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I terribili 2 anni non esistono (e neanche i terribili 3)
Le domande delle mamme relative alla fase dei terribili 2 anni (terrible two) sono quasi sempre: 1️⃣ Quando iniziano i terribili 2 anni di mio figlio? 2️⃣ Quanto dura questa fase dei terrible two in cui il mio bambino è diventato ingestibile? 3️⃣ E quando finiscono? Dopo mi devo preparare anche ai terribili 3? Iniziamo con il dire che questa fase definita terribile dei bambini potrebbe non esistere. Infatti i terribili 2 dei bambini sono una grandissima bufala. Posso immaginare che ti sembri un’affermazione assurda perché tutti ti dicono il contrario. Leggi fino in fondo e scoprirai che un motivo più che valido esiste. I “Terrible two” o i “Terrible three” esistono nella mente di un genitore (educatore, nonno o insegnante) che non conosce il “Libretto delle Istruzioni” dei bambini. Cosa significa “Libretto delle Istruzioni”? Significa sapere come “funziona” tuo figlio e come cresce in ogni fase di crescita. Se non conosci il “Libretto delle Istruzioni” è inevitabile che con un bambino tu non sappia cosa fare o cosa dire oppure non sappia perché si comporti in un determinato modo. Di conseguenza le provi un po’ tutte e l’unica cosa che ti resta da pensare quando tuo figlio continua a non ascoltarti è che siano arrivati i famosi terribili 2 anni. Poi arriveranno i Terribili Tre… Chissà, forse si inventeranno presto i terribili 4 anni o magari i terribili 5 anni! In verità non esiste realmente un periodo “terribile” per i bambini a 2, 3, 4 o 5 anni… Potrebbe essere che noi lo definiamo così solo perché non riusciamo a darci determinate spiegazioni? Perché non riusciamo a intervenire e risolvere un momento di difficoltà? È importante invece iniziare a conoscere come siano fatti i bambini in un determinato momento della loro vita, imparare a capire di cosa hanno bisogno, che cosa ci stiano dicendo con il loro comportamento e quali siano le loro vere motivazioni. Se noi, pensando di essere entrati nella fase dei terribili 2 anni mettiamo al primo posto le regole aspettandoci che il bambino ci debba rispettare e obbedire come prima cosa, ci ritroviamo nei pasticci. Bambini che non vogliono dare la mano: cosa faccio se non mi ascolta e vuole attraversare la strada da solo? Per esempio supponiamo che tuo figlio a 2 anni o 3 anni si rifiuti di darti la mano mentre attraversate la strada. Magari dopo un po’ lo farà solo perché abbiamo alzato la voce o abbiamo iniziato a fare la faccia cattiva e lui si è impaurito. Comunque non ti darà la mano spontaneamente con gioia e senza una tua sgridata o una tua alzata di voce o un ricatto. Come troviamo una risposta e una soluzione? Le troviamo iniziando a ragionare e a pensare come farebbe un Aiutante Magico, che metterebbe in secondo piano la regola e il limite (che comunque sono importanti e necessari per i bambini) e in primo piano la motivazione. Se vuoi trovare una soluzione devi porti una domanda. Ad esempio, se tuo figlio sta urlando a squarciagola perché non vuole darti la mano per attraversare la strada, la prima cosa da fare è chiederti: “Perché non vuole darmi la mano?” Le ipotesi sono tante. Magari ti affanni e ti preoccupi di più quando vi trovate in situazioni pericolose per tuo figlio ma forse lui non ti ascolta e rifiuta le tue regole anche in altre situazioni. Allora forse bisogna chiedersi: 👉 “Con quale atteggiamento io comunico le regole a mio figlio?” 👉 “Come gli dico di no?” 👉 “Sarà adatto il modo in cui gli dico di no per la sua età?” 👉 “Può essere che io ogni tanto mi innervosisca e perda la pazienza?” 👉 “Può essere che io sia troppo molle nella relazione e lui ormai è abituato a fare tutto ciò che vuole?” Possibili motivi che portano a pensare ai terribili 2 anni dei bambini Forse nel momento in cui gli dici “no, qui devi darmi la mano” lui si rifiuta perché è abituato a decidere su tutto. Altro motivo: se lo “prendiamo di petto”, utilizziamo da subito un tono duro e cerchiamo di costringerlo sarà difficile che un bambino ci ascolti e ci dia la mano con entusiasmo. Oppure, come capita spessissimo ai bambini in questa età, sta iniziando a trovare la sua autonomia. Ha iniziato a sentire il corpo che può stare dritto in piedi e, nel frattempo, può camminare o addirittura correre! E si sta rendendo conto che la stanza dei bottoni di questa macchina ce l’ha lui. È lui che riesce a far muovere i piedi le braccia, a coordinare i movimenti di tutto il corpo per saltare come una gazzella! Fantastico! Ancor più lo è stare davanti ad una strada, dove il bambino vede la mamma e il papà che guardano a destra e sinistra tante volte e probabilmente pensano: “deve essere una sfida fantastica provare a vedere se riesco a correre fortissimo!” Il motivo potrebbe essere banalmente questo, che fa proprio parte della loro natura di questi anni. La soluzione dello “svezzamento” Allora da Aiutante Magico che cosa dovremmo fare? 1° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2 anni” In merito all’esempio della strada una volta ipotizzata la motivazione potremmo dare la soddisfazione al bambino di poter camminare tanto e correre al parco, lungo i marciapiedi larghi o in strade poco trafficate. Davanti a una strada o luogo sicuro possiamo dirgli: “Corri! Corri pure! Io ti aspetto qua, tu corri tranquillo fin laggiù e vai avanti e indietro quanto vuoi!” Nel momento in cui deve attraversare la strada con la mamma il bambino sarà molto più rilassato perché non avrà alle spalle minuti o ore di privazione fatti di “Non correre!” “Aspetta, fermati!” “No! è pericoloso, dammi la mano!”. Si sarà sfogato, avrà soddisfatto le sue curiosità, avrà corso e gli verrà più facile dare la mano alla mamma per attraversare quel pezzetto di strada più pericoloso. Puoi approfondire come soddisfare la curiosità del tuo bimbo evitando incidenti leggendo anche Pericoli in casa e bambini: perché toccano le cose pericolose? 2° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2” Successivamente potremmo passare invece a fargli attraversare la strada senza dare la mano in posti privi di pericoli, come il vialetto di casa, la strada del parco dove passano al massimo pedoni o biciclette. In questo modo potrà fare l’esperienza di attraversare da solo una strada in un posto sicuro. 3° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2” Si può, a questo punto, giocare ad attraversare la strada, guardando e riguardando insieme per bene se stia arrivando qualcuno. “È pericoloso? Che dici? No aspetta guarda, sta arrivando quella bici: la facciamo passare! Ciao ciclista! Bene, ora davvero non c’è nessuno e possiamo attraversare veloci come un fulmine! Via!!!” E si attraversa insieme a lui ovviamente senza dare la mano. Lo si abitua in questo modo con uno “svezzamento” in luoghi in cui non ci sono pericoli. Al semaforo in pieno centro città attraverserete dicendo: “Qui bisogna tenere la mano al semaforo” e gli terrete la mano saldamente, senza arrabbiarvi. Come nel precedente esempio, anche in questo caso lui penserà: “Beh, in fondo me la fa attraversare un sacco di posti: ok questa volta le do la mano”. 4° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2” La fase successiva è far attraversare la strada al tuo fianco da solo, senza tenersi per mano, dicendogli dove fermarsi o procedere. Se tra voi e vostro figlio c’è una buona relazione, perché non dovrebbe ascoltarvi? Se hai compreso la sua motivazione e quindi la sua voglia di affrontare questa sfida, tuo figlio si ritroverà a pensare: “Perché non dovrei dargli la mano? Non sono arrabbiato con lei per nessun motivo! perché con me ha una relazione fantastica ed è una mamma fantastica. Certo, se mi chiede di darle la mano le darò la mano”. Se un bimbo così piccolo, con i suoi due anni, ha imparato a coordinarsi, ha scoperto di essere lui il pilota del suo corpo, insieme a tante altre prese di coscienza, bisogna festeggiare, perché è qualcosa di bellissimo sia per lui che per i suoi famigliari. E come vedi questi 4 passaggi ti consentono di “trasferire” una buona abitudine a tuo figlio evitando sgridate e di etichettarlo come un bambino di che si trova nella fase dei terribili 2 anni o 3 anni. Bambini che rifiutano le regole o sembrano ingestibili: i 4 passi per non ritrovarti nelle sabbie mobili Dall’esempio dell’attraversare la strada possiamo riassumere alcuni suggerimenti importanti che valgono anche nelle altre circostanze: 1️⃣ Non partire con l’imposizione forzata delle regole e metti al primo posto la qualità della relazione con tuo figlio 2️⃣ Rispetta il suo bisogno di voler sperimentare tipico dei primi anni dei bambini (più reprimi questa fase più i bambini tendono a essere nervosi) 3️⃣ Trova soluzioni pratiche che consentano a tuo figlio di fare esperienza in sicurezza con la tua presenza anche con situazioni e con oggetti che possono essere pericolosi come attraversare la strada 4️⃣ Quando possibile divertiti con lui e trasforma l’esperienza e l’insegnamento della regola (guarda da entrambi i lati sempre prima di attraversare una strada) in un gioco o comunque in un momento divertente per voi Quale risultato otterrai con questi passi? Per cominciare smetterai di urlare o ricorrere alle minacce per farti ascoltare. Smetterai di pensare alla fase dei terribili 2 anni dei bambini e cercherai invece di comprendere i motivi per cui tuo figlio si comporta in un determinano modo. Infine tuo figlio si sentirà compreso e capito da te, rispettato, e di conseguenza ti ascolterà di più. Puoi trovare altri spunti per comprendere meglio le motivazioni alla base dei comportamenti di tuo figlio leggendo l’articolo: Tuo figlio non ti ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no.
Come trasmettere le regole a ragazzi e adolescenti?
I nostri ragazzi non sono ormai più bambini piccoli: come possiamo riuscire a trasmettere le regole ai figli adolescenti e a farle rispettare senza dover lottare e senza dover accendere fuochi inutili? Quando i figli diventano preadolescenti o sono adolescenti avremo a che fare anche con l’integrazione di abitudini più difficili come ad esempio: la forza di volontà per spegnere i videogiochi quando è ora la forza di volontà di impegnarti e di finire di studiare se l’indomani c’è un compito in classe o se non vuoi rimanere indietro la forza di volontà di riordinare la tua camera, rifare il letto anche se non hai voglia ed è una cosa noiosissima ecc Man mano che crescono i nostri figli hanno bisogno di parlare e a volte anche discutere delle regole. Ciò che possiamo fare è dunque “metterci a tavolino” insieme e parlare di ciò che va fatto perché, ad esempio a seconda della situazione: si viva in una casa ordinata e pulita lo studio è importante e abbiamo deciso che questo ciclo di studi si deve concludere, magari alla bene e meglio, ma va finito e quindi in qualche modo bisogna affrontare lo studio. se riteniamo che tu possa giocare con i videogiochi, ma non ad oltranza, non passerai tutta la notte sui videogiochi ecc Ci mettiamo insieme a tavolino o sul divano e ne parliamo, ne discutiamo insieme, troviamo insieme delle soluzioni. Un esempio: ragazzi ho bisogno che mi aiutiate tenere la casa ordinata! Ad esempio supponiamo che ci sia bisogno di integrare l’abitudine di aiutare in casa tenendola in ordine. Parleremo ai nostri ragazzi, anche già dagli otto-nove anni in su, quasi come se fossero adulti, perché in grado di ragionare sulle cose personalmente. Diremo ad esempio che da soli non riusciamo a fare tutto, parleremo delle nostre necessità, delle nostre motivazioni. Gli parleremo di che cosa ci sta a cuore, che cosa ci preoccupa, che cosa desideriamo da parte loro. Diremo che vogliamo ascoltarli, che vogliamo ascoltare tutto ciò che hanno da dire su quello che per loro non va, che non hanno voglia di fare o che non piace. È importante non alzare muri tra noi e loro. Aiutiamoli ad esplicitare ciò che pensano: “Dimmelo pure: riordinare ti fa schifo. Trovi inutile rifare il letto alla mattina se tanto poi alla sera lo devi disfare” Sono quindi da evitare quelle frasi del tipo: “È così, basta, non si discute. Mi devi rispettare perché sono tua madre”. Perché altrimenti li abbiamo persi. I nostri ragazzi sono delle menti intelligenti. Se non faccio sentire un ragazzo giudicato, se gli parlo riconoscendo la sua consapevolezza e la sua maturità per l’età che ha trattandolo come chi ha voglia di crescere e diventare responsabile, allora non si chiuderà completamente, non trasgredirà o cercherà comunque di dare una mano. Ecco cosa nel pratico potremo dire per esempio: “ Abbiamo un problema: non ce la faccio più a fare tutto. Ho piacere che la casa sia ordinata e che tutte le parti della casa siano ordinate, comprese la vostra camera, le vostre cose, i vostri armadi. E poi sinceramente (e so che voi questo discorso non volete sentirlo), ci tengo anche a trasmettervi questa buona abitudine. Perché poi comunque, quando tutto è ordinato, la mente lavora meglio. Il corpo lavora meglio. Però è veramente noiosissimo, riordinare neanche a me piace. È uno sforzo anche per me perché non mi piace. Preferirei mettermi a leggere. Odio mettere in ordine e preferirei andare a fare una passeggiata. Però dopo aver fatto ordine in effetti sto meglio. Avere invece la casa che è un caos e dover impiegare una giornata intera alla settimana o ogni quindici giorni per rivoluzionare tutto perché ormai dobbiamo calpestare la roba per passare non è possibile. Dobbiamo venirci incontro. Qua servono tutte le nostre energie da samurai perché dobbiamo trovare un punto d’incontro” A questo punto li ascolteremo oppure saremo noi direttamente a dire: “Lo so che fa schifo riordinare, che sembra una perdita di tempo considerando anche tutto quello che hai da studiare. In effetti é una paranoia galattica. Dobbiamo trovare un punto d’incontro. Facciamoci venire delle idee. Facciamo un po’ di brainstorming perché insieme dobbiamo aiutarci”. Per trovare una buona via di mezzo, anche in questa fase eviterei di partire a tutta velocità dicendo: “Allora se io tengo ordinata la mia camera da letto, anche tu devi tenere ordinata la tua camera da letto. Quando io faccio le pulizie, anche tu fai le pulizie. L’armadio deve essere sempre a posto. Devi essere responsabile delle tue cose, ecc…” Se siamo una squadra, probabilmente partirei… come se fossimo una squadra 😊 Comportiamoci come se avessimo davanti non i nostri figli adolescenti, ma delle amiche o degli amici adulti con cui farei squadra. Ecco che allora possiamo procedere in questo modo: “Cosa ti piace fare? A me piace meno fare questo e a te? In questo invece mi sento forte, tu dove ti senti forte? Perché magari uniamo le forze due volte alla settimana e ognuno fa qualcosa proprio in base a cosa decidiamo insieme. Io posso togliere la polvere e lavare per terra. Tu puoi piegare i vestiti e sistemare le cose nell’armadio, ecc.” O ancora, proprio puntando su ciò che più ci piace fare o non amiamo: “A me piace stirare e posso farlo per tutti. Tua sorella preferisce togliere la polvere. A te piace passare l’aspirapolvere e lavare il pavimento e puoi fare quello”. Come fare per mantenere questi accordi? Ecco un esempio pratico: “Dato che non possiamo lasciare che da una volta all’altra questa casa diventi di nuovo il finimondo, ragazzi, che ne dite se ci aiutiamo a vicenda? Allora voi sapete benissimo in cosa io sono disordinata, giusto?” “Sì, mamma. Lasci tutta la roba fuori dai cassetti in bagno: i tuoi trucchi e le creme. Alla fine sei sempre di corsa e non le metti mai nell’armadietto. La sera non hai mai voglia di lavare i piatti, non li metti in lavastoviglie e alla fine è tutto poi da fare la mattina dopo, quando siamo di corsa. E poi non ti piace are il letto…ti dimentichi e non cambi le lenzuola tutte le settimane.” “Sì, tutto vero! Voi invece non mettete mai i libri in ordine. Tirate fuori la roba dall’armadio per vedere cosa vi volete mettere e poi non la ripiegate e non la rimettete dentro. Allora ci impegniamo ad aiutarci: io mi impegno a cambiare le lenzuola una volta alla settimana, a mettere i piatti in lavastoviglie la sera