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Capricci per vestirsi: perché i bambini non si vogliono vestire?
La mattina tuo figlio non si fa vestire e fa un sacco di “capricci” per prepararsi? In questo articolo vediamo cosa fare quando i bambini fanno “capricci” per vestirsi, quando tuo figlio non vuole mettere le scarpe o non vuole indossare i pantaloni o una maglia. La situazione peggiora quando i minuti al mattino sono contati e tuo figlio non ascolta e urla perché si rifiuta di vestirsi per andare a scuola o se avete un appuntamento… Le indicazioni che leggerai sono utili anche per comprendere altri “capricci” del mattino, per esempio: se tuo figlio si rifiuta di fare colazione si rifiuta di uscire di casa se vuole restare a letto se arrivano pianti disperati perché dovete lasciarlo con la nonna o la babysitter C’è un motivo se i bambini non vogliono farsi vestire o non si vestono da soli? I bambini hanno sempre un motivo per cui si comportano in un certo modo. Se consideriamo che tutti i bambini del mondo non sono cattivi, sono spontanei, sereni, seguirebbero mamma e papà tranquillamente, le loro regole e le loro indicazioni, dobbiamo sempre domandarci come mai si comportano in un modo differente. Questo “come mai” non riguarda il bambino che: “è rompiscatole”, “che vuole farci arrabbiare”, “che è cattivo”, “è fatto male”… In verità c’è sempre una motivazione valida, che ha un senso, per spiegare il comportamento che hanno. Quindi la mattina non vuole vestirsi per andare a scuola o non vuole mettere le scarpe o i pantaloni? Scopriamo quali possono essere i motivi. Possono essere vari, ecco i principali: Motivo 1: approfittano del momento mattutino. I bambini sanno che bisogna uscire, sanno che papà e mamma devono andare a lavorare e sanno che la scuola chiude, quindi sanno che quel momento è ottimo per attirare la vostra attenzione. Se iniziare a risponderti con dei secchi il loro No!, se puntare i piedi con “io non voglio, non voglio”, innesca questa lotta di potere, sanno che voi vi impegnerete tantissimo a stare lì con loro. Poi sì, probabilmente vi arrabbierete, ma starete lì con loro, mollerete tutto quello che avete da fare in giro, non penserete a fare il caffè, non penserete a vestire voi stessi, non penserete al lavoro. Non penserete a niente: mollerete tutto e andrete lì da vostro figlio perché si vesta e per riuscire a convincerlo. Sembra paradossale, ma quando i bambini hanno la sensazione di non stare abbastanza tempo con noi, di trascorrere un tempo di qualità con noi, approfittano anche di questi momenti per comunicarci tramite i “capricci” per vestirsi o per uscire: “cavoli! almeno così stai con me. Ti prego, anche da arrabbiata ma stai con me. Non voglio che passi poi ancora una giornata, tu adesso mi porti a scuola e io starò di nuovo tutta un’intera altra giornata senza vederti, senza vivere il rapporto con te. E poi quando tornerai a casa sarà la stessa cosa perché tu sarai di fretta. Perché dovrai cucinare, perché smanetterai con il cellulare, perché dovrai rispondere alla zia, perché mi chiederai di lasciarti tranquilla, perché dovrai fare le lavatrici e poi sarà ora di andare a dormire. Mi metterai a letto e la giornata sarà passate di nuovo e io con te quando sono stato? Quando mi sono sentito davvero amato da te? E quando ho giocato con te? Quando ho sentito proprio la nostra relazione stringersi? Quando? Allora allunghiamo questo tempo la mattina e, visto che non so come farlo, lo faccio con questa lotta di potere”. Le vere motivazioni dei “capricci” che fanno i bambini per vestirsi sono sempre a monte. Quindi, in questo caso, dobbiamo cercare di orientare meglio il tempo di qualità, dare priorità alla qualità del tempo che passiamo con loro. Motivo 2: altre volte invece i bambini innescano questa lotta di potere e non si vogliono vestire come una sorta di sfogo. Se per esempio, involontariamente, siamo nervosi con loro, arrabbiati, li rimproveriamo, gli gridiamo contro, alziamo la voce, li strattoniamo, siamo impazienti, allora ecco che alla prima opportunità in cui sanno di darci fastidio perché abbiamo fretta di andare a portarli a scuola o andare al lavoro, allora ecco che cercano di ripagarci con la stessa moneta: “Tu non te ne accorgi mamma, mi tratti in questo modo, allora io non mi vesto, i vestiti non me li metto, questi non li voglio e non voglio andare… Capirai che è lo stesso atteggiamento che hai tu con me o no!?” Anche qua dobbiamo andare a risolvere il vero motivo: dovremmo allora cercare di essere più calmi, più disponibili, fermi quando bisogna esserlo ma senza arrabbiarsi, senza punire e senza essere aggressivi. Motivo 3: i bambini hanno bisogno di sfogare delle tensioni. Succede spesso ai bambini di oggi perché non vivono una quotidianità serena come avrebbero bisogno di vivere. Vivono i nostri ritmi frenetici e le nostre ansie. Di giorno siamo sempre di fretta, non c’è qualcuno che li accolga veramente, che calmi i ritmi, che li rallenti, una persona serena che trasmetta loro: “Ho tutto sotto controllo, stai tranquilla, ci sono io”. Si riempiono come delle pentole a pressione e quando hanno bisogno di esplodere basta la minima cosa. Quando sanno che tu sei lì presente perché devi insistere e li devi vestire, esplodono dicendo “quello non lo voglio mettere!”, ma in verità hanno bisogno di sfogare tutta la tensione nervosa che accumulano. Questa tensione si accumula anche quando la relazione con loro è un pochino troppo rigida. Magari sentono le nostre aspettative su di loro, i giudizi su di loro, il nostro nervosismo. Magari il nostro atteggiamento nei loro confronti è: “fai questo, fai quello. Ti ho detto di comportarti così, ti ho detto di essere così, no, così no”… Una relazione eccessivamente basata sulla rigidità produce questa tensione. Paradossalmente la stessa cosa la produce una relazione troppo molle, quando il bambino non ha delle regole, quando non ha una sana fermezza, quando non ci sono dei genitori che sanno decidere per lui che sanno prendere le situazioni in mano. Allora i bambini rimangono senza degli argini in cui navigare e questo crea di nuovo molto nervosismo, che sfogano anche in momenti come quello del mattino e del vestirsi. È fondamentale risolvere la motivazione nel tempo, a monte occorre lavorare sulla vera causa, durante il giorno, durante le settimane, per cambiare toni e modo o ritmi, ovvero la causa vera delle loro esplosioni. Come fare se il tuo bambino fai i “capricci” per vestirsi al mattino? Nel frattempo, sul momento, l’ideale è non arrabbiarsi. Occorre mantenere la calma e per facilitarci il lavoro potrebbe essere necessario svegliarsi prima, anche se è un po’ faticoso, avere già tutto fatto e preparato prima di svegliarli ed essere lì con loro, disponibile, avere la calma per non arrabbiarsi e seguire i loro ritmi. Non avere l’orologio che ci pressa perché dobbiamo correre al lavoro o portare nostro figlio a un appuntamento e poterci prendere un momento di calma, respirare, non innervosirci, tanto abbiamo tutto il tempo a disposizione è un’ottima base di partenza e per prevenire il nostro nervosismo. Se tua figlia dice: “Io questo vestito non me lo voglio mettere!” ci giochiamo un po’, cerchiamo di sdrammatizzare e possiamo dire: “Davvero non vuoi mettere? Come mai? Forse perché mi sono sbagliata, questa non è una gonnellina, questo è un cappuccio o cappello? Allora aspetta, me lo metto io, mi metto il cappuccio, il cappello…” Se loro vedono che non c’è presa, che non possono farci arrabbiare, che restiamo sereni e addirittura scherziamo allora a quel punto si rasserenano. Oppure per il pantalone possiamo dire scherzandoci su: “allora me lo infilo io questo pantalone… ma non mi passa, mannaggia ho il piede che è grande come la tua gamba! Caspita! Che facciamo allora?” Se siete veramente zen e non siete giudicanti la lotta di potere si spegnerà molto prima sul nascere. Cosa potrebbe non funzionare se tuo figlio non vuole vestirsi al mattino 1. Il nostro vulcano interiore La cosa che a volte succede, ahimè, è che dentro di noi abbiamo un doppio dialogo contrastante: magari pensiamo “ok facciamo come dice Roberta” e diciamo: “Amore ma questa non è una gonnellina, è un cappellino, allora guarda se lo mette mamma”. dentro di noi pensiamo: “Porca Miseria, ti spicci a mettere questa gonna che devo andare a lavorare? Ma tutte le mattine sempre la stessa storia? Ma con me con tutto quello che faccio per te, tutti i sacrifici che facciamo… Basta!’” Se questo in verità è quello che pensiamo, al di là delle parole che diciamo, non funzionerà, perché i bambini hanno bisogno di sentire che in quel momento soprattutto ci interessa accogliere la loro emotività e risolvere il loro disagio. E non avrai bisogno di ore. E’ necessario essere veramente con loro e per loro, avere tempo per loro. È un suggerimento importante ed è ciò che va fatto. Ci vorrà allenamento, sicuro, ma va fatto, perché tutti noi possiamo acquisire questa calma. Ecco perché il primo suggerimento utile resta fare le cose in anticipo e svegliarsi un po’ prima al mattino in modo da ridurre la nostra pressione e per avere minuti preziosi in più per gestire questi imprevisti. 2. Esplicitare il motivo che ha scatenato il “capriccio” per vestirsi Può essere utile poi esplicitare ai vostri bambini il vero motivo per cui si sentono o si comportano così. Possiamo per esempio dire: “Amore, secondo me non è mica la gonnellina. Secondo me è che non hai proprio voglia di andare a scuola (o dalla nonna), vuoi stare a casa con la mamma… Amore mio, lo so che sei ancora arrabbiata perché ieri sera mamma si è arrabbiata. Non ti abbiamo fatto vedere il cartone (o Luca ti ha rotto il gioco), vero? Sei ancora arrabbiata per questo, siamo andati a dormire, niente coccole e sei ancora arrabbiata per quella cosa.” Se i bambini sentono che voi lo sapete, che siete disposti ad aiutarli, si tranquillizzano, perché loro cercano il vostro aiuto. Che vi risponda di Sì o che vi dica No, se sai qual è la causa e vai a colpo sicuro, abbracci la tua bimba, la accogli, il risultato è che si veste senza più parlare o arrabbiarsi. Personalmente non sono mai arrivata a dover vestire un bambino in macchina, perché se i passaggi prima sono fatti con il cuore non si arrivata a tanto. Certo, bisogna però mantenere la calma 😊. So che non è semplice ma è possibile. Come prevenire le lotte di potere quando tuo figlio rifiuta i vestiti che proponi Un altro aspetto è che, se i vostri bambini nei primi anni sono abituati a decidere tutto, è difficile che all’inizio accettino che voi vogliate per loro quei vestiti, questi orari, questo cibo a pranzo o questo a colazione. Se siete abituati a fare loro le domande: “Cosa vuoi? Vuoi mettere questi pantaloni? Vuoi mettere quello? Andiamo al parco, andiamo dalla nonna, aspettiamo ad andare dalla nonna? Ti cambio il pannolino? O non lo cambiamo? Vuoi mangiare adesso? Cosa facciamo?” Se si abituano a decidere, per loro sarà difficile accettare le vostre regole, anche se ne hanno un bisogno estremo. Infatti senza regole i bambini sono nervosi, hanno bisogno di dritte. Ecco perché è importante badare a questo aspetto, tornare a quella fermezza sana, saggia che noi possiamo costruire dentro, che manifestiamo senza arrabbiarci, senza durezza ma in maniera diretta e serena. Per riassumere: se i nostri figli fanno i “capricci” per vestirsi la mattina, non vogliono indossare i pantaloni o si rifiutano di fare colazione dobbiamo andare alle cause, alle motivazioni. E sul momento è importante non arrabbiarci, sdrammatizzare e poi accogliere, svelare, mettere in chiaro quello che loro stanno provando, come mai sono arrabbiati, come mai si stanno comportando in questo modo, e poi accoglierli. Spero che queste soluzioni ti siano utili per tutte le volte in cui tuo figlio o tua figlia fanno i “capricci” per vestirsi o non vogliono indossare una maglia o un pantalone. Se vuoi approfondire come comprendere e gestire i capricci di tuo figlio puoi leggere qui l’articolo I capricci non esistono: la Guida completa di Bimbiveri
Ritorno a scuola: 4 step per evitare ansia, tristezza e nervosismo
