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Bambini che lanciano oggetti e urlano: ecco cosa fare
Cosa fare quando un bambino a casa lancia gli oggetti, urla, picchia e alza le mani? Per quale motivo si comporta in modo aggressivo con te o con un altro bambino? Spesso i bambini iniziano da piccoli ad avere questo tipo di reazioni fisiche ed esplosive e ad essere maneschi. In questo articolo ti spiego il perché e come può comportarsi un genitore in queste situazioni. Perché mio figlio lancia gli oggetti, urla sempre o mi picchia? In genere i bambini iniziano a reagire lanciando le cose, picchiando, urlando o rompendo oggetti quando sono piccoli, ad esempio anche intorno all’anno e mezzo. Il motivo è che non hanno ancora la capacità di comunicarci cosa sentono, quali emozioni stanno provando. Naturalmente sarebbe bello e semplice se loro ci dicessero: “Tranquilla, voglio dirti solo che sono in crisi. Siediti. Siediti sul divano serena e tranquilla. Ti ho preparato anche una tisana. Ti devo dire che sono incavolato nero. Avrei voglia di spaccare tutto in questa casa. Perché non stai mai con me? Ho bisogno di stare più tempo con te. E poi odio mia sorella. Vorrei eliminarla dalla nostra famiglia e non posso farla fuori.” I bambini, ovviamente, non hanno la capacità di esprimere il loro stato d’animo in questo modo perché sono ancora troppo piccoli. Cosa fanno allora? Si esprimono fisicamente: piangendo, urlando, picchiando, facendo quelli che noi chiamiamo “capricci”, ma che non sono capricci. Si esprimono anche lanciando le cose: la prima cosa che trovano la lanciano. Perché? Perché non essendo ancora grandi, non sono in grado di razionalizzare come noi. Noi adulti quando sentiamo che stiamo per esplodere cosa facciamo? Ci fermiamo, ci ascoltiamo, ci parliamo e ci chiediamo per quale motivo stiamo per esplodere. Cerchiamo di accoglierci, farci un attimo le coccole e troviamo una soluzione. Gestiamo il nostro bagaglio emotivo per non esplodere. Spesso non siamo in grado di fare tutto questo nemmeno noi, figuriamoci un bambino piccolo. I bambini cosa sentono? I bambini sentono un tumulto dentro, un qualcosa dentro che li ha fatti arrabbiare o che li ha impauriti. La loro “pentola a pressione” diventa sempre più sotto pressione: questo insieme di sensazioni cresce e sale sempre più finché scoppiano. E allora ecco che rompono, lanciano gli oggetti, urlano o comunque possono diventare aggressivi. Oppure davanti ad un nostro no, magari detto in maniera un po’ brusca, loro non riescono a fermarsi e a dirci con calma: “perché mi stai dicendo di no? Guarda che io vorrei fare quella cosa perché…” Non avendo ancora una capacità di dialogo così fine ce lo fanno capire con il comportamento, con la rabbia, sfogandosi in questo modo. Non stanno facendo i maleducati, hanno solo il bisogno di esprimersi, di dirci quello che sta succedendo e lo fanno nell’unico modo che per ora conoscono. Hanno bisogno, piano piano nel tempo, di trovare e di assorbire un’alternativa dal nostro esempio. Allora in questi casi che cosa possiamo fare in pratica? Come comportarsi con un bambino che lancia le cose, alza le mani o urla Durante questi momenti di aggressività, rabbia ed esplosione, tentare di spiegare che non si fa serve a poco. Come prima cosa possiamo sicuramente intervenire con fermezza. Se hanno un oggetto pericoloso in mano o se stanno rompendo qualcosa non è necessario stare ad aspettare che si facciano male o lo rompano. Interveniamo: che sia per tirarlo indietro e allontanarlo, che sia per prendere l’oggetto dalle sue mani o che sia per tenergli le braccia in maniera sicura e ferma. Possiamo agire fisicamente con fermezza senza essere arrabbiati e dire ad esempio, mentre lo stiamo tenendo: “Amore Mannaggia cosa è successo! Sei arrabbiatissimo e questo non si può lanciare!” Magari lui nel frattempo si sta dimenando e sei riuscita ad abbracciarlo o a tenerlo perché non si faccia male. Molto diverso è intervenire in questo modo mentre dentro siamo arrabbiati, magari stringerlo e dire con tono duro: “Basta! Ho detto basta!!! Non devi fare così! Quante volte ti ho detto che non devi tirare quella roba! Ti fai male! Ma non vedi che ti fai male?!” In entrambi i casi fermiamo il bambino fisicamente prima che lanci un oggetto o un gioco, ma con il secondo modo si spaventerà, non si sentirà capito e avrà paura della nostra reazione. Nel primo caso invece magari si ribellerà, ma noi saremo sicuri, fermi, tranquilli e continueremo a tenerlo. Se lui dovrà ancora sfogarsi ed esplodere allora esploderà oppure vedendoci calmi si calmerà subito anche lui. Se vuoi approfondire l’argomento puoi anche leggere questo articolo: Smettila di Urlare! Come calmare bambini Nervosi e Agitati È esploso, ha picchiato me o la sorella: capire le motivazioni di tuo figlio Quando i bambini sono piccoli è difficile che ci dicano a parole che cos’hanno, cosa provano. Possiamo però allenare la nostra capacità di osservazione, diventare un po’ dei piccoli Sherlock Holmes e affinare il nostro intuito. Possiamo ad esempio osservare e farci un po’ di domande come: “ok, allora quando fa così si è arrabbiato con la sorella” “Forse è stanco? Ha fame? Si sta annoiando?” “Non sono stata con lui. E già due volte che mi gira intorno e tre volte che gli dico che non ho tempo. Oggi sono nervosa e me lo aspetto che tra un po’ esploderà anche lui” Un bambino potrebbe non capire tutte le nostre parole, ma al cuore gli arriverà quello che vogliamo dirgli, il nostro discorso, il nostro dialogo interiore. Un bambino sente se viene capito, compreso. Anche se i bambini sono piccoli, quando in modo sinceramente dispiaciuto gli diciamo “amore… mannaggia, la mamma oggi non è stata con te”, loro sentono che abbiamo capito. È quel linguaggio tra adulto e bambino, tra genitore e figlio, tra mamma e bimbo, che fa sì che loro sentano che li stiamo ascoltando e non li stiamo rimproverando. Magari piangerà dieci o venti minuti oppure si fermerà subito, ma l’importante è che noi possiamo essere fermi nel dire ciò che non si fa ma anche pronti a comunicare: “capisco perché l’hai fatto, te lo dico e troviamo una soluzione”. Inizialmente sarà necessario agire in questo modo cinquanta, cento volte o fino a quando ce ne sarà bisogno. Gradualmente si abituerà a chiamarvi, a non dover per forza esplodere lanciando oggetti o mordendo e picchiando, anche grazie al fatto che, allenandoci, noi riusciremo ad arrivare un po’ in anticipo, cioè intuire qual è la difficoltà e risolvere prima che la situazione degeneri. Ad esempio vi sarà magari già capitato di notare quando vostro figlio è stanco e vi sarete detti: “se non lo porto a dormire tra dieci minuti qua esplode il maremoto! Perché ha già cominciato a lagnarsi un po’, ad andare di là e ha tirato due volte un calcio a sua sorella… ha fatto un dispetto, lo vedo dagli occhi: è stanco. Se adesso non lo porto a dormire esplode e poi fino a mezzanotte non riuscirò a farlo dormire perché sarà una crisi dietro l’altra”. Gelosia: mio figlio ha picchiato la sorella! A volte capita che siano i più piccoli ad arrabbiarsi con i fratelli più grandi, ma la maggior parte delle volte sono i più grandi che ce l’hanno con i piccoli e che li vedono un po’ come degli intrusi. Noi chiamiamo questa reazione “gelosia” ma, in verità, il loro è un sentimento più che giustificato e spesso i primogeniti si sentono un po’ espropriati del loro territorio. E non è perché sono egoisti, ma perché questo territorio per i nostri figli è fatto dell’amore di mamma e papà e delle loro sicurezze. Ecco che allora si ritrovano a pensare: “Finché c’ero solo io, avevo tutto l’amore e tutte le attenzioni per me. Adesso che è arrivato un altro, o un’altra (o un altro ancora) questo terreno si ridurrà? Dovrò dividerlo per due, o per tre? Ma poi perché ne hanno voluto un altro? Io forse non andavo bene? Forse non sono bastato. Allora lei è meglio di me, certo che io sono arrabbiato con lei. Tutte le volte che la guardo penso che lei sia migliore di me.” È un fattore naturale, i bambini vivono queste sensazioni. Non possiamo spiegare o chieder loro di non farlo. Ciò che possiamo fare è dimostrare attraverso la relazione e la qualità del tempo che passiamo con loro che non è così. A volte non basta neanche dire “Io ti voglio bene, vi voglio bene allo stesso modo”. I figli hanno bisogno di vederlo nella pratica. È grazie a questo che i bambini saranno meno aggressivi, che arriveranno a non lanciare oggetti o eviteranno di urlare e arrabbiarsi, se questo è il vero motivo. Ecco qui sotto qualche altro esempio. È arrivato il momento di cambiare il pannolino alla piccola o di tenerla in braccio Ad esempio, ti stai alzando per andare a cambiare il pannolino alla piccola mentre il grande sta giocando. Un conto è dire: “Ma sì, ci metto un attimo, io voglio bene anche a te” un altro conto è dimostrare che ti ricordi di lui, guardarlo negli occhi e prima che mostri dispiacere dirgli per esempio: “Amore, io vado di là a cambiare il pannolino, se non vuoi stare qui da solo, vieni anche tu di là nel frattempo, prendi i due pupazzetti così continuiamo a giocare…” Oppure: “Devo cambiare tua sorella… ma mica voglio perdermi la costruzione di questo bellissimo castello!