e a sistemare le mie creme e i miei trucchi ogni volta che li uso. Se per caso voi vedete che io mi dimentico, o magari tu Lucia, dopo un’ora, vai a fare la pipì e vedi che mi sono dimenticata di mettere via tutta la mia roba in bagno mi chiami. Ma non è che mi sgridi, dobbiamo aiutarci. Me lo dici gentilmente, mi chiedi magari se vuoi aiutarmi perché sono le prime volte e magari ancora non riesco da sola. E io faccio la stessa cosa con voi. Se mentre metto la roba nel cassetto vedo che c’è un gran caos, verrò da te e…. Lucaaaa sono andata di là e nel cassetto ho trovato qualcosa che non andava…c’è stata una rivoluzione nel cassetto! Che facciamo? Sono le prime volte.. Dai, lo facciamo insieme se non hai tempo o non hai voglia. Dai, avevamo deciso che questa era una sfida, lo fai in 5 minuti e poi ti aiuto io a studiare!” Regole adolescenti: ma come fanno ad imparare senza durezza e punizioni? Dopo aver letto questi consigli potresti pensare che in questo modo i tuoi figli non impareranno. Che tu sei cresciuta o cresciuto con la concezione che solo la durezza e la punizione possano aiutarli ad imparare e che questa modalità non sembri affatto rigorosa. Potresti pensare che in questo modo non integreranno mai la disciplina nella loro vita. Ma proviamo a fare un paragone con noi adulti, secondo me piuttosto calzante. Io, adulta, sono più disciplinata se qualcuno mi dà la frusta addosso per obbligarmi a fare le cose, oppure sono disciplinata se mi do degli stimoli, se mi motivo? Se qualcuno allo stesso tempo mi accoglie, mi dice “Guarda, lo so che è difficilissimo lavorare dodici-quattordici ore al giorno, eppure Roby in queste settimane ci devi dare dentro. Dai, magari alla sera ti cucino qualcosa di buono!” O magari con il mio dialogo interiore mi dico: “Dai, Roby, ce la fai. Sei bravissima. Guarda quante cose stai facendo. Stasera ti fai una bella doccia calda, poi ti rilassi.” Una modalità di questo tipo, più morbida, mi fa davvero essere una persona meno disciplinata? Mi fa trasgredire? Assolutamente no. Per i nostri ragazzi, che stanno crescendo, è la stessa cosa. Negli anni ho osservato che più do loro fiducia, più riconosco la loro consapevolezza, la voglia di impegnarsi, evitando di creare lotte di potere, e più loro dimostrano la voglia di darmi una mano. Trovo che con i ragazzi funzioni tantissimo il concetto di solidarietà, di squadra, di aiuto reciproco. Possiamo anche aiutarci disegnando ad esempio una mappa con tutte le nostre tappe della settimana e con i task di ognuno, in modo da avere tutto ben chiaro e in modo da poter segnare ciò che è stato fatto. Ci complimentiamo a vicenda, se abbiamo bisogno di una mano chiediamo agli altri di darci una mano: “mamma, oggi proprio non voglio, non ce la faccio: domani ho l’interrogazione di chimica e oggi mi toccherebbe la spolverata. Per piacere mi dai una mano? Oppure puoi farlo tu e in cambio io domani cambio le lenzuola per tutti perché tanto sarò tranquillo e avrò un sacco di tempo sabato per studiare”. Credo che questa sia la maniera più efficace per aiutare i nostri ragazzi a irrobustire la loro disciplina, imparare le regole, abituarsi a nuove abitudini, anche quando non hanno voglia, anche quando sono cose che non piacciono. Un altro esempio pratico: la disciplina nell’utilizzo dei videogiochi Possiamo applicare la stessa modalità per i videogiochi. Possiamo metterci anche in questo caso a tavolino e possiamo spiegare tutte le motivazioni per le quali non gradiamo. Spiegherò quindi tutte le mie motivazioni per cui non gradisco che stia troppo tempo a giocare con i videogiochi, il perché sinceramente non voglio e perché questa cosa mi preoccupa. Che la mia intenzione non è quella di privarlo dei videogiochi. Dirò secondo me che cos’è pericoloso e quale sia secondo me la maniera migliore per utilizzarli. Lui mi dirà la sua motivazione, cosa gli piace dei videogiochi e perché li usa. Mi dirà quando si accorge che si sta stancando, ma magari non ha la forza di smettere perché i suoi amici non stanno smettendo e si sentirebbe magari meno di loro. Mi racconta le sue difficoltà. Si definisce una regola di base di quanto si può stare, di come si deve stare, che se ha difficoltà a spegnere andrò io, lo aiuterò, parlerò io con i suoi amici. O troveremo insieme soluzioni come ad esempio portare gli amici anche qui a giocare ogni tanto, così potrò monitorare la situazione. Se ne parla insieme, sempre facendo leva sulla consapevolezza e sull’intelligenza che i ragazzi hanno quando crescono. Preadolescenti e adolescenti ribelli: cosa potrebbe non funzionare con le regole? Anche nella trasmissione delle regole, così come nella risoluzione dei conflitti, ci sono degli elementi che potrebbero vanificare o rendere meno efficace questo tipo di approccio. 1. Innanzitutto il “fattore abitudine”, soprattutto se siamo abituati ad arrabbiarci, a fare la morale, a essere molto duri. Per questo motivo all’inizio sarà forse un po’ complicato, trovare una via di mezzo tra l’essere ferma, ma avere questa modalità “morbida” in cui c’è una comunione di intenti si dialoga. È questione di abitudine: prova a non desistere, continua giorno per giorno ad allenarti, anche se le prime volte dovessi incontrare delle difficoltà. 2. Un’altra cosa che potrebbe succedere, è il fatto di non riuscire ad essere e rimanere così calmi. Magari ti viene subito il nervoso, ti arrabbi in generale, ti arrabbi con loro, ti viene da giudicarli come dei disordinati, dei maleducati. Senti di voler essere ascoltata e non ti senti abbastanza apprezzata da loro. Se così fosse, ti suggerisco allora di lavorare proprio su te stessa e sull’imparare a riuscire a rimanere più neutrale possibile. 3. Un’altra cosa che potrebbe vanificare un pochino i nostri intenti è, anche in questo caso, il fatto che con loro abbiamo faticato negli anni precedenti a costruire una relazione di fiducia. Se questa relazione di fiducia è venuta meno perché magari negli anni non li abbiamo mai ascoltati, di solito li rimproveravamo, usavamo le punizioni, le sgridate, ci sono conflitti legati alla gelosia tra fratelli o sorelle si sono sentiti trascurati da te si sono sentito giudicati in questi anni sei stata fredda e dura con loro o, al contrario, ti riconosco come un genitore troppo molle. non hanno fiducia in te. Allora è probabile che all’inizio tu debba dedicare qualche settimana o qualche mese a risanarla e ricostruirla e nel frattempo, puoi comunque iniziare a mettere in pratica questi suggerimenti proprio anche per aiutarti nel cercare di ricostruire un po’ alla volta, una relazione di fiducia. Puoi anche approfondire leggendo il nostro articolo: Conflitti Adolescenziali: da dove iniziare?
Bambini che lanciano oggetti e urlano: ecco cosa fare
Cosa fare quando un bambino a casa lancia gli oggetti, urla, picchia e alza le mani? Per quale motivo si comporta in modo aggressivo con te o con un altro bambino? Spesso i bambini iniziano da piccoli ad avere questo tipo di reazioni fisiche ed esplosive e ad essere maneschi. In questo articolo ti spiego il perché e come può comportarsi un genitore in queste situazioni. Perché mio figlio lancia gli oggetti, urla sempre o mi picchia? In genere i bambini iniziano a reagire lanciando le cose, picchiando, urlando o rompendo oggetti quando sono piccoli, ad esempio anche intorno all’anno e mezzo. Il motivo è che non hanno ancora la capacità di comunicarci cosa sentono, quali emozioni stanno provando. Naturalmente sarebbe bello e semplice se loro ci dicessero: “Tranquilla, voglio dirti solo che sono in crisi. Siediti. Siediti sul divano serena e tranquilla. Ti ho preparato anche una tisana. Ti devo dire che sono incavolato nero. Avrei voglia di spaccare tutto in questa casa. Perché non stai mai con me? Ho bisogno di stare più tempo con te. E poi odio mia sorella. Vorrei eliminarla dalla nostra famiglia e non posso farla fuori.” I bambini, ovviamente, non hanno la capacità di esprimere il loro stato d’animo in questo modo perché sono ancora troppo piccoli. Cosa fanno allora? Si esprimono fisicamente: piangendo, urlando, picchiando, facendo quelli che noi chiamiamo “capricci”, ma che non sono capricci. Si esprimono anche lanciando le cose: la prima cosa che trovano la lanciano. Perché? Perché non essendo ancora grandi, non sono in grado di razionalizzare come noi. Noi adulti quando sentiamo che stiamo per esplodere cosa facciamo? Ci fermiamo, ci ascoltiamo, ci parliamo e ci chiediamo per quale motivo stiamo per esplodere. Cerchiamo di accoglierci, farci un attimo le coccole e troviamo una soluzione. Gestiamo il nostro bagaglio emotivo per non esplodere. Spesso non siamo in grado di fare tutto questo nemmeno noi, figuriamoci un bambino piccolo. I bambini cosa sentono? I bambini sentono un tumulto dentro, un qualcosa dentro che li ha fatti arrabbiare o che li ha impauriti. La loro “pentola a pressione” diventa sempre più sotto pressione: questo insieme di sensazioni cresce e sale sempre più finché scoppiano. E allora ecco che rompono, lanciano gli oggetti, urlano o comunque possono diventare aggressivi. Oppure davanti ad un nostro no, magari detto in maniera un po’ brusca, loro non riescono a fermarsi e a dirci con calma: “perché mi stai dicendo di no? Guarda che io vorrei fare quella cosa perché…” Non avendo ancora una capacità di dialogo così fine ce lo fanno capire con il comportamento, con la rabbia, sfogandosi in questo modo. Non stanno facendo i maleducati, hanno solo il bisogno di esprimersi, di dirci quello che sta succedendo e lo fanno nell’unico modo che per ora conoscono. Hanno bisogno, piano piano nel tempo, di trovare e di assorbire un’alternativa dal nostro esempio. Allora in questi casi che cosa possiamo fare in pratica? Come comportarsi con un bambino che lancia le cose, alza le mani o urla Durante questi momenti di aggressività, rabbia ed esplosione, tentare di spiegare che non si fa serve a poco. Come prima cosa possiamo sicuramente intervenire con fermezza. Se hanno un oggetto pericoloso in mano o se stanno rompendo qualcosa non è necessario stare ad aspettare che si facciano male o lo rompano. Interveniamo: che sia per tirarlo indietro e allontanarlo, che sia per prendere l’oggetto dalle sue mani o che sia per tenergli le braccia in maniera sicura e ferma. Possiamo agire fisicamente con fermezza senza essere arrabbiati e dire ad esempio, mentre lo stiamo tenendo: “Amore Mannaggia cosa è successo! Sei arrabbiatissimo e questo non si può lanciare!” Magari lui nel frattempo si sta dimenando e sei riuscita ad abbracciarlo o a tenerlo perché non si faccia male. Molto diverso è intervenire in questo modo mentre dentro siamo arrabbiati, magari stringerlo e dire con tono duro: “Basta! Ho detto basta!!! Non devi fare così! Quante volte ti ho detto che non devi tirare quella roba! Ti fai male! Ma non vedi che ti fai male?!” In entrambi i casi fermiamo il bambino fisicamente prima che lanci un oggetto o un gioco, ma con il secondo modo si spaventerà, non si sentirà capito e avrà paura della nostra reazione. Nel primo caso invece magari si ribellerà, ma noi saremo sicuri, fermi, tranquilli e continueremo a tenerlo. Se lui dovrà ancora sfogarsi ed esplodere allora esploderà oppure vedendoci calmi si calmerà subito anche lui. Se vuoi approfondire l’argomento puoi anche leggere questo articolo: Smettila di Urlare! Come calmare bambini Nervosi e Agitati È esploso, ha picchiato me o la sorella: capire le motivazioni di tuo figlio Quando i bambini sono piccoli è difficile che ci dicano a parole che cos’hanno, cosa provano. Possiamo però allenare la nostra capacità di osservazione, diventare un po’ dei piccoli Sherlock Holmes e affinare il nostro intuito. Possiamo ad esempio osservare e farci un po’ di domande come: “ok, allora quando fa così si è arrabbiato con la sorella” “Forse è stanco? Ha fame? Si sta annoiando?” “Non sono stata con lui. E già due volte che mi gira intorno e tre volte che gli dico che non ho tempo. Oggi sono nervosa e me lo aspetto che tra un po’ esploderà anche lui” Un bambino potrebbe non capire tutte le nostre parole, ma al cuore gli arriverà quello che vogliamo dirgli, il nostro discorso, il nostro dialogo interiore. Un bambino sente se viene capito, compreso. Anche se i bambini sono piccoli, quando in modo sinceramente dispiaciuto gli diciamo “amore… mannaggia, la mamma oggi non è stata con te”, loro sentono che abbiamo capito. È quel linguaggio tra adulto e bambino, tra genitore e figlio, tra mamma e bimbo, che fa sì che loro sentano che li stiamo ascoltando e non li stiamo rimproverando. Magari piangerà dieci o venti minuti oppure si fermerà subito, ma l’importante è che noi possiamo essere fermi nel dire ciò che non si fa ma anche pronti a comunicare: “capisco perché l’hai fatto, te lo dico e troviamo una soluzione”. Inizialmente sarà necessario agire in questo modo cinquanta, cento volte o fino a quando ce ne sarà bisogno. Gradualmente si abituerà a chiamarvi, a non dover per forza esplodere lanciando oggetti o mordendo e picchiando, anche grazie al fatto che, allenandoci, noi riusciremo ad arrivare un po’ in anticipo, cioè intuire qual è la difficoltà e risolvere prima che la situazione degeneri. Ad esempio vi sarà magari già capitato di notare quando vostro figlio è stanco e vi sarete detti: “se non lo porto a dormire tra dieci minuti qua esplode il maremoto! Perché ha già cominciato a lagnarsi un po’, ad andare di là e ha tirato due volte un calcio a sua sorella… ha fatto un dispetto, lo vedo dagli occhi: è stanco. Se adesso non lo porto a dormire esplode e poi fino a mezzanotte non riuscirò a farlo dormire perché sarà una crisi dietro l’altra”. Gelosia: mio figlio ha picchiato la sorella! A volte capita che siano i più piccoli ad arrabbiarsi con i fratelli più grandi, ma la maggior parte delle volte sono i più grandi che ce l’hanno con i piccoli e che li vedono un po’ come degli intrusi. Noi chiamiamo questa reazione “gelosia” ma, in verità, il loro è un sentimento più che giustificato e spesso i primogeniti si sentono un po’ espropriati del loro territorio. E non è perché sono egoisti, ma perché questo territorio per i nostri figli è fatto dell’amore di mamma e papà e delle loro sicurezze. Ecco che allora si ritrovano a pensare: “Finché c’ero solo io, avevo tutto l’amore e tutte le attenzioni per me. Adesso che è arrivato un altro, o un’altra (o un altro ancora) questo terreno si ridurrà? Dovrò dividerlo per due, o per tre? Ma poi perché ne hanno voluto un altro? Io forse non andavo bene? Forse non sono bastato. Allora lei è meglio di me, certo che io sono arrabbiato con lei. Tutte le volte che la guardo penso che lei sia migliore di me.” È un fattore naturale, i bambini vivono queste sensazioni. Non possiamo spiegare o chieder loro di non farlo. Ciò che possiamo fare è dimostrare attraverso la relazione e la qualità del tempo che passiamo con loro che non è così. A volte non basta neanche dire “Io ti voglio bene, vi voglio bene allo stesso modo”. I figli hanno bisogno di vederlo nella pratica. È grazie a questo che i bambini saranno meno aggressivi, che arriveranno a non lanciare oggetti o eviteranno di urlare e arrabbiarsi, se questo è il vero motivo. Ecco qui sotto qualche altro esempio. È arrivato il momento di cambiare il pannolino alla piccola o di tenerla in braccio Ad esempio, ti stai alzando per andare a cambiare il pannolino alla piccola mentre il grande sta giocando. Un conto è dire: “Ma sì, ci metto un attimo, io voglio bene anche a te” un altro conto è dimostrare che ti ricordi di lui, guardarlo negli occhi e prima che mostri dispiacere dirgli per esempio: “Amore, io vado di là a cambiare il pannolino, se non vuoi stare qui da solo, vieni anche tu di là nel frattempo, prendi i due pupazzetti così continuiamo a giocare…” Oppure: “Devo cambiare tua sorella… ma mica voglio perdermi la costruzione di questo bellissimo castello!