Se hai dubbi su come organizzare il rientro a scuola devi sapere che ci sono diverse soluzioni per aiutare tuo figlio a superare il “trauma” del ritorno sui banchi. Vediamo come prepararsi per il rientro a scuola evitando ansia e tristezza, come si fa a riprendere il ritmo, come possiamo gestire al meglio i compiti, come affrontare le settimane prima e i primi giorni dopo l’inizio della scuola. Figli con l’ansia da ritorno a scuola? Iniziamo con il primo passo: 1. Accogli come si sentono per evitare nervosismo e tristezza Spesso, arrivati alla fine delle vacanze, a una settimana dall’inizio del nuovo anno scolastico e dal rientro a scuola tendiamo a preparare i nostri figli con frasi minacciose come: Guarda che la prossima settimana si ricomincia! Guarda che non potrai più dormire fino a tardi! Possiamo invece fare l’opposto e dedicarci ad accogliere, la loro eventuale frustrazione. Ad esempio possiamo avvicinarci al loro sentire e dire: Guarda, lo so che non ne hai affatto voglia, lo capisco. È tutta l’estate che c’è un bel tempo andiamo in piscina e ti puoi svegliare più tardi. Non hai voglia di ricominciare. Quando ci mettiamo nei loro panni si sentono ascoltati e di conseguenza sarà più facile che ci esprimano come si sentono. In questo modo saranno meno nervosi, tristi e sarà più facile per te comprendere come aiutarli in questo passaggio dall’estate al rientro a scuola. Più la loro frustrazione viene fuori, e meno la dovranno accumulare nelle prime settimane per poi sfogarla, ad esempio, quando è ora di iniziare a fare i compiti o svegliarsi al mattino. I figli più si sentono compresi e più riescono a tirar fuori le energie e la loro forza e capacità di adattamento, per sostenere ritmi che magari non sono così vicini alla loro natura o non sono meravigliosi come quelli delle vacanze. Evita un inizio brusco: usa lo “svezzamento” per rientrare a scuola gradualmente Alla ripresa, ricominciare bruscamente sicuramente non è ideale. Possiamo infatti adottare una sorta di svezzamento, esattamente come facciamo con il cibo quando sono piccoli. Quindi cosa possiamo fare nel pratico per rendere meno brusco il ritorno a scuola dopo le vacanze? 2. Non alterare troppo i ritmi durante le vacanze Possiamo evitare, durante il periodo estivo, di alterare troppo i ritmi. Ad esempio, se la sveglia la mattina in genere è intorno alle 6:00-7:00, magari durante l’estate li sveglieremo alle 8:00-8:30 evitando se possibile che dormano fino a mezzogiorno. Diventerà infatti davvero difficile, dopo un’estate piena di sregolatezza, ritornare poi a settembre a dover seguire di nuovo tutte le regole che diventeranno troppo pesanti con l’inizio della scuola. Quindi il consiglio è di cercare di creare un ritmo e buone abitudini: la sveglia non troppo tardi, una programmazione dei compiti o del ripasso (a seconda dell’età), continuare a collaborare in casa se durante l’anno era già un’abitudine, ecc. 3. Mantieni le abitudini delle vacanze nelle prime settimane Allo stesso modo, quando si riprende la scuola, possiamo cercare di mantenere nelle prime settimane delle abitudini tipiche delle vacanze. Ad esempio possiamo andare ancora ogni tanto in piscina o ripetere dei giochi che facevamo con gli amici in cortile quando non c’erano compiti da svolgere. Cose di questo tipo aiutano il bambino ad affrontare questo passaggio in maniera più armonica e meno pesante. 4. Come organizzare i compiti estivi Spesso possono esserci molti compiti e anche per i genitori l’idea di tornare a scuola e a fare i compiti con i propri figli può essere pesante da affrontare. Può essere il periodo delle vacanze un’occasione perché i figli trovino il piacere e la voglia di fare le cose da soli, in autonomia? Vediamo cosa si può fare in base all’età. 👉 Scuola elementare Quando i bambini sono molto piccoli, quindi dai primi anni delle scuole elementari e perché no, anche fino alla fine dei 5 anni di scuola elementare, è ancora difficile per loro essere autonomi completamente. Quindi, paradossalmente, più hanno il supporto e la supervisione di un adulto, più diventeranno autonomi, durante il periodo delle medie o delle scuole superiori. 👉 Da fine scuola elementare/Dalle scuole medie Invece, se siamo verso la fine del ciclo delle elementari o già nelle scuole medie, il periodo dell’estate può diventare un’occasione per lavorare sull’autonomia. Questo grazie al fatto che ci saranno ritmi un pochino più rilassati e non pressanti come durante l’anno scolastico, senza l’ansia del compito in classe o dell’interrogazione. Ovviamente utilizzando anche dei metodi che siano simpatici, divertenti, creativi, si può utilizzare questo periodo sia per fare i compiti che per eventualmente recuperare alcune lacune dell’anno scolastico precedente. I compiti in aiuto alla disciplina Anche il momento dei compiti può essere d’aiuto per ritrovare autonomia e disciplina. Anche se i bambini hanno voglia di essere collaborativi e hanno voglia di imparare spesso la disciplina e la voglia vengono meno quando la modalità in cui compiti vengono strutturati è un po’ lontana dal modo di apprendere del bambino. Spesso i compiti che vengono assegnati ai bambini sono quasi più adatti ad un adulto che è abituato a ripetere in maniera piuttosto monotona lezioni o operazioni. I bambini invece imparerebbero e farebbero i compiti molto più volentieri se questi esercizi fossero fatti in maniera un pochino più interattiva. Per esempio, per quanto riguarda le operazioni e i problemi di matematica, per i bambini è più facile se vengono abbinati ad una situazione concreta, come quella del mercato, del supermercato o del negozio. La lezione di storia o di geografia per i bambini è molto più facile da imparare se viene raccontata loro come una storia che non invece dicendo: “Leggi queste cinque pagine finché non le impari a memoria. Poi ripetimele e vediamo se hai imparato”. Questo per i bambini è molto noioso e allora ecco che diventa importante per esempio approfittare proprio del periodo estivo per aiutare i bambini con questa modalità. E questo aiuta anche molto la loro disciplina e la loro autonomia. Ricomincia anche lo sport: può essere utile per ritrovare la disciplina? Lo sport non dovrebbe essere eccessivo, perché spesso oggi i bambini e ragazzi sono sovraccarichi anche di molte attività. Ma se lo sport scelto è uno sport che appassiona tuo figlio, è fondamentale e aiuta tantissimo: – Sia perché gli permette di esprimersi con il corpo, di muoversi: i bambini hanno tanto bisogno di questo tipo di espressione che spesso la scuola, per vari motivi, non consente. – Sia perché è un ottimo strumento per divertirsi, svagarsi se è una sua passione. La base fondamentale per affrontare l’ansia e lo stress da ritorno a scuola (e che fa tutta la differenza per tuo figlio) Anche i bambini e i ragazzi, come gli adulti, possono ritrovarsi in una condizione di stress mentale che magari in qualche modo condividono con i loro genitori. Cercare allora di mantenere in estate una routine non troppo alterata crea una sorta di continuità. In questo modo il riadattamento alla routine scolastica diventa più facile. Ecco perché dobbiamo poi ricordarci sempre di accoglierli. Non giudichiamoli ed evitiamo di iniziare dicendo frasi come: Ma dai, vedrai che ti piace! Ma guarda che ritrovi tuoi amici… Come ti ho suggerito all’inizio dell’articolo la base fondamentale è sempre l’accoglienza e la comprensione. Se tuo figlio ti dice: Non ho voglia, ho paura di nuovo di dover sostenere le tensioni dei compiti in classe. Ho paura dei troppi compiti…. Lascialo parlare senza giudicarlo ed evita il più possibile di farlo sentire inadeguato o sbagliato. Infatti più tuo figlio si sentirà capito e più sarà sereno e tranquillo nell’esprimere cosa sente. Perché insisto sull’accoglienza? Perché se riesci ad aver cura di questo passaggio tuo figlio sarà più sereno e mettere in pratica tutti gli altri suggerimenti di questo articolo quando sarà ora di rientrare a scuola sarà molto più facile :- ) Naturalmente ci tengo a sottolinearti che se mantenere sane abitudini anche in estate aiuta, ricordiamoci anche sempre che l’estate è anche un momento d’oro per riprendere in mano la nostra vita, ritmi più sani, rallentare, godere delle cose semplici e fare tutte quelle cose che non riusciamo a fare durante l’anno ma che sono a volte più utili e sane di quello che ci aspetta nell’anno “canonico” Puoi ascoltare proprio su quest’ultimo argomento la puntata del podcast: Vacanze: come possiamo far tesoro del tempo con i nostri figli? Se vuoi approfondire il tema dell’inserimento a scuola, puoi anche leggere questi articoli: Come gestire l’Inserimento alla Scuola Primaria Voglio la Mamma! Perché l’inserimento al Nido e alla Scuola dell’infanzia è difficile?
Punizioni Bambini: soluzioni concrete per Educare senza Punire
Sulle punizioni ai figli, che si tratti di punizioni a bambini di 4 anni o di un adolescente ci sono un sacco di dubbi che girano nella testa dei genitori. Da un lato ci sono i sostenitori delle punizioni, dei musi duri e toni di ghiaccio che vogliono sapere: Che punizioni dare ai bambini? Quanto deve durare un castigo? Quando punire i figli? Quando si può iniziare a sgridare un bambino e dare la punizione? Quali sono le punizioni educative in adolescenza? Dall’altra sponda abbiamo mamme e papà che invece mettono in dubbio la valenza educativa delle punizioni per i bambini e i ragazzi e si chiedono: E’ possibile educare senza punire? Come farsi ascoltare senza urlare, punire e ricorrere ai ricatti? Stai per scoprire che esistono le soluzioni per risolvere la causa che ha portato tuo figlio o tua figlia a comportarsi in un certo modo e… …che la punizione non è necessaria per educare, anzi, devi sapere che non solo è la via più faticosa per te ma crea nel tempo anche una distanza fra te e i tuoi figli. E se le punizioni per i bambini e i ragazzi non fossero educative? Si parte dal principio secondo il quale se hai sbagliato io ti posso punire facendoti soffrire… Ti chiudo al buio in una stanza, ti metto nella sedia della riflessione, ti umilio davanti ai compagni, ti faccio fare una figuraccia, ti tolgo i cartoni, ti tolgo il videogioco, ti tolgo il tuo gioco preferito, ti tolgo il pomeriggio con il tuo amichetto… Si presuppone che con queste conseguenze il bambino o il ragazzo capisca che così non si deve comportare, perché altrimenti non ottiene qualcosa a cui tiene o si sentirà umiliato, ecc… Un giorno hanno deciso di provare a usare questo sistema con gli animali: tu vuoi andare a prendere il mangiare, se fai quel percorso suoni il campanello, fai la giravolta, alzi la gamba, fai la pipì allora hai il premietto e hai la pappa buona, altrimenti se fai il percorso al contrario, giri dall’altra parte, fai la pipì con l’altra gamba prendi la scossa… niente pappa e vediamo se così ti convinco a fare quello che dico io. È un po’ la filosofia che risiede nella nostra testa quando decidiamo consapevolmente che la punizione è giusta, quindi la usiamo come metodo educativo. In verità questo discorso si equipara alle sberle… non servono e l’esperienza lo conferma. Ma veramente pensiamo che i figli di oggi siano così insensibili, sottomessi, poco intelligenti, per cui possa funzionare un approccio basato sulle punizioni, sulle privazioni e sulla paura? Il problema è che la punizione non è assolutamente educativa. So che magari stai pensando: “Non è vero, quando lo punisco sta buono e fa quello che dico io, quindi funziona…” Forse tuo figlio si sottometterà anche in quel momento, ti dirà anche di sì, accetterà anche l’umiliazione, ma fa quello che vuoi tu per paura… Bisogna sapere che tutte queste soluzioni lo fanno rinsecchire, lo fanno sentire sminuito, svalutato, non crederà più in se stesso, oltre il fatto che con il tempo smetterà di credere in te, di fidarsi, comincerà a mentire, a non ascoltare… Se noi vogliamo il suo bene, la sua crescita nella maniera più fisiologica possibile, possiamo scegliere di non usare le punizioni con i figli, dato che le alternative oggi le abbiamo. Ecco perché amo moltissimo l’idea dell’Aiutante Magico. Abbiamo fatto nascere i nostri figli, abbiamo scelto di curarci di loro e ora dobbiamo accompagnarli come delle guide fedeli, degli Aiutanti Magici, perché a volte bisogna fare delle magie per de-condizionarci da tutta la vecchia cultura sull’educazione dei bambini che ci è propinata dalle generazioni che ci hanno cresciuto. Come educare i figli senza ricorrere alle punizioni Cosa possiamo fare per non punire e riuscire comunque a educare e far capire ai figli che cosa si può fare e cosa non si può fare? Quando un bambino ha un certo atteggiamento o fa un errore qualsiasi, ecco quali sono le azioni da fare, sempre le solite: non ci arrabbiamo, andiamo in aiuto, cerchiamo di capire cos’è successo. Riflettiamo un attimo: > Qual è il motivo per cui è successa questa cosa? > Sei arrabbiato? Sei stanco? Senti che nessuno ti sta guardando in questo momento? > Stai richiedendo attenzione? Sei geloso? > Non sei capace, non hai più voglia, non hai capito qual è il motivo? Io ti aiuto! Esempio 1 evitare la punizione ai bambini: picchia la sorella Tuo figlio ha picchiato la sorella e noi tuoniamo: “Basta per una settimana non guardi i cartoni!!” Purtroppo ti puoi arrabbiare quanto vuoi ma serve a niente. Perché non risolvi la causa con una sgridata e una punizione. E’ molto più utile chiedersi: come mai ha picchiato la sorella? Forse bisogna migliorare il tempo di qualità che trascorro con lui? E’ necessario tornare a farlo sentire amato? Allora cerco in questo mese di avere questo obiettivo, mi organizzo per far sì che il nostro tempo prezioso insieme aumenti di quantità e qualità. Quindi lo guarderai di più negli occhi, gli darai attenzioni esclusive, cercherai sempre di dare attenzioni mentre guardi anche la sorella. Avrai tutte le accortezze per risolvere piano piano la causa. Nel frattempo, sul momento, quando intervieni perché ha appena picchiato la sorella puoi abbassarti e dire: “Cos’è successo amore? Mamma mia, che sberla che le hai tirato! Devi essere proprio bene ben arrabbiato. E lo so che sai che non si picchia … Adesso le chiediamo scusa. “Lo so che eri tanto arrabbiato. La prossima volta vieni da me e me lo dici perché ti ha preso il gioco… Adesso risolviamo la situazione del gioco e poi la prossima volta non ti preoccupare, vieni da me, mi chiedi aiuto” La prossima volta, o magari dopo due o tre arriverà a chiamare “mamma vieni perché mi ha fatto questo” e si comincia così, pian piano. Ecco che è necessario educare e non punire. (Per saperne di più su come risolvere i litigi fra i tuoi figli puoi leggere: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli.) I bambini non sono cattivi e non sono nemmeno aggressivi di natura, i bambini fanno così perché reagiscono, come reagiremmo anche noi se non avessimo imparato a gestire il nostro bagaglio emotivo… È possibile evitare le punizioni per i figli che non studiano o hanno preso un brutto voto a scuola? Vediamo le possibili soluzioni con il prossimo esempio. Esempio 2 per educare senza punire: ha preso un brutto voto a scuola Invece di tuonare con un: “Allora basta, adesso per una settimana non usi il tablet!” proviamo a ragionare da fuori, estraniamoci come se fossimo un extraterrestre e chiediamoci: “Ma a cosa serve se gli urlo? Ha preso un brutto voto a scuola perché si è agitato? Ha preso un brutto voto a scuola perché ha paura delle verifiche? Forse ha preso un brutto voto a scuola perché non ha studiato o perché non ha capito? Sta vivendo un periodo in cui è più nervoso? Cosa è cambiato da quando ha smesso di prendere buoni voti?” Allora per evitare la punizione a un bambino o a un ragazzo entriamo nella modalità dell’Aiutante Magico e possiamo chiedere: “Cosa è successo? Avevi studiato ma non abbastanza? Cosa posso fare per aiutarti a recuperare questa lacuna in matematica? Che cos’è che non ha capito? È difficile il ragionamento? Allora ti aiuto io, troviamo insieme un sistema per capire meglio il ragionamento…” Magari è una questione di agitazione? Magari non crede abbastanza in sé stesso… allora dovrò fare tutta una serie di azioni per farlo sentire più sicuro. Ovviamente questi sono solo esempi che potrai adattare in base all’età di tuo figlio. Per educare senza punizioni mira alla causa… Come vedi mentre le soluzioni cercano di mirare alla causa e sul perché nostro figlio è in difficoltà la punizione invece serve soltanto per creare una distanza tra noi e i nostri figli. Le soluzioni ci sono, anche se richiedono un pochino di attenzione per essere messe in pratica e diventare automatiche, vale veramente la gioia di mettersi in gioco. E io sono qui per aiutarti a farlo 😉
