbagliato, senza dirgli che deve essere coraggioso, che non deve fare così e che non deve piangere. Abituati ad accogliere i suoi stati d’animo, qualsiasi essi siano. 6- Dire di no e dare limiti, ma con calma Come genitore sai dire di NO quando è ora e soprattutto sai farlo nel modo corretto, rispettando i bisogni di tuo figlio. Il NO è fermo e non diventa Sì (altrimenti sei incoerente). E pur essendo detto con fermezza e sicurezza tutte le volte in cui è necessario dire no, è un NO sereno che si affianca anche alla nostra capacità di essere empatici con la reazione di nostro figlio e di accogliere il suo dispiacere o il suo stato d’animo del momento. È naturale che un bambino o un ragazzo possa non accettare il tuo No o avere delle resistenze se proprio la voleva fare quella cosa particolare. Chiediti se il No che stai per dire serve e, se poi lo dici, sostienilo e accogli tuo figlio con amore. Puoi scoprire come aiutare tuo figlio a rispettare le regole e i tuoi no leggendo questo articolo: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no 7- Sfodera la fiducia in te stessa Se credi in te, in quello che pensi, credi in quello che provi, ti accogli e non ti giudichi, dai tu un ottimo esempio che anche lui potrà seguire da subito. Se ti senti un genitore insicuro, puoi approfondire leggendo l’articolo Le 5 cause che ti fanno sentire un genitore insicuro (la prima da piccolo ti umiliava)
Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no
Perchè a volte tuo figlio non ascolta mentre altre volte collabora e accetta le tue regole? Perché nonostante tutti i tuoi sforzi fai fatica a farti ascoltare e si ribella? Per leggere questo articolo è necessaria una buona dose di apertura mentale e la sospensione per qualche minuto del tuo giudizio! Infatti stai per scoprire: 1️⃣ Perché i bambini e i ragazzi rispondono male ai genitori, non ascoltano, non accettano i no e rifiutano le regole. 2️⃣ Approfondiremo quali sono i nostri atteggiamenti che involontariamente non rispettano il “Libretto delle Istruzioni” e che potrebbero causare ribellione, “capricci” e litigi. 3️⃣ I 5 principi d’oro che possono aiutare tuo figlio a rispettare le regole, ottenendo più collaborazione e armonia in famiglia. Iniziamo! “Fai il bravo! Comportati bene!” “Speriamo sia educato” “No, guarda che così non mi piaci” “Se mangi tutto ti do la caramella” “Solo più 5 minuti…” “Ascoltami!” “Vieni subito qui!” “Ti devi lavare i denti …” “Ti ho detto no!” “Così non si fa!” “Lì non devi andare!” “Ringrazia e chiedi per piacere” Ti suonano familiari queste frasi? Chissà quante volte le hai sentite per strada, in casa di amici oppure ti stai accorgendo mentre leggi che a volte fanno parte anche del tuo linguaggio e della relazione che hai con i tuoi figli. Perché sentiamo troppo poco spesso o diciamo troppo poco invece frasi come queste? 1️⃣ “Divertiti!” 2️⃣ “Sei felice?” 3️⃣ “Come ti senti?” 4️⃣ “Speriamo che riesca a essere se stesso e speriamo di riuscire ad aiutarlo in questo” 5️⃣ “Speriamo che impari ad ascoltarsi e speriamo di riuscire noi a sentire sempre i suoi bisogni” 6️⃣ “Non hai più voglia di finire quello che c’è nel piatto? Secondo te come mai?” 7️⃣ “Che cosa è successo, amore?” In più, se i bambini avessero una capacità razionale già sviluppata e un’ottima proprietà di linguaggio, probabilmente ci direbbero (e spesso lo fanno): “Mamma, basta urlare!” “Perché mi sgridi? Non l’ho fatto apposta. Se lo avessi saputo avrei evitato io stesso di mettermi nei pasticci” “Perché mi accusi? L’ho fatto perché mi sono sentito in pericolo, perché avevo bisogno di sfogarmi” “Papà, puoi parlarmi con più calma?” “Perché non riesci a stare davvero con me? Perché pensi sempre ad altro?” “Ma chi è questo qui a cui vuoi tanto che somigli tutte le volte in cui mi dici che non va bene quello che faccio o quello che dico o quello che esprimo?” Perché noi adulti recitiamo le battute che hai letto poco fa, anche se queste alla fin fine potrebbero peggiorare la relazione con i figli? Soprattutto considerando il fatto che sono anche una fonte enorme di stress per entrambi, figli e genitori: il rapporto si irrigidisce, viene meno la fiducia, tuo figlio non ti ascolta e aumentano le tensioni. Nonostante questo, lo facciamo comunque, perché è quello che direttamente (esperti, riviste, tv, libri, ecc.) o indirettamente (come riflesso incondizionato dell’educazione dei nostri genitori) abbiamo imparato e assorbito dall’ambiente. Oltre a questo, ci sono tre motivazioni profonde per cui agiamo in questo modo. Se ci osserviamo, vuoi o non vuoi, vengono fuori. Perché mio figlio non ascolta? Vediamo ora le 3 motivazioni che portano i genitori a imporre le regole: 👉 Vogliamo insegnare ai nostri figli le regole per stare al mondo e crediamo che questo sia il modo più giusto (o meglio, spesso è l’unico che conosciamo) per allevarli. 👉 Vogliamo che gli altri pensino bene di noi e avere figli che vadano bene a scuola, che siano dei bambolotti che dove li metti stanno, che dicano sempre grazie, prego e per piacere così che le persone pensino bene di noi, sono garanzie in più affinché lo facciano. A volte utilizziamo i figli e i loro risultati per compiacerci, gratificarci e per dirci che almeno qualcosa di buono lo abbiamo fatto. 👉 Vogliamo avere meno problemi possibili da gestire. Dato che abbiamo a volte serie difficoltà a gestire gli imprevisti, i problemi non sono sfide ma macigni che ci stressano. Abbiamo paura di sbagliare, ci sentiamo inadeguati e sogniamo perennemente quell’eldorado di felicità e non-sforzo dove tutto è perfetto. Se ce lo avessero fatto vivere nell’infanzia non andremmo a cercarlo ora in maniera così compulsiva. Anzi, probabilmente non avrebbe mai smesso di far parte del nostro mondo interiore, indipendentemente dagli eventi esterni. Per non sentire tutto questo, speriamo che meno imprevisti possibili arrivino a costellare le nostre giornate. Approfondiamo questi ultimi tre punti. Non ce lo chiediamo mai, ma crediamo che almeno una volta nella vita queste domande ce le possiamo fare: Perché vogliamo che i bambini imparino “le regole”? Quali regole e secondo chi? Potrebbero forse farne a meno? In verità vogliamo che i bambini imparino delle regole perché crediamo che quello sia l’unico modo per riuscire ad ottenere da loro un comportamento adeguato, soprattutto per quando saranno adulti e si dovranno confrontare con il mondo esterno e con altri individui. Temiamo che possano non aver appreso tutte le strategie che permetteranno loro di sopravvivere in questo mondo che consideriamo spesso pericoloso, ingiusto e difficile. Percepiamo l’esterno e la vita come terreni di battaglia e in più ci fanno credere che, a meno che non si tratti di un colpo di fortuna, siamo troppo deboli per affrontarlo, quindi meglio rassegnarci. Altre volte invece, sempre per condizionamento, crediamo che l’omologazione sia la via più facile. Dunque riteniamo che le regole possano abituare il bambino a diventare quell’essere intiepidito, insipido e che davvero “dove lo metti sta”, augurandoci così che abbia meno problemi possibili. Perché, si sa, la ribellione può rivelarsi scomoda e dare tanti problemi. Peccato che sovente confondiamo il “capriccio” del bambino o la ribellione di un ragazzo con il suo tentativo di essere se stesso a discapito dell’omologazione. Figli che si ribellano ai genitori: perché se cerchi di omologarli ottieni ribellione e perdita di fiducia Tutti i bambini e i ragazzi sanno di essere nati per essere se stessi, per conoscersi e per manifestare i loro talenti. Se noi tentiamo in tutti i modi di omologarli con rabbia, durezza e sguardi di ghiaccio ad uno schema o a un “si è sempre fatto così” probabilmente ottieniamo due cose. Conseguenza n° 1: la ribellione Il bambini e i ragazzi continuano a mettere in atto tentativi a volte ribelli per cercare fino all’ultimo di dirci che: 1️⃣ avrebbero bisogno di un nostro atteggiamento diverso 2️⃣ vogliono essere omologati alle nostre credenze ma vogliono essere sostenuti affinché possano essere se stessi. Conseguenza n° 2: la perdita della fiducia Se cerchiamo di omologarlo ad un prestampato che abbiamo nella nostra testa per il solo fatto che crediamo che sia giusto o perché anche noi ci adattiamo a modelli esterni o precedenti, lui percepisce di non valere, di non essere quello che tu vuoi da lui. Dato che la seconda cosa fondamentale che ogni bambino desidera è quella di essere amato incondizionatamente da mamma e papà, mette sotto le scarpe se stesso a favore del tuo amore per lui. Facendo questo, rinuncia a conoscersi e a manifestarsi (cosa che lo porterà ad essere infelice, sfiduciato e arrabbiato) e perde fiducia e stima in mamma e papà perché dovrebbero proteggerlo e sostenerlo nel suo intento e non lo stanno facendo. Anzi, lo giudicano, lo vogliono uguale a un qualcosa che lui non è. Viviamo impregnati di una cultura che porta ancora con sé il retaggio di un sistema di regime dove le stesse norme applicate in una caserma si riteneva fossero idonee anche per l’ambiente famigliare: con le ristrettezze e con la forza si potevano ottenere uomini