… Vado un attimo di là a prendere il cambio e torno… la cambio mentre sono qui con te così non mi perdo nemmeno un pezzettino di questa opera d’arte!” Oppure ancora hai in braccio la sorella più piccola, magari ti siedi perché non riesci a tenerli tutti e due in braccio e puoi dire: “Vuoi venire in braccio anche tu? Guarda che c’è lo spazio! Vieni in un braccio anche tu! Certo che posso prendere anche te. Mi devo solo sedere e posso prendere anche te”. Magari se non lo aveste fatto ve lo avrebbero chiesto e si sarebbero arrabbiati. Ma se lo anticipi loro avranno la certezza, potranno pensare “allora ti sei ricordata anche di me! Allora sì che mi vuoi bene! No, continuo a giocare. Non ho bisogno che prendi in braccio anche me” Hanno dunque bisogno di conferme nella pratica. Litigi tra fratelli: il grande ha picchiato la piccola Quando litigano dico sempre di intervenire e di non sgridare nessuno, di non cercare il colpevole. Infatti cercare il colpevole non serve perché spesso “il colpevole”, cioè chi ha iniziato, è il più ferito dei due, perché è quello che a monte si è sentito minacciato. Quando una piange e l’altro l’ha colpita andrò da tutti e due, mi avvicinerò a quella che piange per consolarla, ma allo stesso tempo chiederò all’altro: “mamma mia amore! per tirarle così forte i capelli deve avertela fatta grossa. Mannaggia questa sorellina che stava proprio giocando lì dove volevi giocare tu e lei si è messa in mezzo. Lo so che ogni tanto ti dà fastidio e non la supporti” Se vuoi approfondire cosa fare in caso di gelosie e litigi tra fratelli, puoi leggere anche l’articolo: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli Per fare un paragone, che senso avrebbe sgridare noi adulti perché mangiamo troppi dolci? Se il vero problema è che compensiamo con i dolci un bisogno affettivo, stanchezza o frustrazione, non sarebbe meglio avere qualcuno che ci aiuti a risolvere questa frustrazione, dato che magari i dolci fanno male? Per un bambino è uguale. Siccome non si picchia, non si morde, non si lanciano oggetti e ci sono altri modi per esprimersi da imparare nel tempo, non serve il rimprovero, ma avrà bisogno di vedere come si fa. E allora gli farò vedere come si fa, accoglierò entrambi, non lo colpevolizzerò perché so qual è il problema e quindi a monte ci lavorerò, dando del tempo di qualità, dandogli quello che gli serve per riprendersi le sue sicurezze e risolvendo. Nella pratica, se il problema era che la piccola si è messa dove voleva giocare il grande, vedrò se riesco a spostare lei, se no si troverà un’alternativa insieme, medierò tra loro due e vedrò cosa si può fare per risolvere. Il bambino si abituerà a capire che non lo state rimproverando, non si sentirà sgridato ma capito e dopo un po’ di volte che farete così avrà la certezza del fatto che è avvenuto un cambiamento. A quel punto potrete dirgli: “Vedi, quando succede così, prima di arrabbiarti vieni da me. Quando senti che comincia a venirti il nervoso, vieni da mamma o da papà e ce lo dici. Noi risolviamo. Arrivo prima che scoppino le scintille. Non ce n’è bisogno, basta che tu venga da me e me lo dici.” Inizieranno a venirvi a chiamare perché hanno capito che non siete un pericolo, ma che siete un aiuto, siete il loro aiutante magico. Inizialmente verrà a dirvelo, poi, man mano che crescerà negli anni, imparerà a fare lui quello che avete fatto voi. Imparerà a fare un bel respiro, a calmarsi, a parlare con se stesso e trovare una soluzione. Questo passaggio non avviene subito ma avviene con gli anni, però in questo modo si possono mettere da subito le basi per non avere ogni momento un litigio esplosivo da gestire. Gli esempi di questo articolo ti saranno utili per evitare con il tempo che tuo figlio lanci gli oggetti, arrivi ad urlare o diventare aggressivo con te o con la sorella, il fratello o altri bambini. Se vuoi approfondire il tema della gestione delle emozioni dei tuoi figli, puoi leggere questo articolo: Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle)
Tuo figlio non dorme o si sveglia di notte? Scopri perchè
In questo articolo sfatiamo un po’ di miti sul sonno dei bambini, sul perché fanno fatica ad addormentarsi e rispondiamo a queste 5 domande che preoccupano tanto mamma e papà: 1️⃣ Perché i bambini a volte non dormono? 2️⃣ Perché un bambino non si addormenta da solo? 3️⃣ Come puoi fare la sera per favorire il sonno di tuo figlio? Come aiutare il bambino a fare la nanna? 4️⃣ Perché i bambini piccoli non dormono per tutta la notte ma si risvegliano più volte? E’ normale se il bimbo si sveglia di notte? “Deve dormire da subito nella sua cameretta, altrimenti si vizia e a 20 anni te lo troverai ancora nel lettone!”. Quante volte l’abbiamo sentita? Personalmente, tantissime! C’è chi lo dice convinto e lo sostiene come un dogma. C’è chi lo dice abbassando lo sguardo, incespicando un po’ con le parole e con un po’ di titubanza, perché non ne è tanto sicuro. E magari ha paura di non riuscire a gestire un bimbo nel lettone e soprattutto il passaggio successivo dal lettone alla cameretta. Altri lo dicono forte e chiaro perché lo hanno sperimentato con i propri figli (anche se non ho mai visto nessun “amante del lettone” tenersi aggrappato a quel materasso anche a 20 anni). Falsi miti sul sonno Per esempio, ecco cosa mi è capitato a grandi linee di leggere e di sentire: In fatto di sonno bisogna parlare di educazione al sonno, perché è importante insegnare al bambino a dormire bene. Il bambino deve poter sperimentare le sue capacità di autorilassamento. Solo educandolo correttamente diventerà un adulto in grado di calmarsi in autonomia Bisogna dire al bambino che deve dormire nel suo letto, spiegando le motivazioni. È vero che è bellissimo dormire tra le braccia di mamma e papà. Ma il bambino deve essere educato fin da piccolo al fatto che ce la può fare da solo. Lasciatelo nella sua camera e all’inizio piangerà, urlerà, vi vorrà con lui. Voi rimanete sulla vostra posizione, affacciatevi ma non toccatelo, ditegli che lo amate ma che deve imparare a dormire da solo. Nel giro di pochi giorni sarete una famiglia felice. Quella di dormire nel lettone e del co-sleeping è una abitudine malsana. Se riesci a non cedere alla tentazione di portarlo nel lettone, bene, continua così. Allunga i tempi tra una volta e l’altra in cui ti avvicini al lettino una volta che ha iniziato a piangere. Restando vicino al bambino non lo stai aiutando, portagli piuttosto un po’ di latte o un biscotto. Entro l’anno il bambino deve dormire da solo. Dormire nella stessa stanza di mamma e papà è pericoloso perché il bambino respira l’anidride carbonica che tu emetti, quindi anche la culla deve stare a giusta distanza dal letto. Inoltre dietro il co-sleeping si cela il pericolo del surriscaldamento. Dato che il lettone è tanto desiderato dai bambini deve diventare una cosa che si conquista e al massimo un’eccezione. Se lo addormenti in braccio, non ne vorrà sapere di dormire in altri modi e tu diventerai sua schiava. La prima domanda è: davvero la natura ha considerato il sonno una cosa da imparare? Davvero l’abitudine al sonno può essere considerata una “nozione da apprendere”? Non ti sembra alquanto assurdo e improbabile? Tutti da che mondo è mondo, grandi e piccini, se ci sappiamo ascoltare e ci rendiamo conto di essere stanchi, andiamo a letto e ci addormentiamo. Quando non è così semplice, o abbiamo problemi di insonnia oppure sappiamo che dietro c’è lo zampino di qualche situazione, preoccupazione, arrabbiatura. Per i bambini è ancora più immediato: soprattutto se molto piccoli, vivendo in relazione costante con il presente, li possiamo vedere spesso crollare tra le braccia di mamma e papà oppure sul seggiolone. Anche per loro, se ci sono tensioni, paure o disagi, il momento dell’addormentamento può risultare difficoltoso e anche loro possono avere un sonno disarmonico. Più avanti scoprirai cosa si può fare in questi casi. Ma intanto iniziamo a scardinare qualche falsa credenza. Vediamo cosa davvero la natura dei bambini richiede per il sonno e come funziona davvero il sonno dei bambini. Ritmo sonno veglia: quando risvegli e sonno profondo danzano insieme Tutti i bambini nascono con una concezione dello spazio/tempo molto differente, per fortuna, da quella di noi adulti. Non conoscono l’ora e gli orologi e hanno una idea dello spazio che incorona la mamma come perno. Insomma, se tuo figlio fosse un compasso, avrebbe la sua mamma come sistema fissante. Lui, se fosse la mina, con il passare dei mesi, crescendo, traccerebbe cerchi concentrici di raggio sempre più ampio, distanziandosi e differenziandosi a piccoli passi. Che cos’è allora che determina un bioritmo armonico nel bambino? In lui è vivo fin dal primo momento un ritmo che gestisce la sua crescita e che è in perfetto accordo con i ritmi della natura, che vanno e vengono come delle onde, con dei picchi verso l’alto e dei picchi verso il basso. Questo movimento ondulatorio non appartiene solo alla natura dei bambini ma alla natura tutta. Seguono questo ritmo le stagioni, il giorno e la notte, il sonno e la veglia, le onde del mare, il dondolio del vai e vieni tra le braccia di mamma o di papà quando ci culla, il nostro battito cardiaco. Probabilmente, una volta “arrivato” sulla terra, il battito cardiaco è proprio la prima cosa che il bambino sente, con cui inizia a convivere, da cui si lascia cullare e guidare. È un ritmo che lo rassicura e che scandisce i suoi momenti uterini e continua a guidarlo anche dopo la nascita. Questo movimento ondulatorio non è appannaggio esclusivo del giorno ma accompagna anche le notti del bambino. Dunque, è del tutto normale che più lui è piccino e più la notte sia fatta di sonno e di risvegli che si susseguono l’uno dopo l’altro. A mano a mano che il bambino cresce, i momenti di sonno e di veglia si avvicinano sempre più a quelli dell’adulto. Quindi, come capita di non dormire più di giorno, salvo magari un piccolo sonnellino pomeridiano, ecco che si dorme tutta la notte con il movimento ondulatorio. Questo sarà caratterizzato da un sonno con vari gradi di intensità, ma che non necessariamente comportano un risveglio. Accade, dunque, come durante la giornata, in cui fisiologicamente alterniamo momenti in cui siamo carichi di energia a momenti in cui rallentiamo. Sappiamo che può essere difficile immedesimarsi in quanto descritto, perché oggi i nostri ritmi naturali sono piuttosto alterati. Il bambino alla nascita non ha ancora avuto modo di alterare il suo ritmo ed ecco che di notte si risveglia e si riaddormenta molto frequentemente. A seconda del bambino possiamo assistere a risvegli brevi, dove il nostro cucciolo forse non apre neppure gli occhi. Magari si gira, si rigira, fa qualche movimento, parlotta un pochino e si riaddormenta. In questo ultimo caso mamma e papà possono anche naturalmente non accorgersene, e per questo dicono che il loro bambino dorme filato tutta la notte. Oppure si risveglia richiedendo il seno o chiedendo di essere cullato, consolato e basta una mano, una coccola e il bimbo si riaddormenta facilmente. Non sempre è così. A volte questi risvegli notturni preoccupano mamma e papà perché il bambino sembra agitato e turbato, piange e pare che nulla possa consolarlo. In questo caso riprendere il sonno risulta difficoltoso, da del filo da torcere. Perché succede? Bambini che non vogliono dormire, ritmo e risvegli notturni: ecco 2 motivi per cui non si addormentano facilmente Motivo n° 1 Il ritmo quotidiano non segue il ritmo naturale del bambino Se non conosciamo a fondo i bisogni del bambino, è normale pensare come prima cosa al fatto che mangi, che sia pulito, che non pianga, che cresca bene e trascurare invece il suo bisogno innato di essere a contatto con il ritmo della natura. Questo ritmo è per lui indispensabile per essere rassicurato, per trovare un suo senso di orientamento istintivo. Con esso può rivivere un clima familiare come quello che ricorda l’utero materno e trarne beneficio. Se non badiamo a questo aspetto, per esempio, possiamo non far caso al suo bisogno di riposare dopo aver fatto la poppata, oppure dopo aver corso tutta la mattina al parco. Possiamo credere che sia innocuo trascorrere la serata con la televisione accesa oppure, banalmente, trascorrere l’ora che anticipa il sonno a farci il solletico e a correre. Il ritmo interiore e vitale del bambino viene invece agevolato e non alterato, se quello esteriore legato alla sua quotidianità lo ricalca il più possibile. Ecco che possiamo dunque, a seconda delle età, alternare momenti di sonno e di veglia anche di giorno (quando il bambino è neonato non vale la frase “ma non ha sonno” in quanto segue d’istinto questa ritmicità e, se non accade, è per noi un campanello d’allarme ad indicarci che qualche tensione non lo rende sereno). Possiamo quindi alternare momenti di gioco frenetico a momenti di attività più tranquille, dopo cena possiamo abbassare le luci, abbassare la voce e predisporci per il rito della nanna evitando di “agitare” l’ambiente. Motivo n° 2 I genitori non conoscono come “funziona” il sonno del bambino, si preoccupano e si innervosiscono per i risvegli notturni Senza conoscere il ritmo fisiologico del sonno è normale aspettarsi determinate cose quando invece tuo figlio ne manifesta altre. È possibile che lui, non dormendo di notte, stia manifestando comunque delle parti di se stesso. Noi invece crediamo che la normalità per lui sia dormire tutta la notte. Vorremmo dormire tutta la notte anche noi come prima che lui arrivasse. Pensando che non sia normale, iniziamo a temere per lui, ad agitarci perché non capiamo che cos’ha che non va. Da qui l’incomprensione: iniziamo a cercare di mettere in atto soluzioni per un problema che non c’è. Iniziamo a preoccuparci per i risvegli notturni che sono un problema che non esiste. Diamo la responsabilità al bambino che non dorme 8 ore di fila… Così, invece di accoglierlo in un ambiente armonico possiamo correre il rischio di farlo sentire incompreso, aumentando le sue paure e la sensazione di non poter essere sostenuto e accolto nei suoi bisogni primari. Questo aspetto non va mai sottovalutato perché il bambino non è un adulto e non vive come tale. Noi adulti “sopportiamo” e “ce ne facciamo una ragione” o risolviamo le sfide quando ce le troviamo davanti. Il bambino invece, in quanto tale, non ha ancora la capacità di farlo e sa che la sua sopravvivenza dipende totalmente dalle attenzioni efficaci e dallo stato d’animo dei genitori. Come favorire il sonno nei bambini: la ninna nanna inizia fuori dal letto Non ti preoccupare, non dovrai iniziare a canticchiare “ninna nanna, ninna oohh” già all’imbrunire o mentre mastichi l’ultimo boccone di cena che, di solito, se hai un figlio “piccolo”, si sarà molto probabilmente raffreddato. Niente di tutto questo, ma una cosa sì: dopo l’ultimo boccone di cena e magari anche al primo imbrunire, pensare che di lì a poco o tra qualche ora (dipende dall’età di tuo figlio e dalla stagione) tuo figlio andrà a nanna, può rivelarsi davvero un ottimo inizio. E sai perché? Come ti anticipavamo poco sopra, molto dipende dall’influenza che il ritmo della giornata ha su tuo figlio: se di sera il suo ritmo viene inavvertitamente alterato, sarà per lui più difficile riuscire a scaricare l’energia accumulata durante il giorno. Di conseguenza, pur ninnandolo, pur spegnendo la luce, pur canticchiando tutto il nostro repertorio canoro, rimarrà acceso come una bella lampadina e farà fatica ad addormentarsi. Quindi, l’ideale è che tu possa agevolare e favorire il suo sonno iniziando a rallentare il ritmo, diciamo, a partire dal dopo cena. Per esempio: preferendo giochi tranquilli (disegno, costruzioni, bambole, ecc.) evitando di aumentare l’energia con giochi come nascondino e fare il solletico abbassando le luci evitando il caos (fretta, indecisione, discussioni, nervosismo di mamma e papà, ecc.) Inoltre è ideale dare valore al rito che può coinvolgere il momento della nanna. Anche il rito che si ripete sempre uguale di sera in sera, dà al bambino un riferimento che è per lui sinonimo di sicurezza e che contribuisce a dare valore al suo ritmo interiore. Per rito intendiamo per esempio la fiaba, piuttosto che la canzoncina, oppure il bagno, il pigiama, le coccole e poi la luce spenta: il modo che ogni nucleo familiare trova per agevolare il momento del passaggio armonico dalla veglia al sonno.