Tuo figlio non dorme o si sveglia di notte? Scopri perchè
In questo articolo sfatiamo un po’ di miti sul sonno dei bambini, sul perché fanno fatica ad addormentarsi e rispondiamo a queste 5 domande che preoccupano tanto mamma e papà: 1️⃣ Perché i bambini a volte non dormono? 2️⃣ Perché un bambino non si addormenta da solo? 3️⃣ Come puoi fare la sera per favorire il sonno di tuo figlio? Come aiutare il bambino a fare la nanna? 4️⃣ Perché i bambini piccoli non dormono per tutta la notte ma si risvegliano più volte? E’ normale se il bimbo si sveglia di notte? “Deve dormire da subito nella sua cameretta, altrimenti si vizia e a 20 anni te lo troverai ancora nel lettone!”. Quante volte l’abbiamo sentita? Personalmente, tantissime! C’è chi lo dice convinto e lo sostiene come un dogma. C’è chi lo dice abbassando lo sguardo, incespicando un po’ con le parole e con un po’ di titubanza, perché non ne è tanto sicuro. E magari ha paura di non riuscire a gestire un bimbo nel lettone e soprattutto il passaggio successivo dal lettone alla cameretta. Altri lo dicono forte e chiaro perché lo hanno sperimentato con i propri figli (anche se non ho mai visto nessun “amante del lettone” tenersi aggrappato a quel materasso anche a 20 anni). Falsi miti sul sonno Per esempio, ecco cosa mi è capitato a grandi linee di leggere e di sentire: In fatto di sonno bisogna parlare di educazione al sonno, perché è importante insegnare al bambino a dormire bene. Il bambino deve poter sperimentare le sue capacità di autorilassamento. Solo educandolo correttamente diventerà un adulto in grado di calmarsi in autonomia Bisogna dire al bambino che deve dormire nel suo letto, spiegando le motivazioni. È vero che è bellissimo dormire tra le braccia di mamma e papà. Ma il bambino deve essere educato fin da piccolo al fatto che ce la può fare da solo. Lasciatelo nella sua camera e all’inizio piangerà, urlerà, vi vorrà con lui. Voi rimanete sulla vostra posizione, affacciatevi ma non toccatelo, ditegli che lo amate ma che deve imparare a dormire da solo. Nel giro di pochi giorni sarete una famiglia felice. Quella di dormire nel lettone e del co-sleeping è una abitudine malsana. Se riesci a non cedere alla tentazione di portarlo nel lettone, bene, continua così. Allunga i tempi tra una volta e l’altra in cui ti avvicini al lettino una volta che ha iniziato a piangere. Restando vicino al bambino non lo stai aiutando, portagli piuttosto un po’ di latte o un biscotto. Entro l’anno il bambino deve dormire da solo. Dormire nella stessa stanza di mamma e papà è pericoloso perché il bambino respira l’anidride carbonica che tu emetti, quindi anche la culla deve stare a giusta distanza dal letto. Inoltre dietro il co-sleeping si cela il pericolo del surriscaldamento. Dato che il lettone è tanto desiderato dai bambini deve diventare una cosa che si conquista e al massimo un’eccezione. Se lo addormenti in braccio, non ne vorrà sapere di dormire in altri modi e tu diventerai sua schiava. La prima domanda è: davvero la natura ha considerato il sonno una cosa da imparare? Davvero l’abitudine al sonno può essere considerata una “nozione da apprendere”? Non ti sembra alquanto assurdo e improbabile? Tutti da che mondo è mondo, grandi e piccini, se ci sappiamo ascoltare e ci rendiamo conto di essere stanchi, andiamo a letto e ci addormentiamo. Quando non è così semplice, o abbiamo problemi di insonnia oppure sappiamo che dietro c’è lo zampino di qualche situazione, preoccupazione, arrabbiatura. Per i bambini è ancora più immediato: soprattutto se molto piccoli, vivendo in relazione costante con il presente, li possiamo vedere spesso crollare tra le braccia di mamma e papà oppure sul seggiolone. Anche per loro, se ci sono tensioni, paure o disagi, il momento dell’addormentamento può risultare difficoltoso e anche loro possono avere un sonno disarmonico. Più avanti scoprirai cosa si può fare in questi casi. Ma intanto iniziamo a scardinare qualche falsa credenza. Vediamo cosa davvero la natura dei bambini richiede per il sonno e come funziona davvero il sonno dei bambini. Ritmo sonno veglia: quando risvegli e sonno profondo danzano insieme Tutti i bambini nascono con una concezione dello spazio/tempo molto differente, per fortuna, da quella di noi adulti. Non conoscono l’ora e gli orologi e hanno una idea dello spazio che incorona la mamma come perno. Insomma, se tuo figlio fosse un compasso, avrebbe la sua mamma come sistema fissante. Lui, se fosse la mina, con il passare dei mesi, crescendo, traccerebbe cerchi concentrici di raggio sempre più ampio, distanziandosi e differenziandosi a piccoli passi. Che cos’è allora che determina un bioritmo armonico nel bambino? In lui è vivo fin dal primo momento un ritmo che gestisce la sua crescita e che è in perfetto accordo con i ritmi della natura, che vanno e vengono come delle onde, con dei picchi verso l’alto e dei picchi verso il basso. Questo movimento ondulatorio non appartiene solo alla natura dei bambini ma alla natura tutta. Seguono questo ritmo le stagioni, il giorno e la notte, il sonno e la veglia, le onde del mare, il dondolio del vai e vieni tra le braccia di mamma o di papà quando ci culla, il nostro battito cardiaco. Probabilmente, una volta “arrivato” sulla terra, il battito cardiaco è proprio la prima cosa che il bambino sente, con cui inizia a convivere, da cui si lascia cullare e guidare. È un ritmo che lo rassicura e che scandisce i suoi momenti uterini e continua a guidarlo anche dopo la nascita. Questo movimento ondulatorio non è appannaggio esclusivo del giorno ma accompagna anche le notti del bambino. Dunque, è del tutto normale che più lui è piccino e più la notte sia fatta di sonno e di risvegli che si susseguono l’uno dopo l’altro. A mano a mano che il bambino cresce, i momenti di sonno e di veglia si avvicinano sempre più a quelli dell’adulto. Quindi, come capita di non dormire più di giorno, salvo magari un piccolo sonnellino pomeridiano, ecco che si dorme tutta la notte con il movimento ondulatorio. Questo sarà caratterizzato da un sonno con vari gradi di intensità, ma che non necessariamente comportano un risveglio. Accade, dunque, come durante la giornata, in cui fisiologicamente alterniamo momenti in cui siamo carichi di energia a momenti in cui rallentiamo. Sappiamo che può essere difficile immedesimarsi in quanto descritto, perché oggi i nostri ritmi naturali sono piuttosto alterati. Il bambino alla nascita non ha ancora avuto modo di alterare il suo ritmo ed ecco che di notte si risveglia e si riaddormenta molto frequentemente. A seconda del bambino possiamo assistere a risvegli brevi, dove il nostro cucciolo forse non apre neppure gli occhi. Magari si gira, si rigira, fa qualche movimento, parlotta un pochino e si riaddormenta. In questo ultimo caso mamma e papà possono anche naturalmente non accorgersene, e per questo dicono che il loro bambino dorme filato tutta la notte. Oppure si risveglia richiedendo il seno o chiedendo di essere cullato, consolato e basta una mano, una coccola e il bimbo si riaddormenta facilmente. Non sempre è così. A volte questi risvegli notturni preoccupano mamma e papà perché il bambino sembra agitato e turbato, piange e pare che nulla possa consolarlo. In questo caso riprendere il sonno risulta difficoltoso, da del filo da torcere. Perché succede? Bambini che non vogliono dormire, ritmo e risvegli notturni: ecco 2 motivi per cui non si addormentano facilmente Motivo n° 1 Il ritmo quotidiano non segue il ritmo naturale del bambino Se non conosciamo a fondo i bisogni del bambino, è normale pensare come prima cosa al fatto che mangi, che sia pulito, che non pianga, che cresca bene e trascurare invece il suo bisogno innato di essere a contatto con il ritmo della natura. Questo ritmo è per lui indispensabile per essere rassicurato, per trovare un suo senso di orientamento istintivo. Con esso può rivivere un clima familiare come quello che ricorda l’utero materno e trarne beneficio. Se non badiamo a questo aspetto, per esempio, possiamo non far caso al suo bisogno di riposare dopo aver fatto la poppata, oppure dopo aver corso tutta la mattina al parco. Possiamo credere che sia innocuo trascorrere la serata con la televisione accesa oppure, banalmente, trascorrere l’ora che anticipa il sonno a farci il solletico e a correre. Il ritmo interiore e vitale del bambino viene invece agevolato e non alterato, se quello esteriore legato alla sua quotidianità lo ricalca il più possibile. Ecco che possiamo dunque, a seconda delle età, alternare momenti di sonno e di veglia anche di giorno (quando il bambino è neonato non vale la frase “ma non ha sonno” in quanto segue d’istinto questa ritmicità e, se non accade, è per noi un campanello d’allarme ad indicarci che qualche tensione non lo rende sereno). Possiamo quindi alternare momenti di gioco frenetico a momenti di attività più tranquille, dopo cena possiamo abbassare le luci, abbassare la voce e predisporci per il rito della nanna evitando di “agitare” l’ambiente. Motivo n° 2 I genitori non conoscono come “funziona” il sonno del bambino, si preoccupano e si innervosiscono per i risvegli notturni Senza conoscere il ritmo fisiologico del sonno è normale aspettarsi determinate cose quando invece tuo figlio ne manifesta altre. È possibile che lui, non dormendo di notte, stia manifestando comunque delle parti di se stesso. Noi invece crediamo che la normalità per lui sia dormire tutta la notte. Vorremmo dormire tutta la notte anche noi come prima che lui arrivasse. Pensando che non sia normale, iniziamo a temere per lui, ad agitarci perché non capiamo che cos’ha che non va. Da qui l’incomprensione: iniziamo a cercare di mettere in atto soluzioni per un problema che non c’è. Iniziamo a preoccuparci per i risvegli notturni che sono un problema che non esiste. Diamo la responsabilità al bambino che non dorme 8 ore di fila… Così, invece di accoglierlo in un ambiente armonico possiamo correre il rischio di farlo sentire incompreso, aumentando le sue paure e la sensazione di non poter essere sostenuto e accolto nei suoi bisogni primari. Questo aspetto non va mai sottovalutato perché il bambino non è un adulto e non vive come tale. Noi adulti “sopportiamo” e “ce ne facciamo una ragione” o risolviamo le sfide quando ce le troviamo davanti. Il bambino invece, in quanto tale, non ha ancora la capacità di farlo e sa che la sua sopravvivenza dipende totalmente dalle attenzioni efficaci e dallo stato d’animo dei genitori. Come favorire il sonno nei bambini: la ninna nanna inizia fuori dal letto Non ti preoccupare, non dovrai iniziare a canticchiare “ninna nanna, ninna oohh” già all’imbrunire o mentre mastichi l’ultimo boccone di cena che, di solito, se hai un figlio “piccolo”, si sarà molto probabilmente raffreddato. Niente di tutto questo, ma una cosa sì: dopo l’ultimo boccone di cena e magari anche al primo imbrunire, pensare che di lì a poco o tra qualche ora (dipende dall’età di tuo figlio e dalla stagione) tuo figlio andrà a nanna, può rivelarsi davvero un ottimo inizio. E sai perché? Come ti anticipavamo poco sopra, molto dipende dall’influenza che il ritmo della giornata ha su tuo figlio: se di sera il suo ritmo viene inavvertitamente alterato, sarà per lui più difficile riuscire a scaricare l’energia accumulata durante il giorno. Di conseguenza, pur ninnandolo, pur spegnendo la luce, pur canticchiando tutto il nostro repertorio canoro, rimarrà acceso come una bella lampadina e farà fatica ad addormentarsi. Quindi, l’ideale è che tu possa agevolare e favorire il suo sonno iniziando a rallentare il ritmo, diciamo, a partire dal dopo cena. Per esempio: preferendo giochi tranquilli (disegno, costruzioni, bambole, ecc.) evitando di aumentare l’energia con giochi come nascondino e fare il solletico abbassando le luci evitando il caos (fretta, indecisione, discussioni, nervosismo di mamma e papà, ecc.) Inoltre è ideale dare valore al rito che può coinvolgere il momento della nanna. Anche il rito che si ripete sempre uguale di sera in sera, dà al bambino un riferimento che è per lui sinonimo di sicurezza e che contribuisce a dare valore al suo ritmo interiore. Per rito intendiamo per esempio la fiaba, piuttosto che la canzoncina, oppure il bagno, il pigiama, le coccole e poi la luce spenta: il modo che ogni nucleo familiare trova per agevolare il momento del passaggio armonico dalla veglia al sonno.
Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle)
Come possiamo gestire gli stati d’animo dei nostri figli e cosa possiamo fare quando piangono o sono arrabbiati? E soprattutto come possiamo renderli autonomi nel tempo e in grado di gestire da soli le loro emozioni? Mamme e papà spesso si impegnano per cambiare al più presto lo stato d’animo dei figli, per ripristinare una sorta di normalità, come se quando il bambino piange, si arrabbia, è triste o ha paura, non andasse bene, fosse “scomodo”. È normale puntare al benessere dei figli, è importante che stiano bene e che siano allegri, ma dobbiamo tenere conto che non sono dei robot e, in quanto esseri umani vivi, vivono gli stati d’animo come noi, che abbiamo dei giorni in cui siamo tristi, dei giorni in cui qualcosa non va, giorni in cui siamo un po’ sfiduciati, giorni in cui siamo stanchi o siamo delusi… Probabilmente siamo molto preoccupati perché noi per primi abbiamo difficoltà a gestire questi momenti con noi stessi, di solito ci buttiamo giù credendo che essere arrabbiati o tristi o delusi non vada bene. Oppure ci costringiamo a stare su di morale e ci auto-rimproveriamo con il nostro dialogo interiore dicendoci per esempio: “dai!! non è successo niente. Forza, continua a lavorare, continua a fare quell’altro…non ti lamentare sempre!” senza riuscire a gestire questo bagaglio emotivo. Quando i nostri figli vivono le loro emozioni siamo preoccupati per loro perché temiamo che entrino nel nostro stesso vortice. Esprimere i propri sentimenti e le emozioni è naturale e va bene In verità vivere ed esprimere i propri sentimenti, qualsiasi essi siano, esprimere il proprio stato d’animo è assolutamente naturale, assolutamente fisiologico ed è anche normale che non si viva sempre nell’entusiasmo, non si stia sempre nella gioia. Perché fa parte della vita di tutti avere dei momenti di stanchezza, di vivere un momento di frustrazione, delusione, dolore, paura, capita e riguarda anche i bambini. Capita che si arrabbino per un gioco rotto, perché non vogliono andare a scuola, capita che si sentano male perché hanno litigato con un amico, ecc. È all’ordine del giorno che i bambini esprimano il loro stato d’animo e non sempre questo stato corrisponde alla gioia. Voglio darti gli strumenti per gestire al meglio gli stati d’animo dei bambini, senza l’affanno di doverli privare di queste esperienze, cercando di fare di tutto perché non si arrabbino o non siano tristi, fare di tutto perché non provino dolore. Questi “umori” fanno parte della vita. È importante che i genitori non vivano la paura che i figli si trovino nello stesso loro dramma quando non stanno bene. Primo punto fermo è che i bambini sono esseri umani, provano sentimenti, vivono degli stati d’animo che comunicano. Per fortuna i bambini non sono ancora arrivati ad essere come noi adulti che soffochiamo o neghiamo quello che sentiamo dentro. Noi tendiamo a soffocare e a dire a noi stessi: “allora? sei stanco? vai avanti lo stesso a lavorare. Sei triste? Dai, non importa, non è successo niente, tieni duro. Sei arrabbiato? Daiiii smettila. Vai avanti lo stesso” Oppure fingiamo e cerchiamo di non piangere perché crediamo che il pianto sia sinonimo di debolezza. Poi dentro magari abbiamo una bomba atomica che sta per esplodere, eppure andiamo a lavorare, andiamo davanti agli altri con il sorriso posticcio: “Tutto bene! Tutto bene, grazie!” e dentro invece vorremmo spaccare tutto. I bambini, per fortuna, questi filtri non li hanno. Quello che sentono lo manifestano per istinto, poi hanno bisogno di un adulto che accolga e abbracci questo stato d’animo, e che gli dia l’esempio di come è possibile gestire al meglio questo bagaglio emotivo, anche come esempio per quando sarà grande e farà da solo. Come si fa a gestire le emozioni dei bambini? Il punto importante da ricordare: è naturale che i bambini provino degli stati d’animo, qualsiasi tipo di stato d’animo, ed è anche naturale che li esprimano fin da subito, fin da quando nascono. Quando non sanno ancora parlare, lo fanno con un sorriso, lo fanno con l’espressione del viso, pacifica, godereccia, oppure se non stanno bene o c’è un problema, avranno un’altra espressione del viso, esprimeranno altro con la voce, piangendo, urlando o dimenandosi con il corpo. Man mano che crescono e iniziano a parlare lo fanno anche con le parole e con un’altra fisicità: magari danno uno spintone, dicono “mamma cattiva”, cercano di tirarti un calcio sulla gamba, pestano i piedi per terra, urlano, piangono, ripetono delle parolacce che diciamo noi quando siamo nervosi, esprimono insulti che magari sentono da adulti che hanno attorno o fanno le stesse nostre espressioni di quando siamo delusi, tristi e stanchi ed entriamo in una fase di vittimismo. Quindi per fortuna i bambini si esprimono, manifestano ciò che provano dentro, senza reprimersi o trattenersi. Questa è una caratteristica bellissima, che noi ogni tanto perdiamo o dimentichiamo perché ci giudichiamo. È un po’ come se ci costringessimo ad essere sempre perfetti, sempre degli autonomi, quando in verità la perfezione, quella che abbiamo in mente, non esiste, perché fa parte della nostra perfezione anche piangere, essere stanchi, essere delusi, avere paura ed esprimerlo, viverlo… Fa tutto parte del nostro bagaglio di vita, di chi è in viaggio, di chi è in cammino, di chi vive delle esperienze che portano ad avere delle sensazioni. Per i bambini è uguale. Il nostro dovere è evitare di negare loro la possibilità di esprimere i loro sentimenti, di esprimere il loro stato d’animo qualsiasi essi siano. Tuo figlio ha bisogno di esprimere quello che prova e quello che tu puoi fare è dargli la possibilità di esprimersi con il corpo, con le parole, con le sue espressioni. Per approfondire Se vuoi sapere come fare nella pratica, come gestire la rabbia o il pianto dei bambini? Cosa fare quando i bambini sono nervosi? Leggi questi articoli: Rabbia bambini: 4 passi per gestire crisi di Rabbia e crisi Isteriche Smettila di piangere! Come calmare le crisi di pianto dei bambini e dei neonati
I terribili 2 anni non esistono (e neanche i terribili 3)
Le domande delle mamme relative alla fase dei terribili 2 anni (terrible two) sono quasi sempre: 1️⃣ Quando iniziano i terribili 2 anni di mio figlio? 2️⃣ Quanto dura questa fase dei terrible two in cui il mio bambino è diventato ingestibile? 3️⃣ E quando finiscono? Dopo mi devo preparare anche ai terribili 3? Iniziamo con il dire che questa fase definita terribile dei bambini potrebbe non esistere. Infatti i terribili 2 dei bambini sono una grandissima bufala. Posso immaginare che ti sembri un’affermazione assurda perché tutti ti dicono il contrario. Leggi fino in fondo e scoprirai che un motivo più che valido esiste. I “Terrible two” o i “Terrible three” esistono nella mente di un genitore (educatore, nonno o insegnante) che non conosce il “Libretto delle Istruzioni” dei bambini. Cosa significa “Libretto delle Istruzioni”? Significa sapere come “funziona” tuo figlio e come cresce in ogni fase di crescita. Se non conosci il “Libretto delle Istruzioni” è inevitabile che con un bambino tu non sappia cosa fare o cosa dire oppure non sappia perché si comporti in un determinato modo. Di conseguenza le provi un po’ tutte e l’unica cosa che ti resta da pensare quando tuo figlio continua a non ascoltarti è che siano arrivati i famosi terribili 2 anni. Poi arriveranno i Terribili Tre… Chissà, forse si inventeranno presto i terribili 4 anni o magari i terribili 5 anni! In verità non esiste realmente un periodo “terribile” per i bambini a 2, 3, 4 o 5 anni… Potrebbe essere che noi lo definiamo così solo perché non riusciamo a darci determinate spiegazioni? Perché non riusciamo a intervenire e risolvere un momento di difficoltà? È importante invece iniziare a conoscere come siano fatti i bambini in un determinato momento della loro vita, imparare a capire di cosa hanno bisogno, che cosa ci stiano dicendo con il loro comportamento e quali siano le loro vere motivazioni. Se noi, pensando di essere entrati nella fase dei terribili 2 anni mettiamo al primo posto le regole aspettandoci che il bambino ci debba rispettare e obbedire come prima cosa, ci ritroviamo nei pasticci. Bambini che non vogliono dare la mano: cosa faccio se non mi ascolta e vuole attraversare la strada da solo? Per esempio supponiamo che tuo figlio a 2 anni o 3 anni si rifiuti di darti la mano mentre attraversate la strada. Magari dopo un po’ lo farà solo perché abbiamo alzato la voce o abbiamo iniziato a fare la faccia cattiva e lui si è impaurito. Comunque non ti darà la mano spontaneamente con gioia e senza una tua sgridata o una tua alzata di voce o un ricatto. Come troviamo una risposta e una soluzione? Le troviamo iniziando a ragionare e a pensare come farebbe un Aiutante Magico, che metterebbe in secondo piano la regola e il limite (che comunque sono importanti e necessari per i bambini) e in primo piano la motivazione. Se vuoi trovare una soluzione devi porti una domanda. Ad esempio, se tuo figlio sta urlando a squarciagola perché non vuole darti la mano per attraversare la strada, la prima cosa da fare è chiederti: “Perché non vuole darmi la mano?” Le ipotesi sono tante. Magari ti affanni e ti preoccupi di più quando vi trovate in situazioni pericolose per tuo figlio ma forse lui non ti ascolta e rifiuta le tue regole anche in altre situazioni. Allora forse bisogna chiedersi: 👉 “Con quale atteggiamento io comunico le regole a mio figlio?” 👉 “Come gli dico di no?” 👉 “Sarà adatto il modo in cui gli dico di no per la sua età?” 👉 “Può essere che io ogni tanto mi innervosisca e perda la pazienza?” 👉 “Può essere che io sia troppo molle nella relazione e lui ormai è abituato a fare tutto ciò che vuole?” Possibili motivi che portano a pensare ai terribili 2 anni dei bambini Forse nel momento in cui gli dici “no, qui devi darmi la mano” lui si rifiuta perché è abituato a decidere su tutto. Altro motivo: se lo “prendiamo di petto”, utilizziamo da subito un tono duro e cerchiamo di costringerlo sarà difficile che un bambino ci ascolti e ci dia la mano con entusiasmo. Oppure, come capita spessissimo ai bambini in questa età, sta iniziando a trovare la sua autonomia. Ha iniziato a sentire il corpo che può stare dritto in piedi e, nel frattempo, può camminare o addirittura correre! E si sta rendendo conto che la stanza dei bottoni di questa macchina ce l’ha lui. È lui che riesce a far muovere i piedi le braccia, a coordinare i movimenti di tutto il corpo per saltare come una gazzella! Fantastico! Ancor più lo è stare davanti ad una strada, dove il bambino vede la mamma e il papà che guardano a destra e sinistra tante volte e probabilmente pensano: “deve essere una sfida fantastica provare a vedere se riesco a correre fortissimo!” Il motivo potrebbe essere banalmente questo, che fa proprio parte della loro natura di questi anni. La soluzione dello “svezzamento” Allora da Aiutante Magico che cosa dovremmo fare? 1° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2 anni” In merito all’esempio della strada una volta ipotizzata la motivazione potremmo dare la soddisfazione al bambino di poter camminare tanto e correre al parco, lungo i marciapiedi larghi o in strade poco trafficate. Davanti a una strada o luogo sicuro possiamo dirgli: “Corri! Corri pure! Io ti aspetto qua, tu corri tranquillo fin laggiù e vai avanti e indietro quanto vuoi!” Nel momento in cui deve attraversare la strada con la mamma il bambino sarà molto più rilassato perché non avrà alle spalle minuti o ore di privazione fatti di “Non correre!” “Aspetta, fermati!” “No! è pericoloso, dammi la mano!”