forti, donne sottomesse, potere, fama e gloria. Ahimè un disegno di questo tipo, come non porta a un miglioramento nel mondo, non porta a nulla neppure nel mondo interiore di tuo figlio. A causa di questo modello crediamo che i bambini siano vasi vuoti da riempire di modi di fare, di regole, di buoni comportamenti. Crediamo che premi e punizioni servano per raddrizzarli, che i complimenti gli tirino su il morale e gli rafforzino lo spirito. Siamo convinti che le restrizioni siano l’unico strumento che abbiamo per fargli capire chi comanda e perché, forse, attraverso il patimento impareranno la lezione. I bambini e i ragazzi non vogliono appartenere a modelli ma vogliono essere se stessi, rispettando i principi naturali di vita e di condivisione che appartengono all’uomo e alle altre specie viventi. Se non rispettano noi e il nostro modello, per cui ci appaiono come dei trasgressori, potrebbe essere che quanto noi proponiamo non è nelle loro corde naturali? Potrebbe essere che fanno tutti i tentavi possibili, con il linguaggio verbale e non verbale e con gli strumenti che hanno a disposizione per farcelo capire e per darci la possibilità di essere anche noi diversi e più vicini alla nostra natura di genitori? La famiglia e tutti gli ambienti in cui un figlio cresce non devono essere ambienti militareschi e neppure ambienti democratici (anche questo oggi va molto di moda…). L’ambiente in cui il bambino si esprime è semplicemente “naturale”: per essere efficace a breve e a lungo termine deve poter rispettare i principi del loro Libretto delle Istruzioni che fanno crescere il bambino senza sforzo e sentendosi amato e fanno sì che anche noi lo educhiamo senza sforzo, con gioia e gratitudine. La crescita del bambino e l’armonia del rapporto con i propri genitori dovrebbe avvenire naturalmente e senza sforzo. Ognuno conosce il proprio ruolo, sa cosa fare, quando farlo e come farlo, senza dover ricorrere a stratagemmi, manipolazioni, giudizi, premi, punizioni, ricatti, compravendite di amore (“se fai così non ti voglio più bene”). Troppo spesso confondiamo questi metodi con l’”Educazione”. Questi metodi fanno parte dell’istruzione, ovvero di un tentativo di inserire all’interno del bambino, codici, schemi, regole, morale del giusto e dello sbagliato. Educare è invece tirar fuori quello che il bambino ha già naturalmente dentro di sé e senza sforzo. Sai perché diciamo “senza sforzo”? Perché se iniziamo con pazienza a osservare il bambino, ci accorgiamo che è lui con la sua trasparenza, la sua innocenza e la sua consapevolezza a farci capire quello di cui ha bisogno per diventare un adulto felice. Noi adulti abbiamo perso l’abitudine di stare davvero con i bambini, di sentirli, di guardarli negli occhi e di osservarli. La loro perfezione, la loro lucidità e la loro coerenza ci spiazzano, a volte ci mettono in difficoltà e quindi preferiamo soprassedere o restare sulla superficie. Anche se iniziamo ad osservarli, dobbiamo poi ancora fare i conti con questi “benedetti” condizionamenti che utilizziamo ormai in maniera automatica. Non rispetta l’autorità, risponde male, non accetta i miei no: i 5 falsi miti svelati A proposito di regole e di condizionamenti ora vediamo quello che ahimè rafforza una modalità educativa militaresca e omologante, anziché favorire la libera espressione dei bambini e dei ragazzi e la loro manifestazione. 1° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: il rinforzo positivo Educare con il rinforzo positivo: quando un bambino si sente elogiato e gratificato per ciò che sta facendo, inizia a credere di più in se stesso. Riflessione Il rinforzo positivo ha lo stesso valore della punizione, della critica e del giudizio. Si trova dalla parte opposta, ma è allo stesso livello. Infatti, possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che sgridare e punire i bambini non sia efficace, ma non ci chiediamo che cosa accade nel bambino davanti al rinforzo positivo e all’elogio. Tuo figlio deve sentirsi amato per quello che è, qualsiasi cosa faccia o dica. Se quello che fa a noi non piace è un problema del bambino oppure nostro? Nostro. Ci sono vie mono faticose e più efficaci del lodare o criticare perché speriamo che così impari le buone maniere o perché così la prossima volta eviterà un comportamento scorretto che abbiamo criticato o ripeterà un comportamento che noi riteniamo corretto e che abbiamo elogiato. Rinforzare positivamente un comportamento vuol fargli capire (anche se le nostre intenzioni sono diverse, questo è quello che gli trasmettiamo) che così ci piace, se si comporta diversamente no, che così lo preferiamo e lo amiamo di più. Si innesca un meccanismo a spirale discendente per cui il bambino e il ragazzo restano in perenne tensione per controllare i loro istinti e i loro atteggiamenti perché, se seguono le loro motivazioni e il loro istinto, l’amore di mamma e papà potrebbe diminuire. È necessario imparare a fidarci di più dei figli perché non sono prototipi da stampaggio, non sono cd da masterizzare, sono bambini, sono ragazzi. Per certe cose siamo molto più mammiferi di quello che crediamo. Come mamma leonessa non ha bisogno di insegnare, spiegare, indirizzare, lodare, punire i suoi cuccioli perché imparino a seguirla evitando i pericoli, a diventare autonomi, a cacciare, così noi potremmo limitarci a dare un buon esempio e lasciare che il bambino lo imiti e lo assorba. 2° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: i vizi… A differenza della mamma lei, mia nonna, non doveva occuparsi della mia educazione ma doveva solo viziarmi. Riflessione Ascoltando questa frase mi sono chiesta: perché educare, coccolare e dare abbondanza devono essere visti come incompatibili? Perché vediamo le coccole e l’abbondanza come vizio e come concessione? Perché l’educare deve implicare restrizioni e sacrifici per il bambino? Se vogliamo davvero andare verso uno stile educativo che rispetti tuo figlio dobbiamo lasciar perdere tutti questi modi di pensare e allontanarci dalla credenza che sia dannoso dare al bambino un senso di abbondanza (e non intendiamo con questo riempire la cameretta di giocattoli…). L’educazione si impara imitando e non imponendo o restringendo, quindi, tanto vale essere “abbondanti” in coccole, attenzioni e dettagli. In questo modo, non solo soddisfiamo i bisogni del bambino, ma gli diamo anche un senso di abbondanza che lo accompagnerà per tutta la vita e che gli impedirà di sentirsi vuoto, sfiduciato, privo di risorse e con un percorso in salita dove la vita è ingiusta e c’è sempre qualcuno pronto a deluderci o a fregarci. La vita non è così. È così lo schema educativo che abbiamo assorbito e subito e che inconsciamente ribaltiamo sulla nostra vita di adulti. Un bambino cresciuto nell’abbondanza di amore e nel soddisfacimento di tutti i suoi bisogni affettivi cresce con molti meno limiti a fargli da intralcio per la sua realizzazione. 3° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: bisogna farli ragionare… Dal primo anno i bambini hanno bisogno di spiegazioni per capire cosa bisogna e non bisogna fare. Riflessione Dal primo anno i bambini, a meno che debbano andare in trincea o alla scalata del Kilimangiaro, hanno bisogno di amore, attenzioni e coccole. I bambini non hanno bisogno di capire razionalmente, hanno bisogno di vedere, sperimentare e imitare. Sono troppo piccoli per poter comprendere un discorso razionale fatto di pro e di contro, di cause e conseguenze, di diritti e doveri, e soprattutto di spiegazioni. Quante volte pensiamo o diciamo: “Eppure sai quante volte gliel’ho detto?” “Te l’ho già spiegato il perché!” “Ma non capisci?” Ecco il punto di vista di tuo figlio: “Cara mamma e caro papà, sarebbe più semplice per voi, e a me piacerebbe di più, se quando non ho voglia di fare i compiti o faccio i capricci per non lavarmi i denti, prima di tutto mi veniste vicino e vi ricordaste che ho un motivo per cui faccio così. Non ve lo so spiegare bene e allora lo manifesto come posso”. “Se mi chiedete con calma e dolcemente come mai e vi rendete disponibili ad aiutarmi e a risolvere la mia difficoltà o il mio bisogno, io sono il bambino più felice del mondo. Smetto di avere paura e di sentirmi a disagio, so che mi posso fidare di voi e so che mi basta seguirvi. Insomma, mamma e papà, so benissimo come si lavano i denti, è da quando sono nato che mi portate con voi e che vi guardo, di solito lo facciamo sempre insieme! E per i compiti, che voi mi diciate di sforzarmi, mi serve a ben poco! Ho un disagio dentro che non riesco a superare da solo, altrimenti vi pare che perderei tutto questo tempo? Se non mi annoiassi e volessi farli da solo a quest’ora li avrei già finiti e sarei fuori a giocare!” 4° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: ignoralo se dice parolacce… Mio figlio dice le parolacce: se non trova alternative alle parolacce sgridatelo e ignoratelo. Riflessione Perché un bambino dice parolacce? Forse le ha sentite dire e semplicemente le ripete perché funziona per imitazione. Oppure sa che non si fa e vuole attirare la nostra attenzione (ha provato in mille altri modi e “con le buone” ma non c’è stato nulla da fare). Forse si sente un debole o un insicuro: chi dice parolacce gli sembra più forte e quindi fa anche lui così. Se non comprendiamo la motivazione e non andiamo a fondo non serve a nulla sgridarlo o ignorarlo. Nel primo caso continuerà a farlo perché pur sgridandolo almeno abbiamo iniziato a considerarlo. Nel secondo caso anche, perché volendo le nostre attenzioni rincarerà la dose o cercherà altri atteggiamenti distruttivi per segnalarci la sua presenza e il suo bisogno di attenzioni. 5° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: il disordine… Mio figlio è disordinato, non pulisce, si rifiuta di riordinare! Riflessione Se invece vuoi che tuo figlio “impari” a fare le pulizie perché hai paura che diventi sporco e disordinato puoi partire da subito con un’altra motivazione nel cuore. Infatti, grazie al buon esempio e al gioco puoi far amare a tuo figlio tutte quelle esperienze che fanno parte della vita quotidiana: lavarsi, apparecchiare, sparecchiare, riordinare la stanza, ecc.. Il bambino impara giocando: prima lasciati imitare mentre fai le cose con gioia (se anche tu le vivi come un peso, come pensi che potrà viverle lui?), poi fate le cose insieme, giocando! Per esempio, invece di dover pulire la stanza potete andare a risistemare per bene la barca dei pirati con tanto di bandana in testa. Invece di dover apparecchiare la tavola potete preparare un ottimo servizio per i principi e per le principesse che vengono a palazzo per la festa. Oppure allestire un banchetto per i samurai che tornano affamati dalla battaglia. In questo modo tutti i bambini si divertono e imparano. Attenzione! Se l’adulto lo fa con un secondo fine e quindi manipolando (facciamo finta di giocare così ti porto dove voglio io) non funziona. Funziona se siamo sinceramente convinti che questa sia la cosa più naturale per il bambino e se anche noi ci stiamo divertendo. Per approfondire questo argomento puoi leggere: Figli disordinati: come insegnare l’ordine con la tecnica dello svezzamento Come insegnare le regole senza urla, sgridate e senza ripetere le cose 100 volte! Anche se oggi tuo figlio rifiuta le tue regole e i tuoi limiti ci sono 5 principi d’oro che possono aiutarti a ottenere più collaborazione e armonia in famiglia. Sono gli stessi principi utili anche con bambini oppositivi e provocatori, bambini che non rispettano l’autorità o bambini ritenuti “difficili da gestire”. Sono principi semplici che vengono spesso trascurati e che invece ti suggerisco di valorizzare nella vostra vita familiare perché ti consentiranno di allinearti con i bisogni emotivi di tuo figlio ed eviterai inutili imposizioni e litigi. 1️⃣ Vivere in un clima rilassato aiuta Muoverti con calma, sorridere, mostrarti paziente e disponibile, evitare litigate, cercare un gioco insieme e con calma riordinare il resto, aiuta i bambini a rasserenarsi. Bambini più sereni, che percepiscono rilassatezza e sicurezza intorno a loro, spontaneamente hanno più voglia di ascoltarti, di seguire le tue indicazioni. 2️⃣ La qualità del tempo che trascorri con tuo figlio Se gli dedichi del tempo di altissima qualità (meno di quanto credi) tuo figlio si sentirà appagato affettivamente e non avrai bisogno di insistere, premiare, punire, perché sarà lui per primo a volerti aiutare. 3️⃣ Funzionano le buone abitudini condivise e non il “devi fare così” I bambini rispettano le regole che diventano per tutta la famiglia delle buone abitudini che tutti condividono e che sono parte integrante dei ritmi quotidiani e del modo di essere di mamma e papà. Al contrario le imposizioni fatte con toni duri tendono a creare trasgressione, soprattutto con i bambini di oggi. 4️⃣ Apprendere l’arte di saper dire di NO Non avere paura di dire di no e di dare limiti, evita però le prese di posizione esplicitate con rabbia, le sgridate e gli “sguardi di ghiaccio”. Sii ferma ma mantieni un sorriso sincero. Infatti i no e le regole si possono “trasferire” anche con calma e in un clima sereno (contrariamente a come spesso siamo stati abituati noi nella nostra infanzia con ricatti, punizioni, urla e minacce). Al contrario metodi educativi basati su minacce e paura tendono a peggiorare la situazione se tuo figlio è oppositivo e non ti ascolta. 5️⃣ I tuoi figli vivono e imparano giocando e nella gioia Nulla può essere appreso o eseguito da loro con modi militareschi o autoritari. Se vuoi che “impari le regole”, le dovrete mettere in pratica insieme giocando e divertendovi (soprattutto nei primi 5-6 anni). Per esempio, si può raccontare e “vivere” la storia di un supereroe ogni volta che si lavano i denti, come Spider-man che salta da un dente all’altro sparando la sua ragnatela. Oppure la stanza diventa magicamente una nave di pirati da pulire, completa di cannoni, vestiti per la ciurma e spade! I bambini comprendono principalmente il linguaggio del gioco, ecco perché come genitori è necessario diventare anche i loro animatori. Tu ti divertirai di più, aumenterà la qualità della vostra relazione, tuo figlio collaborerà e apprenderà le sane abitudini come lavarsi, pulire gli ambienti, prendersi cura del proprio corpo… divertendosi. E, infine, ecco una riflessione molto contro-intuitiva e di vitale importanza: i bambini hanno voglia di cooperare e di essere solidali con mamma e papà, mentre si oppongono quando sentono che la loro natura amorevole e la loro emotività non viene rispettata. Approfondimento Se vuoi comprendere meglio come gestire il nervosismo di tuo figlio e i comportamenti “capricciosi” leggi qui: Capricci dei Bambini da 1 a 10 anni (come gestirli e prevenirli)
Compiti: si distrae e vuole sempre fare pause!!
Perché i bambini e i ragazzi non restano concentrati a lungo e si distraggono facilmente? Scopriamo come i bambini e i ragazzi di oggi apprendono.
Tuo figlio non dorme o si sveglia di notte? Scopri perchè
In questo articolo sfatiamo un po’ di miti sul sonno dei bambini, sul perché fanno fatica ad addormentarsi e rispondiamo a queste 5 domande che preoccupano tanto mamma e papà: 1️⃣ Perché i bambini a volte non dormono? 2️⃣ Perché un bambino non si addormenta da solo? 3️⃣ Come puoi fare la sera per favorire il sonno di tuo figlio? Come aiutare il bambino a fare la nanna? 4️⃣ Perché i bambini piccoli non dormono per tutta la notte ma si risvegliano più volte? E’ normale se il bimbo si sveglia di notte? “Deve dormire da subito nella sua cameretta, altrimenti si vizia e a 20 anni te lo troverai ancora nel lettone!”. Quante volte l’abbiamo sentita? Personalmente, tantissime! C’è chi lo dice convinto e lo sostiene come un dogma. C’è chi lo dice abbassando lo sguardo, incespicando un po’ con le parole e con un po’ di titubanza, perché non ne è tanto sicuro. E magari ha paura di non riuscire a gestire un bimbo nel lettone e soprattutto il passaggio successivo dal lettone alla cameretta. Altri lo dicono forte e chiaro perché lo hanno sperimentato con i propri figli (anche se non ho mai visto nessun “amante del lettone” tenersi aggrappato a quel materasso anche a 20 anni). Falsi miti sul sonno Per esempio, ecco cosa mi è capitato a grandi linee di leggere e di sentire: In fatto di sonno bisogna parlare di educazione al sonno, perché è importante insegnare al bambino a dormire bene. Il bambino deve poter sperimentare le sue capacità di autorilassamento. Solo educandolo correttamente diventerà un adulto in grado di calmarsi in autonomia Bisogna dire al bambino che deve dormire nel suo letto, spiegando le motivazioni. È vero che è bellissimo dormire tra le braccia di mamma e papà. Ma il bambino deve essere educato fin da piccolo al fatto che ce la può fare da solo. Lasciatelo nella sua camera e all’inizio piangerà, urlerà, vi vorrà con lui. Voi rimanete sulla vostra posizione, affacciatevi ma non toccatelo, ditegli che lo amate ma che deve imparare a dormire da solo. Nel giro di pochi giorni sarete una famiglia felice. Quella di dormire nel lettone e del co-sleeping è una abitudine malsana. Se riesci a non cedere alla tentazione di portarlo nel lettone, bene, continua così. Allunga i tempi tra una volta e l’altra in cui ti avvicini al lettino una volta che ha iniziato a piangere. Restando vicino al bambino non lo stai aiutando, portagli piuttosto un po’ di latte o un biscotto. Entro l’anno il bambino deve dormire da solo. Dormire nella stessa stanza di mamma e papà è pericoloso perché il bambino respira l’anidride carbonica che tu emetti, quindi anche la culla deve stare a giusta distanza dal letto. Inoltre dietro il co-sleeping si cela il pericolo del surriscaldamento. Dato che il lettone è tanto desiderato dai bambini deve diventare una cosa che si conquista e al massimo un’eccezione. Se lo addormenti in braccio, non ne vorrà sapere di dormire in altri modi e tu diventerai sua schiava. La prima domanda è: davvero la natura ha considerato il sonno una cosa da imparare? Davvero l’abitudine al sonno può essere considerata una “nozione da apprendere”? Non ti sembra alquanto assurdo e improbabile? Tutti da che mondo è mondo, grandi e piccini, se ci sappiamo ascoltare e ci rendiamo conto di essere stanchi, andiamo a letto e ci addormentiamo. Quando non è così semplice, o abbiamo problemi di insonnia oppure sappiamo che dietro c’è lo zampino di qualche situazione, preoccupazione, arrabbiatura. Per i bambini è ancora più immediato: soprattutto se molto piccoli, vivendo in relazione costante con il presente, li possiamo vedere spesso crollare tra le braccia di mamma e papà oppure sul seggiolone. Anche per loro, se ci sono tensioni, paure o disagi, il momento dell’addormentamento può risultare difficoltoso e anche loro possono avere un sonno disarmonico. Più avanti scoprirai cosa si può fare in questi casi. Ma intanto iniziamo a scardinare qualche falsa credenza. Vediamo cosa davvero la natura dei bambini richiede per il sonno e come funziona davvero il sonno dei bambini. Ritmo sonno veglia: quando risvegli e sonno profondo danzano insieme Tutti i bambini nascono con una concezione dello spazio/tempo molto differente, per fortuna, da quella di noi adulti. Non conoscono l’ora e gli orologi e hanno una idea dello spazio che incorona la mamma come perno. Insomma, se tuo figlio fosse un compasso, avrebbe la sua mamma come sistema fissante. Lui, se fosse la mina, con il passare dei mesi, crescendo, traccerebbe cerchi concentrici di raggio sempre più ampio, distanziandosi e differenziandosi a piccoli passi. Che cos’è allora che determina un bioritmo armonico nel bambino? In lui è vivo fin dal primo momento un ritmo che gestisce la sua crescita e che è in perfetto accordo con i ritmi della natura, che vanno e vengono come delle onde, con dei picchi verso l’alto e dei picchi verso il basso. Questo movimento ondulatorio non appartiene solo alla natura dei bambini ma alla natura tutta. Seguono questo ritmo le stagioni, il giorno e la notte, il sonno e la veglia, le onde del mare, il dondolio del vai e vieni tra le braccia di mamma o di papà quando ci culla, il nostro battito cardiaco. Probabilmente, una volta “arrivato” sulla terra, il battito cardiaco è proprio la prima cosa che il bambino sente, con cui inizia a convivere, da cui si lascia cullare e guidare. È un ritmo che lo rassicura e che scandisce i suoi momenti uterini e continua a guidarlo anche dopo la nascita. Questo movimento ondulatorio non è appannaggio esclusivo del giorno ma accompagna anche le notti del bambino. Dunque, è del tutto normale che più lui è piccino e più la notte sia fatta di sonno e di risvegli che si susseguono l’uno dopo l’altro. A mano a mano che il bambino cresce, i momenti di sonno e di veglia si avvicinano sempre più a quelli dell’adulto. Quindi, come capita di non dormire più di giorno, salvo magari un piccolo sonnellino pomeridiano, ecco che si dorme tutta la notte con il movimento ondulatorio. Questo sarà caratterizzato da un sonno con vari gradi di intensità, ma che non necessariamente comportano un risveglio. Accade, dunque, come durante la giornata, in cui fisiologicamente alterniamo momenti in cui siamo carichi di energia a momenti in cui rallentiamo. Sappiamo che può essere difficile immedesimarsi in quanto descritto, perché oggi i nostri ritmi naturali sono piuttosto alterati. Il bambino alla nascita non ha ancora avuto modo di alterare il suo ritmo ed ecco che di notte si risveglia e si riaddormenta molto frequentemente. A seconda del bambino possiamo assistere a risvegli brevi, dove il nostro cucciolo forse non apre neppure gli occhi. Magari si gira, si rigira, fa qualche movimento, parlotta un pochino e si riaddormenta. In questo ultimo caso mamma e papà possono anche naturalmente non accorgersene, e per questo dicono che il loro bambino dorme filato tutta la notte. Oppure si risveglia richiedendo il seno o chiedendo di essere cullato, consolato e basta una mano, una coccola e il bimbo si riaddormenta facilmente. Non sempre è così. A volte questi risvegli notturni preoccupano mamma e papà perché il bambino sembra agitato e turbato, piange e pare che nulla possa consolarlo. In questo caso riprendere il sonno risulta difficoltoso, da del filo da torcere. Perché succede? Bambini che non vogliono dormire, ritmo e risvegli notturni: ecco 2 motivi per cui non si addormentano facilmente Motivo n° 1 Il ritmo quotidiano non segue il ritmo naturale del bambino Se non conosciamo a fondo i bisogni del bambino, è normale pensare come prima cosa al fatto che mangi, che sia pulito, che non pianga, che cresca bene e trascurare invece il suo bisogno innato di essere a contatto con il ritmo della natura. Questo ritmo è per lui indispensabile per essere rassicurato, per trovare un suo senso di orientamento istintivo. Con esso può rivivere un clima familiare come quello che ricorda l’utero materno e trarne beneficio. Se non badiamo a questo aspetto, per esempio, possiamo non far caso al suo bisogno di riposare dopo aver fatto la poppata, oppure dopo aver corso tutta la mattina al parco. Possiamo credere che sia innocuo trascorrere la serata con la televisione accesa oppure, banalmente, trascorrere l’ora che anticipa il sonno a farci il solletico e a correre. Il ritmo interiore e vitale del bambino viene invece agevolato e non alterato, se quello esteriore legato alla sua quotidianità lo ricalca il più possibile. Ecco che possiamo dunque, a seconda delle età, alternare momenti di sonno e di veglia anche di giorno (quando il bambino è neonato non vale la frase “ma non ha sonno” in quanto segue d’istinto questa ritmicità e, se non accade, è per noi un campanello d’allarme ad indicarci che qualche tensione non lo rende sereno). Possiamo quindi alternare momenti di gioco frenetico a momenti di attività più tranquille, dopo cena possiamo abbassare le luci, abbassare la voce e predisporci per il rito della nanna evitando di “agitare” l’ambiente. Motivo n° 2 I genitori non conoscono come “funziona” il sonno del bambino, si preoccupano e si innervosiscono per i risvegli notturni Senza conoscere il ritmo fisiologico del sonno è normale aspettarsi determinate cose quando invece tuo figlio ne manifesta altre. È possibile che lui, non dormendo di notte, stia manifestando comunque delle parti di se stesso. Noi invece crediamo che la normalità per lui sia dormire tutta la notte. Vorremmo dormire tutta la notte anche noi come prima che lui arrivasse. Pensando che non sia normale, iniziamo a temere per lui, ad agitarci perché non capiamo che cos’ha che non va. Da qui l’incomprensione: iniziamo a cercare di mettere in atto soluzioni per un problema che non c’è. Iniziamo a preoccuparci per i risvegli notturni che sono un problema che non esiste. Diamo la responsabilità al bambino che non dorme 8 ore di fila… Così, invece di accoglierlo in un ambiente armonico possiamo correre il rischio di farlo sentire incompreso, aumentando le sue paure e la sensazione di non poter essere sostenuto e accolto nei suoi bisogni primari. Questo aspetto non va mai sottovalutato perché il bambino non è un adulto e non vive come tale. Noi adulti “sopportiamo” e “ce ne facciamo una ragione” o risolviamo le sfide quando ce le troviamo davanti. Il bambino invece, in quanto tale, non ha ancora la capacità di farlo e sa che la sua sopravvivenza dipende totalmente dalle attenzioni efficaci e dallo stato d’animo dei genitori. Come favorire il sonno nei bambini: la ninna nanna inizia fuori dal letto Non ti preoccupare, non dovrai iniziare a canticchiare “ninna nanna, ninna oohh” già all’imbrunire o mentre mastichi l’ultimo boccone di cena che, di solito, se hai un figlio “piccolo”, si sarà molto probabilmente raffreddato. Niente di tutto questo, ma una cosa sì: dopo l’ultimo boccone di cena e magari anche al primo imbrunire, pensare che di lì a poco o tra qualche ora (dipende dall’età di tuo figlio e dalla stagione) tuo figlio andrà a nanna, può rivelarsi davvero un ottimo inizio. E sai perché? Come ti anticipavamo poco sopra, molto dipende dall’influenza che il ritmo della giornata ha su tuo figlio: se di sera il suo ritmo viene inavvertitamente alterato, sarà per lui più difficile riuscire a scaricare l’energia accumulata durante il giorno. Di conseguenza, pur ninnandolo, pur spegnendo la luce, pur canticchiando tutto il nostro repertorio canoro, rimarrà acceso come una bella lampadina e farà fatica ad addormentarsi. Quindi, l’ideale è che tu possa agevolare e favorire il suo sonno iniziando a rallentare il ritmo, diciamo, a partire dal dopo cena. Per esempio: preferendo giochi tranquilli (disegno, costruzioni, bambole, ecc.) evitando di aumentare l’energia con giochi come nascondino e fare il solletico abbassando le luci evitando il caos (fretta, indecisione, discussioni, nervosismo di mamma e papà, ecc.) Inoltre è ideale dare valore al rito che può coinvolgere il momento della nanna. Anche il rito che si ripete sempre uguale di sera in sera, dà al bambino un riferimento che è per lui sinonimo di sicurezza e che contribuisce a dare valore al suo ritmo interiore. Per rito intendiamo per esempio la fiaba, piuttosto che la canzoncina, oppure il bagno, il pigiama, le coccole e poi la luce spenta: il modo che ogni nucleo familiare trova per agevolare il momento del passaggio armonico dalla veglia al sonno.
Spannolinamento notturno: 10 passi per togliere il pannolino di notte
Sappiamo tutti che i tempi dello spannolinamento diurno non corrispondono a quelli dello spannolinamento notturno. E quindi capita che, quando festeggiamo perché finalmente nostro figlio non usa più il pannolino di giorno e sta diventando sempre più autonomo, iniziamo a preoccuparci per la notte: E per la notte adesso come faccio? Continuerà a fare la pipì senza rendersene conto? Quante volte dovrò svegliarlo perché non si bagni o non inzuppi le lenzuola? Finirà presto tutto questo? E un sacco di altri dubbi e paure… Per soffiarle via, vediamo insieme qualche suggerimento e qualche punto fermo che possa aiutarti a vivere anche questo secondo passaggio nella maniera più armonica possibile. Qualche punto fermo per uno spannolinamento notturno senza stress 1️⃣ È naturale che arrivi prima l’autonomia diurna rispetto a quella notturna. 2️⃣ Anche qui, non si tratta di qualcosa che potrai “insegnare” o “raccomandare” a tuo figlio. Infatti si tratta di una maturazione fisiologica che avverrà nel tempo e quindi la pazienza e l’attesa necessaria che tutto avvenga da sé sono i migliori strumenti di cui potrai equipaggiarti 3️⃣ Dovrà entrare in campo la regina “Pazienza” 4️⃣ Dovranno uscire dal campo le scomode sorellastre “Aspettative” So che questi 2 pilastri non ti sono sufficienti. Per questo affrontiamo adesso i principali aspetti concreti con i relativi suggerimenti che potranno esserti molto utili come linee guida da seguire nel momento in cui dovrai cimentarti nella pratica dello spannolinamento notturno. Come già avrai capito non si tratta di poter impostare un orologio biologico o di poter scegliere una data precisa. Non succederà che da una notte precisa in poi toglieremo per sempre il pannolino. Non succederà nemmeno che nostro figlio sarà magicamente autonomo, non bagnerà le lenzuola, andrà in bagno da solo senza interrompere il tuo sonno e poi tornerà a letto riaddormentandosi con facilità senza richiedere il tuo intervento. Non solo questa è fantasia, ma è naturale che avvenga piuttosto il contrario. Semplicemente perché non è questa la natura del bambino che, a differenza di quanto noi vorremmo, fa le cose per gradi e lentamente e a piccoli passi fa maturare il bambino e la fisiologia del suo corpo. 10 passi per togliere il pannolino di notte: E quindi: 1️⃣ Dopo aver tolto il pannolino di giorno, continua ad usarlo la notte. 2️⃣ Controlla il pannolino la mattina e riconosci come un buon momento di passaggio quello in cui trovi il pannolino quasi sempre asciutto o poco bagnato. 3️⃣ Evita di creare stress attorno a questo momento. Evita quindi di spiegare a tuo figlio perché dovrebbe smettere di fare la pipì di notte, o accorgersi dello stimolo e chiamarti, evita di dirgli che adesso è grande, ecc. 4️⃣ Soddisfa la sete di tuo figlio anche di sera ricordandoti di non esagerare (la sera) con cibi troppo salati o asciutti (che fanno venire molta sete). Non eccedere inoltre con bevande gassate o dolcificate, preferisci l’acqua e nella giusta quantità. 5️⃣ Per sicurezza, puoi portarlo a fare la pipì prima di dormire anche più di una volta (sempre senza assillarlo e senza stress). 6️⃣ Evita di svegliare tuo figlio di notte puntando l’orologio. In questo modo non stai favorendo la sua naturale maturazione e armonizzazione che, anche se più lenta e scostante rispetto a quello che tu immagini o vorresti, è pur sempre la più perfetta. 7️⃣ Quando arrivi al punto n.2 puoi passare alla mutandina (mutandina “vera” e non pannolino a mutandina). Se temi che il letto possa comunque bagnarsi ogni tanto (cosa del tutto normale che potrà succedere) puoi aiutarti con il punto 8 8️⃣ Dato che: non è detto che tu sia così disponibile e contenta di svegliarti di notte per cambiarlo dobbiamo evitare di far passare il messaggio di essere scontenti o disturbati dal fatto che nostro figlio ha fatto la pipì nel letto non possiamo neppure farlo sentire inadeguato ti suggerisco di rendere il momento dello spannolinamento notturno più semplice per te in questo modo: 👉 tieni sempre a portata di mano indumenti puliti per il cambio e se non vuoi andare in bagno anche salviette e asciugamani 👉 prepara il letto con doppie lenzuola in modo da ridurre i tempi di cambio. A partire dal basso disponi: materasso – coprimaterasso – lenzuolo – coprimaterasso – traversa plastificata – lenzuolo. Ti basterà togliere i primi tre strati per ritrovare già tutto asciutto e posizionato. 👉 Tieni anche a portata di mano un lenzuolo e una federa del cuscino puliti e una coperta pulita e asciutta. Sai bene che la pipì che scappa di notte raggiunge a volte punti impensabili che vanno anche oltre le leggi della fisica! 9️⃣ A costo di qualche lavatrice in più, non tornare indietro e una volta tolto il pannolino di notte non rimetterlo. Anche se ti sembra che la cosa stia andando un po’ per le lunghe. 🔟 Te lo ricordo: è indispensabile evitare di mettergli fretta, di colpevolizzarlo, di mostrarti scocciata o dispiaciuta… È una fase della vita che fa parte dell’esistenza di tuo figlio e non va condannata, anche se per te è preferibile non essere svegliata di notte. Ogni cosa ha il suo tempo e chi sceglie di essere genitore lo deve in qualche modo mettere in conto. Perchè lo spannolinamento è difficile? Capisco che il momento di eliminare il pannolino generi non solo preoccupazioni ma ansia, nervosismi e impazienza. Mi auguro che questo articolo ti rassicuri e ti fornisca nuovi spunti per alimentare il tuo istinto innato e la tua capacità di osservazione: sarà loro ad aiutarti a mettere in campo risorse davvero efficaci in queste fasi di passaggio di tuo figlio. Per approfondire il tema dello spannolinamento puoi leggere: Perchè lo spannolinamento è difficile? 5 step per iniziare senza problemi.
Conflitti adolescenziali: da dove iniziare?
Cosa succede ai conflitti quando i nostri figli e le nostre figlie crescono e diventano preadolescenti e adolescenti? Perché l’adolescenza è considerata un periodo difficile? Che fine fanno i capricci? Spariscono?… Magari!… Se chiediamo ai loro genitori di solito ci dicono che non spariscono affatto… anzi… peggiorano! Quando peggiorano, rischiano di trasformarsi in “mostri” ancora più terribili… le chiamiamo “lotte di potere” e ci danno grande affanno e preoccupazione. Se le cose non sono andate come speravamo, una volta cresciuti i nostri figli diventano ancora più strafottenti, sfrontati, si isolano, mentono, non si fidano di noi. Sembrano sprezzanti verso gli altri e il mondo intero, tormentati e spesso anche “maleducati”. Non siamo più davanti a un bambino che piange, o che vuole essere preso in braccio perché non vuole andare all’asilo, o perché non vuole mangiare. Non vediamo più un bambino che urla e strilla perché vuole un altro gelato. O ad una bambina che ci dice quanto siamo cattive perché non vogliamo prenderle la bambola che c’è in vetrina, ecc. Ci troviamo davanti un/una undicenne, dodicenne, tredicenne, quattordicenne, quindicenne o sedicenne e oltre che ci dice: “No, io questa roba oggi non la faccio” “Fattelo tu!” “Finiscila di rompere!” “Ma chi sei tu per dirmi cosa devo fare!” “Ti odio!” “Non avete mai fatto niente per me!” “Non capisci niente!” “Ma che vuoi?!… Vattene!” “Non ho bisogno di te” “Mi fate tutti schifo…” “E perché mai avrei dovuto dirtelo?!” “Faccio quello che mi pare… hai capito?!” Tutto questo ci fa molta più paura perché stanno crescendo, lo scenario che ci si prospetta davanti non è dei più rosei e pensiamo ad esempio: cosa succederà se va avanti così non è possibile ricucire le ho provate tutte senza successo potrebbe fare così anche fuori casa e chissà gli altri cosa penseranno potrebbe entrare in cattive compagnie potrebbe fare cose sconsiderate per punirci, ecc. C’è la nostra rabbia: per quanto si cerchi di portare pazienza, vederli così e assistere a certe loro risposte ci fa venire un diavolo per capello. Non è ammissibile ricevere questo trattamento dopo tutto quello che facciamo e abbiamo fatto per loro… sono davvero degli ingrati! Ma ci sono anche i nostri sensi di colpa: dove posso aver sbagliato? forse avrei dovuto stare di più con lui? forse saranno stati i troppi rimproveri? forse non gli ho dato la qualità di cui aveva bisogno? forse non ho mai capito quanto soffriva per la presenza del fratello? avrei dovuto fare di più, me ne sarei potuta accorgere prima, ecc. E poi c’è lo spazio del dolore: è doloroso vedere anni spesi ad amarli e sperare di avere con loro un rapporto meraviglioso e vederli crescere felici, sereni, soddisfatti e invece dover assistere a così tanta rabbia e incomprensione. So benissimo che se hai un figlio di questa età le preoccupazioni sono davvero tante e i dubbi ancora di più. Sono qui apposta per aiutarti a scioglierli e per farti vedere un po’ di luce al fondo del tunnel. Perché c’è una cosa importantissima che devi sapere: per quanto siano arrabbiati, per quanto facciano la voce grossa, per quanto sembrino strafottenti, per quanto cerchino di mostrarsi “già adulti” e autonomi, hanno in verità un grande bisogno di essere aiutati, sostenuti, capiti. Puoi osservarlo anche da te. Quante volte capita che con noi abbiano un cattivo rapporto, non vogliano mai un confronto o un suggerimento, siano scontrosi, con il muso sempre lungo e poi invece con altri adulti che conoscono al di fuori di casa (un insegnante, una zia, un nonno, l’allenatore sportivo, la mamma di un compagno, ecc…) si mostrino invece decisamente più docili, educati, con loro cercano un confronto, accettano i loro consigli, ridono e scherzano, apprezzano il tempo trascorso insieme, si fidano e si affidano? Ecco, la bella notizia che voglio darti prima che tu prosegua con la lettura e che anche se ci sono conflitti con i tuoi figli che stanno crescendo, anche se non sono più piccolini, puoi tornare a essere tu il loro “Aiutante Magico”. Puoi un po’ alla volta ricucire gli strappi e tornare ad avere con loro una relazione serena, di stima e di fiducia. Tutto quello che ti racconterò in questo articolo ha proprio questo scopo: Aiutarti a capire davvero cosa c’è dietro i comportamenti dei nostri figli quando non sono più bambini Cosa sono in verità le lotte di potere in preadolescenza e adolescenza Come interagire con loro in questi momenti Come recuperare la relazione anche se ci sono conflitti adolescenziali, incomprensioni e litigi ogni giorno Inizio a darti qualche strumento pratico per affrontare queste lotte di potere e litigate in adolescenza e poi ti dirò anche perché tutto quello che sto per dirti potrebbe non funzionare. Conflitti adolescenziali: lo “svitol” che scioglie le crisi Se è già da un po’ di tempo che assisti alla sua irrequietezza, ai suoi umori che cambiano, alle sue risposte sfrontate, alla sua rabbia, alla sua aggressività, ai suoi silenzi e pensi di averle provate già praticamente tutte ma senza risultato, credo ci siano alcune cose che devi sapere. Dopo un po’ di tempo è naturale che insieme alla nostra preoccupazione e alla nostra rabbia, si aggiunga anche una buona dose di frustrazione e delusione perché niente sembra funzionare. Crediamo di dover trovare quella soluzione in più che non abbiamo ancora testato e invece posso garantirti che la prima cosa da fare in questi casi è… fare meno. Ci sono degli ingredienti che vanno tolti il prima possibile e questi ingredienti sono: 1️⃣ La rabbia: arrabbiarci e iniziare anche noi ad urlare e inveire, non fa altro che mostrare loro la nostra debolezza e la nostra fragilità. Inoltre conferma loro che non sappiamo che altro fare se non urlare. 2️⃣ I giudizi: etichettarli come “maleducati, impossibili, ingrati, preoccupanti” non fa altro che cristallizzare tutto e bloccare qualsiasi possibilità di progresso. Senza queste etichette possiamo invece iniziare a dare un bel colpo di spugna e guardare ogni giorno noi e loro con occhi nuovi, cercando di filtrare e far emergere le possibilità, il bello e il buono che c’è in loro, le risorse utili da parte nostra e loro per poter iniziare a cambiare e ricostruire. 3️⃣ Le aspettative: inutile continuare a pensare a come le cose dovrebbero essere, rimpiangere perché così non sono, frustrarci perché il figlio o la figlia che abbiamo davanti non è uguale al bambino ideale che abbiamo in testa. Molto meglio basarci sulla realtà, su quello che abbiamo davanti realmente. Non parla? Bene, vediamo come posso rispettare il suo silenzio e nello stesso tempo fare qualcosa per riavvicinarmi. Urla ed è aggressivo con noi? Bene, posso provare a prendere in considerazione il suo dolore e il suo disagio e provare a intervenire diversamente anche se serve fermezza? Sì, insomma, come prima cosa serve un po’ di “svitol”. E cos’è che fa da “svitol” in questi casi? Io di solito lo chiamo effetto acqua. Sì perché mai come in questi momenti e davanti a queste difficoltà serve essere come l’acqua. L’acqua sa dove passare, scorre decisa eppure sempre dolce, non graffia eppure sa plasmare anche la roccia più dura, con pazienza, determinazione e costanza. Anche noi avremo bisogno di sfoderare queste doti e vedrai come in poco tempo i primi cambiamenti inizieranno a mostrarsi. I 3 ingredienti sciogli nodi nei conflitti adolescenziali Oltre a queste premesse che ti servono per preparare un buon terreno, per evitare che la tensione nell’aria si tagli con il coltello, che il muro tra voi sia troppo alto e spesso, ci sono poi di sicuro delle cose che potranno aiutarti nella pratica proprio quando queste lotte di potere ancora si accendono. Anche se può sembrarti strano, queste soluzioni sono molto simili paradossalmente a quelle che utilizziamo anche quando i nostri figli e le nostre figlie sono più piccoli/e… e funzionano! 😊 Primo: comprendi il suo punto di vista Per quanto possa sembrarti distante da come vivi e pensi tu alla tua età e dalla tua posizione, per quanto sia difficile a volte essere neutrali, occorre invece sfoderare le nostre doti di empatia e provare a infilarci nei loro panni: 👉 Se fossi tu quel bambino (perché poi alla fine sono ancora davvero un po’ bambini rispetto alla piena maturità dell’adulto…) che sta urlando con rabbia, cosa penseresti di te? Ti diresti che sei cattivo o ti chiederesti perché nessuno ti capisce e ti aiuta? Ti diresti che dovresti smetterla? o ti diresti che sei costretto ad urlare quello che hai dentro perché non senti ascolto e comprensione intorno a te? 👉 Se fossi quel bambino, giudicheresti la tua rabbia? o diresti che è del tutto lecita considerando i motivi che ti spingono ad avercela con i tuoi? 👉 Se fossi tu quel bambino, se conoscendo più o meno i motivi che lo spingono a comportarsi in questo modo, che adulto vorresti al tuo fianco? Cosa potrebbe o dovrebbe fare per te questo adulto? Di solito le risposte sono diverse, nuove, lontano da quello che finora abbiamo messo in pratica. Ti invito a prendere in considerazione queste risposte sincere perché sono utilissime e servono ad indicarti la via, la nuova direzione. Se ti metti dalla sua parte infatti ti sarà molto più facile sapere cosa fare e in particolare saprai meglio come accoglierlo (il nostro secondo ingrediente) Secondo: accogli i suoi sentimenti La cosa migliore che puoi fare in questi momenti è: Intervieni con calma Aspetta un attimo prima di arrabbiarti Aspetta un attimo prima di dire la tua, prima di partire con una lunga filippica o un rimprovero E piuttosto: accoglilo. Cosa vuol dire accoglierlo? Vuol dire avvicinarci in qualità di “Aiutante Magico” e mostrarci comprensivi rispetto a quello che sta provando in quel momento e alle sue motivazioni. È vero, non dovrebbe reagire così. È vero, è sbagliato urlare, dire parolacce ed essere aggressivi… glielo spiegheremo con il tempo e gli daremo alternative ma nel frattempo possiamo dire per esempio: “Mannaggia. Hai tutta questa rabbia e tutto questo nervoso. Eh, ci credo. Guarda, fermiamo tutto. Dimmi cosa sta succedendo” “è vero… la tua reazione non è delle migliori ma capisco bene tutta questa rabbia… è bruttissimo desiderare tanto questa cosa e sentire questo muro da parte nostra… fermati un attimo, ti spiego e vediamo che alternative ci sono…” “mi spiace molto che tu sia così arrabbiato, ti capisco benissimo, con tua sorella sempre tra i piedi non riesci mai ad avere un attimo di libertà e hai sempre la sensazione che teniamo le sue parti e non le tue, che non la rimproveriamo abbastanza…” Forse stai pensando che dovrebbero già essere in grado a questa età di saper gestire quello che provano dentro e non esplodere o sapere come ci si comporta con gli altri. Eppure non sempre è così e se ci pensi spesso e volentieri non è così nemmeno per noi adulti. Se non lo sanno fare e si arrabbiano con noi è perché questi strumenti ancora non li hanno integrati, non hanno mai imparato a farlo. Quindi bisogna ricominciare da capo, partire da zero e fargli vedere come si fa mettendoci dalla loro parte. Dunque cerchiamo di evitare la classica lotta di potere, dove il genitore pretende di essere in una posizione giusta e di poter dire al figlio: “io sono qui e ho ragione e tu fai quello che dico io. Tu sei lì e non hai ragione, non sei grado di ascoltarmi e fai solo delle storie”. Possiamo invece metterci nei panni di nostro figlio, chiederci perché sia così arrabbiato o frustrato, o come mai ci stia rispondendo con un “No” così eclatante. Forse ci tiene davvero tanto a fare quella cosa e possiamo chiedergli di parlarne prendendo in considerazione il suo stato d’animo. Ad esempio: “Parliamone: Dimmi qual è il problema…ok, non hai voglia di aiutare papà a svuotare la cantina” Possiamo capire come lo fa sentire questa cosa, possiamo prendere in considerazione il suo stato d’animo ed esplicitarlo: “Terribile, stavi giocando e adesso bisogna andare a svuotare la cantina. Una vera pizza! Certo…Smontare la cantina con papà…Assurdo. È bruttissimo, lo so amore”. Ascoltiamo la sua motivazione e accogliamo il suo disappunto: “Hai ragione. Ma chi avrebbe voglia?! Soltanto che va fatto. Dobbiamo farlo per forza. Adesso insieme troviamo una soluzione”. A questa età la soluzione potete anche trovarla insieme: “Dammi delle alternative. Quando potresti riprendere la partita? Potremmo chiedere a papà se magari si può posticipare un quarto d’ora. Così intanto puoi finire questo livello del videogioco? Troviamo una soluzione insieme.” Terzo: le redini di ferro Se da un lato ancora di più in questi anni diventa fondamentale essere accoglienti e fare l’effetto acqua, dall’altro lato diventa altrettanto vitale sfoderare tutta la fermezza necessaria. Sempre a proposito di acqua, è un po’ come quando usiamo la metafora degli argini. Per quanto questi giovani ragazzi e ragazze ci sembrino dei fiumi in piena bisognosi di tanta libertà e autonomia, se lasciati totalmente a briglia sciolta rischiano di perdersi ancora di più e di sentirsi ancora più smarriti. Proprio come l’acqua senza argini si disperde o fa disastri. Quindi, hanno bisogno di un adulto (meglio ancora se siamo noi genitori) che possa guidarli. Che sappia dire per loro i no che non sanno dire o dirsi, essere fermi su quella disciplina che ancora non hanno integrato. La fermezza a noi adulti spesso fa paura, abbiamo paura di non saperla reggere. Temiamo che aumenti l’intensità dei conflitti, che ci mostri come cattivi, ma dimentichiamo che la vera fermezza non è rigidità, non è rabbia, non è intolleranza. Possiamo essere fermi e dire di no anche senza arrabbiarci, anche con il sorriso. E l’accoglienza ci aiuta molto a equilibrare la dose di fermezza necessaria e farla accettare agli occhi dei nostri figli. Crisi adolescenziali: 2 elementi che quasi tutti ignorano Come ti dicevo all’inizio, potrebbe succedere però che tutto questo non ti dia i risultati sperati. Anche se metterai in pratica filo e per segno questi 3 ingredienti, se non dovessero funzionare ti suggerisco vivamente di prendere in considerazione questi due motivi principali che ti ho già citato ma che vale la gioia di ripetere… talmente sono importanti! Se tuo figlio (o tua figlia) adolescente / preadolescente ti aggredisce verbalmente, ti manca di rispetto o non rispetta le regole in casa è utile di prendere in considerazione 2 motivi principali che posso scatenare i temuti conflitti adolescenziali. 1. I giudizi e le aspettative È necessario che tuo figlio non si senta giudicato o attaccato. Se tu non sei neutrale e pur cercando di essere accogliente, calma e sorridente, dentro di te (anche se cerchi di nasconderlo) sta partendo il giudizio, o lo stai considerando inadeguato, o maleducato e inizi ad avere pensieri come: “Possibile? Sempre con sta Play. Deve imparare a darsi da fare. Deve imparare che ci sono delle regole da rispettare. Cosa gli costa mollare un attimo sto joystick e andare un attimo col papà?!”, allora non funzionerà. Con le parole potrai essere comprensiva, neutrale e tutto quello che vuoi, ma se dentro non lo sarai veramente, lui/lei lo sentirà. Entrerà in opposizione perché dentro di lui/lei penserà: “Possibile? Possibile che nessuno capisca mai come sto io? Che non capiscano quanto è importante per me e finire questa partita? Possibile che non capiscono che è normale non avere voglia?” Quindi ti aiuterai tantissimo se nel tempo, un passo alla volta, farai il possibile per evitare giudizi, etichette e aspettative di troppo. 2. La relazione di fiducia Il secondo elemento a causa del quale potrebbero non funzionare i suggerimenti è la relazione di fiducia. Spesso viviamo le crisi adolescenziali e i conflitti con i figli adolescenti come se ci svegliassimo un mattino e… all’improvviso il cielo è nero e si stagliano in cielo un sacco di lampi e tuoni rimbombano paurosamente. Il tutto senza segnali premonitori… nessuno se lo poteva aspettare. Anche con le lotte di potere che viviamo con i nostri figli, diciamo che arrivano come fulmini a ciel sereno, mai più ce lo saremmo aspettati e diamo la colpa all’età, agli ormoni, al momento, agli amici, alle influenze della società o direttamente a loro che sono cambiati e non sono più gli angioletti di prima o semplicemente stanno sfoderando la loro vera natura. E ci dimentichiamo di tirare in ballo due “cose”: noi e la relazione che abbiamo con loro. In questa occasione voglio in particolare concentrarmi sulla relazione. Su quel legame che abbiamo costruito negli anni fin da quando loro erano neonati, fin da quando li portavamo in grembo. Te lo dico perché le vere cause della loro crisi attuale non sono da cercare tra le fila di oggi o di ieri o dell’altro mese. Sono da ritrovare andando a spulciare ben prima, negli anni precedenti quando le cose hanno iniziato a vacillare senza che noi ce ne accorgessimo. Senza che potessimo pensare che quello che stavamo facendo potesse poi portare anni dopo a queste conseguenze. Se non si è creato un clima di fiducia, la loro diffidenza, la loro indifferenza nei nostri confronti esplode in questi anni: non si confidano, non hanno voglia di rispondere in modo costruttivo “guarda mamma, io non ho voglia di andare ad aiutare papà adesso: come possiamo fare?” Non hanno nemmeno voglia di essere collaborativi con noi o di farci dei favori, perché, dal loro punto di vista, è da un po’ di anni che si sentono ormai non capiti. Si sentono etichettati come sbagliati, o maleducati, come quelli che rispondono male. O magari quelli che trattano male la sorella, non aiutano, non studiano abbastanza e non portano voti sufficientemente alti a casa. Quindi, sintetizzando, l’invito che ti faccio qualora non dovesse funzionare, è proprio di accendere questi due “campanellini di allarme”, osservarti e valutare quanto sono infiammati e pulsanti. Se dovessi accorgerti che in effetti in passato ci sono state delle falle, delle ferite non rimarginate, non disperare e non sentirti in colpa. Giustamente nessuno ti ha mai detto prima cosa potevi fare per evitarlo. E hai fatto tutto il possibile per gli strumenti che avevi in mano e per quello che potevi dare in quel momento. Sii fiduciosa perché puoi dare un bel colpo di spugna al passato e ripartire da zero. O meglio… da più tre o anche quattro o cinque, perché adesso hai nuovi spunti e strumenti pratici che possono aiutarti a riprendere in mano le fila del vostro rapporto e come prima cosa ripristinare una relazione di fiducia. Come si fa a ricostruire una relazione di fiducia con un figlio adolescente che sembra ormai logora? Sono tante le cose che possiamo fare e in questa occasione. Inizio a dirtene alcune e molte di quelle che abbiamo già detto sono proprio utili per questo fine: 1️⃣ Evita di arrabbiarti 2️⃣ Cerca un po’ alla volta di ridurre i giudizi, le etichette, le aspettative nei suoi confronti 3️⃣ Ritorna a prendere in considerazione i suoi punti di forza, la fiducia nelle sue capacità di capire anche il tuo punto di vista e di ridimensionare un po’ alla volta il suo atteggiamento per imparare a dire le cose in modo diverso 4️⃣ Quando intervieni, prima di attaccare a tua volta, prima di avere fretta di esporre il tuo punto di vista e le tue preoccupazioni, prova a metterti nei suoi panni e accogli il suo punto di vista 5️⃣ Ricorda che hanno bisogno di sentire al loro fianco adulti maturi che sappiano essere fermi e coerenti, a fare la parte più scomoda che è la più difficile ma anche la più necessaria 6️⃣ Favorisci il dialogo tra di voi, che all’inizio sarà magari più superficiale, saprà mettere da parte gli argomenti scomodi che fino a ieri sono stati fonte di conflitto. Chiacchierate delle sue passioni, dei suoi sogni e ci sarà poi tempo in questo clima più disteso affrontare le difficoltà e le incomprensioni 7️⃣ Ricordati anche soprattutto di ascoltare. Ascoltare in maniera autentica e sentita, senza fretta. Proprio come vorresti essere ascoltata tu quando vuoi dire il tuo punto di vista, quando hai qualcosa da raccontare, qualcosa da tirare fuori o per cui sfogarti 😊 Puoi approfondire questi argomenti e trovare spunti pratici leggendo l’articolo: Come trasmettere le regole a ragazzi e adolescenti?
Le 9 frasi che fanno sentire tuo figlio uno “sfigato” (e limitano l’autostima dei bambini)
Fiumi di parole sono state scritti su cosa fare o non fare con i bambini per crescerli con una elevata autostima e fiducia in se stessi. C’è chi dice che: bisogna lodarli per aumentare l’autostima altri che bisogna motivare i bambini che si sentono inadeguati altri ancora che bisogna rimproverarli quando sbagliano poi è arrivato il rinforzo positivo stile “ammaestramento animali”… Insomma i filoni che promettono risolvere una bassa autostima dei bambini oppure che forniscono indicazioni su come aumentarla sono tanti. Ma alla fine, nella pratica di tutti i santi giorni in casa, trascorsi fra sveglia di corsa per andare in tempo a scuola, pranzo, compiti (e minacce per finirli), scarrozzamenti vari fra sport o corsi di musica, merenda fatta sul divano sbriciolando ovunque, litigi e botte con la sorella, cena con capricci perché manca l’aranciata a tavola… cosa veramente influenza e condiziona la sicurezza di sé e l’autostima di tuo figlio? Si può davvero aumentare l’autostima nei figli? L’errore più comune sull’Autostima dei bambini e dei ragazzi Sfatiamo subito un grande mito: autostima non equivale a “quanto siamo belli e bravi”, “reggiamo il confronto con gli altri”, “ci potenziamo per raggiungere il risultato”, “ci facciamo il ritocchino o ci gonfiamo i muscoli perché così siamo come…”. Se consideriamo i bambini, i ragazzi e noi genitori Autostima significa sempre: auto-stimarsi ovvero conoscere il peso di sé, di quanto e soprattutto di come si vale, nel senso di quali sono e che peso hanno per la nostra vita le nostre virtù e le nostre debolezze. Autostimarsi infatti vuol dire: 👉 essere consapevoli delle cose su cui possiamo contare (particolari abilità, virtù, talenti, passioni) per realizzare i nostri progetti 👉 conoscere quali sono invece le caratteristiche che naturalmente non fanno parte di noi (debolezze, attività che non ci ispirano e non ci appassionano), non sono nostre passioni o talenti innati, e che non potremo utilizzare spontaneamente per la nostra realizzazione, ma che comunque possiamo decidere di imparare e sviluppare con lo studio e la pratica. Il problema è che siamo talmente abituati a basare la valutazione di noi stessi sulla base di canoni esterni, su cosa gli altri fanno e su come gli altri sono, che ci siamo convinti di non valere, di non essere capaci, di non piacere, di essere sempre inadeguati. Aumentiamo la bassa autostima? Ecco la verità su come “funzionano” i bambini La buona notizia è che ogni BAMBINO nasce con una DOSE ELEVATISSIMA DI AUTOSTIMA. Lui sa chi è, sa su quali doti può contare, sa cosa vuole e ha una ESTREMA FIDUCIA in sé e nella vita. Anche tu lo sapevi. Peccato che una relazione poco ottimale che non sa come seguire e ASSECONDAREil Libretto delle Istruzioni del bambino, mette in campo azioni, parole, emozioni che alterano questo stato idilliaco e propenso alla MASSIMA EFFICACIA insito nel bambino (evento che tutti, o quasi, abbiamo vissuto nella nostra infanzia). Autostima: come sono messi oggi i nostri figli? Non ci vuole Mago Indovino… Non sono messi mica tanto bene! Molti di loro: subiscono lo stress dei voti a scuola subiscono lo stress da prestazione eccessiva nella pratica sportiva sentono il bisogno di omologarsi alle mode del momento o ai leader sportivi o dello spettacolo sulla cresta dell’onda per sentirsi anche loro importanti mancano di rispetto ai loro genitori fanno di tutto per denigrare mamma e papà così da sentirsi di valere rispetto al modello di origine si sentono degli “sfigati” non si piacciono fisicamente non amano e bistrattano il proprio corpo si vergognano di quello che sentono e di quello che pensano soprattutto se questo differisce dalla banalità della media… Riflessioni su figli con bassa autostima Se non vogliamo ricadere nella banalità e nella superficialità di dire: “è colpa dell’allenatore”, “è colpa dell’insegnante”, “è colpa della TV”, dobbiamo porci le seguenti domande: possono le mie parole, le mie azioni influenzare l’autostima di mio figlio? È vero che io concorro a creare l’autostima di mio figlio? È vero che è bene che io faccia qualcosa perché i miei figli si stimino? Davvero è timido e si vergogna? E’ un pasticcione? Tuo figlio potrà anche avere il suo temperamento naturale ma… la tua influenza diretta e dell’ambiente esterno tende a forgiare anche la sua autostima. Facciamo qualche esempio con relativo antidoto (tutte frasi non inventate e sentite migliaia di volte dai nostri genitori, da amici, conoscenti, passanti, ecc.). Perchè i bambini perdono la loro innata autostima? Le 9 frasi che “congelano” la sicurezza di tuo figlio Per rispondere alla prima domanda e darti una soluzione pratica per non limitare l’autostima e la sicurezza di tuo figlio ecco qui una possibile soluzione: semplicemente non pronunciare frasi che fanno sentire tuo figlio svalutato, sminuito. Quindi prima bisogna conoscere le frasi “al veleno” che minano l’autostima e, una volta conosciute, bisognerebbe sostituirle con frasi “antidoto” più efficaci. Se adesso ti stai chiedendo perché abbiamo scelto di approfondire l’effetto che hanno le frasi pronunciate verso l’autostima di tuo figlio devi sapere che… Le PAROLE hanno un GRANDE POTERE. Da un lato RIFLETTONO I SENTIMENTI, lo stato d’animo, le abitudini e il modo di pensare di chi le pronuncia… dall’altro hanno l’enorme potere di PROGRAMMARE I NEURONI di chi le riceve fissandosi giorno dopo giorno fino a essere assorbiti e a essere UTILIZZATE IN MODO AUTOMATICO. Qui sotto troverai: 👉 9 esempi di “frasi al veleno”, che noi adulti diciamo comunemente e che sminuiscono l’autostima dei bambini facendoli sentire… “sfigati”. 👉 La descrizione dell’effetto che la frase potrebbe avere sull’ autostima del bambino. 👉 L’antidoto per non far crollare l’autostima dei bambini e dei ragazzi, cioè cosa potremmo dire o fare in sostituzione per non ferire o condizionare il bambino. NOTA: mentre leggi le frasi è utile chiedersi in merito all’autostima di tuo figlio: io come mi sentirei al posto del bambino? Io come mi sentivo quando me lo dicevano con tono rabbioso e duro? Ora come mi sentirei? 1° Frase al veleno: “Ma sei scemo?!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ops!… ero convinto di no… ma se lo dici tu mi fai venire i dubbi Che umiliazione…Che tristezza…Ti sto deludendo… Allora non sono normale, sono proprio scemo 👉 Antidoto: Nessuno è scemo. Cosa vuol dire per te essere “scemo”? Prima di agire, prova a osservare in te cosa ti ha infastidito dell’atteggiamento di tuo figlio tanto da non poterti trattenere e dovergli dire che è scemo (cosa che, siamo certi, non pensi veramente). “Lo so che non lo hai fatto/detto volontariamente”. “Che cosa non ti è chiaro? Che cosa non hai capito?”. “Vuoi che te lo ripeta?” (cerchiamo di mettere in discussione la nostra comunicazione al posto della sua capacità di capire o non capire). Aiutalo a risolvere invece di giudicarlo. 2° Frase al veleno: “Scommettiamo che non ci riesci?“ 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Se inizi così proprio tu che dovresti darmi fiducia… Non credi in me e quindi non valgo nulla, non sono capace… Se lo dici tu, ti credo, non ci riuscirò 👉 Antidoto: Perché non dovrebbe riuscirci? “Prova” “Riprova ancora… con calma… dai che ce la fai” “Uhm… secondo te cosa è andato storto? Come potresti fare per riuscirci?” 3° Frase al veleno: “Che disastro!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ma stavo giocando! Non è un disastro! Pensavo fosse creatività! Che vergogna!… che umiliazione! E io che pensavo… e io che ero così felice di provarci! Ti ho deluso?!… Non bisogna osare e tentare di fare cose nuove, sbagliare non va bene e fare “disastri” neanche. 👉 Antidoto: Davvero hai messo al mondo un disastro? Disastro è una bomba nucleare, i bambini in Bolivia che lavorano in miniera, ma di certo non una scatola di pennarelli caduta a terra, un bicchiere rotto, dell’acqua rovesciata, un disegno, vestiti e capelli sporchi di fango, ecc. “Come possiamo pulire?”, “come possiamo rimediare?”. “Ti sei divertito? Adesso vieni e ti dò i vestiti puliti”. “Quanti sono questi pennarelli! Raccoglili/raccogliamoli tutti”. “Ti piace rovesciare l’acqua eh?! Sul tavolo non è il massimo, vieni che ti dò una bacinella e dei bicchieri di plastica”. 4° Frase al veleno: “Lascia, basta…faccio io che facciamo prima” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ops… sono troppo lento…Non sono capace…Gli sto facendo perdere tempo… 👉 Antidoto: “Prova… riprova… non ti preoccupare… io aspetto” (se non hai tempo trovalo o inizia prima a fare le cose – l’organizzazione e l’anticipo dei tempi sono la prima arma ninja che ogni genitore dovrebbe conoscere). Se invece come spesso accade, capita proprio quando il tempo non è ben organizzato, possiamo garantirti che qualche minuto in più speso per accordarti ai tempi di tuo figlio non comporta un reale ritardo o viene presto recuperato successivamente). “Mentre riprovi io finisco di far partire la lavatrice, se hai bisogno mi chiami”. 5° Frase al veleno: “Non sei capace!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Davvero?… Non credevo… Ma se lo dici tu… Non sono capace. 👉 Antidoto: Perché questo pregiudizio? Magari ha solo bisogno del tuo aiuto. “Secondo te come mai non riesci?”. “Lo trovi difficile?”. “Prova… Prova ancora”. 6° Frase al veleno: “No! Fermo! Non si fa così!… Ma chi ti ha insegnato?!… Dammi qua…. Così si fa no?!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Veramente volevo provare… Stavo per farcela… Volevo capire… aspetta!… Volevo riprovare… Va beh… forse bisogna essere più veloci, subito pronti, io proprio non sono capace allora… 👉 Antidoto: Lascia che il più possibile possa sperimentare da solo. Se vuoi correggerlo perché quello che sta facendo è pericoloso valuta la possibilità di farlo con lui riducendo il pericolo o di mostrargli virtualmente le conseguenze senza paura, sgridate o spaventi. 7° Frase al veleno: “Sbrigati! Muoviti!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ecco… sono troppo lento… I miei tempi (e quindi io) non vanno bene a mamma e papà… Non vado bene…Non sono efficace… Li deludo = non sono degno di essere amato. 👉 Antidoto: Fai il possibile per adattarti ai suoi tempi. Soprattutto nei primi anni dove abbiamo il massimo della sperimentazione. Potrai iniziare successivamente una sorta di svezzamento quando ti accorgerai che inizia a prendere in considerazione i bisogni degli altri. Se invece bisogna proprio andare e non c’è tempo: “Tesoro dobbiamo proprio andare… lo so che ti dispiace… finisci di legarle in macchina le scarpe… vieni” (se non ti segue, puoi prenderlo in braccio con dolcezza e portarlo con te). Se ti capita di non avere i tempi allineati con tuo figlio nella quotidianità, ricordati che lui non ha responsabilità e non c’è nessun motivo per sollecitarlo ad affrettare i tempi. Sei tu l’adulto “esperto” di vita che hai bisogno di conoscere i suoi tempi fisiologici e migliorare l’organizzazione famigliare. 8° Frase al veleno: “Non riesco a cavar niente di buono da lui” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Bhè io in me ci credo… in teoria… ma tu la sai più lunga… in teoria… quindi mi devo ricredere… e poi non voglio contraddirti… farò in modo di non deluderti, di confermare quanto dici e di diventare un mediocre. Ok. Da ora in poi mi autosaboterò per confermarti che hai ragione! 👉 Antidoto: Se possibile, evita di dire questa frase. Fai un elenco di tutte le qualità che gli riconosci e concentra la tua attenzione solo su quelle per un po’ di tempo. Domandati da dove arriva la tua frustrazione (forse temi come genitore di non aver saputo far suonare in armonia le sue corde?) Le sue azioni toccano tue ferite aperte? Forse la tua svalutazione? Forse la tua insicurezza? 9° Frase al veleno: “Stavo così bene quando non c’eri…avevo più tempo…Nessuno che mi chiamava ogni secondo…” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Come per la frase precedente, prova a essere al posto di tuo figlio e domandati come potresti sentirti anche tu. 👉 Antidoto: Se stai pensando che è inutile metterti nei suoi panni, che non sarebbe la stessa cosa perché in fondo dici queste parole che ogni tanto ti scappano perché davvero se le merita, davvero occupa con insistenza ed egoismo tutto il tuo tempo e senza motivi seri…. Bhè… ti suggeriamo di domandarti innanzitutto qual è la tua frustrazione che si nasconde dietro (forse eccessiva stanchezza, bisogno di staccare o di evadere, delusione perché immaginavi diverso il ruolo di genitore, delusione perché ti credevi un genitore migliore, più paziente e accogliente, ecc.) e di cercare di risolvere quella. Se invece davvero ti sei reso conto che un figlio era meglio non averlo, adesso c’è e non possiamo piangere sul latte versato o delegare a lui la responsabilità del nostro malessere. Affronta il tuo disagio personale senza coinvolgerlo o accusarlo. Approfondimenti per la tua sicurezza e autostima Quali fattori hanno “demolito” la sicurezza e l’autostima che avevi da piccolo? Per approfondire questo tema puoi leggere: Le 5 cause che ti fanno sentire un genitore insicuro (la prima da piccolo ti umiliava) Ti capita di pensare: “Non mi sento brava!” “Mi sento imbranata!” “Ogni cosa che faccio è sbagliata!”? Guarda questo video: Ti senti sbagliata e incapace? E invece sei perfetta così come sei.