Smettila di Urlare! Come calmare bambini Nervosi e Agitati
Molti genitori sono in difficoltà perché non riescono a calmare i figli quando sono nervosi o agitati, non sanno cosa fare quando il figlio è irrequieto, quando urla e non ascolta. In questo articolo ho riassunto 4 passi che seguo sempre e che ti aiuteranno a: Gestire il nervosismo dei bambini e dei ragazzi Sapere come calmare i bambini nervosi e agitati Come comportarsi con un bambino irrequieto e come contenere un bambino vivace Come facciamo ad aiutare nostro figlio e a dargli l’esempio di come si gestisce il proprio bagaglio dei sentimenti che prova? Per cominciare, l’accoglienza e l’esempio sono i 2 elementi che permetteranno a tuo figlio, da adulto (quando avrà la capacità di osservarsi e di auto-gestirsi), di essere in grado da solo di ascoltare e accogliere i suoi sentimenti senza che sfocino in rabbia senza sentirsi sbagliato o giudicato. Vediamo insieme di cosa si tratta. 4 step per calmare bambini nervosi e agitati a 1 anno, 2 anni, 3 anni, 4 anni… fino a 99 anni 😊 Ecco i 4 passi che puoi adattare in base all’età di tuo figlio: 1. Intervenire da Aiutante Magico ti aiuta (molto) a calmare tuo figlio Quando tuo figlio è nervoso o piange la prima cosa da fare è intervenire senza farlo sentire sbagliato, sia che abbia un momento di paura, un momento di tristezza, un momento di gelosia per il fratello, rabbia perché non vuole andare a scuola, nervoso perché gli abbiamo detto No per un altro gelato, è diventato irrequieto perchè non può avere un nuovo gioco subito, stanchezza, qualsiasi cosa… Interveniamo, stiamo con lui proprio da Aiutanti Magici trasmettendogli con la nostra presenza il messaggio: “Arrivo! Ci sono io, non c’è nulla di sbagliato in quello che stai provando, va tutto benissimo, non c’è nulla che tu non possa esprimere” Esempio: tuo figlio si arrabbia e piange perché non può andare dal suo amico a giocare. Come un vero aiutante magico arrivo e potrei dire: “Caspita!! Cos’è successo?” Magari tuo figlio risponde: “Sono triste perché mi hai detto che oggi pomeriggio non posso andare a giocare da Luca” Tu potresti calmarlo con: “Mannaggia! Lo so non possiamo andare a giocare da Luca. E’ una cosa bruttissima. Volevi stare tutto il pomeriggio a giocare” Il dialogo di accoglienza dovrebbe essere sincero, non deve essere imitato, finto, forzato; non funziona se ormai presa anche tu dalla rabbia pensi “lo faccio soltanto perché l’ha detto Roberta, perché così non stai a lamentarti tutto il pomeriggio”! Quindi deve essere veramente sentito, davvero come se fossimo il suo Aiutante Magico che vuole aiutarlo in quel momento. Prova a pensare come ti sentiresti tu se, dopo aver sognato di andare via per il weekend, il volo viene cancellato… di sicuro non la prendi bene. Per i bambini e i ragazzi è la stessa cosa. Immedesimarsi nella loro frustrazione, nel loro disagio ci aiuta ad essere sinceri e a capire davvero la loro reazione emotiva, anche se si sta arrabbiando, piange o ha una crisi di nervosismo e si agita. Indubbiamente è vero che le manifestazioni dei figli sono molto più eclatanti delle nostre perché sono bambini o ragazzi, ma vanno comprese e accolte se vogliamo imparare a gestire e calmare la rabbia e il nervoso dei nostri figli. Quindi accoglienza significa: intervieni in maniera neutrale, senza giudicare e accogli qualsiasi suo stato d’animo. Con calma e senza sgridare o urlare. Accogliere significa capire quello che sta provando, immedesimarsi e fargli sapere che sai quello che sta vivendo, proprio dicendogli che hai capito ed è normale essere tristi o arrabbiati perché non può fare una cosa che gli piace tanto. Se si tratta di un bambino nervoso o di un bambino agitato di 1 anno, 2 anni o 3 anni sarà diverso il modo e il tono, sarà in braccio e lo stringerai a te parlandogli dolcemente. Intervieni guardandolo negli occhi, senza giudicare, da Aiutante Magico, ascolta cosa sta provando e lo capisci, gli fai sentire che sei con lui e dalla sua parte con il cuore perché è proprio una cosa triste. 2. Evita il più possibile di sminuire il suo stato d’animo È molto importante imparare a evitare di banalizzare la situazione e sminuire tuo figlio, oppure cercando subito di trovare una soluzione per placare il problema e solo per farlo smettere. Ad esempio: “ti prometto che la prossima settimana andiamo” e tu sai già che non succederà. I figli, prima di tutto, che abbiano 2 anni o 6 anni hanno sempre bisogno dell’accoglienza di qualcuno che si metta nei loro panni, in modo che loro possano sentirsi capiti e compresi, per esempio: “La mamma ha capito. Ha capito come sto! Ha capito come mi sento. Sono in un paese amico, sono in un porto sicuro. Qualcuno ha capito cosa sto provando dentro”. Arrivare a far percepire questo ai nostri figli è importantissimo per risolvere e calmare nervosismo, agitazione, pianti, tristezza, frustrazione per quando non possono fare quello che vogliono. Per esempio è utile evitare di dire: “Non è niente. Asciugati le lacrime. I bambini belli non piangono, non fare la femminuccia” “Basta scenate. Non ti riconosco. Basta! Ho fatto quello che potevo, ti ho detto che potevamo andare da Luca, la mamma mi ha telefonato che dovevano andare via, cosa faccio? Mica posso andare a prendere Luca e riportarlo a casa. Dai, su, basta!!” “Dai, non è successo niente. Poi andiamo la prossima settimana, adesso vieni che andiamo a giocare, dai giochiamo io e te. Vuoi un gelato? Ti do una caramella eh… Fai un sorriso a mamma, sai che non mi piace quella faccia brutta quando piangi…” È normale che come genitori andiamo subito nel panico perché vogliamo subito risolvere, trovare una soluzione, placare e quindi facciamo come magari hanno fatto con noi: “Sù non è niente, dai! Ora smettila” L’accoglienza e la comprensione, a differenza di quello che ci hanno sempre inculcato, non creerà dei problemi di crescita nei bambini, anzi più li accogli e fai vedere loro come trovare soluzioni, più diventeranno delle persone equilibrate, nel senso che imparano ad ascoltare quello che provano, a gestire le loro emozioni e le situazioni in cui si arrabbiano. Infatti il coraggio e la forza d’animo di un bambino e di un ragazzo non viene fuori se lo sproni con toni duri, freddi e con rabbia come siamo stati abituati noi. Il risultato lo puoi infatti vedere negli adulti di oggi e delle passate generazioni: pieni di paure, arrabbiati con i genitori di origine, incapaci di gestire le loro emozioni e perennemente nervosi e insoddisfatti. Al contrario la forza d’animo, la determinazione, il coraggio dei figli si coltivano facendogli superare delle sfide, facendogli fare delle prove. E per i bambini e ragazzi le sfide sono l’affrontare cose quotidiane, insieme a te, mettendocela tutta: da quando banalmente ti aiutano a fare la pizza dall’inizio alla fine facendo una fatica nera, a quando fanno un puzzle da soli facendo una fatica nera, a quando imparano a scrivere la prima frase facendo una fatica nera. Queste sono le loro sfide… quando iniziano ad andare sulla bicicletta senza rotelle facendo una fatica pazzesca… quando da adolescenti fanno i primi lavoretti con il papà o con il nonno. La spiegazione del perché quella cosa non è avvenuta, del perché gli hai detto di No, del perché l’amichetto ha risposto male va sempre posticipata e lasciata come ultimo passo. 3° step per calmare bambini e ragazzi nervosi e agitati: trova una soluzione pratica Nel caso dell’esempio di andare a giocare da Luca potresti dire: “guarda, mannaggia, oggi non si può, che rabbia. È terribile, che notizia, proprio ora che pensavamo di giocare insieme e lei ha dovuto andare via, uffa” (in questo modo hai messo in pratica l’accoglienza, non hai sminuito, gli hai fatto capire che comprendi la situazione). Possibile soluzione: “ok dato che tu ci tenevi tanto a giocare con lui, fammi telefonare alla mamma e vediamo quando possiamo riorganizzare per andare da lui”. E quindi tra mamme ci si organizza trovando una reale e concreta alternativa (e lo facciamo davvero… non “poi chiamo e vediamo”… prendi la cosa davvero sul serio 😊). 4. La spiegazione arriva solo come quarto passaggio Quando hai bisogno di calmare un bambino nervoso, vivace di 4 anni o 5 anni o più che si chiede il perché (prima non è necessario spiegare il perché nel dettaglio), allora puoi spiegare: “La mamma di Luca doveva andare a fare una commissione e oggi non è possibile andare a casa a giocare con loro. Ma domani pomeriggio potete giocare insieme. Ora troviamo altri giochi che puoi fare”. Dopo l’accoglienza, con calma si trova una soluzione, ecco un altro esempio: “Dato che non possiamo andare da Luca fino a domani facciamoci venire in mente qualche bella idea. Che cosa possiamo fare? Cosa possiamo costruire? Possiamo cucinare qualcosa? Pensiamoci insieme”. Ma a quel punto non c’è più necessità di essere rassicurati, a tuo figlio fa piacere sapere il perché, ma non è più la necessità primaria. Svista che non calma tuo figlio e lo fa arrabbiare ancora di più Un grande svista involontaria che commettiamo tutti, perché non siamo abituati a farlo, è far diventare primo o secondo il quarto passaggio, partire subito con la spiegazione razionale ricorrendo a tanti “Perché… Perché… Perché… per cercare di convincere tuo figlio a calmarsi. Invece i primi 2 passi sono molto importanti e non dovrebbero essere saltati, non bisognerebbe sostituire l’accoglienza del sentimento, l’accoglienza dello stato d’animo cercando di farlo smettere subito. Ecco perché tuo figlio diventa irrequieto, nervoso, si agita, esplode con episodi di rabbia, nervosismo o crisi di pianto: meno di sente compreso/accolto con il passo 1 e 2 è più andrà avanti a non ascoltarti e non si calmerà. Solo seguendo la giusta sequenza tuo figlio imparerà a gestire il suo bagaglio motivo, in questo modo impara ad ascoltare i suoi sentimenti, ad accoglierli, a trovare delle soluzioni al di là della spiegazione. So bene che per noi adulti è difficile e non siamo abituati, infatti dovremmo iniziare a far così innanzitutto con noi. Il problema è che nessuno ha avuto questo comportamento con noi quando eravamo piccoli e quindi per la maggior parte di noi adulti è una nuova abilità da Aiutante Magico da apprendere. Quindi è normale che all’inizio possa sembrare una soluzione difficile da mettere in pratica. Ci siamo passati tutti! Ma con la pratica tutto si può imparare. Riepilogo per calmare figli nervosi, agitati, irrequieti, vivaci, “capricciosi” e che non ascoltano 1️⃣ Sii il suo Aiutante Magico Anche se siamo abituati a esplodere con sgridate e sguardi di ghiaccio quando tuo figlio è arrabbiato o nervoso intervieni, guardalo negli occhi e ascolta il suo stato d’animo, ascolta quello che ha da dirti. Anche se dovesse lamentarsi per cinque minuti o piangere, non avere fretta di spegnere il pianto, non avere fretta di dirgli “Basta! Smettila, fammi un sorriso”. Stai con lui e ascoltalo. Se piange o fa i capricci va bene, stai con lui con il cuore, hai capito quello che sta provando e glielo dici, glielo fai sentire con un abbraccio o con uno sguardo o con la comunicazione verbale. 2️⃣ Non sminuire Se per esempio tuo figlio ha rovinato i capelli di una bambola a tua figlia puoi dire: “Noo!! è proprio una cosa triste. Veramente ti ha rotto la bambola? Fammi vedere? Mmmmm… ha tagliato proprio tutti i capelli, come facciamo senza i capelli della bambola? Adesso dobbiamo risolvere… allora dei capelli nuovi non possiamo attaccarli… peccato” 3️⃣ Soluzione Potrebbe essere: “Allora, facciamo così, la prossima settimana devo tornare nel negozio e ne prendo un’altra simile che abbia i capelli così, intanto se vuoi continuare a giocare troviamo il modo di allungare i capelli per fare la coda e le trecce…” Oppure: “Allora, facciamo così… ho la soluzione per ripristinare l’acconciatura… vieni ti faccio vedere… prendiamo questi fili di lana e possiamo portarla dal parrucchiere per fare delle bellissime extensions… lo so che non è la stessa cosa… ma almeno si ritroverà con i capelli lunghi come prima e potrai continuare a pettinarglieli e legarli…” 4️⃣ Eventualmente fornisci una spiegazione: “Non l’ha fatto apposta. Era arrabbiato perché tu prima hai dato un calcio alla sua macchina e ora lui ha rovinato i capelli” A questo punto, la spiegazione diventa superflua grazie ai passi 1, 2 e 3 e tuo figlio potrebbe essersi già calmato. Ovviamente in questo articolo ti ho riportato 2 esempi che puoi adattare alla tua situazione e in base all’età di tuo figlio. La cosa importante è non arrivare subito con l’aspettativa che capisca e si calmi all’istante, ma di dargli la possibilità di vivere il suo disagio e accoglierlo. In questo modo tuo figlio si sente veramente ascoltato, se ovviamente tu sei sincera mentre lo dici, lo senti veramente, è come se tu gli dessi un contenitore in cui esprimere la sua frustrazione e la sua rabbia. Questi passi ti aiuteranno moltissimo a diminuire l’impeto delle crisi di nervoso e la manifestazione del malcontento e della tristezza. Mi auguro che questi 4 passi da Aiutante Magico ti siano utili per tutte le situazioni in cui i tuoi figli diventano nervosi, si arrabbiano o non ti ascoltano. Hanno già aiutato tantissime mamme e papà e vedrai con un po’ di pratica riuscirai a farlo anche tu.
Smettila di piangere! Come calmare le crisi di pianto dei bambini e dei neonati
Le crisi di pianto dei bambini e dei neonati ci mettono a volte in grande difficoltà, o meglio, forse è più corretto scrivere, che a volte ci mandano proprio in tilt perché non riusciamo a calmare e consolare i nostri figli. Che si tratti di un pianto improvviso di notte di un neonato, di un pianto inconsolabile e disperato a 3 anni o di bambini di 6 anni che piangono senza motivo e senza cause apparenti, ci sono sempre dei passi che puoi seguire e che ti possono aiutare a calmare tuo figlio quando piange. Molte mamme spesso mi dicono: “Come faccio a farlo smettere di piangere quando fa i capricci? Quando mio figlio piange non lo sopporto! Perdo subito la pazienza e non so cosa fare” “Quando piange non capisco cosa è successo. Perché quando piange non mi dice che cosa vuole? Piange per mezz’ora ma non dice perché!” Scopriamo insieme in questo articolo: Cosa fare quando i bambini piangono o quando non smettono di piangere Come capire il pianto dei neonati e dei bambini, anche quando piangono sempre Come calmare le crisi di pianto dei neonati o dei bambini a 1 anno, 2 anni, 3 anni e oltre Gestire crisi di pianto se tuo figlio ancora non parla Calmare tuo figlio quando piange ed è in grado di parlare 1° step fondamentale: se parti con l’obiettivo di far smettere di piangere tuo figlio subito hai perso in partenza… In generale, è utilissimo non considerare il pianto dei neonati e dei bambini come lo facevano i nostri genitori o magari i nostri nonni. Innanzi tutto, quando un bambino piange, la prima indicazione è quella di fare il possibile per non allarmarti o andare in crisi. Non partire nemmeno con l’armatura e la lancia in mano pensando: “adesso mi devo impegnare: il mio primo obiettivo deve essere quello di farti smettere!” Per quale motivo il pianto non andrebbe represso? Semplice: con il pianto qualsiasi essere umano esprime un sentimento, un timore, una paura o esprime un bisogno. Questo vale ancora di più per i neonati e per i bambini. Quindi il pianto, che sia il pianto di notte di un neonato a 5 mesi, il pianto improvviso a 2 anni o una crisi di pianto inconsolabile a 4 anni in verità non va represso, ma andrebbe accolto e compreso. Compatibilmente con la tua stanchezza, e quando possibile, sarebbero da evitare tutte quelle situazioni in cui tuo figlio piange e gli metti il ciuccio perché l’importante per te è che smetta il prima possibile. Sono da evitare per esempio frasi con toni duri come: 👉 “Basta, basta adesso!” 👉 “Non piangere!” 👉 “Ora vediamo cosa fare…però non piangere!” 👉 “Ora calmati!” 👉 “Ssssssssst! Non è successo niente” 👉 “Ma le principesse non piangono!” 👉 “Ma sei un ometto!!! Cosa fai? Piangi?” In verità tuo figlio ha bisogno di piangere perché con il pianto non soltanto chiede il nostro aiuto, ma proprio a livello fisiologico si libera di una tensione eccessiva, si svuota da tristezza, dolore, frustrazione, nervosismo… Quindi la cosa più efficace che possiamo fare, rimanendo tranquilli da Aiutanti Magici, è di avvicinarci, abbracciarlo, coccolarlo, prenderlo in braccio oppure ci abbassiamo, lo guardiamo negli occhi e mostrando la nostra empatia possiamo dire per esempio: “Mannaggia amore cosa è successo? Certo, se vuoi piangere, piangi. Non ti preoccupare” E stiamo con lui, dicendogli ad esempio: 👉 “Ma che cosa tanto triste… Oh mannaggia, ti sei arrabbiato tanto amore” 👉 “Certo che ti sei spaventato…mamma mia che scivolone che ti sei fatto dalla sedia!” 👉 “Vieni amore, fammi vedere dove ti sei fatto male” A questo punto noterai che tuo figlio inizia a tranquillizzarsi. Se è in grado di parlare potrà anche dirti che cosa è successo e cosa prova. Calmare crisi di pianto dei neonati o di bambini che non parlano A questo punto dobbiamo fare due distinzioni: 1️⃣ tuo figlio riesce a dirti cos’è successo 2️⃣ non riesce a raccontarti il suo problema perché è piccolo o perché non è ancora in grado di farlo. Se riesce a dirti cosa è successo allora continua a rassicurarlo. Puoi dirgli per esempio: “Non c’è problema. Ci sono qua io e adesso ti aiuto e risolviamo.” E concludi risolvendo la difficoltà. Se non riesce a dirti cosa è successo ecco cosa fare: Se tuo figlio piange ma non sa ancora parlare… In questo caso tuo figlio non ha altri strumenti per farti capire cosa sia successo, se non il pianto, dunque dovrai attivare il tuo intuito e la tua capacità di osservazione. Dovrai imparare ad osservare bene tuo figlio, per capire che cosa può essere successo. Ad esempio nel caso del pianto di un neonato di 3 mesi potrebbe avere dei bisogni fisiologici: forse ha fame, ha sonno, sente caldo o freddo oppure è scomodo o ha bisogno di contatto. O nel caso di un bambino di 1 anno magari si annoia, voleva toccare una cosa e non gliel’hai fatta toccare, voleva arrampicarsi da qualche parte e non lo ha potuto fare. Oppure sta assorbendo un tuo “pianto”. Quando i bambini sono neonati o molto piccoli succede spessissimo: i bambini sono delle spugne assorbenti, assorbono tutto, soprattutto gli stati emotivi della mamma. Mi è capitato molte volte che la mamma si trattenesse, ma in verità dentro era arrabbiata, triste, infelice, scoraggiata, stanca, disperata e il bambino non smetteva di piangere. Quindi una domanda che possiamo farci è: “Io come mi sento in questi giorni? C’è qualcosa che ha creato tensioni in generale in casa? Calmare crisi di pianto se tuo figlio è più grande e può parlare Capita a volte che i nostri figli invece parlino già tranquillamente, ma non essendosi mai abituati ad esprimere le proprie emozioni, non riescono a farlo. Solitamente un bambino diventa in grado di esprimere i suoi sentimenti e comunicarti cosa prova quando è un po’ più grande. Mi è capitato di avere bambini che già a 5 anni o 6 anni, o anche prima, riuscivano a dirmi che cosa fosse successo e come si sentivano: se erano tristi, arrabbiati, piuttosto che delusi. Tendenzialmente, per molti bambini, questa cosa succede più avanti nell’età, e se siamo stati bravi con il nostro esempio a far vedere loro come si gestisce il bagaglio emotivo e se siamo stati degli Aiutanti Magici gestendo noi il loro bagaglio emotivo negli anni precedenti, ecco che quando piangono intorno ai 6 anni, 7 o 8 anni riescono a dirci in maniera precisa quello che stanno provando e di che sentimento si tratti, se sono arrabbiati, con chi, se sono tristi, delusi, annoiati ecc. In questo modo i bambini quando piangono intorno ai 6 anni, 7 o 8 anni riescono a dirci in maniera precisa quello che stanno provando e di che tipo di emozione si tratti, se sono arrabbiati, con chi, se sono tristi, delusi, annoiati ecc. Personalmente non ho mai trovato utili le “lezioni accademiche”, che descrivono le emozioni con