. Si sarà sfogato, avrà soddisfatto le sue curiosità, avrà corso e gli verrà più facile dare la mano alla mamma per attraversare quel pezzetto di strada più pericoloso. Puoi approfondire come soddisfare la curiosità del tuo bimbo evitando incidenti leggendo anche Pericoli in casa e bambini: perché toccano le cose pericolose? 2° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2” Successivamente potremmo passare invece a fargli attraversare la strada senza dare la mano in posti privi di pericoli, come il vialetto di casa, la strada del parco dove passano al massimo pedoni o biciclette. In questo modo potrà fare l’esperienza di attraversare da solo una strada in un posto sicuro. 3° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2” Si può, a questo punto, giocare ad attraversare la strada, guardando e riguardando insieme per bene se stia arrivando qualcuno. “È pericoloso? Che dici? No aspetta guarda, sta arrivando quella bici: la facciamo passare! Ciao ciclista! Bene, ora davvero non c’è nessuno e possiamo attraversare veloci come un fulmine! Via!!!” E si attraversa insieme a lui ovviamente senza dare la mano. Lo si abitua in questo modo con uno “svezzamento” in luoghi in cui non ci sono pericoli. Al semaforo in pieno centro città attraverserete dicendo: “Qui bisogna tenere la mano al semaforo” e gli terrete la mano saldamente, senza arrabbiarvi. Come nel precedente esempio, anche in questo caso lui penserà: “Beh, in fondo me la fa attraversare un sacco di posti: ok questa volta le do la mano”. 4° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2” La fase successiva è far attraversare la strada al tuo fianco da solo, senza tenersi per mano, dicendogli dove fermarsi o procedere. Se tra voi e vostro figlio c’è una buona relazione, perché non dovrebbe ascoltarvi? Se hai compreso la sua motivazione e quindi la sua voglia di affrontare questa sfida, tuo figlio si ritroverà a pensare: “Perché non dovrei dargli la mano? Non sono arrabbiato con lei per nessun motivo! perché con me ha una relazione fantastica ed è una mamma fantastica. Certo, se mi chiede di darle la mano le darò la mano”. Se un bimbo così piccolo, con i suoi due anni, ha imparato a coordinarsi, ha scoperto di essere lui il pilota del suo corpo, insieme a tante altre prese di coscienza, bisogna festeggiare, perché è qualcosa di bellissimo sia per lui che per i suoi famigliari. E come vedi questi 4 passaggi ti consentono di “trasferire” una buona abitudine a tuo figlio evitando sgridate e di etichettarlo come un bambino di che si trova nella fase dei terribili 2 anni o 3 anni. Bambini che rifiutano le regole o sembrano ingestibili: i 4 passi per non ritrovarti nelle sabbie mobili Dall’esempio dell’attraversare la strada possiamo riassumere alcuni suggerimenti importanti che valgono anche nelle altre circostanze: 1️⃣ Non partire con l’imposizione forzata delle regole e metti al primo posto la qualità della relazione con tuo figlio 2️⃣ Rispetta il suo bisogno di voler sperimentare tipico dei primi anni dei bambini (più reprimi questa fase più i bambini tendono a essere nervosi) 3️⃣ Trova soluzioni pratiche che consentano a tuo figlio di fare esperienza in sicurezza con la tua presenza anche con situazioni e con oggetti che possono essere pericolosi come attraversare la strada 4️⃣ Quando possibile divertiti con lui e trasforma l’esperienza e l’insegnamento della regola (guarda da entrambi i lati sempre prima di attraversare una strada) in un gioco o comunque in un momento divertente per voi Quale risultato otterrai con questi passi? Per cominciare smetterai di urlare o ricorrere alle minacce per farti ascoltare. Smetterai di pensare alla fase dei terribili 2 anni dei bambini e cercherai invece di comprendere i motivi per cui tuo figlio si comporta in un determinano modo. Infine tuo figlio si sentirà compreso e capito da te, rispettato, e di conseguenza ti ascolterà di più. Puoi trovare altri spunti per comprendere meglio le motivazioni alla base dei comportamenti di tuo figlio leggendo l’articolo: Tuo figlio non ti ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no.
Mio figlio si isola, non socializza e legge Platone! (E perchè alcuni ragazzi fanno cose estreme per farsi notare?)
Molti genitori si preoccupano quando i loro figli si isolano e preferiscono stare a casa, amano leggere, non hanno il desiderio di uscire per stare con gli amici, andare al bar, in discoteca… insomma quando non sono “normali come gli altri”. Parliamo di tutti quei bambini e ragazzi che magari si sottomettono all’esterno, ma in realtà lo fanno per sopravvivere. Sono ragazzi che tendono a isolarsi, amano il silenzio, sono molto consapevoli, spesso non devi spiegargli nulla. Perché mio figlio si isola e non socializza? La causa frequente Il figlio che tende a isolarsi è come un filosofo che si trova con gli ultras della squadra dell’inter. Che cosa si possono raccontare? Per lui spesso è una tortura stare nel gruppo. Non è lui che ha ritardi o problemi, tutt’altro! È semplicemente più sensibile, vede le cose in maniera diversa rispetto ai coetanei, magari vuole stare lontano da relazioni fatte da convenienza, ipocrisia, da conversazioni giudicanti (quasi tutte). Ecco perché esiste da un lato chi fa gruppo (la maggioranza) e dall’altro chi si isola (sempre di più). Per comprendere più a fondo l’isolamento degli adolescenti entriamo un attimo all’interno di un gruppo. Quali sono i temi trattati? Il sistema solare, perché si nasce, perché l’uomo si ammala, perché il sole non si spegne mai… Non credo. Nel gruppo, con la sigaretta accesa in una mano e una birra nell’altra, si parla di dove organizzare la prossima festa con musica assordante, della prossima gara in motorino o in macchina, di quante ragazze ognuno abbia conosciuto su facebook, di come rompere le scatole a qualcuno per non annoiarsi, di come vestirsi o pettinarsi i capelli… Come può un ragazzino, che possiede un certa sensibilità, fare gruppo su questi temi? Non gli interessano, gli sembrano una perdita di tempo, preferisce stare a casa e leggere un romanzo, o stare da solo in pace davanti al computer o con le cuffie nelle orecchie per tappare tutto quello che gli arriva dall’esterno e che sente così lontano da sè. Ecco che quel comportamento strano che tu ritieni un isolamento in verità è l’unica via che ha trovato tuo figlio per stare meglio con se stesso. Sei sensibile, asociale e timido: quindi non sei “normale” come gli altri Ognuno, per vari motivi, nasce con un certo livello di sensibilità e l’ambiente esterno famigliare può: contribuire a risvegliare questo aspetto totalmente reprimerlo, come succede da modelli educativi “tradizionali” che prevedono subito toni duri e regole di ferro nei primi 7 anni, quelli della fase egocentrica, in cui i bambini, per loro natura, le regole proprio non le assimilano tramite le spiegazioni razionali (e questo non significa che bisogna essere troppo permissivi). condizionarlo involontariamente attraverso il nostro modo di fare, di comunicare, attraverso le nostre emozioni e le nostre credenze sulla vita. Il dramma: “mio figlio non socializza, è diverso!” Senza determinate conoscenze è ovvio che i genitori etichettino certi comportamenti dei loro figli come “diversi” dagli altri. Perché per cultura del passato siamo stati abituati a omologare i bambini e i ragazzi. Tutti devono essere uguali. E chi esce fuori dalle righe imposte dagli adulti non è normale. Ecco che decisioni e modi di fare “strambi” spesso vengono interpretati come un capriccio, un lotta di potere, o come un segnale di allarme. Il bambino o il ragazzo incomincia a sentirsi diverso, non accettato, rifiutato. Cresce con la convinzione di essere anormale, percepisce “cose” e sente di possedere “facoltà” che non può condividere con nessuno. E si isola ancora di più. Oppure, cerca in tutti i modi di adattarsi alla cultura, alle mode, ai gusti dei coetanei, finendo per perdere la propria identità e iniziando a manifestare un malessere profondo che può sfociare nella depressione, nel fare il bullo dal superego smisurato, in problemi con il cibo o nell’uso della droga o dell’alcool. Infatti a volte questi tumulti interiori sono tali da sfociare a volte in dipendenze e atti estremi come ultimi tentativi di essere notati e compresi: “fino ad oggi non mi hai capito, hai rifiutato chi sono e la mia natura: ora faccio cose che non puoi non notare” Come posso aiutare mio figlio? A te genitore, per comprendere tuo figlio, in questo caso è richiesta tanta comprensione ed empatia nei suoi confronti. L’unica cosa che puoi fare, ma veramente l’unica, e sostenerlo nei suoi desideri e impulsi emotivi. Non forzarlo a fare cose che non sente di fare. Se ti chiede a Natale un libro o un nuovo programma per il computer piuttosto che il piercing, il tatuaggio, il motorino, non ti preoccupare, sostienilo, assicuralo e aiutalo a essere se stesso, a seguire i suoi intenti. Ora ecco 3 punti che ti possono aiutare da subito: 🟠 evita di giudicarlo, di paragonarlo agli altri e di etichettarlo come anormale 🟠 Rifletti davvero se davvero hanno senso i tuoi timori su: “Mio figlio non socializza! Mio figlio è timido! Non vuole uscire con gli amici! 🟠 gioca al giorno del silenzio: smetti di chiedere “perché stai chiuso in camera?”, “perché non mi parli?”, “perché non hai mangiato?” e sorridigli, accoglilo, mettiti a disposizione per fare qualcosa di bello per lui (anche se a te non piace). Onoralo come se fosse la creatura più meravigliosa e perfetta del mondo, anche se fino a ieri avete urlato e vi siete sbattuti le porte in faccia 🟠 prova a fare un excursus degli anni precedenti e scrivi su un foglio che cosa può essere andato storto nella vostra comunicazione emotiva, prova a pensare se tuo figlio può avere oggi vuoti affettivi che dovevano essere riempiti in passato. Valuta se alcuni atteggiamenti tuoi o del tuo compagno/della tua compagna possono averlo influenzato (per esempio: tuo figlio risponde molto male e si isola ma in effetti è un atteggiamento molto simile a quello di suo padre quando rientra stanco dal lavoro o a quello di sua madre quando le cose non vanno come lei vorrebbe). Scrivi tutto. Il giorno seguente riprendi in mano questo foglio con l’elenco e rileggilo. Vedi a quali nuove riflessioni, sensazioni, soluzioni ti porta. E poi brucialo. Aiuta la fragola a maturare e non forzarla a produrre banane Perché forzarlo a fare cose diverse da quello che sente equivale a somministrare sostanze alla pianta di fragole per indurla a produrre banane. Impossibile. Danneggerai la natura stessa della pianta. Lui si sentirà rispettato e rispetterà te. In fondo che diritto hai di giudicare la sue scelte di studio, di come passare il tempo. Tu come ti sentiresti? Se lo rispetterai aiuterai la piantina di fragole a prepararsi e crescere sana e robusta. Un giorno vedrai le fragole: unendo i puntini del passato fino a quel momento, scoprirai che tutto ha avuto un senso. Per approfondire: scopri qui i 7 MODI per ottenere Rispetto e Fiducia da parte di tuo figlio.