… Vado un attimo di là a prendere il cambio e torno… la cambio mentre sono qui con te così non mi perdo nemmeno un pezzettino di questa opera d’arte!” Oppure ancora hai in braccio la sorella più piccola, magari ti siedi perché non riesci a tenerli tutti e due in braccio e puoi dire: “Vuoi venire in braccio anche tu? Guarda che c’è lo spazio! Vieni in un braccio anche tu! Certo che posso prendere anche te. Mi devo solo sedere e posso prendere anche te”. Magari se non lo aveste fatto ve lo avrebbero chiesto e si sarebbero arrabbiati. Ma se lo anticipi loro avranno la certezza, potranno pensare “allora ti sei ricordata anche di me! Allora sì che mi vuoi bene! No, continuo a giocare. Non ho bisogno che prendi in braccio anche me” Hanno dunque bisogno di conferme nella pratica. Litigi tra fratelli: il grande ha picchiato la piccola Quando litigano dico sempre di intervenire e di non sgridare nessuno, di non cercare il colpevole. Infatti cercare il colpevole non serve perché spesso “il colpevole”, cioè chi ha iniziato, è il più ferito dei due, perché è quello che a monte si è sentito minacciato. Quando una piange e l’altro l’ha colpita andrò da tutti e due, mi avvicinerò a quella che piange per consolarla, ma allo stesso tempo chiederò all’altro: “mamma mia amore! per tirarle così forte i capelli deve avertela fatta grossa. Mannaggia questa sorellina che stava proprio giocando lì dove volevi giocare tu e lei si è messa in mezzo. Lo so che ogni tanto ti dà fastidio e non la supporti” Se vuoi approfondire cosa fare in caso di gelosie e litigi tra fratelli, puoi leggere anche l’articolo: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli Per fare un paragone, che senso avrebbe sgridare noi adulti perché mangiamo troppi dolci? Se il vero problema è che compensiamo con i dolci un bisogno affettivo, stanchezza o frustrazione, non sarebbe meglio avere qualcuno che ci aiuti a risolvere questa frustrazione, dato che magari i dolci fanno male? Per un bambino è uguale. Siccome non si picchia, non si morde, non si lanciano oggetti e ci sono altri modi per esprimersi da imparare nel tempo, non serve il rimprovero, ma avrà bisogno di vedere come si fa. E allora gli farò vedere come si fa, accoglierò entrambi, non lo colpevolizzerò perché so qual è il problema e quindi a monte ci lavorerò, dando del tempo di qualità, dandogli quello che gli serve per riprendersi le sue sicurezze e risolvendo. Nella pratica, se il problema era che la piccola si è messa dove voleva giocare il grande, vedrò se riesco a spostare lei, se no si troverà un’alternativa insieme, medierò tra loro due e vedrò cosa si può fare per risolvere. Il bambino si abituerà a capire che non lo state rimproverando, non si sentirà sgridato ma capito e dopo un po’ di volte che farete così avrà la certezza del fatto che è avvenuto un cambiamento. A quel punto potrete dirgli: “Vedi, quando succede così, prima di arrabbiarti vieni da me. Quando senti che comincia a venirti il nervoso, vieni da mamma o da papà e ce lo dici. Noi risolviamo. Arrivo prima che scoppino le scintille. Non ce n’è bisogno, basta che tu venga da me e me lo dici.” Inizieranno a venirvi a chiamare perché hanno capito che non siete un pericolo, ma che siete un aiuto, siete il loro aiutante magico. Inizialmente verrà a dirvelo, poi, man mano che crescerà negli anni, imparerà a fare lui quello che avete fatto voi. Imparerà a fare un bel respiro, a calmarsi, a parlare con se stesso e trovare una soluzione. Questo passaggio non avviene subito ma avviene con gli anni, però in questo modo si possono mettere da subito le basi per non avere ogni momento un litigio esplosivo da gestire. Gli esempi di questo articolo ti saranno utili per evitare con il tempo che tuo figlio lanci gli oggetti, arrivi ad urlare o diventare aggressivo con te o con la sorella, il fratello o altri bambini. Se vuoi approfondire il tema della gestione delle emozioni dei tuoi figli, puoi leggere questo articolo: Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle)
Smettila di piangere! Come calmare le crisi di pianto dei bambini e dei neonati
Le crisi di pianto dei bambini e dei neonati ci mettono a volte in grande difficoltà, o meglio, forse è più corretto scrivere, che a volte ci mandano proprio in tilt perché non riusciamo a calmare e consolare i nostri figli. Che si tratti di un pianto improvviso di notte di un neonato, di un pianto inconsolabile e disperato a 3 anni o di bambini di 6 anni che piangono senza motivo e senza cause apparenti, ci sono sempre dei passi che puoi seguire e che ti possono aiutare a calmare tuo figlio quando piange. Molte mamme spesso mi dicono: “Come faccio a farlo smettere di piangere quando fa i capricci? Quando mio figlio piange non lo sopporto! Perdo subito la pazienza e non so cosa fare” “Quando piange non capisco cosa è successo. Perché quando piange non mi dice che cosa vuole? Piange per mezz’ora ma non dice perché!” Scopriamo insieme in questo articolo: Cosa fare quando i bambini piangono o quando non smettono di piangere Come capire il pianto dei neonati e dei bambini, anche quando piangono sempre Come calmare le crisi di pianto dei neonati o dei bambini a 1 anno, 2 anni, 3 anni e oltre Gestire crisi di pianto se tuo figlio ancora non parla Calmare tuo figlio quando piange ed è in grado di parlare 1° step fondamentale: se parti con l’obiettivo di far smettere di piangere tuo figlio subito hai perso in partenza… In generale, è utilissimo non considerare il pianto dei neonati e dei bambini come lo facevano i nostri genitori o magari i nostri nonni. Innanzi tutto, quando un bambino piange, la prima indicazione è quella di fare il possibile per non allarmarti o andare in crisi. Non partire nemmeno con l’armatura e la lancia in mano pensando: “adesso mi devo impegnare: il mio primo obiettivo deve essere quello di farti smettere!” Per quale motivo il pianto non andrebbe represso? Semplice: con il pianto qualsiasi essere umano esprime un sentimento, un timore, una paura o esprime un bisogno. Questo vale ancora di più per i neonati e per i bambini. Quindi il pianto, che sia il pianto di notte di un neonato a 5 mesi, il pianto improvviso a 2 anni o una crisi di pianto inconsolabile a 4 anni in verità non va represso, ma andrebbe accolto e compreso. Compatibilmente con la tua stanchezza, e quando possibile, sarebbero da evitare tutte quelle situazioni in cui tuo figlio piange e gli metti il ciuccio perché l’importante per te è che smetta il prima possibile. Sono da evitare per esempio frasi con toni duri come: 👉 “Basta, basta adesso!” 👉 “Non piangere!” 👉 “Ora vediamo cosa fare…però non piangere!” 👉 “Ora calmati!” 👉 “Ssssssssst! Non è successo niente” 👉 “Ma le principesse non piangono!” 👉 “Ma sei un ometto!!! Cosa fai? Piangi?” In verità tuo figlio ha bisogno di piangere perché con il pianto non soltanto chiede il nostro aiuto, ma proprio a livello fisiologico si libera di una tensione eccessiva, si svuota da tristezza, dolore, frustrazione, nervosismo… Quindi la cosa più efficace che possiamo fare, rimanendo tranquilli da Aiutanti Magici, è di avvicinarci, abbracciarlo, coccolarlo, prenderlo in braccio oppure ci abbassiamo, lo guardiamo negli occhi e mostrando la nostra empatia possiamo dire per esempio: “Mannaggia amore cosa è successo? Certo, se vuoi piangere, piangi. Non ti preoccupare” E stiamo con lui, dicendogli ad esempio: 👉 “Ma che cosa tanto triste… Oh mannaggia, ti sei arrabbiato tanto amore” 👉 “Certo che ti sei spaventato…mamma mia che scivolone che ti sei fatto dalla sedia!” 👉 “Vieni amore, fammi vedere dove ti sei fatto male” A questo punto noterai che tuo figlio inizia a tranquillizzarsi. Se è in grado di parlare potrà anche dirti che cosa è successo e cosa prova. Calmare crisi di pianto dei neonati o di bambini che non parlano A questo punto dobbiamo fare due distinzioni: 1️⃣ tuo figlio riesce a dirti cos’è successo 2️⃣ non riesce a raccontarti il suo problema perché è piccolo o perché non è ancora in grado di farlo. Se riesce a dirti cosa è successo allora continua a rassicurarlo. Puoi dirgli per esempio: “Non c’è problema. Ci sono qua io e adesso ti aiuto e risolviamo.” E concludi risolvendo la difficoltà. Se non riesce a dirti cosa è successo ecco cosa fare: Se tuo figlio piange ma non sa ancora parlare… In questo caso tuo figlio non ha altri strumenti per farti capire cosa sia successo, se non il pianto, dunque dovrai attivare il tuo intuito e la tua capacità di osservazione. Dovrai imparare ad osservare bene tuo figlio, per capire che cosa può essere successo. Ad esempio nel caso del pianto di un neonato di 3 mesi potrebbe avere dei bisogni fisiologici: forse ha fame, ha sonno, sente caldo o freddo oppure è scomodo o ha bisogno di contatto. O nel caso di un bambino di 1 anno magari si annoia, voleva toccare una cosa e non gliel’hai fatta toccare, voleva arrampicarsi da qualche parte e non lo ha potuto fare. Oppure sta assorbendo un tuo “pianto”. Quando i bambini sono neonati o molto piccoli succede spessissimo: i bambini sono delle spugne assorbenti, assorbono tutto, soprattutto gli stati emotivi della mamma. Mi è capitato molte volte che la mamma si trattenesse, ma in verità dentro era arrabbiata, triste, infelice, scoraggiata, stanca, disperata e il bambino non smetteva di piangere. Quindi una domanda che possiamo farci è: “Io come mi sento in questi giorni? C’è qualcosa che ha creato tensioni in generale in casa? Calmare crisi di pianto se tuo figlio è più grande e può parlare Capita a volte che i nostri figli invece parlino già tranquillamente, ma non essendosi mai abituati ad esprimere le proprie emozioni, non riescono a farlo. Solitamente un bambino diventa in grado di esprimere i suoi sentimenti e comunicarti cosa prova quando è un po’ più grande. Mi è capitato di avere bambini che già a 5 anni o 6 anni, o anche prima, riuscivano a dirmi che cosa fosse successo e come si sentivano: se erano tristi, arrabbiati, piuttosto che delusi. Tendenzialmente, per molti bambini, questa cosa succede più avanti nell’età, e se siamo stati bravi con il nostro esempio a far vedere loro come si gestisce il bagaglio emotivo e se siamo stati degli Aiutanti Magici gestendo noi il loro bagaglio emotivo negli anni precedenti, ecco che quando piangono intorno ai 6 anni, 7 o 8 anni riescono a dirci in maniera precisa quello che stanno provando e di che sentimento si tratti, se sono arrabbiati, con chi, se sono tristi, delusi, annoiati ecc. In questo modo i bambini quando piangono intorno ai 6 anni, 7 o 8 anni riescono a dirci in maniera precisa quello che stanno provando e di che tipo di emozione si tratti, se sono arrabbiati, con chi, se sono tristi, delusi, annoiati ecc. Personalmente non ho mai trovato utili le “lezioni accademiche”, che descrivono le emozioni con le faccine o i colori. Penso siano proprio l’ultima spiaggia quando da essere umano non sappiamo usare i nostri strumenti di esempio, accoglienza, comprensione, soluzione, che sono i più efficaci e immediato in assoluto con i bambini. Al di là di questo, se quindi nostro figlio sa parlare, è già in un’età in cui parla e comunica serenamente con noi i suoi ragionamenti, ma proprio non riesce a esprimere come si sente, anche in quel caso dobbiamo essere noi un po’ intuitivi e aiutarlo con l’esempio mostrandogli come fare. Quindi anche in questo caso intervieni e, se possibile, evita di dirgli ad esempio: di smettere di piangere se piange è una femminuccia che non è più un bambino piccolo non è successo niente tanto da piangere così forte accusarlo o sminuirlo E’ invece molto più utile se ci immedesimiamo, quindi siamo empatici con lui: “Mamma mia tesoro, cos’è successo di così grave?” Quello che fai e dici deve essere qualcosa che senti veramente (non è che reciti perché l’ha suggerito Roberta e vuoi provare a fare come dice lei perché sei disperata😊). Davvero ti identifichi