le faccine o i colori. Penso siano proprio l’ultima spiaggia quando da essere umano non sappiamo usare i nostri strumenti di esempio, accoglienza, comprensione, soluzione, che sono i più efficaci e immediato in assoluto con i bambini. Al di là di questo, se quindi nostro figlio sa parlare, è già in un’età in cui parla e comunica serenamente con noi i suoi ragionamenti, ma proprio non riesce a esprimere come si sente, anche in quel caso dobbiamo essere noi un po’ intuitivi e aiutarlo con l’esempio mostrandogli come fare. Quindi anche in questo caso intervieni e, se possibile, evita di dirgli ad esempio: di smettere di piangere se piange è una femminuccia che non è più un bambino piccolo non è successo niente tanto da piangere così forte accusarlo o sminuirlo E’ invece molto più utile se ci immedesimiamo, quindi siamo empatici con lui: “Mamma mia tesoro, cos’è successo di così grave?” Quello che fai e dici deve essere qualcosa che senti veramente (non è che reciti perché l’ha suggerito Roberta e vuoi provare a fare come dice lei perché sei disperata😊). Davvero ti identifichi e ti metti nei suoi panni. Davvero sei con lui in quel momento, ti senti vicina a quello che prova e lo vuoi aiutare. Capisci quello che sta provando in quel momento. Stai un attimo lì e lo accogli (per aiutarti prova a ricordare come ti sentivi tu da piccola quando piangevi ed eri triste). Se sente che non abbiamo fretta di farlo smettere di piangere e non siamo arrabbiati con lui, tuo figlio inizierà a rilassarsi, a calmarsi e a smettere di piangere o urlare. A quel punto allora possiamo chiedere cosa sia successo. Se lui non ce lo dice, dobbiamo utilizzare un po’ il nostro intuito di adulto e glielo possiamo suggerire noi. Ad esempio: “Sai cos’è? Secondo me è un po’ di stanchezza” E se lui ci risponde di no: “Va bene, ok, non è stanchezza. Allora intanto ci mettiamo qua io e te e facciamo qualcosa di tranquillo” Oppure: “sai, secondo me cos’è? È che stamattina volevi metterti quella maglia. Abbiamo fatto tutto di corsa. La maglia non era pulita e adesso sei arrabbiato per questa cosa?” Oppure ancora: “E lo so. Volevi arrampicarti lì, fare quel gioco e non l’abbiamo fatto. Purtroppo era proprio pericoloso e non si poteva fare” Pensa a tutto quello che mi viene in mente, tutto quello che potrebbe essere stato: il brutto voto a scuola, ha litigato con un compagno, suo fratello gli ha rotto il gioco, non ha voglia di fare quella cosa adesso, voleva ancora finire di guardare i cartoni, ecc. Altri esempi: “Sei arrabbiata perché volevi continuare a vedere il cartone” “Ti senti tanto triste perché oggi la mamma è stata poco con te: dovevamo andare insieme a fare quella cosa, ma c’è stato un imprevisto e non siamo andati” “Mannaggia, certo che Luca ti ha proprio deluso. Non ti aspettavi che ti prendesse in giro per quella cosa!” Una volta individuato il problema troviamo una soluzione pratica, anche se con l’esperienza vedrai che il vero passo davvero risolutivo è comprenderlo e non accusarlo o ricattarlo. Quali sono i vantaggi se non blocchiamo il pianto? In questo modo abbiamo permesso a nostro figlio di sfogarsi, di liberare quello che aveva dentro e non l’abbiamo giudicato. Non l’abbiamo fatto sentire inadeguato. Abbiamo lasciato che si liberasse di tutte le sue tensioni. Siamo stati per lui degli Aiutanti Magici, quindi estremamente comprensivi e lo abbiamo accolto. E poi siamo stati davvero Aiutanti Magici perché abbiamo concluso con una soluzione. Pensa a come ti senti più leggera dopo aver pianto se hai vissuto una situazione triste o che ti ha ferito emotivamente. Quindi non soltanto abbiamo risolto la difficoltà e lo abbiamo aiutato, ma gli abbiamo dato il vero e unico esempio che conta. In questo modo, pian piano, lui potrà fare la stessa cosa con se stesso e con il tempo apprenderà che: 1️⃣ Piangere non è un problema. 2️⃣ Può esprimere e raccontare a mamma e papà cosa prova, qualsiasi sentimento va benissimo perchè non viene giudicato o accusato 3️⃣ Riuscirà a comprendere se è arrabbiato, triste, deluso ecc.. 4️⃣ Tramite la tua comprensione e l’accoglienza si sentirà meglio e si calmerà 5️⃣ E’ possibile trovare una soluzione e risolvere Perché calma e pazienza oggi sono molto rare Questo è uno degli esempi più importanti che possiamo dare ai bambini e ai ragazzi, perché nella società di oggi c’è invece un grande problema. In generale noi adulti facciamo fatica a gestire il nostro bagaglio interiore, siamo sempre arrabbiati senza capire il perché, perdiamo subito la pazienza, facciamo fatica ad attivarci da soli per trovare delle soluzioni. Spesso non siamo purtroppo autonomi da questo punto di vista. Non sappiamo come mantenere la calma e la lucidità, basta poco ed eruttiamo subito come vulcani e perdiamo il controllo. E questo accade perché da piccoli abbiamo spesso ricevuto esempi di adulti arrabbiati, che non cercavano di comprenderci ma che tendevano a reprimere i nostri sentimenti, tendevano a zittirci con toni duri e sguardi di ghiaccio senza accogliere e comprendere la causa della nostra tristezza o del nostro pianto. Ecco perché oggi probabilmente è una competenza che non hai ancora. Perché non hai potuto osservarla e assorbirla dai tuoi adulti di riferimento quando eri piccolo o piccola. Se invece con tuo figlio procedi nella modalità che hai letto in questo articolo lui imparerà dal tuo esempio. Se poi questi passaggi riusciamo a metterli in pratica anche con noi stessi, per gestire la nostra emotività, allora stiamo a cavallo, perché anche farlo con tuo figlio diventerà moooooolto più semplice. Spero che queste informazioni ti siano utili per aiutarti a calmare le crisi di pianto di tuo figlio, a rassicurarlo e aiutarlo quando piange e per capire la causa del suo pianto o nervosismo in qualsiasi situazione.
La punizione è la via più efficace per reprimere tuo figlio (e che disintegra la sua fiducia nei tuoi confronti)
Questo articolo non vuole convincerti di nulla in merito al tema rovente della punizione dei bambini e dei ragazzi. Non è un mio interesse indottrinare le persone e convincerle di qualcosa. Voglio solo condividere con te le riflessioni sulla punizione che ho fatto tramite l’esperienza a contatto con bambini ritenuti difficili, disadattati, capricciosi, violenti e che mi hanno permesso di recuperare la loro fiducia nei confronti degli adulti. Sono le stesse riflessioni che hanno fatto negli ultimi anni migliaia di famiglie italiane che, spinti dalla lettura dei libri, hanno cambiato il modo di considerare i vizi, i capricci dei propri figli e che, giorno dopo giorno, hanno consentito loro di costruire una relazione di fiducia, di stima e di complicità totale con i propri figli. La grande illusione delle punizioni: oggi punisci e domani raccogli rabbia e rancore Le punizioni sui bambini sembrano funzionare alla grande per risolvere una situazione nell’immediato. La maggior parte dei bambini si cristallizza davanti a un urlo ben piazzato, si congela davanti all’umiliazione di essere messo all’angolo o di allontanarsi dalla stanza o dal gruppo di compagni, si deprime e si addolora (per usare un eufemismo) vedendo il proprio genitore infuriato, infastidito o deluso. Ma a lungo termine cosa comportano? Sappiamo tutti molto bene come, appena girato lo sguardo, il bambino sembri dimenticare la punizione o l’urlo o la minaccia e sia pronto per tornare all’occorrenza a rifare l’azione per cui era stato sgridato o punito. Come se si dimenticasse, come se di punizione in punizione diventasse sempre più immune (bene, vuol dire che il suo sistema di difesa funziona alla perfezione!). E quindi, ogni volta è tutto da rifare con grande rammarico e fatica da parte di mamma e papà. Vediamo ora cosa con tuo figlio potrebbe non funzionare e che lo porta, con il tempo, a non fidarsi di te e a ribellarsi. La punizione è l’arma più inefficace per risolvere capricci, lotte di potere, gelosie e litigi dei bambini Ti sarà capitato probabilmente di dover ricorrere alle punizioni, anche se di base ti definisci contrario al loro utilizzo. Le hai provate tutte, sei stanco, non sai più cosa fare ed ecco che ti senti pervadere da una forza più grande di te, che non riesci a controllare e che “ti fa scappare” la tanto odiata punizione… 👉 “Adesso basta, vai di là e non esci finché non ti chiamo io!” 👉 “Finiscila! Adesso spengo e per una settimana niente televisione!” 👉 “Stop! Adesso ti siedi qui, stai fermo e zitto finché non mi chiedi scusa!” 👉 “Smettila! Questo gioco adesso te lo ritiro e te lo scordi! Salutalo perché non lo vedrai più” 👉 “Adesso ti metto in castigo: vai di là e metti a posto tutti i giochi mentre tua sorella finisce di guardare i cartoni!” 👉 “Più niente dolci/tv/gioco preferito/partita di calcio/coccole finché non lo decido io!” Aaaahhhh……!!!!! Lo sporco lavoro della punizione con i figli Non si sa perché, ma una cosa così innaturale come la punizione lascia in chi la infligge una sorta di soddisfazione, una sensazione di rilassamento… Siamo dei mostri? Niente affatto! La punizione sui bambini e sui ragazzi fa il suo “sporco” lavoro. Fa quello per cui è nata: aiuta l’artefice a liberarsi da un’emozione negativa (rabbia, nervosismo, impazienza…). Hai mai notato che, anche se ti dispiace, dopo che l’hai fatto tiri un sospiro di sollievo? Ti senti alleggerito? La punizione serve unicamente a chi la infligge per sfogare la tensione emotiva, per scaricare la rabbia, per avere la sensazione di avere tutto sotto controllo così da soffocare e negare la vera emozione sottostante (il disagio per non saper gestire il figlio, il nervosismo, la rabbia, la paura di essere prevaricati, il fastidio di sentirsi dire di no, di non essere ascoltati, ecc.). La punizione non ha nulla a che fare con il bene del bambino. Non è mai per lui una lezione da cui può imparare qualcosa (non è vero, una cosa la impara bene: assorbe questo comportamento e di conseguenza userà lui le punizioni nel relazionarsi con gli altri, compreso te!!!) Perchè? Quello che stiamo per scriverti all’inizio ti sembrerà romantico, troppo sdolcinato. Ti sembreranno giustificazioni che vengono da un altro pianeta, dal paese delle meraviglie e che non possono valere o essere efficaci con i nostri bimbi di oggi che invece sono “tosti”, ne sanno una più del diavolo, non si arrendono mai, non riesci a farli ragionare, ecc. Invece, vogliamo che tu le legga e che abbia la possibilità ancora una volta di allontanarti in fretta dall’idea che i bambini siano degli adulti (soltanto un po’ più bassi e con meno competenze) e che ragionino come loro. Per fortuna i bambini, anche se ti sembrano “tosti” (è un atteggiamento difensivo che assumono in automatico per proteggersi e preservare la loro natura) mantengono il loro animo sensibile, dolce e docile, aperto (se ne hanno la possibilità) e amano le maniere dolci (dolce non vuol dire “molle”). Le punizioni costituiscono uni scossone emotivo e insegnano a tuo figlio che, a sua volta, da grande potrà punire anche lui (compreso te!) Tuo figlio ti percepisce come un riferimento, l’unico, il più importante. Da te vuole amore, comprensione, aiuto, protezione. Se tu, invece di capirlo (andando sempre alla sua motivazione profonda), di aiutarlo a risolvere la sua difficoltà, di non giudicarlo, lo punisci, per lui è uno scossone a livello emotivo. Non stiamo esagerando. Sappiamo che forse per te i traumi violenti sono altri, per esempio una brutta caduta, un lutto, un grande spavento, una grave violenza e che la punizione non può essere annoverata in questo elenco. Ti diciamo dal più profondo del cuore che non è così: la punizione rappresenta un evento negativo per il bambino e può essere evitato. Hai mai provato a distanziarti per un attimo dalla tua rabbia, dal tuo fastidio subito dopo aver punito tuo figlio per fermarti e guardarlo? Cosa vedi? Hai mai provato a guardarlo negli occhi mentre lo fai? Forse ti è sembrato ma non lo hai fatto veramente. Perché, se così fosse, vedresti nei suoi occhi la paura, l’umiliazione e in certi casi la disperazione. Sentiresti una morsa al petto così forte, riceveresti uno schiaffo morale così lacerante che ci penseresti davvero più di una decina di volte all’occasione successiva, prima di ferire i suoi sentimenti. Quello che voglio fare in questo articolo è proprio aiutarti a conoscere la sua natura e a darti le giuste soluzioni così che tu possa avere dei buoni strumenti per sostituire gli atteggiamenti ereditati dai tuoi genitori. Non sentirti in colpa se fino a ieri le punizioni erano il tuo pezzo forte. Annulliamo il tuo senso di colpa Non hai di fatto responsabilità: non sapevi cos’altro fare e magari anche tu da piccino sei stato vittima di punizioni più o meno dure. È normale che, anche se ti sembra un paradosso, se non ci badiamo, in caso di difficoltà mettiamo proprio in campo le risorse che abbiamo appreso (anche se subite) durante la nostra infanzia. E i nostri genitori e loro volta hanno subito lo stesso trattamento (e spesso anche peggiore!) dai loro genitori. In più possiamo dirti che, se tuo figlio si trova in questa fascia di età e se inizi oggi a mettere in pratica un modo più ideale di affrontare le difficoltà, non porterà con se delle conseguenze e le eventuali conseguenze affettive saranno rimarginate dal tuo nuovo atteggiamento. La punizione costringe tuo figlio a perdere i suoi riferimenti, lo fa sentire solo, abbandonato, tradito. Le persone che lui ama non lo capiscono, perdono il controllo e pensa: “di chi mi posso fidare?” Tuo figlio resta allibito e confuso davanti alla punizione Dato che tuo figlio sa come vorrebbe che tu risolvessi i suoi problemi o lo aiutassi (peccato che non abbia ancora sviluppato quella capacità razionale di analisi che gli permette di darti dei suggerimenti a parole su cosa gli serve), davanti alla punizione non comprende perché lo stai facendo. Pensa che tu sia impazzito, pensa che ti stai confondendo… …ecco il suo punto di vista… 👉 “ma cosa fa? Aiuto! Non l’ho fatto apposta e invece di aiutarmi fa così?” 👉 “davvero non ho voglia di spegnere la tv, mi sta facendo compagnia, poi mi sento solo, non riesco a staccarmi, è più forte di me, perché non lo capisce e invece di aiutarmi si sta arrabbiando?” 👉 “Non sopporto che mia sorella tocchi i miei giochi, non ce la faccio a non scaricare la mia rabbia su di lei! Perché tu non mi capisci?!” Più tuo figlio è piccolo, meno ha la capacità di comprendere i suoi atti e più resta confuso. Il messaggio che riceve è del tutto contraddittorio: “ricevo aggressività, giudizio e intolleranza da chi dovrebbe amarmi, aiutarmi e proteggermi”. Proprio le persone per le quali si dovrebbe essere sempre speciali, fanno capire che si è sbagliati, cattivi, inadeguati. Come si può tenere alta l’autostima del bambino? Come può fare affidamento sulle sue capacità, se mamma e papà sono i primi che non ci credono? Le punizioni inibiscono il desiderio di sperimentare e quindi di apprendere Siamo noi per primi, anche se involontariamente, a causare loro una limitazione. Corriamo a comprare un sacco di giocattoli all’avanguardia e fatti per “l’apprendimento” perché imparino più in fretta e poi li “limitiamo” la maggior parte delle volte in cui iniziano a fare delle scoperte, a soddisfare la loro curiosità e le loro intuizioni (il modo migliore e più veloce perché possano imparare). I nostri “no” ogni 3×2, le nostre occhiatacce, la nostra rabbia, i nostri indici alzati, sono tutti freni che si accendono in automatico e che gli lanciano il segnale: “non va bene, sei sbagliato, non puoi crescere come vuoi, non puoi usare le tue risorse interiori su cui pensavi di poter fare affidamento”. La punizione spinge tuo figlio a raccontare bugie e a fare le cose di nascosto Nonostante la punizione, dato che non va a risolvere la motivazione dell’azione, l’impulso per il bambino a fare una determinata cosa resta sempre più forte. Se tuo figlio aveva bisogno di scoprire il funzionamento di qualcosa, se voleva verificare una sua intuizione o soddisfare un desiderio stai pur certo che anche di nascosto cercherà di farlo. È più forte di lui. Davanti ai desideri, ai bisogni, ai sentimenti e alla forza della vita che lo spinge a crescere, imparare e sperimentare non c’è nulla che tenga. Inoltre ricorda sempre che le cose vietate sono quelle che si tendono a fare di più (e vale anche per noi adulti!) I modi duri e colpevolizzanti creano disagi emotivi. Per i motivi che già abbiamo anticipato, la punizione insieme a un tono duro, un messaggio comunicativo (verbale o non verbale) colpevolizzante, genera in tuo figlio tristezza, senso di inadeguatezza e non si sente compreso. Più si sente sbagliato e non amato, più la sua autostima decresce, aumenta il senso di debolezza che fa aumentare l’ansia e le paure. Queste situazioni si accumuleranno negli anni e peggioreranno sempre di più la vostra relazione fino a sfociare nelle tanto temute ribellioni adolescenziali e in relazioni conflittuali fra genitori e figli. Ecco perchè poi si arriva a litigare per delle “sciocchezze”, nel senso che la pentola a pressione interiore è così piena che basta un piccolo evento (la goccia che fa traboccare il vaso) per scatenare rabbia e litigi con i figli. Inoltre i tuoi figli apprenderanno che la punizione si può usare e la useranno per relazionarsi anche con te. Punizione, giudizio e disapprovazione inducono i bambini all’aggressività Cosa succede se metti a bollire l’acqua per la pasta in una pentola troppo piccola? Anche se metti il coperchio, nel momento del bollore, straborderà comunque, sporcando tutto il piano cottura e a volte spegnendo addirittura la fiamma del gas. Cosa succede quando l’uomo cerca di far deviare i fiumi dove vuole lui o cerca di rubare terreno al loro letto per costruire abitazioni? Il fiume, prima o poi, se lo riprende originando quelle che noi chiamiamo catastrofi. Cosa succede se tieni un animale in gabbia per troppo tempo? Anche se noi siamo umani, i principi di natura sono alla fine semplici e uguali per tutti. Anche i bambini hanno bisogno di contenimento, di sapere come fare le cose, ma se le indicazioni che ricevono sono strette o non adatte, prima o poi anche loro scoppiano! Un bambino aggressivo è un bambino che forse non viene compreso in modo adeguato, che viene eccessivamente limitato. Oppure è un bambino che ha al suo fianco esempi di aggressività, nervosismo e intolleranza (adulti di riferimento che alzano la voce, che criticano, che si lamentano, che hanno scatti di rabbia, che perdono la pazienza). Meglio tirarsi su le maniche e con calma correre ai ripari, piuttosto che trovare delle giustificazioni: “ma come fai a non arrabbiarti?” “e va bè, ma capita a tutti ogni tanto”, “ma tu non conosci mio figlio/tu non sai com’è disastrata la mia vita” “e va beh ma che sarà mai”, ecc. Se vuoi approfondire come le punizioni si possono evitare perchè dietro un comportamento di tuo figlio c’è senza una valida motivazione puoi leggere: Capricci dei Bambini: se li ignori si moltiplicano (Guida Bimbiveri) Le 7 riflessioni (sincere e scomode) che dovremmo fare tutti noi adulti 1️⃣ Come ti sentivi quando ti punivano? 2️⃣ Come ti sentivi quando avevi bisogno di sostegno, di essere compreso e accolto e invece arrivavano ceffoni, urla e punizioni? 3️⃣ La punizione risolveva la tua tristezza? 4️⃣ Che considerazione hai oggi per chi, quando eri bambino, ti puniva ignorando i tuoi sentimenti senza chiederti come stavi e di cosa avevi bisogno? 5️⃣ Quanta fiducia e stima avevi negli adulti che ti punivano? 6️⃣ Se tu oggi venissi punito e sgridato (anche davanti ai tuoi colleghi) per ogni svista sul lavoro come ti sentiresti? 7️⃣ Che cosa vedi dentro gli occhi di tuo figlio mentre lo sgridi e lo punisci? Domanda finale da appendere al frigorifero In questo momento, se io fossi al posto di mio figlio, come mi sentirei? Per approfondire Tuo figlio non ascolta e non sai come gestire i capricci? Leggi questo articolo: Capricci dei Bambini da 1 a 10 anni (come gestirli e prevenirli)
5 vantaggi dei videogiochi che non ti aspetti!