Dire di NO ai bambini senza scatenare Urla e Pianti
Dire di No a un bambino è inevitabile così come è necessario dare un limite o indicare che una determinata attività non si può fare. Solo che può capitare che tuo figlio non accetti i tuoi “No”, magari si arrabbia o piange quando gli spieghi che non può fare un determinata cosa. Ma esiste un modo per dire di no e per farsi ubbidire evitando crisi di rabbia, urla e pianti? Scopri i 3 passi da seguire in questo articolo. Primo passo: come dire “No” ai bambini? Come primo passo possiamo chiederci: “come mai mio figlio ha questa reazione davanti ai miei “No”? Forse perché questi “No” non sono efficaci? Forse sbagliamo la modalità in cui li comunichiamo? Potremmo quindi valutare il modo in cui gli diciamo di No. Forse non veniamo ascoltati perché lo diciamo in modo troppo aggressivo o troppo duro e secco. Un “No” può essere infatti essere comunicato con fermezza ma senza nervosismi, guardando il bambino negli occhi e utilizzando la dolcezza e l’empatia. Secondo passo: usa l’empatia e lascia da parte le spiegazioni Ad un bambino di 2, 3, 4 anni (ma anche di tutte le età), le spiegazioni interessano pochissimo. In particolare un bambino così piccolo non ha una grande capacità di ricordare le regole del “perché no” o “perché sì”. Dunque, perché davanti a un “No” si arrabbia così tanto? Perché un bambino, più che sapere il perché non va fatta una cosa, in verità in quel momento vorrebbe in particolare essere accolto, essere capito. Vorrebbe sapere che al suo fianco ha un Aiutante Magico, cioè la sua mamma o il suo papà, ad accompagnarlo a diventare grande e che è anche lì per fargli da contenitore rispetto al suo disappunto e alla sua rabbia. Un esempio concreto: mio figlio vuole arrampicarsi sull’armadio! Pensiamo ad una situazione in cui un bambino vuole arrampicarsi sull’armadio ma non è possibile perché non è ancora fissato al muro o perché abbiamo semplicemente deciso che i bambini non devono arrampicarsi sugli armadi perché è potenzialmente troppo pericoloso. Come reagirà davanti a un “No” un bambino di quell’età, nel pieno del periodo dell’esplorazione e dell’allenamento di tutti i suoi sensi e che vuole trovare tutte le risposte alle sue curiosità? Rimarrà frustrato, deluso, arrabbiato come lo rimarremmo noi adulti davanti ad un “No” verso qualcosa a cui teniamo tantissimo. Lo so che ti viene spontaneo pensare: “se non si arrampica su quell’armadio troverà qualcos’altro!” Magari invece per tuo figlio è importante fare quel tipo di esperienza o soddisfare quel tipo di curiosità. La prima cosa che puoi fare, dopo avergli detto di no, sarà quindi accogliere il suo disappunto. Dunque, quando comincia a piangere e a dire cosa come: “mamma sei cattiva! Io lo voglio fare lo stesso!” cosa facciamo? E’ utile attivare la nostra parte comprensiva e far passare questo messaggio per comunicare a tuo figlio che sei il suo tuo Aiutante Magico, che sei lì per aiutarlo, che hai capito il suo motivo e che sai come si sente. Possiamo allora dirgli: Mannaggia amore! Non ci possiamo arrampicare! Ma perché possiamo arrampicare!?!? Mancano le viti dietro! Lo so, è una cosa proprio terribile, perché tu volevi provare ad arrivare fino in cima! Certo, hai visto che i primi due piedi ci stanno e volevi provare. Magari ti avrei anche aiutato. Adesso non possiamo proprio farlo, non si può fare, è pericoloso perché mancano le viti dietro. Terzo passo: trova una soluzione Dopo averlo accolto, possiamo passare al trovare una soluzione. Nel caso dell’armadio ad esempio possiamo dire: Allora adesso diciamo al papà o al nonno che ci vengano a fissare il mobile al muro. Intanto, se quello che volevi era arrampicarti, proviamo a cercare qualcos’altro su cui ci possiamo arrampicare. Vediamo un po’…ad esempio potremmo arrampicarci sul divano, oppure potremmo mettere insieme queste due sedie contro il muro e poi proviamo ad arrampicarci così, oppure ancora potremmo provare ad andare a cercare degli altri ripiani….vediamo se in cucina o in camere se c’è qualcosa che fa per noi… Alcune volte sarà necessario cercare delle alternative e modi per fargli fare l’esperienza. Comunque agendo in questo modo facilmente non arriverete magari nemmeno ad arrampicarvi da altre parti, a me è successo tantissime volte. Nel momento in cui il bambino si sentirà accolto infatti penserà: Ok, mi hai capito, non mi hai sgridato. Hai capito la mia frustrazione, mi hai accolto e mi hai anche fatto vedere come si fa. Mi hai dato un insegnamento, ora io mi sento più tranquillo perché tu mi hai capito. Mi hai tranquillizzato e posso quindi anche accettare di fare altro. Ecco perché questo è il modo meno faticoso per dire di no ai bambini: si sentono capiti e non hanno bisogno di arrabbiarsi o di urlare per comunicarci il loro disappunto. Dare limiti e “No” ai bambini: i 3 step in sintesi 1️⃣ Riflettiamo su come diciamo il “No”: se siamo pazienti, o se siamo già un po’ nervosi perché magari ci portiamo dietro il bagaglio della giornata, ecc. 2️⃣ Prima di spiegare il perché abbiamo detto no (se proprio vogliamo spiegarlo) è fondamentale subito inserire l’accoglienza. Infatti è utilissimo accogliere e fare da contenitore al suo bagaglio, far vedere che siamo con lui. Fargli capire che abbiamo perfettamente capito che cosa sta provando e cosa voleva fare e che non è sbagliato quello che voleva fare. Un’accoglienza pura e sincera da aiutante magico. Se vuoi approfondire come affrontare questo step puoi anche leggere Smettila di piangere! Come calmare le crisi di pianto dei bambini e dei neonati 3️⃣ Troviamo poi, se necessario, come nell’esempio dell’armadio, una soluzione pratica. Puoi trovare ulteriori approfondimenti leggendo l’articolo Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no
Tuo figlio odia i compiti e la scuola? Forse ha un buon motivo…
Come si spiega che i bambini e i ragazzi spesso non vogliono fare i compiti, li odiano e non chiedono mai che ne vengano dati di più? Perchè tuo figlio non vuole studiare e non vuole leggere? Perché non amano stare seduti ad ascoltare l’insegnante e non mettono volontariamente prima la sveglia la mattina per approfondire le lezioni e per arrivare a scuola in anticipo? Nonostante tutta l’organizzazione scolastica con spiegazioni, compiti, interrogazioni e voti come è possibile che non sembrino MAI ABBASTANZA PREPARATI e, passato qualche mese, a volte anche solo qualche settimana, NON RICORDANO più quello che hanno imparato se non qualche piccolo dettaglio o un discorso vago e a grandi linee? I bambini e i ragazzi perdono così in fretta la passione per lo studio e la curiosità di imparare tanto che arrivati alle scuole superiori sono a volte fortemente demotivati, tristi o ribelli (e quasi sicuramente è successo anche a te). Ecco perchè arrivano nel tempo a rifiutare di fare i compiti a casa, non vogliono studiare e non hanno nessun interesse per lo studio e l’apprendimento. Questo fatto proprio non si spiega. E se proprio vogliamo ridercela un po’, ogni tanto, invece di ringraziarci per il tempo che dedichiamo loro all’interno degli istituti scolastici, ci rispondono con ingratitudine in questo modo: «L.F: giustifica l’assenza del 25/05/1999 con: mi sto preparando con largo anticipo alla fine del mondo»; «L’alunno D.L. giustifica l’assenza con: ha ceduto una diga in Puglia (siamo in Lombardia)»; «Per festeggiare la sufficienza in arte L.S. spara un fumogeno dalla finestra dell’aula»; «C. aizza i compagni a lanciare penne e gomme verso il sottoscritto»; «In classe volano patate e altri ortaggi»; «L’auto della professoressa di storia è bersaglio degli sputi di F.S.»; «L’allievo F. non è sensibile ai miei stimoli culturali»; «La classe dopo ripetuti richiami continua a simulare un insistente terremoto battendo i piedi sul pavimento»; «In classe si inneggia alla rivoluzione»; A volte, invece, gli alunni sembrano disperati e adottano comportamenti preoccupanti: «D.L. abbaia durante la lezione»; «T.U. butta il proprio banco e la sedia del suo compagno fuori dalla classe per motivi ignoti»; «B.D. peregrina senza meta per la classe»; «L’alunno F.M. ritorna dal bagno dopo 20 minuti dicendo che non lo trovava»; «C. disturba la lezione dando testate al muro»; «R.P. si autoestrae un dente nell’ora di Filosofia»; Altre volte ancora, proprio come i neonati che, per non sentire il troppo disagio, si adattano e cercano di compensare, ecco cosa fanno: «D. dice di andare in bagno: va a fumare e torna con cappuccino e brioches a fare colazione in classe»; «L’alunno M. persevera nel dirigere e nell’allestire cori dall’anda mento REP (i compagni lo seguono impedendo la prosecuzione della lezione)»; «L’alunno M.S. costruisce con impegno la sorpresa trovata dentro il cioccolato, che si è mangiato durante la spiegazione» * Tratto da www.notadisciplinare.it Perché tuo figlio arriva a odiare la scuola, non vuole fare i compiti (e perché gli insegnanti sono dei Santi) Vogliamo spezzare una lancia a favore di tutti gli insegnanti che, quotidianamente, si prodigano con tutto l’impegno possibile per fare e per dare il meglio. Chi mi conosce lo sa: li definisco spesso angeli e individui che meritano la “santità”, perché cercano tutti i giorni di fare il loro lavoro in condizioni che non solo sono contro Natura per il bambino, ma anche contro la natura dell’insegnante stesso. Quindi, se tuo figlio non vuole fare i compiti o andare a scuola è perché ci siamo adattati ad un sistema obsoleto e inefficiente che a volte rallenta l’apprendimento, che non considera i ritmi del bambino né le sue tappe di crescita, le sue passioni e i suoi talenti. Se da un lato non abbiamo colpe, dall’altro di certo possiamo e dobbiamo fare il possibile per: 1️⃣ Diventare coscienti di tutte le Idiozie che stanno negando alle future generazioni di manifestare la loro genialità; 2️⃣ Conoscere quello che la loro natura prevede nell’ambito dell’apprendimento; quali sono le modalità con cui i bambini imparano velocemente e divertendosi; come recuperare tempo indirizzandoci verso le potenzialità di ciascuno; 3️⃣ Fare delle scelte secondo coscienza che, una volta applicate, possano portare al cambiamento. Adesso andiamo a vedere quali sono questi schemi e queste false credenze a cui ci adattiamo. I 4 falsi miti sull’Apprendimento che ti riveleranno perchè non vuole studiare e si rifiuta di fare i compiti “Dimmi e io dimentico. Insegnami e io ricordo. Coinvolgimi e io imparo” Benjamin Franklin 1° Falso Mito: perchè odia la lettura e i compiti? I voti sono un buon metro di giudizio per far comprendere al bambino a che punto è, e per spronarlo a fare meglio. Riflessioni su scuola e compiti A cosa serve dare il voto a scuola? Le attuali modalità comunicative basate su minacce e note: potrebbero umiliare bambini e ragazzi? Non sei in grado di sapere da solo che cos’hai o che cosa ti manca, e te lo devi far dire da un altro. Potrebbe essere che si mettono da parte talenti e passioni e invece si segue solo la strada del: “sono io che ti valuto, sono io che decido per te sulla base di un mio metro di giudizio personale e insindacabile”… potrebbe impedire all’individuo di essere davvero autonomo? Da solo non puoi sapere, il tuo senso critico non basta e ti serve sempre qualcuno dall’esterno che ti dica come stanno le cose I voti, soprattutto se usati in un clima di paura, hanno come conseguenza deleteria il fatto di crescere i rappresentanti delle future generazioni SFIDUCIATI, a caccia del premio o TIMOROSI DELLA PUNIZIONE, schiavi del fare anziché padroni dell’essere. Quello che invece dobbiamo fare è smettere di utilizzare il voto come arma di potere e coltivare nel bambino un proprio senso di valutazione sincero, neutrale e trasparente. Dobbiamo impegnarci affinché ritorni in lui la voglia di imparare per il gusto di conoscere, di maturare, di acquisire competenze sempre più sofisticate per migliorare se stesso, la propria esistenza e quella degli altri. Se provi a metterti nei panni dei ragazzi, scopri che oggi vivono troppo spesso tra una profonda apatia e uno stress elevato. Hanno come unico sottofondo la preoccupazione del compito in classe, della valutazione, di sapere e di ricordare nel momento in cui si trovano davanti all’insegnante, di fare bene i compiti e di finire, perché altrimenti… Quando invece tutta quest’ansia non c’è, vivono una sorta di noiosa rassegnazione dove prendono a spizzichi e bocconi qualche cosa che arriva dall’adulto, senza essere più in grado di autoalimentare la propria curiosità e la propria capacità innata di imparare da soli. In un clima simile come si fa a non perdere la voglia di fare i compiti? Come si fa non odiare scuola e apprendimento? 2° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè i bambini si annoiano a scuola? La modalità accademica e frontale attuale va bene per insegnare. Riflessioni su scuola e compiti Ci sforziamo di tenere gruppi di 18, 20, 25 bambini o ragazzi attenti e partecipativi senza riuscirci con quotidiana regolarità, perché usiamo i modi sbagliati per intrattenerli e stimolarli. Non è vero che sono più stanchi il venerdì oppure all’ultima ora. O meglio, è vero che lo sono, ma semplicemente perché hanno accumulato ore (se non una settimana intera) di noia e frustrazione. I bambini non sono fatti per stare fermi immobili a imparare, in ascolto passivo di un individuo che parla, sciorinando tutta una serie di informazioni che poi dovranno ripetere, memorizzare e ricordare per sempre. NOI SIAMO FATTI PER IMPARARE DALL’ESPERIENZA DIRETTA. Impariamo meglio se possiamo muoverci coinvolgendo anche il nostro corpo mentre apprendiamo. Impariamo davvero se possiamo trovare in modo spontaneo le soluzioni, se ci è dato di rispondere ai perché della vita trovando le risposte dentro di noi, senza doverle assimilare preconfezionate e impacchettate. 3° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè bambini e ragazzi a volte che si sentono inadeguati, incapaci e inferiori? Bisogna potenziare le debolezze. Riflessioni su scuola e compiti I voti avvalorano la frase che hai appena letto. Perché dare i voti se non per sottolineare le carenze di chi il voto lo riceve? Non possiamo nasconderci dietro una foglia, negando che consideriamo un “tre” negativo e che suggeriamo di correre ai ripari. Non possiamo neppure negare che spendiamo soldi in ripetizioni per le materie in cui i nostri figli sono carenti e non, ad esempio, per potenziare gli ambiti in cui sono bravi, nei quali possono esprimere al massimo i loro talenti. È vero che bisogna sapere di tutto un po’, avere delle basi che ci permettano di comunicare con gli altri e di vivere nella società, ma se potessimo approfondire le materie che rappresentano le loro passioni, vedremmo più bambini felici nelle scuole. È uno spreco di tempo e di risorse insistere dalle Elementari alle Superiori nel potenziare i temi che non risuonano con le passioni degli alunni, per portare allo stesso livello tutte le loro conoscenze e per omologarli ai coetanei. Faremmo invece un’ottima cosa per le future generazioni e per la società tutta se spendessimo più tempo a VALORIZZARE le CAPACITÀ e i TALENTI SPECIFICI di ciascuno. Questo richiede organizzazione, tempo e fatica? Bene, diamoci da fare! Cosa stiamo aspettando? L’obiezione è invece la paura che le cose ci scappino di mano? O di perdere il controllo sul bambino o sul ragazzo perché noi adulti sappiamo cosa è bene per lui? In questo caso faremmo meglio a osservare la nostra mancanza di fiducia e risolverla, impegnando le nostre risorse per far sbocciare e splendere i meravigliosi e unici talenti che ciascuno di loro possiede. Tu come ti sentiresti se ti costringessero a passare i pomeriggi a fare cose che non sono nelle tue corde e che non ti appassionano? Allora perchè bambini e ragazzi devono passare ore e ore a ripetere temi che non accendono la loro creatività e la loro passione? Dietro il “non voglio fare i compiti e odio la scuola” come vedi c’è un modo sommerso da scoprire. 4° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè la scuola limita la creatività? I programmi attuali garantiscono un’istruzione adeguata. Riflessioni su scuola e compiti Una cosa che ci ha sempre fatto riflettere e, che ancora oggi non capiamo, è la seguente: perché studiamo gli Egizi e i Romani iniziando sempre dallo stesso punto (anche se con gli anni aumentano la complessità e la quantità delle informazioni), alle Elementari, alle Medie e poi alle Superiori? Che pizza! Risposta: è giusto cara Roberta, perché possiamo dimostrarvi che dopo un tot di anni i ragazzi non si ricordano nulla. Meglio non ribattere a questa affermazione: Se un bambino o un ragazzo non ricorda ciò che ha ascoltato in classe la responsabilità è solo nostra, che non abbiamo saputo APPASSIONARLI e fissare il RICORDO VIVIDO nella loro memoria. Nessuno di noi è uno smemorato. Ne è dimostrazione il fatto che ci basta guardare anche una sola volta un film ben fatto, che ci appassiona, per ricordarne per tutta la vita i tratti salienti, le battute principali e la sequenza delle scene. Se solo lo permettessimo, i nostri ragazzi farebbero la stessa cosa con la Storia, la Geografia, le Scienze, la Letteratura ecc. È vero che hanno bisogno delle basi, che il tempo è poco e che sono in tanti ma, anche in questo caso, è un problema di organizzazione e di gestione delle risorse, non certo di capacità dei nostri adulti del futuro. Tutto questo si può ottimizzare per lasciare spazio ad altro e, nel nostro sistema scolastico, c’è troppa POCA PRATICA rispetto alla mole di nozioni teoriche insegnate. E ancora: Perché per esempio nelle Medie o nelle Scuole superiori non si abbonda con lezioni sulla MATURITÀ PERSONALE, su come avviare un’IMPRESA, sulla COMUNICAZIONE, su come SUPERARE I PROPRI TIMORI, sulla gestione della propria AUTONOMIA AFFETTIVA, sui RAPPORTI CON GLI ALTRI, sull’ APPRENDIMENTO veloce, sulle tecniche di visualizzazione, sul come sviluppare un PIANO STRATEGICO per realizzare un proprio sogno ecc.? Perché alle Scuole elementari i bambini non passano la maggior parte del loro tempo a imparare giocando? (scoprirai più avanti che in questa fascia di età apprendono fisiologicamente e spontaneamente in questo modo). A giocare a fare i grandi imparando la teoria da situazioni che simulano la vita di tutti i giorni? (se ti sembrano cose strane devi sapere che in diverse realtà questa modalità di insegnamento è la normalità mentre noi spendiamo ore ed ore per le spiegazioni razionali che per bambini di 6-7 anni sono incomprensibili e noiose). Come apprendono i bambini e i ragazzi: le soluzioni se non vuole fare i compiti Tutti attraversiamo differenti fasi di crescita. In ogni fase sviluppiamo determinate competenze necessarie per diventare individui autonomi e in grado di realizzare le nostre passioni, manifestando così noi stessi e dando anche un contributo agli altri. Se non hai mai sentito parlare delle tre fasi della crescita, ti suggeriamo di approfondirle il prima possibile: non conoscere il “Libretto delle Istruzioni” significa non sapere quali siano i bisogni affettivi ed emotivi di tuo figlio nell’infanzia e nell’adolescenza. Infatti, anche per quanto riguarda l’apprendimento, ogni fase ha le sue caratteristiche e, se le conosciamo e le applichiamo, possiamo superare numerose difficoltà che i bambini e i ragazzi incontrano sul loro cammino. Le fasce di età che vedremo tra poco sono schematiche per necessità di stesura. In verità, le varie fasi si susseguono in modo armonico maturando nel tempo, giorno dopo giorno, senza stacchi netti o cambiamenti repentini. Ora vediamo come si potrebbe prevenire l’odio per la scuola e per i compiti. Le modalità elettive con cui apprendono i bambini da 0 a 5-6 anni Sperimentazione Assorbendo in modo incondizionato dall’ambiente Sfruttando la fantasia Sperimentando nella pratica le loro intuizioni Qualche spunto per la pratica da 0 a 5-6 anni In questi anni il bambino ha bisogno giocare, giocare e giocare ancora. Deve poter vivere nel suo mondo di fantasia dove tutto è possibile, perché questo è il modo naturale in cui sviluppare e strutturare un proprio bagaglio di supporto, l’ottimismo e la sfera delle possibilità. Se viene limitato o trattato come un adulto troppo presto, oppure ridicolizzato, questo bagaglio si alleggerisce a danno degli anni successivi. In più, giocare rappresenta per i bambini l’unico strumento valido per conoscere, per sperimentare e per “fare le prove”, per immedesimarsi e sperimentare la vita di adulto. Le modalità elettive con cui apprendono i bambini e i ragazzi dai 6-7 a 15 anni Attraverso le parole delle persone di cui si fidano e di cui hanno stima Iniziando a sviluppare la loro facoltà razionale e logica Riuscendo a comprendere una regola esposta a parole Qualche spunto per la pratica da 6-7 a 15 anni Permettiamo loro di imitare le lettere con il corpo e di viverne prima i suoni con filastrocche e canzoni. Solo successivamente, diamo loro la possibilità di riprodurre il carattere stilizzato sulla carta con la penna. Per la Matematica portiamo torte in classe da dividere, oggetti, semi e legumi da suddividere. Giochiamo al mercato, cuciniamo utilizzando le dosi degli ingredienti, usciamo a misurare tutto il misurabile (scalini, strade con i passi, altezze ecc.). Per lo studio della Storia facciamo teatrini e scenette con costumi e atti di vita quotidiana. Per esempio, per tutta una settimana o tutto un mese siamo Romani, Egizi, Greci. Le modalità elettive con cui apprendono i ragazzi da 15 a 20 anni Sviluppando un proprio senso critico Mettendo insieme e potenziando tutte le competenze dei tre cicli Qualche spunto per la pratica da 15 a 20 anni In questa fase, aumentando naturalmente le capacità dell’individuo, anche la posta in gioco si alza. Quindi può capitare che un certo numero di formule chimiche si debba per forza ripeterle per ricordarle, così come può succedere per alcuni articoli di Diritto privato. Se al ragazzo è stata data la possibilità di maturare le proprie capacità di apprendimento seguendo ad esempio le indicazioni descritte, non farà fatica a integrare questa parte del suo sviluppo mentale. Gli sarà quindi naturalmente più semplice “studiare e ripetere a memoria” qualora si dimostri necessario. Comunque, anche per le formule chimiche e per gli articoli di Diritto c’è una via breve per semplificarci la vita e, anche questa volta, la troviamo partendo dall’esperienza pratica. Vediamo brevemente qualche soluzione. Per le formule chimiche Si ricordano meglio se, laddove possibile, abbiamo prodotto in prima persona quella sostanza in laboratorio, con tutte le precauzioni del caso, ma pur sempre dal vivo e avendo partecipato attivamente all’esperimento. Altrimenti la formula che dobbiamo imparare resterà sempre anonima e, non trovando prima il suo spazio nel mondo delle sensazioni, non potrà trovare nemmeno quello nei cassetti della mente. Per il Diritto (con il potere delle immagini e delle storie) Che differenza potrebbe esserci se, anziché aprire il tomo alla pagina x, e iniziare a leggere e a ripetere, facessimo così? Il professore ci dice che siamo chiamati a risolvere un caso che da qualche tempo sta affrontando e dice alla classe: “Ragazzi ho una difficoltà e cerco la soluzione. Mio nonno mi ha lasciato in eredità un terreno a cui era molto affezionato. Io non ci ho mai badato più di tanto, perché insegnando ho altro da fare. Ieri ricevo una telefonata dal mio confinante il quale mi dice che il terreno non è mio ma suo. Secondo voi è possibile? (e aspettiamo le risposte dei ragazzi). Lui sostiene che essendo stato incolto per molto tempo ed essendo che lui doveva per forza tagliare l’erba per poter arrivare al suo appezzamento, questo mio terreno è da considerarsi suo di diritto. Secondo voi è possibile? E se così fosse, allora, ragazzi, come è possibile definire il concetto di proprietà? Secondo voi com’è possibile tutelare proprietari e confinanti?”. Il tutto guidandoli e avvicinandoli a quelli che sono i principi del Diritto e, solo alla fine aprire il libro di testo per confrontare gli articoli e impararli a memoria. Per loro sarà molto più facile perché potranno naturalmente associare alla regola il film di immagini che si sono creati immedesimandosi nella storia del professore. Inoltre, sarà anche più facile, perché l’insegnante fin da subito nel suo linguaggio avrà utilizzato tutti quei termini che i ragazzi ritroveranno poi nel testo: non saranno delle cose sconosciute da dover infilare in testa, ma concetti già ben chiari che necessitano soltanto di trovare il loro ordine e di essere fissati.