e ti metti nei suoi panni. Davvero sei con lui in quel momento, ti senti vicina a quello che prova e lo vuoi aiutare. Capisci quello che sta provando in quel momento. Stai un attimo lì e lo accogli (per aiutarti prova a ricordare come ti sentivi tu da piccola quando piangevi ed eri triste). Se sente che non abbiamo fretta di farlo smettere di piangere e non siamo arrabbiati con lui, tuo figlio inizierà a rilassarsi, a calmarsi e a smettere di piangere o urlare. A quel punto allora possiamo chiedere cosa sia successo. Se lui non ce lo dice, dobbiamo utilizzare un po’ il nostro intuito di adulto e glielo possiamo suggerire noi. Ad esempio: “Sai cos’è? Secondo me è un po’ di stanchezza” E se lui ci risponde di no: “Va bene, ok, non è stanchezza. Allora intanto ci mettiamo qua io e te e facciamo qualcosa di tranquillo” Oppure: “sai, secondo me cos’è? È che stamattina volevi metterti quella maglia. Abbiamo fatto tutto di corsa. La maglia non era pulita e adesso sei arrabbiato per questa cosa?” Oppure ancora: “E lo so. Volevi arrampicarti lì, fare quel gioco e non l’abbiamo fatto. Purtroppo era proprio pericoloso e non si poteva fare” Pensa a tutto quello che mi viene in mente, tutto quello che potrebbe essere stato: il brutto voto a scuola, ha litigato con un compagno, suo fratello gli ha rotto il gioco, non ha voglia di fare quella cosa adesso, voleva ancora finire di guardare i cartoni, ecc. Altri esempi: “Sei arrabbiata perché volevi continuare a vedere il cartone” “Ti senti tanto triste perché oggi la mamma è stata poco con te: dovevamo andare insieme a fare quella cosa, ma c’è stato un imprevisto e non siamo andati” “Mannaggia, certo che Luca ti ha proprio deluso. Non ti aspettavi che ti prendesse in giro per quella cosa!” Una volta individuato il problema troviamo una soluzione pratica, anche se con l’esperienza vedrai che il vero passo davvero risolutivo è comprenderlo e non accusarlo o ricattarlo. Quali sono i vantaggi se non blocchiamo il pianto? In questo modo abbiamo permesso a nostro figlio di sfogarsi, di liberare quello che aveva dentro e non l’abbiamo giudicato. Non l’abbiamo fatto sentire inadeguato. Abbiamo lasciato che si liberasse di tutte le sue tensioni. Siamo stati per lui degli Aiutanti Magici, quindi estremamente comprensivi e lo abbiamo accolto. E poi siamo stati davvero Aiutanti Magici perché abbiamo concluso con una soluzione. Pensa a come ti senti più leggera dopo aver pianto se hai vissuto una situazione triste o che ti ha ferito emotivamente. Quindi non soltanto abbiamo risolto la difficoltà e lo abbiamo aiutato, ma gli abbiamo dato il vero e unico esempio che conta. In questo modo, pian piano, lui potrà fare la stessa cosa con se stesso e con il tempo apprenderà che: 1️⃣ Piangere non è un problema. 2️⃣ Può esprimere e raccontare a mamma e papà cosa prova, qualsiasi sentimento va benissimo perchè non viene giudicato o accusato 3️⃣ Riuscirà a comprendere se è arrabbiato, triste, deluso ecc.. 4️⃣ Tramite la tua comprensione e l’accoglienza si sentirà meglio e si calmerà 5️⃣ E’ possibile trovare una soluzione e risolvere Perché calma e pazienza oggi sono molto rare Questo è uno degli esempi più importanti che possiamo dare ai bambini e ai ragazzi, perché nella società di oggi c’è invece un grande problema. In generale noi adulti facciamo fatica a gestire il nostro bagaglio interiore, siamo sempre arrabbiati senza capire il perché, perdiamo subito la pazienza, facciamo fatica ad attivarci da soli per trovare delle soluzioni. Spesso non siamo purtroppo autonomi da questo punto di vista. Non sappiamo come mantenere la calma e la lucidità, basta poco ed eruttiamo subito come vulcani e perdiamo il controllo. E questo accade perché da piccoli abbiamo spesso ricevuto esempi di adulti arrabbiati, che non cercavano di comprenderci ma che tendevano a reprimere i nostri sentimenti, tendevano a zittirci con toni duri e sguardi di ghiaccio senza accogliere e comprendere la causa della nostra tristezza o del nostro pianto. Ecco perché oggi probabilmente è una competenza che non hai ancora. Perché non hai potuto osservarla e assorbirla dai tuoi adulti di riferimento quando eri piccolo o piccola. Se invece con tuo figlio procedi nella modalità che hai letto in questo articolo lui imparerà dal tuo esempio. Se poi questi passaggi riusciamo a metterli in pratica anche con noi stessi, per gestire la nostra emotività, allora stiamo a cavallo, perché anche farlo con tuo figlio diventerà moooooolto più semplice. Spero che queste informazioni ti siano utili per aiutarti a calmare le crisi di pianto di tuo figlio, a rassicurarlo e aiutarlo quando piange e per capire la causa del suo pianto o nervosismo in qualsiasi situazione.
Dire di NO ai bambini senza scatenare Urla e Pianti
Dire di No a un bambino è inevitabile così come è necessario dare un limite o indicare che una determinata attività non si può fare. Solo che può capitare che tuo figlio non accetti i tuoi “No”, magari si arrabbia o piange quando gli spieghi che non può fare un determinata cosa. Ma esiste un modo per dire di no e per farsi ubbidire evitando crisi di rabbia, urla e pianti? Scopri i 3 passi da seguire in questo articolo. Primo passo: come dire “No” ai bambini? Come primo passo possiamo chiederci: “come mai mio figlio ha questa reazione davanti ai miei “No”? Forse perché questi “No” non sono efficaci? Forse sbagliamo la modalità in cui li comunichiamo? Potremmo quindi valutare il modo in cui gli diciamo di No. Forse non veniamo ascoltati perché lo diciamo in modo troppo aggressivo o troppo duro e secco. Un “No” può essere infatti essere comunicato con fermezza ma senza nervosismi, guardando il bambino negli occhi e utilizzando la dolcezza e l’empatia. Secondo passo: usa l’empatia e lascia da parte le spiegazioni Ad un bambino di 2, 3, 4 anni (ma anche di tutte le età), le spiegazioni interessano pochissimo. In particolare un bambino così piccolo non ha una grande capacità di ricordare le regole del “perché no” o “perché sì”. Dunque, perché davanti a un “No” si arrabbia così tanto? Perché un bambino, più che sapere il perché non va fatta una cosa, in verità in quel momento vorrebbe in particolare essere accolto, essere capito. Vorrebbe sapere che al suo fianco ha un Aiutante Magico, cioè la sua mamma o il suo papà, ad accompagnarlo a diventare grande e che è anche lì per fargli da contenitore rispetto al suo disappunto e alla sua rabbia. Un esempio concreto: mio figlio vuole arrampicarsi sull’armadio! Pensiamo ad una situazione in cui un bambino vuole arrampicarsi sull’armadio ma non è possibile perché non è ancora fissato al muro o perché abbiamo semplicemente deciso che i bambini non devono arrampicarsi sugli armadi perché è potenzialmente troppo pericoloso. Come reagirà davanti a un “No” un bambino di quell’età, nel pieno del periodo dell’esplorazione e dell’allenamento di tutti i suoi sensi e che vuole trovare tutte le risposte alle sue curiosità? Rimarrà frustrato, deluso, arrabbiato come lo rimarremmo noi adulti davanti ad un “No” verso qualcosa a cui teniamo tantissimo. Lo so che ti viene spontaneo pensare: “se non si arrampica su quell’armadio troverà qualcos’altro!” Magari invece per tuo figlio è importante fare quel tipo di esperienza o soddisfare quel tipo di curiosità. La prima cosa che puoi fare, dopo avergli detto di no, sarà quindi accogliere il suo disappunto. Dunque, quando comincia a piangere e a dire cosa come: “mamma sei cattiva! Io lo voglio fare lo stesso!” cosa facciamo? E’ utile attivare la nostra parte comprensiva e far passare questo messaggio per comunicare a tuo figlio che sei il suo tuo Aiutante Magico, che sei lì per aiutarlo, che hai capito il suo motivo e che sai come si sente. Possiamo allora dirgli: Mannaggia amore! Non ci possiamo arrampicare! Ma perché possiamo arrampicare!?!? Mancano le viti dietro! Lo so, è una cosa proprio terribile, perché tu volevi provare ad arrivare fino in cima! Certo, hai visto che i primi due piedi ci stanno e volevi provare. Magari ti avrei anche aiutato. Adesso non possiamo proprio farlo, non si può fare, è pericoloso perché mancano le viti dietro. Terzo passo: trova una soluzione Dopo averlo accolto, possiamo passare al trovare una soluzione. Nel caso dell’armadio ad esempio possiamo dire: Allora adesso diciamo al papà o al nonno che ci vengano a fissare il mobile al muro. Intanto, se quello che volevi era arrampicarti, proviamo a cercare qualcos’altro su cui ci possiamo arrampicare. Vediamo un po’…ad esempio potremmo arrampicarci sul divano, oppure potremmo mettere insieme queste due sedie contro il muro e poi proviamo ad arrampicarci così, oppure ancora potremmo provare ad andare a cercare degli altri ripiani….vediamo se in cucina o in camere se c’è qualcosa che fa per noi… Alcune volte sarà necessario cercare delle alternative e modi per fargli fare l’esperienza. Comunque agendo in questo modo facilmente non arriverete magari nemmeno ad arrampicarvi da altre parti, a me è successo tantissime volte. Nel momento in cui il bambino si sentirà accolto infatti penserà: Ok, mi hai capito, non mi hai sgridato. Hai capito la mia frustrazione, mi hai accolto e mi hai anche fatto vedere come si fa. Mi hai dato un insegnamento, ora io mi sento più tranquillo perché tu mi hai capito. Mi hai tranquillizzato e posso quindi anche accettare di fare altro. Ecco perché questo è il modo meno faticoso per dire di no ai bambini: si sentono capiti e non hanno bisogno di arrabbiarsi o di urlare per comunicarci il loro disappunto. Dare limiti e “No” ai bambini: i 3 step in sintesi 1️⃣ Riflettiamo su come diciamo il “No”: se siamo pazienti, o se siamo già un po’ nervosi perché magari ci portiamo dietro il bagaglio della giornata, ecc. 2️⃣ Prima di spiegare il perché abbiamo detto no (se proprio vogliamo spiegarlo) è fondamentale subito inserire l’accoglienza. Infatti è utilissimo accogliere e fare da contenitore al suo bagaglio, far vedere che siamo con lui. Fargli capire che abbiamo perfettamente capito che cosa sta provando e cosa voleva fare e che non è sbagliato quello che voleva fare. Un’accoglienza pura e sincera da aiutante magico. Se vuoi approfondire come affrontare questo step puoi anche leggere Smettila di piangere! Come calmare le crisi di pianto dei bambini e dei neonati 3️⃣ Troviamo poi, se necessario, come nell’esempio dell’armadio, una soluzione pratica. Puoi trovare ulteriori approfondimenti leggendo l’articolo Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no
Capricci Bambini 1 anno, 2 anni, 3 anni (come gestirli?)
Aiuto: sono alle prese con i capricci del mio bambino di 2 anni ed è ingestibile. Aiutami a risolvere i capricci di mio figlio di 3 anni! Ha solo 18 mesi e fa già troppi “capricci”! Non so più cosa fare! Cosa faccio quando i miei bambini sono capricciosi e disubbidienti?” Quando si tratta di “capricci” dei bambini a 1 anno o a 3 anni la richiesta delle mamme è sempre la stessa: “aiutami a gestire e calmare i “capricci” di mio figlio, subito!” Ecco perché ora voglio indicarti 3 linee guida fondamentali per comprendere la causa di qualsiasi tipo di comportamento etichettato come “capriccio”. Scopriamole insieme. Indicazione N°1 per calmare i “capricci” dei bambini: il nodo emotivo Non ha importanza se oggi tuo figlio fa i capricci a 18 mesi, 1 anno, 3 anni o 4 anni. I “capricci” dei bambini a qualsiasi età non sono degli strumenti diabolici che si inventa per farti perdere tempo all’ultimo minuto o per farti andare su tutte le furie. Se davvero vuoi spegnere il fuoco dei comportamenti etichettati come “capricci” ci sono alcune cose che è importante sapere: la prima è che non sono un fuoco che va spento. Lo so che questo aspetto è davvero assurdo la prima volta che lo leggi. Eppure è davvero importante sapere che tuo figlio quando piange, quando ti implora, quando urla, quando fa quella cosa che definiamo come “lagna” ha un “problema” emotivo, che per lui è serio davvero. In verità quando un bambino fa “i capricci” li fa perché ha una difficoltà ma non sa come dirtelo, non nel senso che vuole mentirti o nascondertelo, nel senso che al momento non ha altri strumenti per dirtelo diversamente o per aiutarsi da solo. Quanto attirano la tua attenzione con il “capriccio” ricordati che hanno sempre un motivo vero da risolvere. Poi la manifestazione cambia in base all’età, per esempio i “capricci” dei bambini a 2 anni magari si manifesteranno con pianto e urla, i “capricci” dei bambini a 6 anni saranno accompagnati anche da rifiuto delle regole, episodi di nervosismo o brutte parole. Ecco ora vediamo con una nuova lente, a cui non avresti mai pensato, ma che hai bisogno di considerare da subito: tornare a considerare la dignità di tuo figlio. La dignità dei bambini Tuo figlio quando ti segnala un problema, ha una sua dignità. Significa che non ha bisogno di essere maltrattato, sgridato o preso a sberle soltanto perché ci dà fastidio e non sappiamo come gestire la situazione. Lui ti sta comunicando una difficoltà, quindi come genitore o insegnante, hai il dovere assoluto di andare lì vicino, guardarlo negli occhi e trasformarti nel suo Aiutante Magico. Sei lì per aiutarlo, lui ha bisogno di te, ha bisogno della tua calma; vai in soccorso, aiutalo, per esempio dicendo: 👉 “Qual è il problema? Mannaggia, ma quanto è difficile questa cosa per te?” 👉 “Questa mattina la maglia gialla proprio non ti piace… mi sa che è più sonno e voglia di coccole… mi spiace che sei così triste stamattina… Oppure sai benissimo che questi sono momenti in cui sta vuotando in sacco. Magari tuo figlio è “pieno” di qualcosa che è successo il giorno prima o due giorni prima. Ha accumulato tensione, rabbia o tristezza che pian piano hanno creato una pentola a pressione. Proprio come succede a noi adulti. Molto spesso i bambini fanno questi “capricci” perché vogliono attirare la nostra attenzione Sono stanchi, nervosi, non si sentono capiti e l’aiuto giusto che si aspettano è: 👉 “Cavoli! mamma ieri non è stata con te tutto il giorno e stamattina ti ha pure messo fretta per arrivare in orario. Dobbiamo arrivare in orario, è vero, però amore capisco che per te è così difficile, dobbiamo stare un po’ insieme. Vieni che ti abbraccio, vieni che ti do un bacio.” Se inizi a ragionare che essere genitore vuol dire anche diventare il suo Aiutante Magico, quindi davvero metterti a sua disposizione senza paura che non impari le regole e che non diventi un bambino educato, allora sei a buon punto e tutto diventa più semplice. I bambini nascono già positivi e pieni di fantastici ingredienti, solo con il tuo atteggiamento da imitare e la tua giusta disponibilità d’animo, possono crescere sereni e sviluppare tutto il bello di cui sono già ricchi. SII IL SUO AIUTANTE MAGICO: Impara a restituirgli la dignità che merita quando ti segnala una difficoltà attraverso il capriccio, perché non ha un’altra modalità di farlo. Vai e aiutalo, vai alla motivazione e accoglilo, sempre. E poi trova le soluzioni pratiche. Indicazione N° 2: la motivazione valida per gestire i “capricci” dei bambini a 1 anno, 2 anni, 3 anni I bambini di oggi hanno una sensibilità particolare e non si adattano e sottomettono facilmente. Fino all’ultimo continuano a comunicarti con il comportamento che noi etichettiamo come “capriccioso” o disubbidiente il problema o la difficoltà che sentono e che provano. Cercano di fartelo capire attraverso il “capriccio”, la lagna, la ribellione e l’opposizione. I “capricci” dei bambini a qualsiasi età, 2 anni o a 4 anni non sono mai capricci incomprensibili, infatti… non esistono! Noi genitori abbiamo bisogno di uscire dal “file mentale automatico” che il “capriccio” sia un capriccio, cioè quella cosa che non ha senso fare, che ci fa infuriare e uscire di testa, per esempio: “Ma perché sono le 8 meno 10, alle 8 chiudono il cancello di scuola e tu sei qua e non ti vuoi mettere le scarpe? Mi stai facendo le storie per una maglietta gialla, perché vuoi proprio quella verde? Che senso ha? Lo fai apposta! Sei testardo!” La verità è che non è un “capriccio”! I bambini che abbiano 18 mesi o 3 anni infatti non possono dirti: “mamma guarda sono stato male per questa cosa, sono triste perché ho perso il mio gioco preferito” “non mi dedichi abbastanza tempo” “sono arrabbiato con te perché mi hai messo in punizione” “non hai capito quello che io volevo fare” “mi arrabbio perché tu e papà litigate” “sono triste perché ti sento triste e nervosa…” Facciamo fatica noi adulti a riconoscere ed esprimere i nostri sentimenti, figuriamoci un bambino di 4 anni! Pur di catturare la tua attenzione, usano il canale che più ti fa soffermare su di loro e, sperano, anche sul loro problema. Allora, prima di tutto non arrabbiarti e mettiti nei suoi panni. Guardalo negli occhi, fermati, sdrammatizza: 👉 “Davvero queste scarpe no? Mannaggia, ci saranno dei topini dentro? Fammi un po’ vedere… o vuoi che oggi facciamo cambio: io mi metto le tue e tu ti metti le mie?!” Quello che il genitore può fare per uscire dall’impasse è sempre cercare la vera motivazione Tuo figlio utilizza spesso come scusa la scarpa, la maglietta, la verdura che non vuole mangiare, la frutta che non gli piace, ma in verità le motivazioni che fanno scatenare il putiferio sono quasi sempre più profonde. Il primo modo per risolvere i “capricci” dei bambini è giocare d’anticipo. Non tanto nel momento di fuoco, che è solo un segnale, è solo la classica goccia che fa traboccare il vaso, ma andando a monte e cercando di capire: 1️⃣ come nella giornata, nella settimana, puoi dargli più tempo di qualità 2️⃣ se ci sono situazioni in cui puoi giocare di anticipo e puoi evitare di sgridarlo e punirlo 3️⃣ come puoi essere più calma o migliorare il clima familiare. Se come genitore riesci a fare questo passaggio, a modificare la tua routine frenetica per trovare del tempo speciale per lui, più tuo figlio si rilassa e inizia a viverti come l’AIUTANTE MAGICO emeglio è. Al posto di percepirti come una persona da cui nascondersi o pensare: 👉 “Devo dire una bugia alla mamma, perché quella cosa non la posso fare” oppure 👉 “Mamma sta arrivando, devo iniziare ad avere paura” potrà invece sapere che mamma e papà sono lì solo per lui, per sostenerlo e aiutarlo. Indicazione N° 3 per comprendere i “capricci” dei bambini: le regole C’è un aspetto che nella relazione genitore e figli fa scattare lotte, incomprensioni, urla e… “capricci”. Spesso ci porta a considerare i bambini come maleducati e disobbedienti! Si tratta del momento in cui vogliamo dare delle regole, trasmettere delle sane abitudini… che puntualmente i figli non ascoltano! Il problema da dove arriva? Noi siamo convinti che i bambini possano imparare una regola a forza di sentirsela ripetere. Quante volte diciamo “gliel’ho detto un milione di volte, eppure niente!”. La verità è che loro imparano osservando, imitando le abitudini da noi genitori o comunque dai loro adulti di riferimento Questa verità a volte ci fa paura. Ci rende responsabili dell’esempio che diamo, di come ci comportiamo nella nostra vita anche quando siamo senza i bambini. Ma allo stesso tempo è una grandissima fortuna! Perché se tu sei sereno del tuo modo di comportarti e costruisci una buona relazione con lui, il gioco è fatto. Non esiste un bambino al mondo che non guardi con occhi sognanti mamma e papà, che non li ami, che non li adori e dica: “mamma, voglio farlo anch’io”, “papà, voglio venire anche io con te. Voglio provare a guidare anche io la macchina, voglio anch’io svitare il tubo del lavandino”… Quindi una valida soluzione per prevenire i “capricci” e i litigi è comprendere come insegnare le regole a tuo figlio nella calma ed evitando di ripetere le stesse cose 120 volte. Tu resterai più calma e non perderai la pazienza e tuo figlio si fiderà di più di te perché si sentirà capito e ascoltato. Di conseguenza gli episodi in cui tu non lo capisci e lui si arrabbia con te saranno sempre meno frequenti. E con l’esperienza scoprirai che si tratti di “capricci” del tuo bambino a 18 mesi o capricci a 2 anni o a 3 anni scoprirai che la chiave è sempre considerare la sua vera motivazione. Mi auguro che queste 3 indicazioni ti siano di aiuto per comprendere sempre meglio il Libretto delle Istruzioni di tuo figlio.
Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo
Presi come siamo dalla nostra frenetica routine quotidiana, abbiamo spesso l’impressione che le giornate scivolino via senza che la lista delle cose da fare si accorci, o senza che riusciamo davvero a goderci i nostri figli! Ma come possiamo migliorare la qualità del tempo dedicato ai figli? Vediamo oggi 4 soluzioni. 1. Non hai tempo per tuo figlio? Soluzione: inverti le priorità Quando torni a casa dal lavoro, magari hai già la testa in cucina: “Che cosa preparo? Quando finisco le faccende domestiche? Quando faccio la lavatrice? Suggerimento: non lasciare il tempo con i figli in coda alla lista! Scardina il meccanismo del “prima il dovere e poi il piacere”: basta poco per farli sentire coccolati e ascoltati. Quando arrivi in casa, fai in modo che il tuo primo pensiero siano loro: “Amore, sono a casa! Non vedevo l’ora di tornare per giocare un po’ con te!” Basta una partita a carte, un gioco da tavolo, prendere un tè con le bambole o una gara di macchinine: anche se pensi di perdere del tempo, in realtà lo stai guadagnando! Perché in questo modo si sentiranno appagati e vi lasceranno più tempo dopo da dedicare alle faccende di casa. Prova e vedrai quanto tempo guadagnerai. 2. Tempo di qualità o quantità con i figli? Soluzione: ritorna bambino Per i bambini e i ragazzi non conta tanto quanto tempo trascorri con loro, ma COME. Se trascorrete insieme anche un intero pomeriggio, ma non li ascolti perché ha la testa altrove o guardi sempre il cellulare, quel tempo non vale molto. Prenditi invece anche solo mezz’ora da dedicare in maniera immersiva ed esclusiva a tuo figlio: stacca il cervello dalle cose da fare e spegni il cellulare. Goditi il gioco e prova a tornare bambino! Si tratta di semplici accorgimenti per instaurare una routine familiare che non dimentichi i momenti piacevoli da passare in compagnia dei figli, chiudendo fuori il mondo e facendo iniziare il gioco! 3. Non lo capisci? Soluzione: mettilo sempre al primo posto Tuo figlio ha bisogno di sentirsi sempre in qualche modo “visto, considerato”. Ha bisogno di sentire che noi siamo interessati a quello che lui fa, a quello che lui dice, che noi lo consideriamo. Ci sono 3 passi che possono aiutarti a migliorare la qualità del tempo che trascorrerete insieme e per farlo sentire al primo posto! Passo 1: occhi Una delle cose migliori che puoi fare è guardarlo negli occhi quando parla. Fermarti un secondo, guardalo negli occhi e ascolta quello che ha da dire. Anche nella tua situazione lavorativa classica, se parli con un collega e lui intanto fa altro, ti senti considerato? Forse non molto? Se lui ti parla mentre fa altro non riesce a connettersi davvero con te, a guardarti negli occhi, ad essere concentrato su di te e sull’emotività che ti accompagna. Non può capire: “Secondo me questa cosa non ti è piaciuta tanto. Ti stai un po’ arrabbiando. Forse ti dà fastidio, ma non me lo stai dicendo”. Senza lo sguardo non si colgono queste cose. E con i bambini è uguale. Spesso noi genitori ci lamentiamo: “Non riesco a capire che cosa prova” Ecco perché. Perché non lo guardiamo abbastanza. Nel momento in cui lo guardi un po’ di più, lo osservi, fai qualche domanda in più guardando che faccia fa, la luce che ha negli occhi, come si muove, che cosa dice… Allora vedrai che diventa tutto più facile. Gli occhi sono lo specchio dell’anima e guardare tuo figlio gli permette di sentirsi amato, accolto, di sentire che lui esiste e che esiste per l’amore di mamma e papà, il vero motore e l’alimento che lui desidera di più. Passo 2: abbassati Abbassati alla sua altezza ogni volta che ti è possibile quando vuoi comunicargli qualcosa. Passo 3: sentimenti Chiedigli spesso come si sente: si sentirà ascoltato e imparerà a sua volta ad entrare in contatto e a riconoscere i suoi sentimenti. Quando rientra da scuola o dalla scuola materna, per esempio, evita di chiedergli: “Come è andata?” (lui si proietta nel fare e nella performance) e chiedigli piuttosto: “Come ti senti? Come sei stato stamattina a scuola?” (si sente messo al primo posto e sente che per mamma e papà è importante innanzitutto lui come individuo e non per quello che fa) 4. Trascorro poco tempo con mio figlio! Soluzione: Organizza esperienze di (estrema) qualità Sarebbe molto comodo avere figli che “dove li metti stanno”, e sappiamo benissimo che il tempo è sempre poco. Ma… quando possibile possiamo giocarci la carta della sperimentazione senza limiti. Infatti i bambini e i ragazzi, per imparare, per crescere, per scoprire come risolvere i problemi quando saranno grandi, per avere fiducia e stima in se stessi, hanno bisogno di fare, di sperimentare, di sporcare e di sbagliare. Non ti preoccupare solo del riordino: poi metteranno a posto, perché tu gli dai l’esempio. Se tu sei ordinato, loro saranno ordinati, se non hai conflitti e lotte di potere con loro, ti seguiranno e se tu pulisci, loro puliranno… I bambini hanno bisogno di sperimentare! Cogli l’invito e prova a non metterli di fronte a una classica lezione da apprendere a memoria e ripetere fino alla noia, prova a metterli davanti a un’esperienza. 👉 Organizza esperienze nuove: portali per esempio in un weekend di viaggio, magari in una fattoria a vedere gli animali, dove sia possibile toccare le bestiole, accarezzare i cuccioli, provare a dar loro da mangiare… 👉 Fagli vivere delle esperienze sensoriali che scatenino in loro la voglia di farti delle domande, di sentirti rispondere ai loro perché, di trovare loro per primi delle risposte. I bambini e i ragazzi non sono dei vasi vuoti. Sono pieni di sapere e il loro nutrimento è dato dall’esperienza, vedere il mondo, toccare con mano. 👉 Quando gli proponi un giocattolo, prova a sostituire un artefatto perfetto, un bambolotto o macchinina che fanno tutto da sé, con dei materiali con cui tuo figlio possa costruire, creare, strappare, incollare, ricucire… Questo sarà un vero insegnamento per la sua vita da adulto. Sperimentando in prima persona impara, già da piccolo, l’unica verità importante: ognuno può plasmare la propria vita. Quindi raggiungere i sogni è possibile, creare, fare delle domande, trovare le risposte dentro di sé…
La punizione è la via più efficace per reprimere tuo figlio (e che disintegra la sua fiducia nei tuoi confronti)
Questo articolo non vuole convincerti di nulla in merito al tema rovente della punizione dei bambini e dei ragazzi. Non è un mio interesse indottrinare le persone e convincerle di qualcosa. Voglio solo condividere con te le riflessioni sulla punizione che ho fatto tramite l’esperienza a contatto con bambini ritenuti difficili, disadattati, capricciosi, violenti e che mi hanno permesso di recuperare la loro fiducia nei confronti degli adulti. Sono le stesse riflessioni che hanno fatto negli ultimi anni migliaia di famiglie italiane che, spinti dalla lettura dei libri, hanno cambiato il modo di considerare i vizi, i capricci dei propri figli e che, giorno dopo giorno, hanno consentito loro di costruire una relazione di fiducia, di stima e di complicità totale con i propri figli. La grande illusione delle punizioni: oggi punisci e domani raccogli rabbia e rancore Le punizioni sui bambini sembrano funzionare alla grande per risolvere una situazione nell’immediato. La maggior parte dei bambini si cristallizza davanti a un urlo ben piazzato, si congela davanti all’umiliazione di essere messo all’angolo o di allontanarsi dalla stanza o dal gruppo di compagni, si deprime e si addolora (per usare un eufemismo) vedendo il proprio genitore infuriato, infastidito o deluso. Ma a lungo termine cosa comportano? Sappiamo tutti molto bene come, appena girato lo sguardo, il bambino sembri dimenticare la punizione o l’urlo o la minaccia e sia pronto per tornare all’occorrenza a rifare l’azione per cui era stato sgridato o punito. Come se si dimenticasse, come se di punizione in punizione diventasse sempre più immune (bene, vuol dire che il suo sistema di difesa funziona alla perfezione!). E quindi, ogni volta è tutto da rifare con grande rammarico e fatica da parte di mamma e papà. Vediamo ora cosa con tuo figlio potrebbe non funzionare e che lo porta, con il tempo, a non fidarsi di te e a ribellarsi. La punizione è l’arma più inefficace per risolvere capricci, lotte di potere, gelosie e litigi dei bambini Ti sarà capitato probabilmente di dover ricorrere alle punizioni, anche se di base ti definisci contrario al loro utilizzo. Le hai provate tutte, sei stanco, non sai più cosa fare ed ecco che ti senti pervadere da una forza più grande di te, che non riesci a controllare e che “ti fa scappare” la tanto odiata punizione… 👉 “Adesso basta, vai di là e non esci finché non ti chiamo io!” 👉 “Finiscila! Adesso spengo e per una settimana niente televisione!” 👉 “Stop! Adesso ti siedi qui, stai fermo e zitto finché non mi chiedi scusa!” 👉 “Smettila! Questo gioco adesso te lo ritiro e te lo scordi! Salutalo perché non lo vedrai più” 👉 “Adesso ti metto in castigo: vai di là e metti a posto tutti i giochi mentre tua sorella finisce di guardare i cartoni!” 👉 “Più niente dolci/tv/gioco preferito/partita di calcio/coccole finché non lo decido io!” Aaaahhhh……!!!!! Lo sporco lavoro della punizione con i figli Non si sa perché, ma una cosa così innaturale come la punizione lascia in chi la infligge una sorta di soddisfazione, una sensazione di rilassamento… Siamo dei mostri? Niente affatto! La punizione sui bambini e sui ragazzi fa il suo “sporco” lavoro. Fa quello per cui è nata: aiuta l’artefice a liberarsi da un’emozione negativa (rabbia, nervosismo, impazienza…). Hai mai notato che, anche se ti dispiace, dopo che l’hai fatto tiri un sospiro di sollievo? Ti senti alleggerito? La punizione serve unicamente a chi la infligge per sfogare la tensione emotiva, per scaricare la rabbia, per avere la sensazione di avere tutto sotto controllo così da soffocare e negare la vera emozione sottostante (il disagio per non saper gestire il figlio, il nervosismo, la rabbia, la paura di essere prevaricati, il fastidio di sentirsi dire di no, di non essere ascoltati, ecc.). La punizione non ha nulla a che fare con il bene del bambino. Non è mai per lui una lezione da cui può imparare qualcosa (non è vero, una cosa la impara bene: assorbe questo comportamento e di conseguenza userà lui le punizioni nel relazionarsi con gli altri, compreso te!!!) Perchè? Quello che stiamo per scriverti all’inizio ti sembrerà romantico, troppo sdolcinato. Ti sembreranno giustificazioni che vengono da un altro pianeta, dal paese delle meraviglie e che non possono valere o essere efficaci con i nostri bimbi di oggi che invece sono “tosti”, ne sanno una più del diavolo, non si arrendono mai, non riesci a farli ragionare, ecc. Invece, vogliamo che tu le legga e che abbia la possibilità ancora una volta di allontanarti in fretta dall’idea che i bambini siano degli adulti (soltanto un po’ più bassi e con meno competenze) e che ragionino come loro. Per fortuna i bambini, anche se ti sembrano “tosti” (è un atteggiamento difensivo che assumono in automatico per proteggersi e preservare la loro natura) mantengono il loro animo sensibile, dolce e docile, aperto (se ne hanno la possibilità) e amano le maniere dolci (dolce non vuol dire “molle”). Le punizioni costituiscono uni scossone emotivo e insegnano a tuo figlio che, a sua volta, da grande potrà punire anche lui (compreso te!) Tuo figlio ti percepisce come un riferimento, l’unico, il più importante. Da te vuole amore, comprensione, aiuto, protezione. Se tu, invece di capirlo (andando sempre alla sua motivazione profonda), di aiutarlo a risolvere la sua difficoltà, di non giudicarlo, lo punisci, per lui è uno scossone a livello emotivo. Non stiamo esagerando. Sappiamo che forse per te i traumi violenti sono altri, per esempio una brutta caduta, un lutto, un grande spavento, una grave violenza e che la punizione non può essere annoverata in questo elenco. Ti diciamo dal più profondo del cuore che non è così: la punizione rappresenta un evento negativo per il bambino e può essere evitato. Hai mai provato a distanziarti per un attimo dalla tua rabbia, dal tuo fastidio subito dopo aver punito tuo figlio per fermarti e guardarlo? Cosa vedi? Hai mai provato a guardarlo negli occhi mentre lo fai? Forse ti è sembrato ma non lo hai fatto veramente. Perché, se così fosse, vedresti nei suoi occhi la paura, l’umiliazione e in certi casi la disperazione. Sentiresti una morsa al petto così forte, riceveresti uno schiaffo morale così lacerante che ci penseresti davvero più di una decina di volte all’occasione successiva, prima di ferire i suoi sentimenti. Quello che voglio fare in questo articolo è proprio aiutarti a conoscere la sua natura e a darti le giuste soluzioni così che tu possa avere dei buoni strumenti per sostituire gli atteggiamenti ereditati dai tuoi genitori. Non sentirti in colpa se fino a ieri le punizioni erano il tuo pezzo forte. Annulliamo il tuo senso di colpa Non hai di fatto responsabilità: non sapevi cos’altro fare e magari anche tu da piccino sei stato vittima di punizioni più o meno dure. È normale che, anche se ti sembra un paradosso, se non ci badiamo, in caso di difficoltà mettiamo proprio in campo le risorse che abbiamo appreso (anche se subite) durante la nostra infanzia. E i nostri genitori e loro volta hanno subito lo stesso trattamento (e spesso anche peggiore!) dai loro genitori. In più possiamo dirti che, se tuo figlio si trova in questa fascia di età e se inizi oggi a mettere in pratica un modo più ideale di affrontare le difficoltà, non porterà con se delle conseguenze e le eventuali conseguenze affettive saranno rimarginate dal tuo nuovo atteggiamento. La punizione costringe tuo figlio a perdere i suoi riferimenti, lo fa sentire solo, abbandonato, tradito. Le persone che lui ama non lo capiscono, perdono il controllo e pensa: “di chi mi posso fidare?” Tuo figlio resta allibito e confuso davanti alla punizione Dato che tuo figlio sa come vorrebbe che tu risolvessi i suoi problemi o lo aiutassi (peccato che non abbia ancora sviluppato quella capacità razionale di analisi che gli permette di darti dei suggerimenti a parole su cosa gli serve), davanti alla punizione non comprende perché lo stai facendo. Pensa che tu sia impazzito, pensa che ti stai confondendo… …ecco il suo punto di vista… 👉 “ma cosa fa? Aiuto! Non l’ho fatto apposta e invece di aiutarmi fa così?” 👉 “davvero non ho voglia di spegnere la tv, mi sta facendo compagnia, poi mi sento solo, non riesco a staccarmi, è più forte di me, perché non lo capisce e invece di aiutarmi si sta arrabbiando?” 👉 “Non sopporto che mia sorella tocchi i miei giochi, non ce la faccio a non scaricare la mia rabbia su di lei! Perché tu non mi capisci?!” Più tuo figlio è piccolo, meno ha la capacità di comprendere i suoi atti e più resta confuso. Il messaggio che riceve è del tutto contraddittorio: “ricevo aggressività, giudizio e intolleranza da chi dovrebbe amarmi, aiutarmi e proteggermi”. Proprio le persone per le quali si dovrebbe essere sempre speciali, fanno capire che si è sbagliati, cattivi, inadeguati. Come si può tenere alta l’autostima del bambino? Come può fare affidamento sulle sue capacità, se mamma e papà sono i primi che non ci credono? Le punizioni inibiscono il desiderio di sperimentare e quindi di apprendere Siamo noi per primi, anche se involontariamente, a causare loro una limitazione. Corriamo a comprare un sacco di giocattoli all’avanguardia e fatti per “l’apprendimento” perché imparino più in fretta e poi li “limitiamo” la maggior parte delle volte in cui iniziano a fare delle scoperte, a soddisfare la loro curiosità e le loro intuizioni (il modo migliore e più veloce perché possano imparare). I nostri “no” ogni 3×2, le nostre occhiatacce, la nostra rabbia, i nostri indici alzati, sono tutti freni che si accendono in automatico e che gli lanciano il segnale: “non va bene, sei sbagliato, non puoi crescere come vuoi, non puoi usare le tue risorse interiori su cui pensavi di poter fare affidamento”. La punizione spinge tuo figlio a raccontare bugie e a fare le cose di nascosto Nonostante la punizione, dato che non va a risolvere la motivazione dell’azione, l’impulso per il bambino a fare una determinata cosa resta sempre più forte. Se tuo figlio aveva bisogno di scoprire il funzionamento di qualcosa, se voleva verificare una sua intuizione o soddisfare un desiderio stai pur certo che anche di nascosto cercherà di farlo. È più forte di lui. Davanti ai desideri, ai bisogni, ai sentimenti e alla forza della vita che lo spinge a crescere, imparare e sperimentare non c’è nulla che tenga. Inoltre ricorda sempre che le cose vietate sono quelle che si tendono a fare di più (e vale anche per noi adulti!) I modi duri e colpevolizzanti creano disagi emotivi. Per i motivi che già abbiamo anticipato, la punizione insieme a un tono duro, un messaggio comunicativo (verbale o non verbale) colpevolizzante, genera in tuo figlio tristezza, senso di inadeguatezza e non si sente compreso. Più si sente sbagliato e non amato, più la sua autostima decresce, aumenta il senso di debolezza che fa aumentare l’ansia e le paure. Queste situazioni si accumuleranno negli anni e peggioreranno sempre di più la vostra relazione fino a sfociare nelle tanto temute ribellioni adolescenziali e in relazioni conflittuali fra genitori e figli. Ecco perchè poi si arriva a litigare per delle “sciocchezze”, nel senso che la pentola a pressione interiore è così piena che basta un piccolo evento (la goccia che fa traboccare il vaso) per scatenare rabbia e litigi con i figli. Inoltre i tuoi figli apprenderanno che la punizione si può usare e la useranno per relazionarsi anche con te. Punizione, giudizio e disapprovazione inducono i bambini all’aggressività Cosa succede se metti a bollire l’acqua per la pasta in una pentola troppo piccola? Anche se metti il coperchio, nel momento del bollore, straborderà comunque, sporcando tutto il piano cottura e a volte spegnendo addirittura la fiamma del gas. Cosa succede quando l’uomo cerca di far deviare i fiumi dove vuole lui o cerca di rubare terreno al loro letto per costruire abitazioni? Il fiume, prima o poi, se lo riprende originando quelle che noi chiamiamo catastrofi. Cosa succede se tieni un animale in gabbia per troppo tempo? Anche se noi siamo umani, i principi di natura sono alla fine semplici e uguali per tutti. Anche i bambini hanno bisogno di contenimento, di sapere come fare le cose, ma se le indicazioni che ricevono sono strette o non adatte, prima o poi anche loro scoppiano! Un bambino aggressivo è un bambino che forse non viene compreso in modo adeguato, che viene eccessivamente limitato. Oppure è un bambino che ha al suo fianco esempi di aggressività, nervosismo e intolleranza (adulti di riferimento che alzano la voce, che criticano, che si lamentano, che hanno scatti di rabbia, che perdono la pazienza). Meglio tirarsi su le maniche e con calma correre ai ripari, piuttosto che trovare delle giustificazioni: “ma come fai a non arrabbiarti?” “e va bè, ma capita a tutti ogni tanto”, “ma tu non conosci mio figlio/tu non sai com’è disastrata la mia vita” “e va beh ma che sarà mai”, ecc. Se vuoi approfondire come le punizioni si possono evitare perchè dietro un comportamento di tuo figlio c’è senza una valida motivazione puoi leggere: Capricci dei Bambini: se li ignori si moltiplicano (Guida Bimbiveri) Le 7 riflessioni (sincere e scomode) che dovremmo fare tutti noi adulti 1️⃣ Come ti sentivi quando ti punivano? 2️⃣ Come ti sentivi quando avevi bisogno di sostegno, di essere compreso e accolto e invece arrivavano ceffoni, urla e punizioni? 3️⃣ La punizione risolveva la tua tristezza? 4️⃣ Che considerazione hai oggi per chi, quando eri bambino, ti puniva ignorando i tuoi sentimenti senza chiederti come stavi e di cosa avevi bisogno? 5️⃣ Quanta fiducia e stima avevi negli adulti che ti punivano? 6️⃣ Se tu oggi venissi punito e sgridato (anche davanti ai tuoi colleghi) per ogni svista sul lavoro come ti sentiresti? 7️⃣ Che cosa vedi dentro gli occhi di tuo figlio mentre lo sgridi e lo punisci? Domanda finale da appendere al frigorifero In questo momento, se io fossi al posto di mio figlio, come mi sentirei? Per approfondire Tuo figlio non ascolta e non sai come gestire i capricci? Leggi questo articolo: Capricci dei Bambini da 1 a 10 anni (come gestirli e prevenirli)
Smettila di picchiare tuo figlio! Educare i bambini senza schiaffi
Sono in tanti a considerare necessario (e doveroso) ricorrere a schiaffi ai bambini sul viso, alle sculacciate, a picchiare i bambini sulle mani. Sberle e sculacciate ogni tanto ci scappano e i motivi sono davvero vari. Per esempio tanti di noi sono cresciuti ricevendo magari qualche schiaffo o sculacciata e vivendo con genitori che urlavano ed esplodevano con episodi di rabbia. Per questo motivo si arriva a credere che sia l’unico modo per educare e per farsi ascoltare dai figli. Ma non è così. Ancora oggi i genitori si chiedono quando è necessario dare uno schiaffo a un figlio oppure non riescono a valutare sei gli schiaffi ai bambini sono diseducativi oppure inevitabili. Qualcuno di noi pensa davvero che sia uno strumento educativo efficace. Risolviamo tutti i dubbi con questo articolo, troverai anche degli esempi pratici. Perché i genitori ricorrono agli schiaffi con i bambini? La maggior parte delle volte sberle e sculaccioni scappano perché non riusciamo a farne a meno, non riusciamo a gestire quella tensione forte che ci sale dentro, quella rabbia che ci prende d’impulso, ed ecco che diamo la sberla, la sculacciata. Non si tratta di un gesto ragionato. È un modo istintivo che usiamo per scaricare la nostra tensione, la nostra rabbia. E ci giustifichiamo dicendo che lo facciamo perché non mi ascolta, non riesco a farmi ascoltare, non so che cosa altro fare… Se ti ascolti mentre dai la sculacciata, appena prima che ti venga il senso di colpa, è come se una parte di te si fosse svuotata di un pezzo scomodo, senti quasi un senso di calma. Sberle e sculacciate quindi servono soltanto a chi le dà, perché liberano, sono uno sfogo, si scarica quella tensione data dalla frustrazione della rabbia. Subito dopo inizia il loop del senso di colpa: “Mannaggia cosa ho fatto! Non dovevo farlo, mi dispiace”… Ti chiedo, davvero con il cuore in mano, di considerare che non servono, non sono una soluzione valida per l’educazione dei tuoi figli e non portano nulla di buono nella relazione con i bambini, anzi li danneggiano. Non si fa nemmeno sugli animali, giustamente, non si fa con una pianta e lo facciamo con dei bambini?! Abbiamo gli strumenti per educare e sono anche meno faticosi. Soluzioni per diventare adulti più equilibrati ce ne sono tante, per gestire la relazione con i nostri figli in maniera dignitosa e decisamente più fisiologica per tutti. Dare schiaffi ai bambini, sberle, punire, urlare, svalutare, sminuire, umiliare non è dignitoso: danneggia la sua dignità, ma danneggia anche la nostra dignità di adulti genitori. Non voglio però che tu ti senta in colpa, non è un’accusa. Capisco cha magari anche tu sei cresciuta fra una punizione, una sberla e una sculacciata e giustamente non sai fare diversamente o non lo fai apposta. Capisco che non siamo abituati ad agire con un altro approccio, che non siamo in grado di gestire il nostro bagaglio emotivo perché nessuno ci ha insegnato, è così per tutti. Ma date le soluzioni alternative esistenti, lo possiamo fare per noi e per i nostri figli, possiamo creare insieme una generazione di adulti che non usa più questi strumenti. Ce la possiamo fare, un po’ alla volta. Schiaffi ai bambini: come facciamo a sostituire la sberla e la sculacciata? Innanzitutto è necessario tenere a bada e riuscire a gestire la nostra rabbia. La sculacciata, la punizione e le sberle che diamo a un bambino, sono frutto della nostra rabbia e del nervoso che non riusciamo a controllare. E’ necessario iniziare ad agire a monte, prima di arrivare alla reazione, all’esplosione di rabbia. Ecco due inviti che ti faccio: 1. Gestisci la rabbia. E’ necessario arriva a gestire sempre meglio i tuoi stati emotivi in modo da non arrivare a dover esplodere. 