Stai per scoprire i reali vantaggi dei videogiochi per tuo figlio. Anche se ti può suonare strano sì, ti confermo che ci sono reali vantaggi! Ma come ogni cosa nella vita abbiamo sia aspetti positivi che negativi dei videogiochi da considerare. Lo sapevi che i sondaggi rivelano che l’81% dei genitori ha una paura bestiale delle conseguenze negative che la tecnologia possono avere sui figli? Queste paure spesso non consentono a noi adulti di considerare più oggettivamente i reali vantaggi dei videogiochi e ci portano invece a considerare molto di più gli aspetti negativi della tecnologia. In particolare le principali paure emerse sono: 1️⃣ Paura che il figlio diventi dipendente e non riesca più a staccarsi dai monitor e da internet. 2️⃣ Paura che acceda a contenuti non adatti, pornografia e pedofilia. 3️⃣ Paura che il figlio perda il senso della realtà e che non riesca più a distinguere il mondo reale dal mondo virtuale. 4️⃣ Paura che perda interesse per altre attività più salutari come giocare con gli altri coetanei o attività all’aria aperta. 5️⃣ Paura che si ammali e che i dispositivi influenzino negativamente la sua salute, il suo cervello, la sua creatività e la sua fantasia. L’aspetto singolare è che nonostante questi timori, il 30% dei bambini va online già a 3-4 anni. Tra i 5 e i 7 anni naviga su internet l’87% dei bambini! E come ben sai fin da subito subiscono un’attrazione fatale verso gli schermi… Ma perché noi adulti facciamo così tanta fatica a comprendere e ad accettare questo naturale innamoramento dei bambini per la tecnologia? E soprattutto esistono reali vantaggi sull’utilizzo dei videogiochi per tuo figlio? Videogames pro e contro: 2 motivi principali per cui ignoriamo i vantaggi legati a videogiochi e tecnologia 1️⃣ Siamo cresciuti con libri di carta, bidoni di inchiostro, tomi di enciclopedie ingombranti e pesanti: è ovvio che stare al passo con tutte le novità tecnologiche degli ultimi anni sia stata una grande fatica. Fino al 1982 la parola Internet non esisteva. Facebook è nato nel 2004 e YouTube nel 2005! 2️⃣ Il tuo cervello è meno flessibile rispetto a quello di tuo figlio. I bambini si adattano con estrema facilità ai cambiamenti e alla tecnologia superveloce e riescono a seguire più cose insieme, noi invece siamo dei bradipi e svolgiamo a fatica una sola attività alla volta. La paura non ti aiuterà ad accompagnare tuo figlio a comprendere come usare la tecnologia a proprio vantaggio e per evitarne i rischi e i pericoli, sociali e di salute. Sarebbe utile invece avere a disposizione una linea di conoscenza dei pro e dei contro della tecnologia. Così come tuo figlio ha bisogno che tu gli trasferisca limiti, regole e sane abitudini per la vita in generale, è necessario che lo educhi a un USO CONSAPEVOLE di Computer, TV, Internet, Social Network, Videogiochi, Tablet e Smartphone. Ecco le difficoltà principali in cui si ritrovano oggi i genitori quando devono gestire i dispositivi tecnologici: Tendono a proibire l’uso dei video giochi e dei dispositivi digitali ma… le cose vietate sono quelle che tuo figlio tende a fare di più. Soprattutto di nascosto. Proprio come a volte tendevi a fare tu da piccolo. La paura dell’ignoto, dello sconosciuto e delle conseguenze sulla salute formano eserciti di mamme che portano avanti la loro furiosa battaglia anti-tecnologia e anti-videogiochi. E hanno ragione!In fondo nessuno ha mai spiegato loro i veri vantaggi e svantaggi della tecnologia. Hanno un tremenda e giustificata paura che i figli diventino dipendenti dagli schermi e non sanno come prevenire né risolvere questo pericolo. Sono spaventati da internet e i suoi contenuti non adatti, la pornografia, la violenza e la pedofilia. Non sanno bene come gestire il tempo che i figli trascorrono di fronte agli schermi: se vietano troppo incominciano litigi e capricci, se concedono di più si sentono in colpa e temono conseguenze per la salute. Si preoccupano della quantità di tempo dedicata alla ricezione passiva di immagini, soprattutto della TV, ritenuta molto più passiva rispetto a computer e video giochi. Non hanno una soluzione per evitare e prevenire alienazione, asocialità e mancanza di comunicazione con i figli. Temono i disturbi dell’apprendimento e la diminuzione di curiosità, fantasia e creatività. Fanno fatica a togliere o limitare i video giochi o il tablet se poi i compagni lo usano. Sono preoccupati per la possibilità che i figli perdano la voglia di imparare tramite i libri e attività concrete e materiali. La vera verità che ti aiuterà a valutare meglio gli aspetti positivi e negativi dei videogiochi Il mondo digitale è qui per restare, sarà sempre più presente nelle nostre vite e con lui devi in qualche modo interagire. Il tuo compito di adulto è comprendere quali sono i vantaggi e gli svantaggi e agire di conseguenza. Vietare o rifiutare rigidamente una situazione non sempre è l’approccio più conveniente e si rischia di non comprendere come trarne vantaggio, soprattutto per tuo figlio che crescerà e lavorerà in un mondo sempre più connesso, digitale, veloce e interattivo! Infatti la tecnologia possiede anche enormi vantaggi. I 5 principali vantaggi dei videogiochi per tuo figlio Ti elenco i 5 PRINCIPALI VANTAGGI dei videogiochi usati in modo CONSAPEVOLE, con i giusti limiti e le GIUSTE CONOSCENZE del genitore: 1️⃣ Collaborazione Digitale. I bambini e i ragazzi tendono a collaborare e cooperare tramite la tecnologia. Mentre noi temiamo l’asocialità e la mancanza di interazione per loro la comunicazione è normale che avvenga anche sul web e tramite i social network. 2️⃣ Scambio e Aiuto. I bambini e i ragazzi non solo interagiscono, si aiutano e collaborano: di fronte alla tecnologia si supportano, si scambiano consigli ed esperienze e litigano meno!! 3️⃣ I giochi aiutano (tantissimo) l’Apprendimento. I video giochi di strategia e di avventura sono ottimi ed efficaci per l’apprendimento a scuola e a casa (più degli attuali metodi di insegnamento razionali che non considerano le vie più fisiologiche di apprendimento dei bambini). Bisogna solo togliere la paura che siano dannosi, sapere come non creare dipendenza e animare il gruppo di studenti alternando carta e libri con supporti multimediali e interattivi. 4️⃣ I Giochi affinano la capacità di Risolvere i Problemi. Il video gioco Minecraft e altri simili di strategia stimolano l’intelligenza digitale (che i bambini hanno già naturalmente), la capacità di risolvere i problemi e di formulare ipotesi. E lo fanno allo stesso modo delle modalità di apprendimento più classiche ma che si basano sulla vera natura del bambino e sulla sua innata capacità di apprendimento (oggi non succede). Sì, queste capacità sono le stesse che i ragazzi useranno nella vita reale e saranno molto più veloci e capaci di noi nel trovare soluzioni alternative ai grandi problemi del mondo!! 5️⃣ Per i bambini e i ragazzi digitali scrivere con il computer è molto più semplice che scrivere a mano. Se opportunamente guidati i bambini alternano la scrittura (e il disegno) sul computer a quella sulla carta e con i colori con fluidità e naturalezza (e senza giudicarne uno valido e l’altro meno come facciamo noi adulti!). La tecnologia può aiutare tuo figlio a esprimere il suo innato potenziale. Ma solo il tuo SUPPORTO e la tua PRESENZA possono renderla UTILE e PRODUTTIVA ed evitarne tutti gli aspetti negativi. Come genitore puoi portare la tecnologia dalla tua parte per coltivare l’abilità digitale e di apprendimento velocissima che tuo figlio possiede (e che rende a volte la scuola terribilmente noiosa e lenta). L’unica via che ti può “salvare” è sapere come utilizzarla a vostro favore e valutare al meglio i reali vantaggi e svantaggi dei videogiochi. Perché, se da un lato è vero che esistono aspetti negativi e che bisogna dare delle regole sin da subito a tuo figlio, dall’altro, come hai scoperto, esistono aspetti positivi dei videogiochi che sono molto importanti.
Smettila di rompere tutto! I 5 passi se il tuo bambino rompe i giochi, morde o graffia
In effetti i bambini a volte reagiscono rompendo oggetti, rompendo i giochi, graffiano, mordono, tirando pugni e calci, strappando i capelli… Gli adolescenti invece magari sbattono le cose, urlano, ci mandano a quel paese, spaccano la porta chiudendola malamente e insultandoci. Vorrei iniziare rassicurandoti perché sono diventata la regina di queste situazioni 😉 Quando avevo i bambini in affido, al loro arrivo la maggior parte delle volte erano bambini che picchiavano, mi mordevano, mordevano gli altri, rompevano i giochi dalla rabbia, non avevano rispetto per le cose. Arrivavamo a dover cambiare o aggiustare nell’arco di quindici giorni giochi, sedie, tende, ecc. Ovviamente i tuoi figli non vivono le situazioni drammatiche che vivevano questi bambini. Ma voglio farti questo esempio innanzitutto per dirti che ho la soluzione. Queste situazioni le ho vissute e dovute gestire moltissime volte anche io. Inoltre vorrei dirti che in qualche maniera sono reazioni spontanee che i bambini o gli adolescenti possono avere, soprattutto se nessuno ha fatto veder loro, insegnato o trasmesso con il proprio esempio come fare a gestire il proprio bagaglio emotivo. Se ci pensi, a volte nemmeno noi adulti sappiamo farlo. In fondo, quante volte ci è capitato che magari ci tratteniamo dal mordere, ma non sappiamo trattenerci dal mollargli uno sberla o strattonarli? O dallo sbattere le porte o buttare malamente le cose nel lavandino quando siamo nervosi? Ecco allora i 5 passi da seguire se tuo figlio è a volte rompe tutto come giochi o oggetti in casa, diventa aggressivo, prepotente, o ti sembra esagerato e addirittura violento. 1. Eliminiamo le “etichette” Come prima cosa possiamo eliminare le etichette: tuo figlio non è cattivo, non lo hai educato male, né è nato per farti…”girare le scatole” o per darti dei problemi. Se i nostri figli, bambini o ragazzi che siano, sono ancora sotto la nostra guida si comportano in questo modo, è perché hanno un motivo valido per farlo. Infatti, se a un bambino dagli zero ai 6-7 anni nessuno ha insegnato a gestire il suo bagaglio emotivo, relativo a: sensazioni di paura frustrazione e rabbia sensazione di non sentirsi amato abbastanza da mamma e papà sensazione di non aver capito impressione di aver subito un torto delusione percezione di sentirsi “meno” (bravo, importante, all’altezza ecc) di qualcuno accade che il bambino accumula, accumula, come una pentola a pressione e alla fine il suo modo di reagire sarà quello di esplodere. Reagisce attaccando, “esplode” fisicamente con il corpo. Avrà bisogno di liberare tutta questa tensione che sente dentro, con delle reazioni fisiche, direi… istintive… con il corpo perché non sa farlo in altro modo. O non ha ancora l’età e la capacità per ascoltarsi, riflettere su quello che sente, per accogliersi (in verità è una competenza che spesso non abbiamo acquisito neanche noi adulti), per venire da noi e spiegarci a parole cosa sente dentro per essere poi confortato e aiutato. Oppure, avrebbe l’età per farlo, ma non succede perché nessuno nel tempo gli ha mostrato come si fa. Per i bambini e i ragazzi è necessario che siano mamma e papà o gli adulto che si occupano di loro a farlo per primi, a dare l’esempio, e a mostrare come si fa durante questi primi momenti di frustrazione o disagio. Altrimenti non imparano. Ecco perché se a un ragazzo di sedici anni nessuno ha mai insegnato a gestire il suo bagaglio emotivo, continuerà a reagire con rabbia, con stizza, con violenza: anche se ho sedici anni non cambia nulla. Ciò che cambierà rispetto a un bambino piccolo sarà l’intensità della reazione. Eliminiamo dunque queste etichette: tuo figlio non è cattivo, non ce l’ha con te, non ha modi maleducati. È il suo modo di reagire perché non ha altri strumenti. 2. Con i figli che rompono i giochi, mordono, graffiano arrabbiarsi e urlare… non serve a nulla Davanti una reazione aggressiva cosa è meglio evitare? Se ci arrabbiamo e cominciamo anche noi a sfogarci in quel modo, diventiamo come lui, ci mettiamo al suo livello, diventiamo anche noi dei bambini senza strumenti. Ma noi siamo le guide, noi siamo gli Aiutanti Magici, siamo gli adulti maturi e quindi abbiamo bisogno di imparare a mantenere la calma, mantenere la fermezza in quei momenti. E a questo proposito, se ne sentiamo il bisogno o la necessità, è utile per tutti noi incamminarci per acquisire più fiducia e più sicurezza in noi stessi. Sono da evitare quindi urla, minacce, durezza, punizioni e frasi come: “Se fai ancora così ti tolgo questo!” “Questo non mi piace. Guarda che se fai così non sei più mio figlio. Non ti voglio più bene!” Tutti i bambini reagirebbero in maniera più serena se avessero una alternativa. E invece: 1) Se hanno visto noi comportarci in questo modo (con rabbia, nervosismo, alzando la voce, minacciando, ecc.) tanto o poco che sia stato, rischiano di credere che è così che ci si comporta, si reagisce così, è normale così e quindi lo faccio anche io perché così mi stanno insegnando da come si comportano loro. 2) Se non hanno avuto un esempio, se non vedono noi gestire il nostro bagaglio emotivo in maniera serena e matura, se non mostriamo loro come fare, non assorbono questa abitudine. Il mondo dei bambini non ha doppia morale. Le cose che valgono per loro devono valere anche per noi. Ecco un esempio (estremo): Quando un bambino vive la violenza in casa, quindi magari assiste a un padre, un nonno, uno zio violento o una mamma anche violenta con crisi isteriche, spesso è molto probabile che quel bambino, avendo vissuto solo quel modo di esprimersi, di fare le cose, dia per scontato che possa essere giusto e corretto essere così violenti. Quindi nella vita si comporterà in questo modo spontaneamente. Riportando questo concetto nelle realtà (per fortuna) totalmente ridimensionate e naturali che viviamo in casa nostra, allora possiamo chiederci: “Che tipo di esempio diamo?” Il nostro esempio, anche solo in minima parte, potrebbe essere un po’ aggressivo? Alziamo la voce, siamo nervosi, sbattiamo anche solo ogni tanto le cose?” Una volta esplorate queste possibilità possiamo fare sì che non capiti più, in modo da poter dare davvero un esempio sereno ai nostri figli. 