Rabbia bambini: 4 passi per gestire crisi di Rabbia e crisi Isteriche
Come gestire le crisi di rabbia dei bambini e le crisi isteriche che esplodono perché gli dici di No a un gelato o quando chiedono un nuovo gioco? Cosa puoi fare nelle situazioni in cui sei costretta a dire di No a tuo figlio e lui si arrabbia tantissimo, ha una “crisi isterica”, una crisi di nervi o uno scatto di ira? Il problema più grande è che in queste situazioni la nostra pazienza si esaurisce in fretta e finiamo noi stessi per essere colpiti dal vortice del nervosismo, della rabbia, delle urla e delle sgridate. Alla fine perdiamo tutti: tuo figlio viene sgridato o punito, non si sente capito, tu ti arrabbi e perdi la lucidità necessaria per aiutarlo e per trovare una soluzione. Scopri in questo articolo: Come si fa a contenere la rabbia e gli scatti di ira dei bambini Come gestire le crisi isteriche e crisi di nervi, indipendentemente che tuo figlio abbia 1 anno, 5 anni, 10 anni o sia più grande Come comportarsi quando un bambino urla, non ascolta, alza le mani ed è nervoso Perché tuo figlio esplode con una “crisi isterica” o una crisi di rabbia? Innanzitutto dobbiamo riavvolgere un attimo il nastro e farci sempre la nostra solita domanda per quanto riguarda le motivazioni. La prima domanda è sempre: Perché i bambini si arrabbiano e si innervosiscono? Perché tuo figlio arriva ad avere crisi di rabbia o una crisi isterica o di pianto? I bambini e i ragazzi non fanno mai le cose a caso. La motivazione è la nostra legge aurea, perché se troviamo la motivazione abbiamo anche la soluzione. Proviamo a fare delle ipotesi: 1. Più noi cediamo e cambiamo idea e più si arrabbia Magari tuo figlio o tua figlia si arrabbia perché sa che più si arrabbia più noi cediamo. Perché è sempre successo così, sa che se ci porta all’esasperazione noi cediamo. È chiaro che la soluzione in questo caso è imparare a mantenere la calma quando diciamo di No e a non cedere, perché così saprà che quel tipo di atteggiamento è inutile, che usarlo non serve a nulla. Che quando gli dici di No sei sicura e non cambi idea. 2. Diciamo di no (e diamo un limite) in modo duro e senza accogliere/comprendere la sua situazione Un altro caso è quando tuo figlio si arrabbia e si innervosisce perché magari gli diciamo di No ma lo facciamo senza tutte quelle “mosse” da Aiutante Magico che sono dei veri salva-vita con i figli, quindi: senza metterci nei suoi panni senza accogliere il suo stato d’animo con calma e senza considerare il suo bisogno evitando di dirgli con empatia per esempio che ci dispiace come se del resto stesse succedendo a noi Non fornire una soluzione immediata o che metterete in campo nei prossimi giorni o quando sarà possibile Nel caso del gelato per esempio è utile accogliere la sua frustrazione, ascoltare i motivi per cui proprio vorrebbe mangiare un gelato, rassicurarlo sul fatto che domani potrà comunque mangiarne un altro anche se oggi non è proprio possibile. Nel caso del gioco nuovo, ipotizzando che è un acquisto che è possibile effettuare, possiamo rassicurarlo che tra un tot di tempo quel gioco potrà averlo molto volentieri e allora subito pianifichiamo e ci organizziamo come fare per comprarlo. Se invece quel gioco non si può proprio comprare, perché non lo riteniamo adatto alla sua età o in generale non lo riteniamo un gioco ideali per i bambini o per lui, allora possiamo accogliere la sua frustrazione. Possiamo quindi dirgli che ci dispiace tanto, possiamo raccontargli perché secondo noi non è un gioco da avere. Possiamo infine rassicurarlo perché, sapendo alla fine cosa vorrebbe fare o ottenere da quel gioco, possiamo dargli tutta una serie di soluzioni e alternative per ottenere lo stesso divertimento o più o meno le stesse cose anche con altro di altrettanto entusiasmante. Tutti questi passaggi, anche se sembra strano, posso essere fatti senza sgridare, minacciare o urlare da parte nostra. Infatti, anche se nessuno lo ha mai fatto con noi quando eravamo piccoli e quindi non siamo abituati, è possibile dire di No, trasferire regole e limiti ai figli con calma da parte nostra. Possiamo farlo senza dover ripetere le cose 100 volte, senza lotte di potere, “capricci” con scatti di ira, episodi di rabbia o pianti. 3. I bambini esplodono con crisi di rabbia perchè sono sempre tutti No (e i Sì sono un miraggio) Altra situazione: tuo figlio esplode con una crisi di rabbia perché magari di solito sono sempre tutti No. E noi abbiamo quel tipo di atteggiamento per cui è un No a priori sempre perché magari pensiamo: “non deve rompere perché non ho tempo di mettermi lì ad aspettare” “Gli dico No perché altrimenti lo vizio” “Gli dico No perché se non impara a diventare grande, perché ha bisogno di batoste che poi nella vita riceverà.” Visto che è No per tutto, all’ennesimo No ricevuto esplode con una piazzata pazzesca, si arrabbia tantissimo e ha una crisi di pianto. Allora è chiaro che se vogliamo veramente risolvere dobbiamo trovare l’equilibrio, magari costruire prima un po’ di abbondanza dentro di noi e valutare quali Sì e quali No possiamo dire. In questo caso la lezione per noi è imparare a essere un po’ più flessibili. In questo modo potrai evitare che davanti al No si creino ogni volta queste lotte di potere e crisi isteriche. 4. Il vero motivo della richiesta che fa esplodere la crisi di rabbia Altra possibilità: possiamo osservare se per tuo figlio è davvero importantissimo avere quel gioco o quel gelato che ha chiesto e per cui si è arrabbiato. Perché magari non si tratta del gelato o del gioco, si tratta di quello che quel gelato o quel gioco compensano dentro di lui. Magari il dolce del gelato gli tampona un po’ quel bisogno di amore, quel bisogno di dolcezza, quel bisogno di appagamento che non sente riempito in un altro modo. Oppure avere il gioco lo fa sentire come gli altri, quindi innalza il suo senso di autostima. Oppure ancora avere il gioco lo fa sentire importante e come i suoi amici. Allora in questi casi in verità non vuole il gioco, desidera ciò che rappresenta per lui il gioco o il gelato. Se noi comprendiamo questa motivazione, si aprono i cieli perché possiamo andare a riempire questo vuoto che lui sente. Possiamo soddisfare questo bisogno agendo sulla sua autostima e magari anche sulla nostra, se ha assorbito un po’ di svalutazione da noi. 4 soluzioni per gestire le crisi di rabbia, crisi di nervi e crisi isteriche di tuo figlio Ecco qui i passaggi principali che puoi seguire: A. Il perché Come prima cosa domandiamoci perché si sta arrabbiando, quindi andiamo a sondare la motivazione, il perché è diventato nervoso e si sta agitando (se non riesci a farlo in quel momento, puoi anche farlo successivamente ma ricordatene il prima possibile perché è la vera chiave). B. Fermezza In quel momento se gli abbiamo detto di No dobbiamo rimanere fermi sul No. Eventualmente dopo valuteremo meglio la cosa con calma e ci domanderemo se davvero doveva essere un no o poteva essere un Sì. Ci possiamo man mano fare un elenco a priori dei Sì e dei No che vogliamo dire per non trovarci a dover improvvisare quando ci chiedono qualcosa. Quindi la prossima volta magari valuteremo meglio, ma se adesso abbiamo detto di no, rimane un no. Perché non possiamo dare l’idea che siamo quelli che fanno la bandiera e cambiamo idea a seconda di come cambia il vento. Dobbiamo mostrare fermezza. C. Accoglienza Nel frattempo accogliamo la sua frustrazione, usiamo le nostre capacità di accoglienza, lo ascoltiamo, ci mettiamo nei suoi panni ci dispiace davvero e gli diciamo che è giusto che sia arrabbiato, per esempio: “È vero, è una cosa tristissima che quando vuoi una cosa non puoi ottenerla subito”. D. Soluzione Troviamo insieme una soluzione e intanto andiamo avanti per la strada o, se siamo in casa, andiamo avanti a fare le cose che dobbiamo fare. E. E se non si calma? Se non si calma subito o se magari all’inizio continua a essere arrabbiato o riprova e insiste perché sa che, tutte le volte in cui ha insistito, poi noi abbiamo ceduto. È quindi necessario mantenere la calma, restare fermi sul No senza esplodere a nostra volta con rabbia e nervoso e soprattutto mettendoci dalla sua parte. Sii serena e non sarà neppure il caso di metterti lì a convincerlo a tutti i costi per farlo calmare, non avere fretta, resta ferma sul No, mantieni la calma, sii comprensiva. Di solito si calmano in breve tempo se usi questa modalità. Se dovesse insistere accoglilo con calma, di tanto in tanto, senza avere la fretta che si calmi a tutti i costi subito. La chiave per gestire le crisi di rabbia di tuo figlio è sempre accogliere il suo stato d’animo e agire da Aiutante Magico restando calma, evitando ricatti/punizioni che nel tempo non aiutano a creare una relazione di fiducia. In questo modo tuo figlio si sentirà compreso e troveremo delle soluzioni, anche se l’oggetto del desiderio non è possibile ottenerlo subito. Ultimo aspetto importante: ricordati di osservare eventuali motivazioni di fondo che magari in superficie non sono così evidenti ma sono le vere cause che fanno scattare queste sue esplosioni di rabbia e di pianto.
7 modi per ottenere Rispetto e Fiducia da tuo figlio
Pensiamo che i figli ci debbano rispettare per il semplice fatto che siamo i loro genitori. Perché noi siamo gli adulti, perché ci siamo passati prima di loro e abbiamo già vissuto queste cose. Ci devono rispettare e si devono fidare di noi perché noi parliamo ed è legge quello che diciamo. In verità la fiducia non è uno stato di diritto, ma è un qualcosa che il genitore si deve conquistare. Vediamo insieme cosa puoi fare per guadagnarti la sua fiducia. Come conquistare la fiducia dei figli in 7 passi 1- Rispetta i bisogni di crescita di tuo figlio Anche a costo di andare contro alla tradizione e alla cultura del paese in cui vivi o della famiglia di origine da cui provieni o delle persone che ti hanno cresciuta, rispettare i bisogni vuol dire che, se un bambino ha la necessità di dormire con mamma e papà per i primi tempi o i primi anni di vita, bisogna farlo, anche se ci hanno sempre insegnato che così LO VIZI. Se i bambini hanno bisogno di accoglimento, di contatto fisico, vanno presi in braccio, stretti, avvolti dalle nostre braccia, anche a costo di “viziarli” (tra l’altro i vizi non esistono). I NO vanno detti con fermezza, ma accompagnati anche da empatia e amore. È necessario dimenticarsi che fino all’altro ieri ci hanno insegnato che “ci vuole polso! Devi essere duro. Deve capire, deve smetterla. Lascialo piangere…” Prima ti liberi da questi “credo” e prima tuo figlio imparerà, anzi apprezzerà e si fiderà sempre di più di te. 2- Impara a restare calma Più ti aiuterai a restare calma, a gestire le situazioni guadando il lato positivo e cercando di trovare una soluzione efficace serenamente, e più tuo figlio saprà di potersi fidare di te. Perché più tu sei una persona che riesce a gestire i propri stati d’animo, riesce a gestire la rabbia anche nelle situazioni più difficili, più impari ad essere il suo Aiutante Magico e sei a disposizione per aiutarlo a superare le difficoltà è più “punti” e fiducia guadagnerai nei suoi confronti. 3- Giudizi e umiliazioni non aiutano Non umiliare tuo figlio con punizioni e sgridate, con i paragoni perché credi che sia più opportuno un altro atteggiamento, che dica cose diverse, che sia un bambino diverso e che faccia proprio come quello con cui lo paragoni, magari un compagno, uno che passa per strada, un fratello o anche soltanto il “bambino ideale” che hai in testa… È perfetto così com’è! A nessuno piace essere paragonato! 🙂 4- Lascia che sperimenti le sue idee Per i bambini è importantissimo provare e imparare attraverso la pratica, le esperienze, i tentativi. E se facendo per caso sbaglia, inciampa, si rompe qualcosa, gli puoi dare la possibilità di rimediare, invece di accusarlo, punirlo e sgridarlo come spesso hanno fatto i nostri genitori con noi inibendo il nostro desiderio di sperimentare. Puoi sdrammatizzare dicendo: “AH capperi! È successo un guaio! Come possiamo rimediare?” E poi aiutarlo a risolvere senza farlo sentire sbagliato. L’unico vero antidoto all’errore, lo sai anche tu, non è la sgridata, non è la punizione, ma è semplicemente dare, a bambini e ragazzi, la possibilità di rimediare per imparare dall’errore. Tu come ti sentiresti al suo posto? Per approfondire leggi l’articolo Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo 5- Ascoltalo Ascolta le sue motivazioni, quello che prova, sempre, senza giudicarlo, senza sminuirlo, con disponibilità ad accogliere i suoi sentimenti e le sue emozioni, a credere in quello che sta provando, senza dirgli che è sbagliato, senza dirgli che deve essere coraggioso, che non deve fare così e che non deve piangere. Abituati ad accogliere i suoi stati d’animo, qualsiasi essi siano. 6- Dire di no e dare limiti, ma con calma Come genitore sai dire di NO quando è ora e soprattutto sai farlo nel modo corretto, rispettando i bisogni di tuo figlio. Il NO è fermo e non diventa Sì (altrimenti sei incoerente). E pur essendo detto con fermezza e sicurezza tutte le volte in cui è necessario dire no, è un NO sereno che si affianca anche alla nostra capacità di essere empatici con la reazione di nostro figlio e di accogliere il suo dispiacere o il suo stato d’animo del momento. È naturale che un bambino o un ragazzo possa non accettare il tuo No o avere delle resistenze se proprio la voleva fare quella cosa particolare. Chiediti se il No che stai per dire serve e, se poi lo dici, sostienilo e accogli tuo figlio con amore. Puoi scoprire come aiutare tuo figlio a rispettare le regole e i tuoi no leggendo questo articolo: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no 7- Sfodera la fiducia in te stessa Se credi in te, in quello che pensi, credi in quello che provi, ti accogli e non ti giudichi, dai tu un ottimo esempio che anche lui potrà seguire da subito. Se ti senti un genitore insicuro, puoi approfondire leggendo l’articolo Le 5 cause che ti fanno sentire un genitore insicuro (la prima da piccolo ti umiliava)