2. Preveniamo la rabbia Un’altra cosa utile è l’invito a riorganizzare la tua quotidianità e la tua routine giornaliera, viaggiare per priorità, perché a volte arriviamo talmente esausti, già sul punto di esplodere dai nostri figli che poi saltiamo in aria per la goccia che fa traboccare il vaso. Nessuno ci ha insegnato a calibrare le nostre energie durante la giornata, a come non stancarci troppo e dobbiamo farlo perché altrimenti quando arriviamo dai bambini, loro diventano dei capri espiatori. Arrabbiarsi non serve a niente e questo incide sulla relazione con i figli. Da Aiutante Magico è necessario avvicinarci ai figli e cercare di comprendere il problema 👉 Per esempio puoi fermarti a riflettere: “Perché mio figlio è aggressivo con me? Mi sta dicendo che non vuole fare una cosa?” “Ha preso un brutto voto a scuola, non ha riordinato dopo che gliel’ho detto dieci volte. Come mai? Come mai è successo questo?” 👉 Oppure ha picchiato sua sorella. Riflessione: è vero che non si fa, ma lui per primo sa che non si fa, allora devo andare ad aiutarlo a sanare questa ferita per cui si sente meno della sorella. Quindi a monte cerco di riuscire a risolvere questa situazione tra di loro. 👉 Altra situazione: ha portato a casa un brutto voto. Allora cosa serve dare uno schiaffo a tuo figlio, sgridarlo e arrabbiarsi? Cerchiamo invece di capire come mai è successo. Cerchiamo la causa e chiediamoci: che cosa non ha capito? È andato in affanno perché gli faceva paura la verifica? O aveva paura di non farla abbastanza bene e il cervello è andato in tilt? Cerchi di capire il motivo e ne parli con tuo figlio. 👉 Altro esempio: tuo figlio ti risponde male, in maniera aggressiva. Riflessione: siccome sai che non è cattivo o maleducato, forse ha una difficoltà? In questo periodo ha accumulato troppo nervoso o è stanco? Sta imitando me perché anch’io quando ho qualche problema mi arrabbio, alzo la voce? Anche in questo caso dare uno schiaffo al bambino risolverebbe la situazione? Non risolve il motivo per cui tuo figlio si comporta in un certo modo. E’ utile invece risolvere la vera causa. Per esempio se oggi ti risponde male perché è stanco, la soluzione potrebbe essere andare a dormire. L’indomani organizzerai meglio la giornata in modo che non si arrivi cotti (e nervosi) alla sera. Se è arrabbiato, aggressivo e risponde male perché è geloso della sorella o perché hai tu un modo sbagliato di dire di no allora è molto più utile andare a risolvere queste cause e intanto non entrare in una lotta di potere con lui. Troviamo la soluzione sia a monte che immediata, cioè non mi arrabbio ora e risolvo il problema che ci ha portato qui, come un vero Aiutante Magico. Quando noi perdiamo la calma, urliamo, comunichiamo ai figli che siamo deboli, fragili Infatti più l’adulto è violento e più è debole, è un adulto che non sa gestire i suoi sentimenti, che si sente fragile o insicuro tanto da credere di doversi arrabbiare o di dover fare la voce grossa per mostrare la sua autorevolezza. Quando urliamo o ci arrabbiamo siamo deboli e in difficoltà, non siamo calmi e fermi, presenti, non diamo l’idea di un adulto da ascoltare, che può essere la sua guida. Se è la prima volta che leggi queste cose so benissimo che puoi considerarle assurde. Ma prova a pensare a questo: secondo te chi è più stabile ed equilibrato: un adulto che esplode di rabbia, perde la pazienza e sa solo urlare e punire sfogando la sua frustrazione sui figli o sugli altri oppure un adulto che di fronte alle difficoltà riesce a mantenere la calma, la lucidità e sa come agire nell’immediato per risolvere la situazione? Fa male a tutti sentirsi dire queste cose, ma da qualche parte dobbiamo partire. Magari i bambini ascoltano e ubbidiscono se li congeliamo con una sberla o una sculacciata: ma lo fanno per paura o perché si fidano di noi? Ma veramente vogliamo che i nostri figli ci ascoltino per paura? Io preferirei che un bambino mi segua perché mi stima, perché ho creato una buona relazione con lui, perché sa che si può fidare e affidare. Non serve generare paura nel bambino, l’esperienza dimostra che non si ottiene niente di buono nella relazione con i figli. Vuoi saperne di più su come evitare schiaffi e sculacciate? Leggi l’articolo: Punizioni Bambini: soluzioni concrete per Educare senza Punire
Si attacca a Videogiochi e Telefono tutto il giorno
Vediamo come gestire al meglio i dispositivi tecnologici? Cosa puoi fare se tuo figlio vuole stare tutto il giorno attaccato a Tv e videogiochi?
Le 6 lezioni che ho imparato con bambini e ragazzi “difficili”
Ho trascorso cinque anni a stretto contatto con bambini e ragazzi considerati “difficili”. Oltre ad avermi arricchita dal punto di vista umano e ad avermi aperto gli occhi su un sacco di false credenze, il tempo trascorso con loro, 24 ore su 24, mi ha donato 6 grandi lezioni. 1. I figli considerati “difficili” non sono bambini e ragazzi difficili Difficili sono le situazioni e le circostanze che hanno vissuto. I bambini e i ragazzi che hanno alle spalle eventi spiacevoli manifestano spesso atteggiamenti violenti, scontrosi, oppure si estraniano, si isolano, tanto da sembrare “disadattati” o bambini/ragazzi “particolari”. Nel momento in cui l’adulto inizia a guadagnarsi la loro fiducia, a comprenderli e ad applicare le leggi che la natura prevede per la loro crescita, sempre (a breve o a lungo termine, a seconda della situazione) il bambino/ragazzo molla i meccanismi difensivi per lasciare spazio alla sua vera natura, dolce, docile e generosa. Quando ho potuto liberamente intervenire su di un bambino con difficoltà emotive ho sempre assistito al manifestarsi di questo processo regressivo e a un ritorno alla serenità. 2. L’amore senza se e senza ma vince tutto Quello che ogni bambino e ragazzo chiede è di essere amato incondizionatamente e di essere amato per quello che è. Raramente noi adulti soddisfiamo davvero questo loro bisogno: senza rendercene conto li manipoliamo, vogliamo da loro quello che piace o fa comodo a noi, secondo la scusa di “educarli bene”. Questo succede a causa dei modelli che noi stessi assorbiamo dal nostro ambiente familiare, che a sua volta ha appreso dai nostri nonni e così via… nessuno ha colpe! 🙂 Alcuni atteggiamenti di noi adulti sopra citati a lungo andare non funzionano, soprattutto di questi tempi e con i bambini sensibili che nascono oggi. Non possiamo più trovare scuse e questi nostri preziosi maestri ci chiedono di crescere, di diventare grandi, di abbandonare le corazze emotive e l’ego per lasciare libero respiro alla nostra autenticità. L’unica ricetta vincente è proprio l’AMORE, quello puro e disinteressato che non vuole e non ha bisogno di nulla in cambio. Dovendolo mostrare a loro, i nostri cuccioli ci danno la possibilità di allenarci e di diventare esperti verso quell’unica forza che può davvero accompagnarci alla realizzazione, alla salute e alla felicità. Se vuoi sapere come aumentare la qualità del tempo che trascorrete insieme puoi leggere Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo 3. Figlio difficile o impossibile? Se vai in reazione e ti arrabbi sei finito Qualsiasi cosa cerchi di mettere in campo quando sei preda della reazione e della rabbia non funziona e il bambino perde fiducia in te. Dalla tua reazione il bambino deduce che lui non va bene e che tu non gli credi. 1️⃣ La reazione non è mai causata da quello che ha fatto il bambino, ma da una tua frustrazione: non sono riuscita a fargli fare quello che voglio, mi rovina i piani, sono nervosa e ora ci si mette pure lui, è tutto suo padre, non sono capace di farmi ascoltare… 2️⃣ La reazione spaventa il bambino che non comprende il perché di questo atteggiamento esagerato (se ha sbagliato, non lo ha fatto apposta, altrimenti non lo avrebbe fatto). In più minaccia notevolmente la sua autostima e la stima nei confronti di noi adulti. Infatti come avrai già notato la rabbia, l’impazienza, il nervosismo non aiutano a migliorare il rapporto di fiducia reciproco e impedisce al bambino di trovare sempre il suo porto sicuro rappresentato dalla comprensione di mamma e papà. 4. La buona organizzazione quotidiana è un asso nella manica vincente anche con “figli difficili da gestire” Essere ben organizzati permette di guadagnare un sacco di tempo durante la giornata che può essere dedicato a momenti di qualità con i propri figli. Inoltre per il bambino vivere in un ambiente e in un tempo ordinati e armonici è sinonimo di sicurezza, pace e tranquillità. 5. Con il gioco, la comprensione e la pazienza si vincono tutte le resistenze Per avere la stima del bambino e dell’adolescente e garantirgli il meglio a livello di educazione e di qualità di vita dobbiamo agire secondo i suoi bisogni, secondo modalità a lui comprensibili e secondo quello che lui si aspetta veramente da noi. Per esempio tuo figlio apprende con il gioco, quindi non puoi sperare di insegnargli delle regole in altro modo se non con il gioco, il divertimento. Allo stesso modo il suo mondo è fatto di serenità, gioia. Una delle sviste che involontariamente spesso commettiamo è pensare di doverlo svezzare fin da subito nei confronti delle difficoltà della vita (che sono solo nella nostra testa…). La stessa cosa vale per l’adolescente. Forse con lui non giocheremo più ai pirati o a fare le mammine, ma comunque possiamo entrare nel suo mondo. Possiamo comprendere le sue motivazioni, accettare la sua visione delle cose e aiutarlo a manifestare la realtà che lui desidera. Se anche noi adottiamo pazienza e comprensione, possiamo ottenere sempre il meglio da lui ed elevare la qualità della nostra vita. 6. Come comportarsi con figli difficili? La fiducia dei bambini e dei ragazzi te la devi conquistare I bambini e i ragazzi non ci devono nulla: tutto quello che facciamo per loro deve essere a titolo amorevolmente gratuito. Tutto quello che ricevono lo renderanno poi ai loro figli: “è una ruota che gira”. Anche se noi adulti siamo apparentemente in posizione privilegiata adatta a dare regole a dare o a privare, in verità non è così. I bambini sono in posizione privilegiata perché sono puri, perfetti e con un enorme potenziale in via di sviluppo, sensibili alle corde fuori nota. Ecco che per avere con loro un rapporto eccellente dobbiamo ogni giorno accordarci ai loro toni e meritare i loro sorrisi, la loro stima.
I capricci non esistono: la Guida completa di Bimbiveri
So benissimo che il titolo i capricci non esistono ti fa passare la voglia di leggere e magari stai pensando: “esistono eccome! vieni a casa mia e ti faccio vedere quelli di mio figlio!” Ti chiedo solo un po’ di pazienza e di provare a mettere da parte le convinzioni che hai avuto finora nel leggere questo articolo e vedrai che una spiegazione valida potrebbe esistere. Tra tutte le piccole e grandi magagne quotidiane che danno del filo da torcere a mamma e papà, i capricci, le crisi di rabbia, le crisi di pianto o le crisi definite “isteriche” sono spesso molto rinomati perché: 1️⃣ Non si sa perché i bambini li facciano. Quando vogliamo darci una spiegazione accampiamo delle motivazioni ipotetiche come “sono sciocchi capricci”, “vuole farmi arrabbiare”, “saranno i terribili 2 anni”… 2️⃣ Infastidiscono l’occhio e il cuore dei genitori 3️⃣ Preoccupa e irrita il fatto di non sapere come risolvere la crisi di rabbia o di pianto e far tornare la situazione alla normalità Insomma, sono quelle cose che, a lungo andare, gli adulti proprio fanno fatica a sopportare. I capricci sono tante cose, una diversa dall’altra, sempre unici con sfumature differenti di volta in volta. Arrivano di soppiatto quando meno te lo aspetti e possono apparentemente scatenarsi per qualsiasi motivo, non sappiamo bene da cosa dipendano e sono terribilmente imprevedibili. Ma c’è una cosa davvero importante da sapere: i capricci non sono “capricci”… e non esistono Il dizionario online Hoepli ci dice che i capricci sono: Voglia bizzarra, insolita, improvvisa, generalmente effimera. Idea bizzarra e ostinata, comportamento irragionevole e arbitrario. Evento, fenomeno inusitato, incomprensibile. Dato che queste manifestazioni del bambino non le sappiamo comprendere con il tempo abbiamo imparato a definirli “capricci”. Proprio come se fossero comportamenti bizzarri, insoliti, improvvisi, fugaci e passeggeri, ma anche ostinati, irragionevoli. Discutibili e non autorizzati. Incomprensibili. E questo è il vero guaio! Solo perché questi comportamenti per noi sono incomprensibili e ingestibili e sono diventati capricci, non vuol dire che lo siano davvero. E infatti non sono tali per niente. Tutti i comportamenti dei bambini che noi cataloghiamo distrattamente come capricci sono sempre manifestazioni di un disagio e un tentativo di comunicare una difficoltà che non sanno esprimere a parole. Se i bambini e i ragazzi sapessero esprimere tutto a parole, stai pur certo che lo farebbero! Il guaio è che troppo spesso confondiamo i bambini per dei piccoli adulti e crediamo che come noi siamo bravi a recitare e a manipolare lo siano anche loro e quindi inscenino delle sceneggiate e dei brillanti teatrini. Ma i bambini non sono così, se sentono bianco esprimono bianco, se sentono nero esprimono nero. Quindi, quando piangono, quando puntano i piedi, quando si buttano per terra, quando chiedono insistentemente qualcosa non stanno recitando affatto. Ecco perchè i capricci dei bambini non esistono. Hanno sempre dunque un ottimo motivo e la nostra difficoltà in qualità di adulti sta proprio nel comprendere cosa si cela dietro e cosa nostro figlio sta cercando di dirci. Matteo torna da scuola e fa i “capricci”: vuole solo la pasta bianca Per esempio Matteo una mattina si sveglia e non trova più in camera il suo giochino preferito, è arrabbiato e si porta dietro quel nodo di tristezza. Ecco che magari, tornato da scuola con il “suo bagaglio di emozioni” in ebollizione non risolte, manifesta sintomi esterni come il rifiuto di sedersi al suo posto a tavola e pretende la pasta bianca mentre tu hai già messo il sugo rosso in tutti i piatti… Se consideri solo il suo comportamento esterno, è evidente che per te sta facendo un “capriccio” e magari pensi che una semplice alzata di voce o un castigo possa essere la soluzione. Se invece ti metti nei suoi panni, scopri che è solo arrabbiato e, non avendo ancora la capacità di raccontare i suoi sentimenti a parole, esprime con comportamenti esterni, che noi chiamiamo capricci, il suo disagio. Ecco la causa! Come comportarsi con i bambini “capricciosi”? 5 soluzioni per crisi di rabbia, crisi di pianto o crisi isteriche Vediamo ora 5 indicazioni pratiche che possono da subito aiutarti a comprendere i comportamenti “capricciosi” dei tuoi figli. 1️⃣ Avvicinati a tuo figlio rendendoti disponibile ad ascoltarlo prima di accampare giudizi avventati 2️⃣ Evita il tono accusatorio, chiedi in modo neutrale e con calma che cosa è successo, senza utilizzare le solite frasi “cosa hai combinato?” “ma perché adesso devi fare così?” (l’accusa lo fa sentire incompreso e si chiude ancora di più) 3️⃣ Ascoltalo attentamente guardandolo negli occhi e prendendo seriamente per valido tutto quello che ti dice, senza pensare che siano scuse o che ti stia dicendo delle bugie (ricordati che ha sempre un valido motivo) 4️⃣ Vai oltre le sue parole: lascia che il tuo intuito faccia la sua parte e indipendentemente dal racconto del bambino che può rispecchiare oppure no il suo vero stato d’animo, cerca di coglierlo comunque, individuando il sentimento che c’è dietro. Potrebbe essere che tuo figlio si senta solo, non ascoltato, poco guardato, oppure che abbia bisogno di coccole, della tua presenza totale, oppure che davvero abbia fame, sonno, o abbia paura, o si sia arrabbiato per qualcosa. 5️⃣ Rassicuralo e aiutalo nella pratica a risolvere la situazione: per esempio se ti dice che è arrabbiato perché ha perso il giochino preferito, gli puoi dire: “amore, hai ragione, non trovi il gioco e questo ti rende triste, andiamo subito in cameretta e andiamo a caccia del gioco, vedrai che lo troviamo”. E se non lo trovate? Anche qui trova una soluzione pratica, per esempio, lo rassicuri e gli dici che nel pomeriggio potete uscire insieme e comprarne un altro, oppure che ti impegnerai a cercarlo per bene nei prossimi giorni anche a casa dei nonni o a scuola. Quale sarà il risultato? Si sentirà compreso perché hai perfettamente intuito cosa lo rendeva triste, non lo hai colpevolizzato e hai trovato delle soluzioni e, aiutandolo nella pratica, si calmerà e questo incrementerà il suo grado di fiducia nei tuoi confronti, perché è consapevole che mamma e papà sono in grado di comprenderlo e aiutarlo. La fiducia e la stima costruita attraverso queste piccole ma grandi azioni sarà fondamentale per tutte le tappe successive di crescita. I 3 ostacoli che mettono in difficoltà i genitori… anche se i capricci non esistono! Le difficoltà principali sono in tutto 3, scopriamole insieme. 👉 Il primo ostacolo Il primo ostacolo è la grande difficoltà a riconoscere il reale bisogno del bambino e a non confonderlo con un “capriccio” o con una crisi senza un motivo valido. La maggior parte delle volte risulta paradossalmente più facile etichettare il comportamento del bambino come “capriccioso” e delegare a lui la responsabilità, piuttosto che vedere la nostra e dover fare nell’immediato qualcosa di efficace. 👉 Il secondo ostacolo Non sapere come fare a risolvere la situazione nella pratica. 👉 Il terzo ostacolo Tendiamo a voler risolvere la crisi con l’obiettivo di far calmare le acque, di tornare a una sorta di normalità, di non avere troppi gratta capi da gestire e di far star bene il bambino (ovvero: che non pianga, non urli, non imprechi, sia sereno, ascolti e dia pochi problemi, così vuol dire che sta bene). In verità se il bambino si sente libero di manifestare un problema o un’emozione interiore vuol dire che sta benissimo. Molto meglio di bambini che si sentono costretti per sopravvivenza ad assecondare i genitori e si adattano ai loro schemi pur di essere amati. L’obiettivo principale deve essere invece quello di andare a fondo del sentimento di nostro figlio, di individuare la motivazione profonda, agire su quella, trovando la soluzione ottimale per il bambino e non per noi. Meglio arginare e fermare i capricci o è meglio comprenderli e accoglierli? (10 dubbi risolti) Ora che abbiamo chiarito perchè i capricci non esistono qui sotto trovi le risposte ad alcune domande frequenti sul tema “capricci”. 1. Perchè i bambini fanno i “capricci”? In questo articolo approfondisco cosa sono davvero i comportamenti che noi adulti etichettiamo come “capricciosi”. Troverai anche esempi pratici come: Spegnere la Tv con urla e minacce o spegnerla senza capricci? E se mio figlio di 2 anni chiede sempre la cioccolata? L’Anticipo del Bisogno (ovvero si prevengono e risolvono i capricci dei bambini, le crisi di rabbia o le crisi isteriche) LEGGILO QUI: Perché i capricci di tuo figlio non sono comportamenti isterici e inspiegabili (e come puoi risolverli senza urla o sgridate) 2. Cosa sono i terribili 2 anni? Quando finisce questa fase? La maggioranza delle mamme si chiede quando inizia e quando finisce la fase dei terribili 2 anni dei bambini (o dei terribili 3) e quanto dura questo periodo. Scoprirai che la soluzione non è mai focalizzarsi su una fase definita terribile a 2, 3 o 4 anni di tuo figlio… LEGGILO QUI: E se i terribili 2 anni non esistessero? E i terribili 3 anni? 3. Mio figlio non mi ascolta e non accetta le regole: cosa posso fare? Spesso i conflitti con i figli, i “capricci” e lotte di potere sono causate dalla difficoltà a farsi ascoltare, far accettare un limite o un no. Scopri perché tuo figlio non collabora, non accetta i tuoi No o non rispetta le tue regole. LEGGILO QUI: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no 4. Come calmare l’aggressività nei bambini e nei ragazzi? A volte bambini arrabbiati e molto nervosi possono diventare aggressivi e arrivare a rompere oggetti, graffiare, mordere o picchiare i genitori. Scopri i 5 motivi che scatenano l’aggressività e le 4 soluzioni per gestire gli episodi di la rabbia dei bambini. LEGGILO QUI: Smettila di essere aggressivo! 5 motivi che scatenano l’aggressività dei bambini con i genitori e a scuola 5. Capricci tra fratelli per gelosia: come gestisco le liti e le gelosie tra fratelli? Scopri come gestire il litigio fra i tuoi figli iniziato quando non c’eri, 4 passi per risolvere (e 1 per prevenire) se i tuoi figli litigano sempre. LEGGILO QUI: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli 6. Le punizioni per i figli sono utili o sono dannose? La punizione è l’arma più inefficace per risolvere “capricci”, lotte di potere, episodi di nervosismo, gelosie e litigi dei figli. LEGGILO QUI: La punizione è la via più efficace per reprimere tuo figlio (e che disintegra la sua fiducia nei tuoi confronti) 7. Quale libro posso leggere per risolvere i capricci di mio figlio? Puoi iniziare dal libro “Smettila di fare i capricci” (edizioni Mondadori): come risolvere i capricci di tuo figlio senza urla e sgridate, anche se pensi di averle già provate tutte. Troverai tutti i dettagli e i casi pratici che ti confermeranno che i capricci non esistono. 8. Come gestire i capricci dei bambini di 1 anno? Cosa fare con figli capricciosi e disubbidienti a 4 anni? Ci sono 3 linee guida fondamentali per comprendere la causa di qualsiasi tipo di “capriccio” di tuo figlio: 1. il nodo emotivo, 2. la vera motivazione e 3. le regole. Non ha importanza se oggi tuo figlio ha 2 anni, 6 anni o 8 anni. I principi da seguire sono sempre gli stessi. LEGGILO QUI: Capricci dei Bambini da 1 a 10 anni (come gestirli e prevenirli) 9. Come insegnare l’ordine ai bambini? Se ogni giorno riordinare i giochi genere lotte infinite e tuo figlio si rifiuta di collaborare puoi ricorrere alla tecnica dello “svezzamento”. LEGGILO QUI: Figli disordinati: come insegnare l’ordine con la tecnica dello svezzamento 10. Cosa posso fare quando mio figlio ha una crisi di pianto o una crisi di rabbia? Scopri come aiutare i tuoi figli quando sono molto più nervosi, “capricciosi” o rompono i giochi: LEGGILO QUI: Come sgonfiare “crisi” e nervoso di tuo figlio
Ti senti sbagliata e incapace? E invece sei perfetta così come sei.
Non sono enormi, difficili o stratosferiche le cose che possono fare la differenza nella relazione con i nostri figli. La differenza la fanno alcune piccole cose che tutti possiamo fare. In questo video ti spiego come alleggerire “lo zaino” pesante che ci teniamo sulle spalle, colmo di tutto ciò che non serve, e come invece arricchire il cesto che teniamo davanti, tra le braccia, con ciò che ci è più utile per migliorare e rafforzare il rapporto con i figli. Ti sarà utile per tutte le volte in cui pensi di te stessa: “Non mi sento brava!” “Mi sento imbranata!” “Ogni cosa che faccio è sbagliata!”