3. Ci sarà una motivazione se un bambino rompe tutto, morde o graffia? Abbiamo bisogno di andare sotto la superficie, di comprendere come mai un bambino si comporta in modo aggressivo. Perché solo in questo modo possiamo risolvere davvero e solo così possiamo essere il suo Aiutante Magico e aiutarlo. La natura dei bambini è una natura buona, pacifica e collaborativa, ma ricordiamoci che siamo anche noi dei mammiferi. Quindi, quando il bambino si sente attaccato, se non sa come altro fare, si difende con il corpo, si difende verbalmente, si difende aggredendo, alzando le mani contro la minaccia, alzando la voce, cercando di provocare fisicamente. O accade anche soltanto quando il suo vaso è pieno, quando si sente una pentola a pressione che dopo aver accumulato ha bisogno di esplodere… e non c’è ragionamento che tenga. Lo fa perché non ha alternative. Allora noi che cosa possiamo fare? Noi possiamo innanzitutto comprendere i motivi per cui sta succedendo. Ti faccio qualche esempio: 1) Aggredisce il fratello perché a monte c’è un problema di gelosia, si sente inferiore, non amato. Quindi a monte dovremo agire su questa difficoltà. 2) Se reagisce ai nostri no e alle nostre regole, è probabile che sia perché non gliele stiamo dando nella maniera migliore possibile per lui e per noi. 3) Può darsi che percepisca molto la nostra rabbia, il nostro giudizio nei suoi confronti. Magari pensiamo “ma io non mi arrabbio e dico le parole di Roberta!”, ma dentro ribolliamo e nella testa ci rimbombano solo pensieri come: “che barba… basta! sempre la solita storia, sei sempre il solito!”. E se nei momenti “esplosivi” non riesci ad individuare la motivazione? Come facciamo a capire la motivazione proprio in quel momento, in cui magari siamo già in difficoltà? Se mentre il nostro bambino reagisce con rabbia o ti sta picchiando o tenta di rompere i giochi e non riusciamo a capire subito le motivazioni alla base del suo comportamento, possiamo farlo a posteriori, perché capisco che possa essere difficile imparare a farlo subito in quegli attimi più intensi. Proviamo quindi solo dopo a farci domande, a osservare queste motivazioni e a vedere la situazione con una visione d’insieme: allenandoci, la volta successiva saremo più pronti, più preparati e ci verrà sempre più automatico cogliere la motivazione da subito. Alla fine le motivazioni che fanno arrabbiare i bambini non sono così tante. Ad esempio può essere stanco, o magari geloso della sorella, oppure sta assorbendo il nervosismo che si vive in casa, oppure noi abbiamo lo stesso tipo di reazioni, oppure ancora reagisce al modo in cui gli abbiamo detto di no, o semplicemente appunto ha bisogno di imparare come si fa in un altro modo quando ci si sente così. Cerchiamo, allenandoci, di individuare le motivazioni e a riconoscerle nelle situazioni in cui si manifestano e capiremo che alla fine ruotano sempre intorno ad alcune situazioni. Tutto questo ci permetterà di prevenire reazioni così violente. Come facciamo a prevenire una reazione esplosiva? Per prevenire è utile imparare a osservare i figli un pochino meglio. Perché un bambino può avere questo scatto che lo trasforma da dottor Jekyll a mister Hyde, così dal niente? Se noi impariamo a essere presenti nella relazione che abbiamo con loro, a osservarli, guardarli negli occhi, riusciremo a notare come cambia il loro sguardo a seconda se cominciano ad avere sonno, o ad esser annoiati, o ad essere arrabbiati perché qualcosa nel gioco non sta funzionando, o se cominciano a cambiare umore perché una mossa della sorella gli sta togliendo il sole dal viso. Sono tutte piccole cose che noi possiamo notare. Magari ha tirato come un pazzo tutto il giorno, non ha dormito al pomeriggio o ha dormito male stanotte. O sono due, tre volte che gli dico di continuo “no” per qualcosa e glielo dico malamente: devo aspettarmi che prima o poi scoppi in qualche modo. Noi abbiamo sempre modo attraverso l’osservazione di cogliere questi segnali. Anche questo fa parte del nostro allenamento. È utile allenarsi con calma perché questo ci aiuta a intervenire ben prima che il vaso sia pieno e che scoppi con una reazione aggressiva. Come prevenire e attivare i radar per intervenire molto prima di arrivare all’esplosione di tuo figlio Ad esempio, mi capita di vedere a volte bambini che cominciano ad avere sonno già due ore prima. Si nota il bambino che sbadiglia, sbadiglia ancora, diventa insofferente, non ha più voglia di fare niente, “questo non va bene…quello non va bene…”. Oppure si nota che si sta annoiando e si sta spegnendo, perché non c’è un adulto che sta giocando con lui per fargli vedere una alternativa di come quel gioco può essere ancora consumato. Poi ad un certo punto il bambino esplode perché la mamma non riesce ad aprire subito la carta della merenda. “Roberta, ma…è scoppiato per la carta della merenda! Capisci… la carta della merenda!!!” No, non è per la carta della merenda, sono le due o quattro ore prima, sono le cose che è da stamattina che succedono, solo che nessuno le ha viste. Non le abbiamo viste perché semplicemente non siamo abituati a guardarle. Ma da ora puoi “allenarti” a vederle e notarle. Ed ecco come prevenire: già ore fa, minuti fa, osservandolo potevamo cogliere questi cambiamenti dai suoi occhi, dal suo atteggiamento. In anticipo potevamo quindi intervenire, magari chiacchierare e portarlo con noi, fargli delle coccole, sorridergli, parlargli con amore o portarlo a nanna, o risolvere la dinamica con la sorella, gestire meglio il litigio con la sorella o il fratello. Quindi per prevenire bisogna attivare i nostri radar per intervenire molto prima di arrivare all’esplosione di tuo figlio. 4. Cosa fare nel momento in cui bambino diventa aggressivo, esplode di rabbia o rompe gli oggetti? Se non abbiamo agito a monte e fatto il lavoro di osservazione di cui ti ho parlato, inciamperemo in queste esplosioni dei nostri figli. Ma cosa fare proprio in quei momenti? Interveniamo Come prima cosa interveniamo, quindi non lasciamolo da solo, perché anche se ci manda via, anche se ci picchia, ci attacca, ci morde o graffia, se tenta di rompere o lanciare gli oggetti in verità ha bisogno di aiuto. Ha veramente bisogno che in quel momento l’Aiutante Magico ci sia per aiutarlo. Se c’è bisogno, fermiamolo fisicamente. Bisogna fermarlo perché magari sta facendo del male a te o a se stesso, a qualcun altro o sta rompendo le cose, o rischia di farsi male. Molto spesso con il contenimento esploderà ancora più forte: 1) O perché finalmente sente qualcuno che è lì pronto ad aiutarlo e sente di poter liberare tutto lo sfogo e quindi inizierà magari a piangere e a singhiozzare forte e poi si calmerà 2) Oppure perché sente che il tuo non è un contenimento autentico ma lo stai fermando o bloccando solo perché vuoi che smetta. Non è l’atteggiamento giusto e farà di tutto per liberarsi, per allontanarti e rifiutare il tuo aiuto. Proprio per questo il tipo di presa che utilizzeremo non sarà una presa nervosa, stizzosa o di rabbia. Sarà una presa puramente ferma, magari dovremo usare una certa forza per allontanare la sua mano, per abbracciarlo, per aprire una ad una le sue dita che stringono qualcosa o qualcuno, ma dentro non saremo arrabbiati. Saremo forti, ma non arrabbiati proprio come quando giochi al tiro alla fune e tiri la corda: non c’è rabbia ma usi semplicemente la forza. In queste situazioni il principio è lo stesso. Molti mi dicono: “ma io non ce la faccio. Lui è più forte di me!” Se stiamo parlando di un ventenne alto un metro e novanta certo, lo capisco. Ma nel caso di un bambino di due, tre, sette, dieci, dodici anni il problema non è che è più forte di te o non ce la fai. Il problema spesso è che abbiamo paura. Abbiamo paura della sua reazione, o di non farcela, o di non essere capaci di sostenere e gestire questa aggressività. Tu sei l’adulto e volendo hai tutte le capacità per fermarlo, contenerlo senza innervosirti. Accogliamolo, abituandolo ad avere fiducia in noi Mentre sei lì che eviti che si faccia male contenendolo, puoi iniziare a parlargli a trasmettergli accoglienza ed empatia. Ad esempio possiamo dire, già mentre lo teniamo con fermezza da subito: “Amore… Mamma mia, sei tanto arrabbiato. Cos’è successo? Io lo so che cosa è successo, sai? Adesso sfogati. Lo so, amore mio, lo so. Dopo poi lo vediamo e risolviamo… adesso piangi pure… Sei tanto arrabbiato amore mio, lo so.” Se non accetta e scappa, se non si sta facendo male, lascia pure che scappi ma vagli comunque dietro. Magari stai a distanza, ma non quella distanza di chi ha paura. Quella distanza di chi sente e capisce quale debba essere il confine tra di voi. Ma intanto sei lì con la tua presenza, non lo stai giudicando e lo stai accogliendo. Molto spesso, quando si contengono i bambini, ad un certo punto senti proprio che loro rincarano la dose e spingono più forte, cercano di morderti in tutti i modi, mentre tu continui a fermarli perché non si facciano male o non facciano male. Come ti dicevo, esplodono perché sentono che tu non li stai giudicando e possono tirare fuori tutto ciò che hanno da tirare fuori. A questo punto, se tu continui ad essere tranquilla e serena, in genere succedono due cose: 1. O si calma singhiozzando piano o spegnando piano piano il pianto 2. O esplode tirando fuori tutto quello che deve esplodere. Poi comincia a piangere in modo diverso, con un pianto di sentimento che non è più il pianto della rabbia. È come un’onda e tu in questo modo ci sei stata dentro. Lo hai accolto, lo hai assistito, sei stata con lui nella curva che doveva arrivare a un picco per poi riscendere. Una volta fatto questo, il bambino si tranquillizza o si dimentica, comincia a giocare oppure è il momento in cui c’è bisogno di fare il passo successivo: risolvere. 5. Risolviamo “Allora adesso ce lo diciamo cosa era successo? Stavi giocando con i Lego. Lui è arrivato lì apposta. Ti ha dato un calcio sulla stazione della polizia. Amore… Vieni con me. Adesso glielo andiamo a dire e piano piano la ricostruiamo insieme. La facciamo bella com’era prima. Vieni, amore mio.” Se il bambino inizia a vedere questo da noi diventerà ogni volta più aggressivo perché noi non l’abbiamo picchiato o non lo abbiamo punito? No, i bambini sono per natura buoni. Loro lo sanno che non si rompono i giochi, non si morde, non si picchia e infatti non lo farebbero. Ma è l’unica cosa istintiva che riescono a fare in quel momento per liberare il malessere, il dolore che provano dentro. Allora se noi facciamo in questo modo, gli facciamo vedere che non li giudichiamo, che siamo davvero i loro Aiutanti Magici, che accogliamo senza giudizi, senza aspettative e poi risolviamo, possiamo iniziare a dire loro: “Amore, la prossima volta vieni a dirlo alla mamma. Qualsiasi cosa sia successo, vedi che mamma non ti sgrida. Non è successo niente. Mamma, lo capisce e ti da una mano. Perché quando stai così male, amore, quando ci sono le cose che ti fanno arrabbiare così tanto e che ti fanno tanto male come si fa da soli? Non si può! Si chiede aiuto a mamma. Si viene da papà e si chiede aiuto.” In questo modo ecco che educhiamo i nostri figli alla fiducia verso di noi. Tempo due, tre, quattro volte o il tempo che sarà necessario (ma non è moltissimo, te lo posso garantire) invece di scoppiare si metterà a piangere, verrà da noi e ci dirà che cosa è successo e ci chiederà di andare a vedere cosa è successo. Nel frattempo iniziamo ad osservare, a cogliere la motivazione e a risolvere prima che queste esplosioni avvengano. Riassumendo i suggerimenti sono: 1. Nessuna etichetta: tuo figlio non è mai cattivo 2. “Allenarsi” a cogliere la motivazione anche a posteriori e abituarci ad osservarlo 3. Intervenire per risolvere, fermarlo, contenerlo in modo che non si faccia male: in questo modo facciamo sì che possa sentire la nostra presenza ferma, non arrabbiata, sicura di noi. 4. Lasciamo che si sfoghi, se è necessario, mentre lo accogliamo. Abituiamolo ad avere fiducia in noi e ad esprimersi anche man mano con le parole. 5. Risolviamo con una soluzione concreta, rimediamo Magari tuo figlio non riuscirà a farlo da subito se ha solo due anni ma, usando la perseveranza vedrai che pian piano negli anni, crescendo, imparerà a esprimersi invece che accumulare e poi esplodere. Iniziare da oggi a prendere dimestichezza con i 5 passi di questo articolo: è così che stai mettendo i semi perché questi episodi in cui tuo bambino comincia a rompere tutto quello che trova in casa, ti morde o diventa aggressivo siano nel tempo sempre meno numerosi. Se vuoi approfondire questi argomenti puoi anche leggere questi articoli: Bambini che lanciano oggetti e urlano: ecco cosa fare Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle) Rabbia bambini: 4 passi per gestire crisi di Rabbia e crisi Isteriche
Le bugie non si dicono! Perché tuo figlio ti dice le bugie?
“Le bugie non si dicono!” “Le bugie hanno le gambe corte, fai attenzione!” “Guarda che se non mi dici la verità divento poi cattiva/o!” “Guarda che io so sempre se mi stai mentendo!” Quante volte hai sentito dire queste frasi quando eri bambina o bambino? Io le ho sentite spesso e… devo dirti la verità 😉… altrettanto spesso ho detto delle bugie ai miei genitori o all’insegnante o ai miei nonni. In particolare ricordo molto bene come ad un certo punto, forse intorno agli 11-12 anni iniziai proprio a mentire anche per gioco. Da un lato iniziavo ad essere proprio un po’ arrabbiata con la mia famiglia e usavo le bugie come ripicca. Dall’altro lato c’è da dire che riconoscevo la mia bravura nel dirle e decisi che poteva diventare anche un gioco: quante e come riuscivo a dirle e per quanto tempo riuscivo a reggere il gioco ricordandomi qual era la bugia, con tutto quello che le ruotava intorno e tutte le cose che dovevo ricordare di dire al posto della verità. Mamma mia!… Se ci penso!… Oggi naturalmente riconosco sia che le bugie non si dicono e che abbiamo bisogno di insegnare ai nostri figli a non farlo, sia che i bambini hanno sempre un motivo per cui lo fanno e che tendenzialmente questi motivi sono validi e significativi. È importante evitare fin da subito di pensare che i bambini dicano le bugie perché sono cattivi o perché sono maleducati o irrispettosi. Assolutamente non è così. Nessun bambino nasce cattivo, maleducato e irrispettoso. Le cose più utili che possiamo fare in prima battuta sono: 1️⃣ Accorgercene e prenderne atto 2️⃣ Evitare di arrabbiarci e umiliarli 3️⃣ Correre ai ripari prendendoci il tempo necessario per osservare come mai sta succedendo 4️⃣ Avere la pazienza di invertire la rotta un po’ alla volta (come ti racconterò poco più avanti) Uno dei punti più importanti è di sicuro soffermarci innanzitutto sulla motivazione. Qual è la vera motivazione che spinge nostro figlio o nostra figlia a dirci una o più bugie? Inizio a farti qualche esempio così che possa esserti utile per iniziare a osservare cosa sta succedendo o cosa è successo negli ultimi tempi e cogliere il perché: Forse è un modo per attirare l’attenzione perché si sente trascurato/a o vuole emergere rispetto ai fratelli e alle sorelle. Magari perché non passiamo abbastanza tempo con lui/lei o questo tempo non è di qualità. Forse è un modo per punirci: “tu ti arrabbi con me, mi punisci, sei dura/o nei miei confronti. Ho visto che quando ti racconto una bugia ti dà molto fastidio… bene… continuo a farlo e a provocarti“. In particolar modo quando dico le bugie finalmente mi consideri: “è vero, mi sgridi, mi rimproveri, ti arrabbi, mi inveisci contro… ma almeno mi sento considerato/a… allora continuo“. Forse è una reazione ai nostri tanti no, alle nostre punizioni, alle nostre sgridate. Per esempio se tendiamo a dire tanti no senza considerare le loro motivazioni, senza accogliere il loro disappunto. Oppure se tendiamo a rimproverarli o bloccarli appena dicono o fanno qualcosa che a noi non piace o diverso da quello che ci aspettiamo. Forse è questione di sicurezza in se stessi, autostima, o timore di deluderci. Per esempio quando dicono di avere anche loro qualcosa che gli amici hanno anche se non è vero. Quando dicono di sapere cose che in verità non sanno o dicono di aver capito anche se non è così pur di non mostrare la loro difficoltà, ecc. Forse hanno timore della nostra reazione aggressiva o timore di non venire compresi. Ad esempio quando mangiano qualcosa di nascosto e ci dicono che non è vero. O quando hanno ricevuto un rimprovero a scuola e non ce lo dicono. O quando magari hanno fatto uno sgambetto alla sorella o al fratello e ci dicono che non è vero. Forse sta imitando compagni o compagne di scuola che dicono bugie e la cosa sembra farli diventare più “furbi” di tutti gli altri “…allora lo faccio anche io“. Per curiosità: cosa succede se provo a dire una bugia così come ho visto fare dal mio compagno di scuola, da mia mamma, da mio papà, da mio fratello (se lo fa lui posso di certo farlo anche io), ecc.? Individuare la o le possibili motivazioni è fondamentale perché così possiamo intervenire nel tempo, con costanza, un passo alla volta, direttamente sulla causa. Se è questione di insicurezza agire per aiutarlo/a a ritrovarla, se è questione di attenzioni gliele daremo, ecc. So già che forse ti stai chiedendo: “Ok, ma nel momento in cui mi sta dicendo una bugia o appena lo scopro che faccio? Cosa gli dico? Come mi comporto?” Benissimo, ecco cosa puoi fare: 1️⃣ Evita di arrabbiarti 2️⃣ Puoi fargli sapere in maniera serena, senza accuse o minacce o rimproveri, che hai capito o sai bene che si tratta di una bugia: “Secondo me questa è una bugia…”, oppure “Scommetto che non è vero…”, oppure “Mmmhhh… mi sa che non è così”. Ricordati che sei il suo aiutante magico e quindi non si tratta di “beccarlo” o di chi ha ragione. Sei dalla sua parte e vuoi solo comunicargli tranquillamente che sai la verità 3️⃣ Poi, a seconda dell’età, avremo un tono diverso, diremo parole diverse. Ma l’obiettivo sarà quello di esplicitargli che cosa è successo, domandargli come mai o dirgli come mai può essere successo e dirgli come fare la prossima volta per evitare che si ripetano bugie, dato che sono inutili. Ti faccio un paio di esempi. Se è piccolino e ha preso una caramella dal contenitore, l’ha messa in bocca, ne ha presa una seconda e l’ha messa in tasca, ne ha presa una terza e l’ha nascosta sotto il cuscino dopo che gli avevi detto “basta caramelle, ne hai già mangiata una oggi”, puoi: 1️⃣ Dirgli che sai che delle caramelle gli sono proprio scivolate addosso e una è finita in bocca, un’altra forse è scivolata in tasca e un’altra ancora forse è scappata in cameretta. 2️⃣ Gli dici che la prossima volta può dirti che forse non hai capito e che lui ha davvero tantissima voglia di mangiarsi altre caramelle perché… “sono trooooppo buoneeeee!” Lo so che me ne avevi chiesta un’altra e alla seconda ti dico sempre di no, non avevo capito che ti piacessero così tanto. Adesso che lo so e me lo hai detto, allora tutte le volte in cui sarà possibile ne mangerai una più. Te ne procuro di quelle che non fanno troppo male ,così puoi mangiarne una dopo pranzo e anche una a merenda. Vedi che non ti rimprovero, quindi se ti capita di volerne un’altra dimmelo e se si può te la do subito volentieri, altrimenti la prendiamo già e la teniamo da parte per dopo quando si potrà mangiare”. 3️⃣ In questo caso conta molto questo atteggiamento disponibile a comprendere il suo punto di vista e mostrargli sinceramente che vogliamo davvero venirgli incontro. 4️⃣ Poi sarà importante andare a comprendere se è questione di troppi no secchi e intransigenti da parte nostra. O se lo fa perché ha particolare bisogno di dolci. Cercheremo di comprendere come mai, o se lo fa per attirare la nostra attenzione, ecc. e agiremo con pazienza sulla motivazione. 5️⃣ Nel frattempo, in questo caso, potremo per esempio procurarci delle caramelle naturali senza troppi zuccheri e senza zuccheri o coloranti o ingredienti artificiali. In uqesto modo potremo essere un po’ più di manica larga ogni tanto. Oppure, cosa che piace tantissimo ai bambini, possiamo fare insieme delle caramelle naturali, conservarle con cura e man mano educarli al fatto che se ne può mangiare qualcuna in più ma c’è un numero che non va superato, che non se ne possono mangiare troppe e che subito dopo vanno lavati i denti. Possiamo aiutarli con pazienza a creare questa abitudine e a comprenderne il senso (ricordati però sempre di agire sulla motivazione altrimenti queste soluzioni potrebbero dimostrarsi inutili). Quindi il segreto è dare il limite e le regole che crediamo più corrette senza necessità di minacciare o urlare, cercare di comprendere la motivazione (e nel frattempo trovare alternative più salutari). Se vuoi approfondire questo argomento, puoi leggere questi articoli: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no Punizioni Bambini: soluzioni concrete per Educare senza Punire Quando poi i nostri figli crescono, capita spesso di temere ancora di più le loro bugie. Cosa puoi fare se per esempio scopri o sei venuta a sapere che tuo figlio o tua figlia di nascosto ha provato o iniziato a fumare? 1️⃣ Evitando arrabbiature, minacce e filippiche, come per il primo caso possiamo intanto far sapere che lo sappiamo o che lo abbiamo capito e che sappiamo di non sbagliare. Con serenità possiamo dire per esempio: “Allora anche tu alle prime esperienze con le sigarette? Che effetto ti ha fatto? Come ti sembra? Soddisfatta la curiosità?… Ci tenevo a dirti che lo so, che non ho intenzione di rimproverarti e che ho piacere di raccontarti la mia esperienza in proposito e quello che penso” 2️⃣ Possiamo trovare un momento con calma sia per ascoltare lei/lui e le sue impressioni o quello che vorrà raccontarti (che all’inizio potrebbe non essere la verità o solo una parte della verità) e sia per raccontare serenamente quello che pensiamo in proposito (se per esempio siamo dei fumatori pentiti, se anche noi abbiamo provato a fumare e a che età, cosa pensavamo allora e cosa pensiamo oggi, i pericoli futuri nel fare questa scelta, raccontare loro perché giovani e adulti si rifugiano in questo tipo di esperienze o hanno bisogno di questi palliativi, ecc…) 3️⃣ Dato che il rimprovero non c’è, possiamo chiedere loro di essere sinceri e chiedere loro di poter mettere delle regole e dei paletti fermi se magari ci rispondono che non hanno intenzione di smettere. Per esempio regole che possano aiutarli a non esagerare, a limitare i danni più possibile, ecc. Naturalmente questi sono solo esempi perché sarai poi tu a trovare le argomentazioni giuste o a decidere che cosa fare, perché potrebbe essere che ti dica che ha solo provato e non ha intenzione di proseguire ma temeva il rimprovero o si vergognava. Potrebbe dirti che vorrebbe smettere ma non riesce e chiede il tuo aiuto dato che vede che sei serena/o a riguardo. Potrebbe innervosirsi e dirti che sono fatti suoi, ecc. 4️⃣ Come ti scrivevo sopra, anche in questo caso è importante cogliere la motivazione su ampia scala per sapere come intervenire. Per esempio: forse lo fa come forma di ripicca e ribellione nei nostri confronti perché la relazione tra noi non è idilliaca? Forse sono cattive compagnie quelle che frequenta?Forse vuole sentirsi come gli altri ed è quindi questione di autostima? Sta magari davvero solo provando e so che finirà tutto nel giro di poco? Forse compensa qualcosa di affettivo che gli manca dentro? Ecc. Se i nostri figli sono più grandi come in quest’ultimo caso, è probabile che servano più tempo e pazienza per riottenere la loro fiducia e ripristinare una buona relazione mettendo da parte cattive abitudini che magari hanno costellato gli anni precedenti ma di sicuro vale la gioia procedere 😊 In ogni caso, piccoli o grandi che siano, ti invito a non demordere, seguire i passi che ti ho indicato senza fretta e senza demoralizzarti. Sono certa che potrai accogliere anche tu nella tua famiglia i semi della sincerità e della trasparenza.
Non è una colpa odiare la sorella: come nasce la gelosia tra fratelli e sorelle?
Ogni genitore vorrebbe che le gelosie e i litigi tra fratelli e/o sorelle non avvenissero mai! Siamo abituati per cultura, e lo vorremmo anche, che i nostri figli si amassero, che andassero d’accordo e giocassero insieme. E invece ci ritroviamo spesso con fratelli o sorelle che si picchiano, fratelli che si odiano, continui litigi e tirate di capelli tra sorelle, gelosia tra sorelle che non si sopportano e non giocano insieme, quando sono un po’ più grandi fratelli e sorelle che non si parlano e si ignorano… Di solito partiamo con questa tiritera: “mamma mia, non pensavo fosse così difficile avere due figli. Non ho tempo abbastanza per dedicarmi ad entrambi. Vorrei stare di più con loro, fare di più… Almeno che loro si facciano compagnia! O che almeno non mi facciamo impazzire quando arrivo a casa, con tutto quello che ho da fare” Cosa possiamo fare quindi se i nostri figli sono gelosi e non vanno d’accordo (e magari se le danno anche di santa ragione)? Vediamo insieme in questo articolo: Come affrontare e gestire la gelosia del primogenito? Come mai i fratelli e le sorelle arrivano a odiarsi? Quali sono le cause? Perché i fratelli litigano e sono gelosi uno dell’altro? Come comportarsi in pratica con i figli che litigano e che sono gelosi? Come prevenire l’aggressività fra fratelli Soluzione 1 per gelosia del primogenito: entriamo nella testa di tuo figlio… Ecco un altro modo di vedere, opposto a tutto ciò che abbiamo imparato o sentito dire… mettiamoci nei panni del primogenito! Questa è la cosa migliore che possiamo fare, immergerci nei naturali pensieri che frullano nella mente del nostro primo figlio o prima figlia. Lui o lei era nel suo mondo dorato, con una mamma e un papà, et voilà, arriva la sorellina (o fratellino). La cosa che principalmente pensa è: “evidentemente non sono bastato” “perché farne ancora una, se c’ero già io? Forse non vado abbastanza bene” I bambini vivono per essere amati da mamma e papà e per raggiungere questo loro obiettivo naturale, all’inizio, sarebbero disposti a fare di tutto pur di soddisfarli. Quindi nel primo figlio la prima cosa che scatta è: “io non sono bastato”, “se mamma ti coccola, sorride prima a te, ti prende sempre in braccio, allora vuol davvero dire che veramente tu hai più di me, tu vali più di me” E di conseguenza può arrivare a non accettare il fratellino o sorellina. Questo pensiero si accentua soprattutto se sono piccoli, nei primi 4-5 anni. L’altro pensiero che lo turba è il dover condividere mamma e papà: “perché mamma deve fare le coccole anche a te? Se per tutto questo tempo è stata MIA mamma e lui è stato MIO papà, perché ti devono prendere in braccio? Loro due sono miei, sono una mia proprietà!” Ed ecco che proprio non ce la fa, è un impulso irrefrenabile, un bisogno che non riesce a controllare: comincia a dar fastidio alla sorellina/al fratellino, non vuole che tocchi i suoi giochi, non lo vorrebbe in casa, lo picchia o comincia a essere geloso… Questo atteggiamento, che noi genitori non sopportiamo e non comprendiamo o definiamo “capricci”, in verità aiuta il primogenito a sfogare quello che sente dentro. Le parole non bastano, sono troppo piccoli per capirlo, non ce la fanno, e il disagio che provano è troppo forte. Servono i fatti! E ora vediamo anche come farlo in pratica. Soluzione 2 per gelosia fra fratelli e sorelle: non pretendere che i tuoi figli vadano per forza d’accordo Il primo modo più efficace per venire incontro ai sentimenti feriti dei nostri figli è quello di non pretendere che vadano per forza d’accordo. So che può sembrarti forte quello che scrivo, ma se non si parte da questo punto essenziale non possiamo passare al passo successivo, ovvero quello di lasciare che ciascuno dei nostri figli possa sentirsi figlio unico. Anche se noi diamo a entrambi o comunque a tutti i nostri figli in generale (se sono più di due) lo stesso amore, le stesse attenzioni, anche se abbiamo lo stesso riguardo, è possibile che loro non percepiscano la stessa cosa. E poi non saremmo forse del tutto sinceri se negassimo il fatto che magari uno dei nostri figli in particolare ci fa da specchio più dell’altro. Forse ha dei modi che, non sappiamo perché, ci irritano di più e quindi facciamo più fatica a gestirli e a tollerarli. Soluzione 3: risolvi i litigi con il tempo esclusivo per i figli Un suggerimento, in assoluto il più efficace, è riorganizzarsi per dedicare del tempo esclusivo e di qualità al primogenito da solo con te. Più si dedica tempo a questa coccola, più nostro figlio si rilassa, più torna a sentirsi amato (anche se tu ovviamente lo ami sempre e comunque). La sua esigenza è capire dall’atteggiamento di mamma e papà, e non dalle parole, che è amato come prima, più di prima e allo stesso identico modo. Non sarebbe sufficiente neanche rassicurarlo con “ma certo che ti voglio bene quanto a lei, anzi, anche sempre di più”, le parole non hanno l’effetto delle azioni. È necessario dimostrarlo con tue azioni concrete. Per esempio: Prendetelo con voi, o magari una volta da solo con mamma e una con papà, portatelo due ore a giocare insieme nel parco o a mangiare un gelato. Oppure papà prende la sorellina e mamma può stare a casa con lui tutto un pomeriggio o tutta una giornata a giocare, a stare insieme. Ecco che il tuo primogenito comincia a rilassarsi e fare il piano di attenzioni, a ricordare quel tempo dorato in cui c’era solo lui. Fa il pieno di attenzioni, di cure speciali di mamma o di papà, qualcosa solo per lui, proprio quello di cui ha sentito la mancanza. Più noi genitori capiamo l’importanza di rassicurare i bambini attraverso il tempo e le azioni, più loro hanno delle risorse interiori per tollerare la presenza della sorella e del fratello. Naturalmente questo non significa che i nostri figli debbano per forza rimanere figli unici e non significa neppure che alla nascita del fratellino o della sorellina le cose debbano per forza andare male e sia necessario correre ai ripari. 5 aspetti importanti da ricordare per prevenire gelosie e litigi fra fratelli Tutto questo significa soltanto che è importante: 1️⃣ sapere che il primogenito non lo fa apposta ad essere contrario all’arrivo del fratellino o della sorellina 2️⃣ imparare a comprendere il suo disagio e accoglierlo senza giudicarlo 3️⃣ comprendere che questa possibile reazione è del tutto naturale 4️⃣ sapere che con conferme concrete, passando ai fatti, potremo essere molto più rassicuranti di mille parole 5️⃣ ricordarci che le soluzioni più efficaci per prevenire gelosie, litigi e aggressività fra i figli sono il tempo di qualità, confermargli quanto amore e attenzioni abbiamo per loro prima che le chiedano, sapere che abbiamo le forze e le capacità per occuparci benissimo di entrambi senza che ne patiscano Sviste e “assurdità” che non fanno parte del mondo dei bambini e che peggiorano le liti e le gelosie Ci hanno abituati a vedere la fraternità in maniera distorta e questi che seguono ne sono degli esempi che non ti aiutano a gestire la situazione: 1️⃣ “Arriva il fratellino, finalmente non sarai più solo!” 2️⃣ Convincetelo dell’assoluto vantaggio che un fratellino può dargli, ha solo bisogno di tempo per adattarsi 3️⃣ Lasciate che il primogenito possa prendersi cura del secondo così che si instauri un buon rapporto 4️⃣ È nel litigio che nasce il confronto, litigando affermano la loro personalità e si preparano per le relazioni future e a instaurare relazioni positive 5️⃣ I bambini sono in grado di risolvere il conflitto da sé 6️⃣ Prendete le difese solo se avete assistito dall’inizio e sapete di chi è la responsabilità 7️⃣ “Io vado di là, voi parlatene e trovate una soluzione” 8️⃣ Se la competizione viene vissuta come confronto positivo, può rivelarsi costruttiva 9️⃣ Le liti tra fratelli disturbano tutta la famiglia e magari anche i vicini. Il vostro compito non deve essere quello di impedirgli di litigare, quanto quello di evitare che mettano a soqquadro la casa, oltre che evitare di farsi male. 🔟 Intervenite magari quando si saranno calmati Che cosa ci chiede invece il Libretto delle Istruzioni? Ci chiede innanzitutto di rispettare il suo bisogno di unicità e di comprendere il suo disagio profondo senza fermarci all’apparenza. Ecco un riepilogo di cosa possiamo fare, dunque, per metterci dalla sua parte ed essere efficaci nel nostro ruolo di genitori di più figli: Facciamo sentire ciascuno dei nostri figli come figlio unico: dedichiamo del tempo esclusivo per entrambi sia con mamma che con papà. In questo modo potranno fare il pieno di attenzioni di cui hanno bisogno soprattutto nei primi anni. In caso di liti, consoliamo gli afflitti ma dedichiamo la nostra immediata attenzione a chi il conflitto lo ha innescato, perché è lui che in verità si è sentito ferito. Se così non fosse stato, non avrebbe dovuto scaricare la sua frustrazione generando la litigata. PEr i dettagli leggi qui: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli Osserviamoci e facciamo di tutto per essere neutrali nei loro confronti. Evitiamo i paragoni. Evitiamo di pretendere che seguano l’uno le orme dell’altro o che abbiano gli stessi interessi. Riferiamoci a loro chiamandoli con il proprio nome anziché “bambini fate questo”, “bimbi si esce”, ecc. Vuoi scoprire passo passo nella pratica cosa fare per risolvere i litigi e gelosie fra fratelli o sorelle? Leggi la guida completa qui: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli