Cosa fare?
I nostri articoli li trovi nel blog qui: Blog Bimbiveri.
Puoi anche iniziare visitando la nostra home page o navigando usando il menu in alto del sito.
Forse potresti trovare interessanti questi
Smettila di dire Parolacce! (Perché i bambini le dicono?)
Cosa fare quando i bambini dicono parolacce ai genitori o a scuola? Per quale motivo tuo figlio ripete una parolaccia anche se gli spieghi che non si dice? Quali sono i passi da seguire per aiutare i bambini a non dire le parolacce? I bambini dicono parolacce perché… In genere un bambino dice una parolaccia per 3 motivi: 1️⃣ Continua a ripeterla perché la nostra spiegazione razionale “perché non si fa!” non viene recepita. E allora magari, oltre a dirgli che non si fa, posso provare a spiegarglielo in un altro modo che sia più immediato per la sua età. 2️⃣ A volte i bambini riportano le parolacce, ad esempio, dalla scuola materna. Se, nel loro piccolo, magari cominciano ad avere la fiducia in se stessi che tentenna un pochino, possono riconoscere in una persona che dice le parolacce, adulta o coetanea che sia, una forza. E quindi cominciano a ripeterle. 3️⃣ Altre volte il bambino la ripete perché sa che ci punge sul vivo 😊 4️⃣ Altre volte ancora (dipende anche dall’età) sono un po’ una scoperta oppure gli altri ridono mentre le dico e allora le ripeto o quando il mio amico le dice gli altri ridono allora le dico anche io. Scopri tutti i dettagli e le soluzioni in questo articolo. Motivo 1: le spiegazioni non servono Per prima cosa io vado a caccia dei motivi e quindi mi chiedo: “come mai continua a ripetere la parolaccia?” Un motivo potrebbe essere che continua a ripeterla perché la mia spiegazione razionale “perché non si fa!” a 4 anni non viene recepita. E allora magari, oltre a dirgli che non si fa, posso provare a spiegarglielo in un altro modo che sia più immediato per la sua età. Per esempio, posso dirgli (possibilmente con calma e senza accusarlo): “Quella parola!!! Quella parola lì che proprio non si può dire! Adesso l’hai fatto perché anche tu ti sei arrabbiato! Allora bisogna cambiare: quella parola lì non si dice ma puoi dire: mamma, io sono arrabbiato, arrabbiato, arrabbiato perché non riesco a montare questo gioco!!! Uffa, sono arrabbiato per questo.” Quante volte dovremo farlo? Ancora e ancora, tutte le volte che sarà necessario. Finché pian piano lo disabituiamo a dire la parolaccia e lo abituiamo a usare un altro termine. Un bambino piccolo non capisce se gli diciamo con serietà che: “quella cosa non si fa, non la devi dire” “è maleducazione” e “non la devi più fare”. Questa modalità a lui non arriva e, anzi, più usiamo un tono duro e siamo arrabbiati è più si sente accusato. Anzi, forse proprio perché si sente accusato, rincara la dose. E quindi continua a dire ancora più parolacce! Ci possono essere anche degli altri motivi. Motivo 2: a volte i bambini dicono parolacce perché le hanno sentite, ad esempio, dalla scuola materna. Magari iniziano a credere poco in se stessi e allora se capita che abbiano la sensazione che chi dice le parolacce sia più forte e più sicuro di sé, allora iniziano a dirle anche loro. E potrebbero pensare: “Guarda che carattere, guarda con che temperamento ha detto quella cosa! Guarda che potere che ha sulle persone: alla fine li fa stare zitti e tutti lo guardano! Anche io voglio essere così carismatico! Forse per avere quella forza bisogna dire una parolaccia. E allora io dico la parolaccia!” In questo caso possiamo mettere in pratica la soluzione precedente, ma, allo stesso tempo, riflettere sul perché potrebbe non sentirsi all’altezza e fare il possibile per rimediare. Per approfondire l’argomento Autostima, puoi anche leggere questo articolo: Le 9 frasi che fanno sentire tuo figlio uno “sfigato” (e limitano l’autostima dei bambini) Motivo 3: il bambino dice parolacce per pungere… Altre volte il bambino ripete le parolacce perché sa che ci punge sul vivo. Ha capito che per noi va bene tutto, ma non le parolacce! Se le dice scattiamo sull’attenti! Ed ecco allora che pensa: “Perfetto! allora io comincio con la prima che ho sentito dire. La ripeto, la ripeto come un disco rotto perché, cara mamma, forse mi ami tanto, ma è anche vero che spesso mi sgridi. E’ anche vero che ogni tanto alzi la voce e urli. È anche vero che un sacco di volte mi dici di aspettare e che non hai tempo. E’ anche vero che quando io voglio stare con te invece corri e giri come una trottola e quando ti metti a giocare con me non hai tanta voglia, sei stanca, ti addormenti e non mi fai divertire. E quindi cosa devo fare? Io devo fare solo le cose belle per te? Se questa cosa ti dà fastidio, allora la faccio ancora di più!” Altre volte un bambino ha bisogno di attenzioni di qualità, perché magari siamo sempre di corsa, o perché, magari, quando è bravo e tranquillo noi ne approfittiamo per fare altro. Ha visto che, quando invece fa qualcosa che non va, le attenzioni sono su di lui e corriamo subito. Siamo super attente e, anche se per rimproverarlo, stiamo con lui, mezz’ora. O pur di fargli cambiare idea cominciamo a distrarlo prendendo un gioco o facendogli vedere cosa c’è fuori. Gli raccontiamo finalmente qualcosa. Ecco che il tasto per accendere le nostre attenzioni nei suoi confronti diventa la parolaccia. Se noi a monte iniziamo invece a dare attenzione di qualità, non avranno più bisogno di usare uno strumento come la parolaccia per attirare la nostra attenzione. Quindi, sintetizzando, bisogna trovare la motivazione e darci il tempo, con pazienza, di risolvere il motivo a monte. Solo in questo modo il bambino smetterà di dire parolacce, infatti non avrà più un motivo per dirle o ripeterle 😊 Se tuo figlio non ti ascolta e vuoi approfondire perché non accetta le tue regole, puoi leggere qui l’articolo Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no
Smettila di piangere! Come calmare le crisi di pianto dei bambini e dei neonati
Le crisi di pianto dei bambini e dei neonati ci mettono a volte in grande difficoltà, o meglio, forse è più corretto scrivere, che a volte ci mandano proprio in tilt perché non riusciamo a calmare e consolare i nostri figli. Che si tratti di un pianto improvviso di notte di un neonato, di un pianto inconsolabile e disperato a 3 anni o di bambini di 6 anni che piangono senza motivo e senza cause apparenti, ci sono sempre dei passi che puoi seguire e che ti possono aiutare a calmare tuo figlio quando piange. Molte mamme spesso mi dicono: “Come faccio a farlo smettere di piangere quando fa i capricci? Quando mio figlio piange non lo sopporto! Perdo subito la pazienza e non so cosa fare” “Quando piange non capisco cosa è successo. Perché quando piange non mi dice che cosa vuole? Piange per mezz’ora ma non dice perché!” Scopriamo insieme in questo articolo: Cosa fare quando i bambini piangono o quando non smettono di piangere Come capire il pianto dei neonati e dei bambini, anche quando piangono sempre Come calmare le crisi di pianto dei neonati o dei bambini a 1 anno, 2 anni, 3 anni e oltre Gestire crisi di pianto se tuo figlio ancora non parla Calmare tuo figlio quando piange ed è in grado di parlare 1° step fondamentale: se parti con l’obiettivo di far smettere di piangere tuo figlio subito hai perso in partenza… In generale, è utilissimo non considerare il pianto dei neonati e dei bambini come lo facevano i nostri genitori o magari i nostri nonni. Innanzi tutto, quando un bambino piange, la prima indicazione è quella di fare il possibile per non allarmarti o andare in crisi. Non partire nemmeno con l’armatura e la lancia in mano pensando: “adesso mi devo impegnare: il mio primo obiettivo deve essere quello di farti smettere!” Per quale motivo il pianto non andrebbe represso? Semplice: con il pianto qualsiasi essere umano esprime un sentimento, un timore, una paura o esprime un bisogno. Questo vale ancora di più per i neonati e per i bambini. Quindi il pianto, che sia il pianto di notte di un neonato a 5 mesi, il pianto improvviso a 2 anni o una crisi di pianto inconsolabile a 4 anni in verità non va represso, ma andrebbe accolto e compreso. Compatibilmente con la tua stanchezza, e quando possibile, sarebbero da evitare tutte quelle situazioni in cui tuo figlio piange e gli metti il ciuccio perché l’importante per te è che smetta il prima possibile. Sono da evitare per esempio frasi con toni duri come: 👉 “Basta, basta adesso!” 👉 “Non piangere!” 👉 “Ora vediamo cosa fare…però non piangere!” 👉 “Ora calmati!” 👉 “Ssssssssst! Non è successo niente” 👉 “Ma le principesse non piangono!” 👉 “Ma sei un ometto!!! Cosa fai? Piangi?” In verità tuo figlio ha bisogno di piangere perché con il pianto non soltanto chiede il nostro aiuto, ma proprio a livello fisiologico si libera di una tensione eccessiva, si svuota da tristezza, dolore, frustrazione, nervosismo… Quindi la cosa più efficace che possiamo fare, rimanendo tranquilli da Aiutanti Magici, è di avvicinarci, abbracciarlo, coccolarlo, prenderlo in braccio oppure ci abbassiamo, lo guardiamo negli occhi e mostrando la nostra empatia possiamo dire per esempio: “Mannaggia amore cosa è successo? Certo, se vuoi piangere, piangi. Non ti preoccupare” E stiamo con lui, dicendogli ad esempio: 👉 “Ma che cosa tanto triste… Oh mannaggia, ti sei arrabbiato tanto amore” 👉 “Certo che ti sei spaventato…mamma mia che scivolone che ti sei fatto dalla sedia!” 👉 “Vieni amore, fammi vedere dove ti sei fatto male” A questo punto noterai che tuo figlio inizia a tranquillizzarsi. Se è in grado di parlare potrà anche dirti che cosa è successo e cosa prova. Calmare crisi di pianto dei neonati o di bambini che non parlano A questo punto dobbiamo fare due distinzioni: 1️⃣ tuo figlio riesce a dirti cos’è successo 2️⃣ non riesce a raccontarti il suo problema perché è piccolo o perché non è ancora in grado di farlo. Se riesce a dirti cosa è successo allora continua a rassicurarlo. Puoi dirgli per esempio: “Non c’è problema. Ci sono qua io e adesso ti aiuto e risolviamo.” E concludi risolvendo la difficoltà. Se non riesce a dirti cosa è successo ecco cosa fare: Se tuo figlio piange ma non sa ancora parlare… In questo caso tuo figlio non ha altri strumenti per farti capire cosa sia successo, se non il pianto, dunque dovrai attivare il tuo intuito e la tua capacità di osservazione. Dovrai imparare ad osservare bene tuo figlio, per capire che cosa può essere successo. Ad esempio nel caso del pianto di un neonato di 3 mesi potrebbe avere dei bisogni fisiologici: forse ha fame, ha sonno, sente caldo o freddo oppure è scomodo o ha bisogno di contatto. O nel caso di un bambino di 1 anno magari si annoia, voleva toccare una cosa e non gliel’hai fatta toccare, voleva arrampicarsi da qualche parte e non lo ha potuto fare. Oppure sta assorbendo un tuo “pianto”. Quando i bambini sono neonati o molto piccoli succede spessissimo: i bambini sono delle spugne assorbenti, assorbono tutto, soprattutto gli stati emotivi della mamma. Mi è capitato molte volte che la mamma si trattenesse, ma in verità dentro era arrabbiata, triste, infelice, scoraggiata, stanca, disperata e il bambino non smetteva di piangere. Quindi una domanda che possiamo farci è: “Io come mi sento in questi giorni? C’è qualcosa che ha creato tensioni in generale in casa? Calmare crisi di pianto se tuo figlio è più grande e può parlare Capita a volte che i nostri figli invece parlino già tranquillamente, ma non essendosi mai abituati ad esprimere le proprie emozioni, non riescono a farlo. Solitamente un bambino diventa in grado di esprimere i suoi sentimenti e comunicarti cosa prova quando è un po’ più grande. Mi è capitato di avere bambini che già a 5 anni o 6 anni, o anche prima, riuscivano a dirmi che cosa fosse successo e come si sentivano: se erano tristi, arrabbiati, piuttosto che delusi. Tendenzialmente, per molti bambini, questa cosa succede più avanti nell’età, e se siamo stati bravi con il nostro esempio a far vedere loro come si gestisce il bagaglio emotivo e se siamo stati degli Aiutanti Magici gestendo noi il loro bagaglio emotivo negli anni precedenti, ecco che quando piangono intorno ai 6 anni, 7 o 8 anni riescono a dirci in maniera precisa quello che stanno provando e di che sentimento si tratti, se sono arrabbiati, con chi, se sono tristi, delusi, annoiati ecc. In questo modo i bambini quando piangono intorno ai 6 anni, 7 o 8 anni riescono a dirci in maniera precisa quello che stanno provando e di che tipo di emozione si tratti, se sono arrabbiati, con chi, se sono tristi, delusi, annoiati ecc. Personalmente non ho mai trovato utili le “lezioni accademiche”, che descrivono le emozioni con le faccine o i colori. Penso siano proprio l’ultima spiaggia quando da essere umano non sappiamo usare i nostri strumenti di esempio, accoglienza, comprensione, soluzione, che sono i più efficaci e immediato in assoluto con i bambini. Al di là di questo, se quindi nostro figlio sa parlare, è già in un’età in cui parla e comunica serenamente con noi i suoi ragionamenti, ma proprio non riesce a esprimere come si sente, anche in quel caso dobbiamo essere noi un po’ intuitivi e aiutarlo con l’esempio mostrandogli come fare. Quindi anche in questo caso intervieni e, se possibile, evita di dirgli ad esempio: di smettere di piangere se piange è una femminuccia che non è più un bambino piccolo non è successo niente tanto da piangere così forte accusarlo o sminuirlo E’ invece molto più utile se ci immedesimiamo, quindi siamo empatici con lui: “Mamma mia tesoro, cos’è successo di così grave?” Quello che fai e dici deve essere qualcosa che senti veramente (non è che reciti perché l’ha suggerito Roberta e vuoi provare a fare come dice lei perché sei disperata😊). Davvero ti identifichi e ti metti nei suoi panni. Davvero sei con lui in quel momento, ti senti vicina a quello che prova e lo vuoi aiutare. Capisci quello che sta provando in quel momento. Stai un attimo lì e lo accogli (per aiutarti prova a ricordare come ti sentivi tu da piccola quando piangevi ed eri triste). Se sente che non abbiamo fretta di farlo smettere di piangere e non siamo arrabbiati con lui, tuo figlio inizierà a rilassarsi, a calmarsi e a smettere di piangere o urlare. A quel punto allora possiamo chiedere cosa sia successo. Se lui non ce lo dice, dobbiamo utilizzare un po’ il nostro intuito di adulto e glielo possiamo suggerire noi. Ad esempio: “Sai cos’è? Secondo me è un po’ di stanchezza” E se lui ci risponde di no: “Va bene, ok, non è stanchezza. Allora intanto ci mettiamo qua io e te e facciamo qualcosa di tranquillo” Oppure: “sai, secondo me cos’è? È che stamattina volevi metterti quella maglia. Abbiamo fatto tutto di corsa. La maglia non era pulita e adesso sei arrabbiato per questa cosa?” Oppure ancora: “E lo so. Volevi arrampicarti lì, fare quel gioco e non l’abbiamo fatto. Purtroppo era proprio pericoloso e non si poteva fare” Pensa a tutto quello che mi viene in mente, tutto quello che potrebbe essere stato: il brutto voto a scuola, ha litigato con un compagno, suo fratello gli ha rotto il gioco, non ha voglia di fare quella cosa adesso, voleva ancora finire di guardare i cartoni, ecc. Altri esempi: “Sei arrabbiata perché volevi continuare a vedere il cartone” “Ti senti tanto triste perché oggi la mamma è stata poco con te: dovevamo andare insieme a fare quella cosa, ma c’è stato un imprevisto e non siamo andati” “Mannaggia, certo che Luca ti ha proprio deluso. Non ti aspettavi che ti prendesse in giro per quella cosa!” Una volta individuato il problema troviamo una soluzione pratica, anche se con l’esperienza vedrai che il vero passo davvero risolutivo è comprenderlo e non accusarlo o ricattarlo. Quali sono i vantaggi se non blocchiamo il pianto? In questo modo abbiamo permesso a nostro figlio di sfogarsi, di liberare quello che aveva dentro e non l’abbiamo giudicato. Non l’abbiamo fatto sentire inadeguato. Abbiamo lasciato che si liberasse di tutte le sue tensioni. Siamo stati per lui degli Aiutanti Magici, quindi estremamente comprensivi e lo abbiamo accolto. E poi siamo stati davvero Aiutanti Magici perché abbiamo concluso con una soluzione. Pensa a come ti senti più leggera dopo aver pianto se hai vissuto una situazione triste o che ti ha ferito emotivamente. Quindi non soltanto abbiamo risolto la difficoltà e lo abbiamo aiutato, ma gli abbiamo dato il vero e unico esempio che conta. In questo modo, pian piano, lui potrà fare la stessa cosa con se stesso e con il tempo apprenderà che: 1️⃣ Piangere non è un problema. 2️⃣ Può esprimere e raccontare a mamma e papà cosa prova, qualsiasi sentimento va benissimo perchè non viene giudicato o accusato 3️⃣ Riuscirà a comprendere se è arrabbiato, triste, deluso ecc.. 4️⃣ Tramite la tua comprensione e l’accoglienza si sentirà meglio e si calmerà 5️⃣ E’ possibile trovare una soluzione e risolvere Perché calma e pazienza oggi sono molto rare Questo è uno degli esempi più importanti che possiamo dare ai bambini e ai ragazzi, perché nella società di oggi c’è invece un grande problema. In generale noi adulti facciamo fatica a gestire il nostro bagaglio interiore, siamo sempre arrabbiati senza capire il perché, perdiamo subito la pazienza, facciamo fatica ad attivarci da soli per trovare delle soluzioni. Spesso non siamo purtroppo autonomi da questo punto di vista. Non sappiamo come mantenere la calma e la lucidità, basta poco ed eruttiamo subito come vulcani e perdiamo il controllo. E questo accade perché da piccoli abbiamo spesso ricevuto esempi di adulti arrabbiati, che non cercavano di comprenderci ma che tendevano a reprimere i nostri sentimenti, tendevano a zittirci con toni duri e sguardi di ghiaccio senza accogliere e comprendere la causa della nostra tristezza o del nostro pianto. Ecco perché oggi probabilmente è una competenza che non hai ancora. Perché non hai potuto osservarla e assorbirla dai tuoi adulti di riferimento quando eri piccolo o piccola. Se invece con tuo figlio procedi nella modalità che hai letto in questo articolo lui imparerà dal tuo esempio. Se poi questi passaggi riusciamo a metterli in pratica anche con noi stessi, per gestire la nostra emotività, allora stiamo a cavallo, perché anche farlo con tuo figlio diventerà moooooolto più semplice. Spero che queste informazioni ti siano utili per aiutarti a calmare le crisi di pianto di tuo figlio, a rassicurarlo e aiutarlo quando piange e per capire la causa del suo pianto o nervosismo in qualsiasi situazione.
Le 9 frasi che fanno sentire tuo figlio uno “sfigato” (e limitano l’autostima dei bambini)
Fiumi di parole sono state scritti su cosa fare o non fare con i bambini per crescerli con una elevata autostima e fiducia in se stessi. C’è chi dice che: bisogna lodarli per aumentare l’autostima altri che bisogna motivare i bambini che si sentono inadeguati altri ancora che bisogna rimproverarli quando sbagliano poi è arrivato il rinforzo positivo stile “ammaestramento animali”… Insomma i filoni che promettono risolvere una bassa autostima dei bambini oppure che forniscono indicazioni su come aumentarla sono tanti. Ma alla fine, nella pratica di tutti i santi giorni in casa, trascorsi fra sveglia di corsa per andare in tempo a scuola, pranzo, compiti (e minacce per finirli), scarrozzamenti vari fra sport o corsi di musica, merenda fatta sul divano sbriciolando ovunque, litigi e botte con la sorella, cena con capricci perché manca l’aranciata a tavola… cosa veramente influenza e condiziona la sicurezza di sé e l’autostima di tuo figlio? Si può davvero aumentare l’autostima nei figli? L’errore più comune sull’Autostima dei bambini e dei ragazzi Sfatiamo subito un grande mito: autostima non equivale a “quanto siamo belli e bravi”, “reggiamo il confronto con gli altri”, “ci potenziamo per raggiungere il risultato”, “ci facciamo il ritocchino o ci gonfiamo i muscoli perché così siamo come…”. Se consideriamo i bambini, i ragazzi e noi genitori Autostima significa sempre: auto-stimarsi ovvero conoscere il peso di sé, di quanto e soprattutto di come si vale, nel senso di quali sono e che peso hanno per la nostra vita le nostre virtù e le nostre debolezze. Autostimarsi infatti vuol dire: 👉 essere consapevoli delle cose su cui possiamo contare (particolari abilità, virtù, talenti, passioni) per realizzare i nostri progetti 👉 conoscere quali sono invece le caratteristiche che naturalmente non fanno parte di noi (debolezze, attività che non ci ispirano e non ci appassionano), non sono nostre passioni o talenti innati, e che non potremo utilizzare spontaneamente per la nostra realizzazione, ma che comunque possiamo decidere di imparare e sviluppare con lo studio e la pratica. Il problema è che siamo talmente abituati a basare la valutazione di noi stessi sulla base di canoni esterni, su cosa gli altri fanno e su come gli altri sono, che ci siamo convinti di non valere, di non essere capaci, di non piacere, di essere sempre inadeguati. Aumentiamo la bassa autostima? Ecco la verità su come “funzionano” i bambini La buona notizia è che ogni BAMBINO nasce con una DOSE ELEVATISSIMA DI AUTOSTIMA. Lui sa chi è, sa su quali doti può contare, sa cosa vuole e ha una ESTREMA FIDUCIA in sé e nella vita. Anche tu lo sapevi. Peccato che una relazione poco ottimale che non sa come seguire e ASSECONDAREil Libretto delle Istruzioni del bambino, mette in campo azioni, parole, emozioni che alterano questo stato idilliaco e propenso alla MASSIMA EFFICACIA insito nel bambino (evento che tutti, o quasi, abbiamo vissuto nella nostra infanzia). Autostima: come sono messi oggi i nostri figli? Non ci vuole Mago Indovino… Non sono messi mica tanto bene! Molti di loro: subiscono lo stress dei voti a scuola subiscono lo stress da prestazione eccessiva nella pratica sportiva sentono il bisogno di omologarsi alle mode del momento o ai leader sportivi o dello spettacolo sulla cresta dell’onda per sentirsi anche loro importanti mancano di rispetto ai loro genitori fanno di tutto per denigrare mamma e papà così da sentirsi di valere rispetto al modello di origine si sentono degli “sfigati” non si piacciono fisicamente non amano e bistrattano il proprio corpo si vergognano di quello che sentono e di quello che pensano soprattutto se questo differisce dalla banalità della media… Riflessioni su figli con bassa autostima Se non vogliamo ricadere nella banalità e nella superficialità di dire: “è colpa dell’allenatore”, “è colpa dell’insegnante”, “è colpa della TV”, dobbiamo porci le seguenti domande: possono le mie parole, le mie azioni influenzare l’autostima di mio figlio? È vero che io concorro a creare l’autostima di mio figlio? È vero che è bene che io faccia qualcosa perché i miei figli si stimino? Davvero è timido e si vergogna? E’ un pasticcione? Tuo figlio potrà anche avere il suo temperamento naturale ma… la tua influenza diretta e dell’ambiente esterno tende a forgiare anche la sua autostima. Facciamo qualche esempio con relativo antidoto (tutte frasi non inventate e sentite migliaia di volte dai nostri genitori, da amici, conoscenti, passanti, ecc.). Perchè i bambini perdono la loro innata autostima? Le 9 frasi che “congelano” la sicurezza di tuo figlio Per rispondere alla prima domanda e darti una soluzione pratica per non limitare l’autostima e la sicurezza di tuo figlio ecco qui una possibile soluzione: semplicemente non pronunciare frasi che fanno sentire tuo figlio svalutato, sminuito. Quindi prima bisogna conoscere le frasi “al veleno” che minano l’autostima e, una volta conosciute, bisognerebbe sostituirle con frasi “antidoto” più efficaci. Se adesso ti stai chiedendo perché abbiamo scelto di approfondire l’effetto che hanno le frasi pronunciate verso l’autostima di tuo figlio devi sapere che… Le PAROLE hanno un GRANDE POTERE. Da un lato RIFLETTONO I SENTIMENTI, lo stato d’animo, le abitudini e il modo di pensare di chi le pronuncia… dall’altro hanno l’enorme potere di PROGRAMMARE I NEURONI di chi le riceve fissandosi giorno dopo giorno fino a essere assorbiti e a essere UTILIZZATE IN MODO AUTOMATICO. Qui sotto troverai: 👉 9 esempi di “frasi al veleno”, che noi adulti diciamo comunemente e che sminuiscono l’autostima dei bambini facendoli sentire… “sfigati”. 👉 La descrizione dell’effetto che la frase potrebbe avere sull’ autostima del bambino. 👉 L’antidoto per non far crollare l’autostima dei bambini e dei ragazzi, cioè cosa potremmo dire o fare in sostituzione per non ferire o condizionare il bambino. NOTA: mentre leggi le frasi è utile chiedersi in merito all’autostima di tuo figlio: io come mi sentirei al posto del bambino? Io come mi sentivo quando me lo dicevano con tono rabbioso e duro? Ora come mi sentirei? 1° Frase al veleno: “Ma sei scemo?!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ops!… ero convinto di no… ma se lo dici tu mi fai venire i dubbi Che umiliazione…Che tristezza…Ti sto deludendo… Allora non sono normale, sono proprio scemo 👉 Antidoto: Nessuno è scemo. Cosa vuol dire per te essere “scemo”? Prima di agire, prova a osservare in te cosa ti ha infastidito dell’atteggiamento di tuo figlio tanto da non poterti trattenere e dovergli dire che è scemo (cosa che, siamo certi, non pensi veramente). “Lo so che non lo hai fatto/detto volontariamente”. “Che cosa non ti è chiaro? Che cosa non hai capito?”. “Vuoi che te lo ripeta?” (cerchiamo di mettere in discussione la nostra comunicazione al posto della sua capacità di capire o non capire). Aiutalo a risolvere invece di giudicarlo. 2° Frase al veleno: “Scommettiamo che non ci riesci?“ 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Se inizi così proprio tu che dovresti darmi fiducia… Non credi in me e quindi non valgo nulla, non sono capace… Se lo dici tu, ti credo, non ci riuscirò 👉 Antidoto: Perché non dovrebbe riuscirci? “Prova” “Riprova ancora… con calma… dai che ce la fai” “Uhm… secondo te cosa è andato storto? Come potresti fare per riuscirci?” 3° Frase al veleno: “Che disastro!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ma stavo giocando! Non è un disastro! Pensavo fosse creatività! Che vergogna!… che umiliazione! E io che pensavo… e io che ero così felice di provarci! Ti ho deluso?!… Non bisogna osare e tentare di fare cose nuove, sbagliare non va bene e fare “disastri” neanche. 👉 Antidoto: Davvero hai messo al mondo un disastro? Disastro è una bomba nucleare, i bambini in Bolivia che lavorano in miniera, ma di certo non una scatola di pennarelli caduta a terra, un bicchiere rotto, dell’acqua rovesciata, un disegno, vestiti e capelli sporchi di fango, ecc. “Come possiamo pulire?”, “come possiamo rimediare?”. “Ti sei divertito? Adesso vieni e ti dò i vestiti puliti”. “Quanti sono questi pennarelli! Raccoglili/raccogliamoli tutti”. “Ti piace rovesciare l’acqua eh?! Sul tavolo non è il massimo, vieni che ti dò una bacinella e dei bicchieri di plastica”. 4° Frase al veleno: “Lascia, basta…faccio io che facciamo prima” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ops… sono troppo lento…Non sono capace…Gli sto facendo perdere tempo… 👉 Antidoto: “Prova… riprova… non ti preoccupare… io aspetto” (se non hai tempo trovalo o inizia prima a fare le cose – l’organizzazione e l’anticipo dei tempi sono la prima arma ninja che ogni genitore dovrebbe conoscere). Se invece come spesso accade, capita proprio quando il tempo non è ben organizzato, possiamo garantirti che qualche minuto in più speso per accordarti ai tempi di tuo figlio non comporta un reale ritardo o viene presto recuperato successivamente). “Mentre riprovi io finisco di far partire la lavatrice, se hai bisogno mi chiami”. 5° Frase al veleno: “Non sei capace!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Davvero?… Non credevo… Ma se lo dici tu… Non sono capace. 👉 Antidoto: Perché questo pregiudizio? Magari ha solo bisogno del tuo aiuto. “Secondo te come mai non riesci?”. “Lo trovi difficile?”. “Prova… Prova ancora”. 6° Frase al veleno: “No! Fermo! Non si fa così!… Ma chi ti ha insegnato?!… Dammi qua…. Così si fa no?!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Veramente volevo provare… Stavo per farcela… Volevo capire… aspetta!… Volevo riprovare… Va beh… forse bisogna essere più veloci, subito pronti, io proprio non sono capace allora… 👉 Antidoto: Lascia che il più possibile possa sperimentare da solo. Se vuoi correggerlo perché quello che sta facendo è pericoloso valuta la possibilità di farlo con lui riducendo il pericolo o di mostrargli virtualmente le conseguenze senza paura, sgridate o spaventi. 7° Frase al veleno: “Sbrigati! Muoviti!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ecco… sono troppo lento… I miei tempi (e quindi io) non vanno bene a mamma e papà… Non vado bene…Non sono efficace… Li deludo = non sono degno di essere amato. 👉 Antidoto: Fai il possibile per adattarti ai suoi tempi. Soprattutto nei primi anni dove abbiamo il massimo della sperimentazione. Potrai iniziare successivamente una sorta di svezzamento quando ti accorgerai che inizia a prendere in considerazione i bisogni degli altri. Se invece bisogna proprio andare e non c’è tempo: “Tesoro dobbiamo proprio andare… lo so che ti dispiace… finisci di legarle in macchina le scarpe… vieni” (se non ti segue, puoi prenderlo in braccio con dolcezza e portarlo con te). Se ti capita di non avere i tempi allineati con tuo figlio nella quotidianità, ricordati che lui non ha responsabilità e non c’è nessun motivo per sollecitarlo ad affrettare i tempi. Sei tu l’adulto “esperto” di vita che hai bisogno di conoscere i suoi tempi fisiologici e migliorare l’organizzazione famigliare. 8° Frase al veleno: “Non riesco a cavar niente di buono da lui” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Bhè io in me ci credo… in teoria… ma tu la sai più lunga… in teoria… quindi mi devo ricredere… e poi non voglio contraddirti… farò in modo di non deluderti, di confermare quanto dici e di diventare un mediocre. Ok. Da ora in poi mi autosaboterò per confermarti che hai ragione! 👉 Antidoto: Se possibile, evita di dire questa frase. Fai un elenco di tutte le qualità che gli riconosci e concentra la tua attenzione solo su quelle per un po’ di tempo. Domandati da dove arriva la tua frustrazione (forse temi come genitore di non aver saputo far suonare in armonia le sue corde?) Le sue azioni toccano tue ferite aperte? Forse la tua svalutazione? Forse la tua insicurezza? 9° Frase al veleno: “Stavo così bene quando non c’eri…avevo più tempo…Nessuno che mi chiamava ogni secondo…” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Come per la frase precedente, prova a essere al posto di tuo figlio e domandati come potresti sentirti anche tu. 👉 Antidoto: Se stai pensando che è inutile metterti nei suoi panni, che non sarebbe la stessa cosa perché in fondo dici queste parole che ogni tanto ti scappano perché davvero se le merita, davvero occupa con insistenza ed egoismo tutto il tuo tempo e senza motivi seri…. Bhè… ti suggeriamo di domandarti innanzitutto qual è la tua frustrazione che si nasconde dietro (forse eccessiva stanchezza, bisogno di staccare o di evadere, delusione perché immaginavi diverso il ruolo di genitore, delusione perché ti credevi un genitore migliore, più paziente e accogliente, ecc.) e di cercare di risolvere quella. Se invece davvero ti sei reso conto che un figlio era meglio non averlo, adesso c’è e non possiamo piangere sul latte versato o delegare a lui la responsabilità del nostro malessere. Affronta il tuo disagio personale senza coinvolgerlo o accusarlo. Approfondimenti per la tua sicurezza e autostima Quali fattori hanno “demolito” la sicurezza e l’autostima che avevi da piccolo? Per approfondire questo tema puoi leggere: Le 5 cause che ti fanno sentire un genitore insicuro (la prima da piccolo ti umiliava) Ti capita di pensare: “Non mi sento brava!” “Mi sento imbranata!” “Ogni cosa che faccio è sbagliata!”? Guarda questo video: Ti senti sbagliata e incapace? E invece sei perfetta così come sei.
Dire di NO ai bambini senza scatenare Urla e Pianti
Dire di No a un bambino è inevitabile così come è necessario dare un limite o indicare che una determinata attività non si può fare. Solo che può capitare che tuo figlio non accetti i tuoi “No”, magari si arrabbia o piange quando gli spieghi che non può fare un determinata cosa. Ma esiste un modo per dire di no e per farsi ubbidire evitando crisi di rabbia, urla e pianti? Scopri i 3 passi da seguire in questo articolo. Primo passo: come dire “No” ai bambini? Come primo passo possiamo chiederci: “come mai mio figlio ha questa reazione davanti ai miei “No”? Forse perché questi “No” non sono efficaci? Forse sbagliamo la modalità in cui li comunichiamo? Potremmo quindi valutare il modo in cui gli diciamo di No. Forse non veniamo ascoltati perché lo diciamo in modo troppo aggressivo o troppo duro e secco. Un “No” può essere infatti essere comunicato con fermezza ma senza nervosismi, guardando il bambino negli occhi e utilizzando la dolcezza e l’empatia. Secondo passo: usa l’empatia e lascia da parte le spiegazioni Ad un bambino di 2, 3, 4 anni (ma anche di tutte le età), le spiegazioni interessano pochissimo. In particolare un bambino così piccolo non ha una grande capacità di ricordare le regole del “perché no” o “perché sì”. Dunque, perché davanti a un “No” si arrabbia così tanto? Perché un bambino, più che sapere il perché non va fatta una cosa, in verità in quel momento vorrebbe in particolare essere accolto, essere capito. Vorrebbe sapere che al suo fianco ha un Aiutante Magico, cioè la sua mamma o il suo papà, ad accompagnarlo a diventare grande e che è anche lì per fargli da contenitore rispetto al suo disappunto e alla sua rabbia. Un esempio concreto: mio figlio vuole arrampicarsi sull’armadio! Pensiamo ad una situazione in cui un bambino vuole arrampicarsi sull’armadio ma non è possibile perché non è ancora fissato al muro o perché abbiamo semplicemente deciso che i bambini non devono arrampicarsi sugli armadi perché è potenzialmente troppo pericoloso. Come reagirà davanti a un “No” un bambino di quell’età, nel pieno del periodo dell’esplorazione e dell’allenamento di tutti i suoi sensi e che vuole trovare tutte le risposte alle sue curiosità? Rimarrà frustrato, deluso, arrabbiato come lo rimarremmo noi adulti davanti ad un “No” verso qualcosa a cui teniamo tantissimo. Lo so che ti viene spontaneo pensare: “se non si arrampica su quell’armadio troverà qualcos’altro!” Magari invece per tuo figlio è importante fare quel tipo di esperienza o soddisfare quel tipo di curiosità. La prima cosa che puoi fare, dopo avergli detto di no, sarà quindi accogliere il suo disappunto. Dunque, quando comincia a piangere e a dire cosa come: “mamma sei cattiva! Io lo voglio fare lo stesso!” cosa facciamo? E’ utile attivare la nostra parte comprensiva e far passare questo messaggio per comunicare a tuo figlio che sei il suo tuo Aiutante Magico, che sei lì per aiutarlo, che hai capito il suo motivo e che sai come si sente. Possiamo allora dirgli: Mannaggia amore! Non ci possiamo arrampicare! Ma perché possiamo arrampicare!?!? Mancano le viti dietro! Lo so, è una cosa proprio terribile, perché tu volevi provare ad arrivare fino in cima! Certo, hai visto che i primi due piedi ci stanno e volevi provare. Magari ti avrei anche aiutato. Adesso non possiamo proprio farlo, non si può fare, è pericoloso perché mancano le viti dietro. Terzo passo: trova una soluzione Dopo averlo accolto, possiamo passare al trovare una soluzione. Nel caso dell’armadio ad esempio possiamo dire: Allora adesso diciamo al papà o al nonno che ci vengano a fissare il mobile al muro. Intanto, se quello che volevi era arrampicarti, proviamo a cercare qualcos’altro su cui ci possiamo arrampicare. Vediamo un po’…ad esempio potremmo arrampicarci sul divano, oppure potremmo mettere insieme queste due sedie contro il muro e poi proviamo ad arrampicarci così, oppure ancora potremmo provare ad andare a cercare degli altri ripiani….vediamo se in cucina o in camere se c’è qualcosa che fa per noi… Alcune volte sarà necessario cercare delle alternative e modi per fargli fare l’esperienza. Comunque agendo in questo modo facilmente non arriverete magari nemmeno ad arrampicarvi da altre parti, a me è successo tantissime volte. Nel momento in cui il bambino si sentirà accolto infatti penserà: Ok, mi hai capito, non mi hai sgridato. Hai capito la mia frustrazione, mi hai accolto e mi hai anche fatto vedere come si fa. Mi hai dato un insegnamento, ora io mi sento più tranquillo perché tu mi hai capito. Mi hai tranquillizzato e posso quindi anche accettare di fare altro. Ecco perché questo è il modo meno faticoso per dire di no ai bambini: si sentono capiti e non hanno bisogno di arrabbiarsi o di urlare per comunicarci il loro disappunto. Dare limiti e “No” ai bambini: i 3 step in sintesi 1️⃣ Riflettiamo su come diciamo il “No”: se siamo pazienti, o se siamo già un po’ nervosi perché magari ci portiamo dietro il bagaglio della giornata, ecc. 2️⃣ Prima di spiegare il perché abbiamo detto no (se proprio vogliamo spiegarlo) è fondamentale subito inserire l’accoglienza. Infatti è utilissimo accogliere e fare da contenitore al suo bagaglio, far vedere che siamo con lui. Fargli capire che abbiamo perfettamente capito che cosa sta provando e cosa voleva fare e che non è sbagliato quello che voleva fare. Un’accoglienza pura e sincera da aiutante magico. Se vuoi approfondire come affrontare questo step puoi anche leggere Smettila di piangere! Come calmare le crisi di pianto dei bambini e dei neonati 3️⃣ Troviamo poi, se necessario, come nell’esempio dell’armadio, una soluzione pratica. Puoi trovare ulteriori approfondimenti leggendo l’articolo Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no
I terribili 2 anni non esistono (e neanche i terribili 3)
Le domande delle mamme relative alla fase dei terribili 2 anni (terrible two) sono quasi sempre: 1️⃣ Quando iniziano i terribili 2 anni di mio figlio? 2️⃣ Quanto dura questa fase dei terrible two in cui il mio bambino è diventato ingestibile? 3️⃣ E quando finiscono? Dopo mi devo preparare anche ai terribili 3? Iniziamo con il dire che questa fase definita terribile dei bambini potrebbe non esistere. Infatti i terribili 2 dei bambini sono una grandissima bufala. Posso immaginare che ti sembri un’affermazione assurda perché tutti ti dicono il contrario. Leggi fino in fondo e scoprirai che un motivo più che valido esiste. I “Terrible two” o i “Terrible three” esistono nella mente di un genitore (educatore, nonno o insegnante) che non conosce il “Libretto delle Istruzioni” dei bambini. Cosa significa “Libretto delle Istruzioni”? Significa sapere come “funziona” tuo figlio e come cresce in ogni fase di crescita. Se non conosci il “Libretto delle Istruzioni” è inevitabile che con un bambino tu non sappia cosa fare o cosa dire oppure non sappia perché si comporti in un determinato modo. Di conseguenza le provi un po’ tutte e l’unica cosa che ti resta da pensare quando tuo figlio continua a non ascoltarti è che siano arrivati i famosi terribili 2 anni. Poi arriveranno i Terribili Tre… Chissà, forse si inventeranno presto i terribili 4 anni o magari i terribili 5 anni! In verità non esiste realmente un periodo “terribile” per i bambini a 2, 3, 4 o 5 anni… Potrebbe essere che noi lo definiamo così solo perché non riusciamo a darci determinate spiegazioni? Perché non riusciamo a intervenire e risolvere un momento di difficoltà? È importante invece iniziare a conoscere come siano fatti i bambini in un determinato momento della loro vita, imparare a capire di cosa hanno bisogno, che cosa ci stiano dicendo con il loro comportamento e quali siano le loro vere motivazioni. Se noi, pensando di essere entrati nella fase dei terribili 2 anni mettiamo al primo posto le regole aspettandoci che il bambino ci debba rispettare e obbedire come prima cosa, ci ritroviamo nei pasticci. Bambini che non vogliono dare la mano: cosa faccio se non mi ascolta e vuole attraversare la strada da solo? Per esempio supponiamo che tuo figlio a 2 anni o 3 anni si rifiuti di darti la mano mentre attraversate la strada. Magari dopo un po’ lo farà solo perché abbiamo alzato la voce o abbiamo iniziato a fare la faccia cattiva e lui si è impaurito. Comunque non ti darà la mano spontaneamente con gioia e senza una tua sgridata o una tua alzata di voce o un ricatto. Come troviamo una risposta e una soluzione? Le troviamo iniziando a ragionare e a pensare come farebbe un Aiutante Magico, che metterebbe in secondo piano la regola e il limite (che comunque sono importanti e necessari per i bambini) e in primo piano la motivazione. Se vuoi trovare una soluzione devi porti una domanda. Ad esempio, se tuo figlio sta urlando a squarciagola perché non vuole darti la mano per attraversare la strada, la prima cosa da fare è chiederti: “Perché non vuole darmi la mano?” Le ipotesi sono tante. Magari ti affanni e ti preoccupi di più quando vi trovate in situazioni pericolose per tuo figlio ma forse lui non ti ascolta e rifiuta le tue regole anche in altre situazioni. Allora forse bisogna chiedersi: 👉 “Con quale atteggiamento io comunico le regole a mio figlio?” 👉 “Come gli dico di no?” 👉 “Sarà adatto il modo in cui gli dico di no per la sua età?” 👉 “Può essere che io ogni tanto mi innervosisca e perda la pazienza?” 👉 “Può essere che io sia troppo molle nella relazione e lui ormai è abituato a fare tutto ciò che vuole?” Possibili motivi che portano a pensare ai terribili 2 anni dei bambini Forse nel momento in cui gli dici “no, qui devi darmi la mano” lui si rifiuta perché è abituato a decidere su tutto. Altro motivo: se lo “prendiamo di petto”, utilizziamo da subito un tono duro e cerchiamo di costringerlo sarà difficile che un bambino ci ascolti e ci dia la mano con entusiasmo. Oppure, come capita spessissimo ai bambini in questa età, sta iniziando a trovare la sua autonomia. Ha iniziato a sentire il corpo che può stare dritto in piedi e, nel frattempo, può camminare o addirittura correre! E si sta rendendo conto che la stanza dei bottoni di questa macchina ce l’ha lui. È lui che riesce a far muovere i piedi le braccia, a coordinare i movimenti di tutto il corpo per saltare come una gazzella! Fantastico! Ancor più lo è stare davanti ad una strada, dove il bambino vede la mamma e il papà che guardano a destra e sinistra tante volte e probabilmente pensano: “deve essere una sfida fantastica provare a vedere se riesco a correre fortissimo!” Il motivo potrebbe essere banalmente questo, che fa proprio parte della loro natura di questi anni. La soluzione dello “svezzamento” Allora da Aiutante Magico che cosa dovremmo fare? 1° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2 anni” In merito all’esempio della strada una volta ipotizzata la motivazione potremmo dare la soddisfazione al bambino di poter camminare tanto e correre al parco, lungo i marciapiedi larghi o in strade poco trafficate. Davanti a una strada o luogo sicuro possiamo dirgli: “Corri! Corri pure! Io ti aspetto qua, tu corri tranquillo fin laggiù e vai avanti e indietro quanto vuoi!” Nel momento in cui deve attraversare la strada con la mamma il bambino sarà molto più rilassato perché non avrà alle spalle minuti o ore di privazione fatti di “Non correre!” “Aspetta, fermati!” “No! è pericoloso, dammi la mano!”. Si sarà sfogato, avrà soddisfatto le sue curiosità, avrà corso e gli verrà più facile dare la mano alla mamma per attraversare quel pezzetto di strada più pericoloso. Puoi approfondire come soddisfare la curiosità del tuo bimbo evitando incidenti leggendo anche Pericoli in casa e bambini: perché toccano le cose pericolose? 2° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2” Successivamente potremmo passare invece a fargli attraversare la strada senza dare la mano in posti privi di pericoli, come il vialetto di casa, la strada del parco dove passano al massimo pedoni o biciclette. In questo modo potrà fare l’esperienza di attraversare da solo una strada in un posto sicuro. 3° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2” Si può, a questo punto, giocare ad attraversare la strada, guardando e riguardando insieme per bene se stia arrivando qualcuno. “È pericoloso? Che dici? No aspetta guarda, sta arrivando quella bici: la facciamo passare! Ciao ciclista! Bene, ora davvero non c’è nessuno e possiamo attraversare veloci come un fulmine! Via!!!” E si attraversa insieme a lui ovviamente senza dare la mano. Lo si abitua in questo modo con uno “svezzamento” in luoghi in cui non ci sono pericoli. Al semaforo in pieno centro città attraverserete dicendo: “Qui bisogna tenere la mano al semaforo” e gli terrete la mano saldamente, senza arrabbiarvi. Come nel precedente esempio, anche in questo caso lui penserà: “Beh, in fondo me la fa attraversare un sacco di posti: ok questa volta le do la mano”. 4° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2” La fase successiva è far attraversare la strada al tuo fianco da solo, senza tenersi per mano, dicendogli dove fermarsi o procedere. Se tra voi e vostro figlio c’è una buona relazione, perché non dovrebbe ascoltarvi? Se hai compreso la sua motivazione e quindi la sua voglia di affrontare questa sfida, tuo figlio si ritroverà a pensare: “Perché non dovrei dargli la mano? Non sono arrabbiato con lei per nessun motivo! perché con me ha una relazione fantastica ed è una mamma fantastica. Certo, se mi chiede di darle la mano le darò la mano”. Se un bimbo così piccolo, con i suoi due anni, ha imparato a coordinarsi, ha scoperto di essere lui il pilota del suo corpo, insieme a tante altre prese di coscienza, bisogna festeggiare, perché è qualcosa di bellissimo sia per lui che per i suoi famigliari. E come vedi questi 4 passaggi ti consentono di “trasferire” una buona abitudine a tuo figlio evitando sgridate e di etichettarlo come un bambino di che si trova nella fase dei terribili 2 anni o 3 anni. Bambini che rifiutano le regole o sembrano ingestibili: i 4 passi per non ritrovarti nelle sabbie mobili Dall’esempio dell’attraversare la strada possiamo riassumere alcuni suggerimenti importanti che valgono anche nelle altre circostanze: 1️⃣ Non partire con l’imposizione forzata delle regole e metti al primo posto la qualità della relazione con tuo figlio 2️⃣ Rispetta il suo bisogno di voler sperimentare tipico dei primi anni dei bambini (più reprimi questa fase più i bambini tendono a essere nervosi) 3️⃣ Trova soluzioni pratiche che consentano a tuo figlio di fare esperienza in sicurezza con la tua presenza anche con situazioni e con oggetti che possono essere pericolosi come attraversare la strada 4️⃣ Quando possibile divertiti con lui e trasforma l’esperienza e l’insegnamento della regola (guarda da entrambi i lati sempre prima di attraversare una strada) in un gioco o comunque in un momento divertente per voi Quale risultato otterrai con questi passi? Per cominciare smetterai di urlare o ricorrere alle minacce per farti ascoltare. Smetterai di pensare alla fase dei terribili 2 anni dei bambini e cercherai invece di comprendere i motivi per cui tuo figlio si comporta in un determinano modo. Infine tuo figlio si sentirà compreso e capito da te, rispettato, e di conseguenza ti ascolterà di più. Puoi trovare altri spunti per comprendere meglio le motivazioni alla base dei comportamenti di tuo figlio leggendo l’articolo: Tuo figlio non ti ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no.
Le bugie non si dicono! Perché tuo figlio ti dice le bugie?
“Le bugie non si dicono!” “Le bugie hanno le gambe corte, fai attenzione!” “Guarda che se non mi dici la verità divento poi cattiva/o!” “Guarda che io so sempre se mi stai mentendo!” Quante volte hai sentito dire queste frasi quando eri bambina o bambino? Io le ho sentite spesso e… devo dirti la verità 😉… altrettanto spesso ho detto delle bugie ai miei genitori o all’insegnante o ai miei nonni. In particolare ricordo molto bene come ad un certo punto, forse intorno agli 11-12 anni iniziai proprio a mentire anche per gioco. Da un lato iniziavo ad essere proprio un po’ arrabbiata con la mia famiglia e usavo le bugie come ripicca. Dall’altro lato c’è da dire che riconoscevo la mia bravura nel dirle e decisi che poteva diventare anche un gioco: quante e come riuscivo a dirle e per quanto tempo riuscivo a reggere il gioco ricordandomi qual era la bugia, con tutto quello che le ruotava intorno e tutte le cose che dovevo ricordare di dire al posto della verità. Mamma mia!… Se ci penso!… Oggi naturalmente riconosco sia che le bugie non si dicono e che abbiamo bisogno di insegnare ai nostri figli a non farlo, sia che i bambini hanno sempre un motivo per cui lo fanno e che tendenzialmente questi motivi sono validi e significativi. È importante evitare fin da subito di pensare che i bambini dicano le bugie perché sono cattivi o perché sono maleducati o irrispettosi. Assolutamente non è così. Nessun bambino nasce cattivo, maleducato e irrispettoso. Le cose più utili che possiamo fare in prima battuta sono: 1️⃣ Accorgercene e prenderne atto 2️⃣ Evitare di arrabbiarci e umiliarli 3️⃣ Correre ai ripari prendendoci il tempo necessario per osservare come mai sta succedendo 4️⃣ Avere la pazienza di invertire la rotta un po’ alla volta (come ti racconterò poco più avanti) Uno dei punti più importanti è di sicuro soffermarci innanzitutto sulla motivazione. Qual è la vera motivazione che spinge nostro figlio o nostra figlia a dirci una o più bugie? Inizio a farti qualche esempio così che possa esserti utile per iniziare a osservare cosa sta succedendo o cosa è successo negli ultimi tempi e cogliere il perché: Forse è un modo per attirare l’attenzione perché si sente trascurato/a o vuole emergere rispetto ai fratelli e alle sorelle. Magari perché non passiamo abbastanza tempo con lui/lei o questo tempo non è di qualità. Forse è un modo per punirci: “tu ti arrabbi con me, mi punisci, sei dura/o nei miei confronti. Ho visto che quando ti racconto una bugia ti dà molto fastidio… bene… continuo a farlo e a provocarti“. In particolar modo quando dico le bugie finalmente mi consideri: “è vero, mi sgridi, mi rimproveri, ti arrabbi, mi inveisci contro… ma almeno mi sento considerato/a… allora continuo“. Forse è una reazione ai nostri tanti no, alle nostre punizioni, alle nostre sgridate. Per esempio se tendiamo a dire tanti no senza considerare le loro motivazioni, senza accogliere il loro disappunto. Oppure se tendiamo a rimproverarli o bloccarli appena dicono o fanno qualcosa che a noi non piace o diverso da quello che ci aspettiamo. Forse è questione di sicurezza in se stessi, autostima, o timore di deluderci. Per esempio quando dicono di avere anche loro qualcosa che gli amici hanno anche se non è vero. Quando dicono di sapere cose che in verità non sanno o dicono di aver capito anche se non è così pur di non mostrare la loro difficoltà, ecc. Forse hanno timore della nostra reazione aggressiva o timore di non venire compresi. Ad esempio quando mangiano qualcosa di nascosto e ci dicono che non è vero. O quando hanno ricevuto un rimprovero a scuola e non ce lo dicono. O quando magari hanno fatto uno sgambetto alla sorella o al fratello e ci dicono che non è vero. Forse sta imitando compagni o compagne di scuola che dicono bugie e la cosa sembra farli diventare più “furbi” di tutti gli altri “…allora lo faccio anche io“. Per curiosità: cosa succede se provo a dire una bugia così come ho visto fare dal mio compagno di scuola, da mia mamma, da mio papà, da mio fratello (se lo fa lui posso di certo farlo anche io), ecc.? Individuare la o le possibili motivazioni è fondamentale perché così possiamo intervenire nel tempo, con costanza, un passo alla volta, direttamente sulla causa. Se è questione di insicurezza agire per aiutarlo/a a ritrovarla, se è questione di attenzioni gliele daremo, ecc. So già che forse ti stai chiedendo: “Ok, ma nel momento in cui mi sta dicendo una bugia o appena lo scopro che faccio? Cosa gli dico? Come mi comporto?” Benissimo, ecco cosa puoi fare: 1️⃣ Evita di arrabbiarti 2️⃣ Puoi fargli sapere in maniera serena, senza accuse o minacce o rimproveri, che hai capito o sai bene che si tratta di una bugia: “Secondo me questa è una bugia…”, oppure “Scommetto che non è vero…”, oppure “Mmmhhh… mi sa che non è così”. Ricordati che sei il suo aiutante magico e quindi non si tratta di “beccarlo” o di chi ha ragione. Sei dalla sua parte e vuoi solo comunicargli tranquillamente che sai la verità 3️⃣ Poi, a seconda dell’età, avremo un tono diverso, diremo parole diverse. Ma l’obiettivo sarà quello di esplicitargli che cosa è successo, domandargli come mai o dirgli come mai può essere successo e dirgli come fare la prossima volta per evitare che si ripetano bugie, dato che sono inutili. Ti faccio un paio di esempi. Se è piccolino e ha preso una caramella dal contenitore, l’ha messa in bocca, ne ha presa una seconda e l’ha messa in tasca, ne ha presa una terza e l’ha nascosta sotto il cuscino dopo che gli avevi detto “basta caramelle, ne hai già mangiata una oggi”, puoi: 1️⃣ Dirgli che sai che delle caramelle gli sono proprio scivolate addosso e una è finita in bocca, un’altra forse è scivolata in tasca e un’altra ancora forse è scappata in cameretta. 2️⃣ Gli dici che la prossima volta può dirti che forse non hai capito e che lui ha davvero tantissima voglia di mangiarsi altre caramelle perché… “sono trooooppo buoneeeee!” Lo so che me ne avevi chiesta un’altra e alla seconda ti dico sempre di no, non avevo capito che ti piacessero così tanto. Adesso che lo so e me lo hai detto, allora tutte le volte in cui sarà possibile ne mangerai una più. Te ne procuro di quelle che non fanno troppo male ,così puoi mangiarne una dopo pranzo e anche una a merenda. Vedi che non ti rimprovero, quindi se ti capita di volerne un’altra dimmelo e se si può te la do subito volentieri, altrimenti la prendiamo già e la teniamo da parte per dopo quando si potrà mangiare”. 3️⃣ In questo caso conta molto questo atteggiamento disponibile a comprendere il suo punto di vista e mostrargli sinceramente che vogliamo davvero venirgli incontro. 4️⃣ Poi sarà importante andare a comprendere se è questione di troppi no secchi e intransigenti da parte nostra. O se lo fa perché ha particolare bisogno di dolci. Cercheremo di comprendere come mai, o se lo fa per attirare la nostra attenzione, ecc. e agiremo con pazienza sulla motivazione. 5️⃣ Nel frattempo, in questo caso, potremo per esempio procurarci delle caramelle naturali senza troppi zuccheri e senza zuccheri o coloranti o ingredienti artificiali. In uqesto modo potremo essere un po’ più di manica larga ogni tanto. Oppure, cosa che piace tantissimo ai bambini, possiamo fare insieme delle caramelle naturali, conservarle con cura e man mano educarli al fatto che se ne può mangiare qualcuna in più ma c’è un numero che non va superato, che non se ne possono mangiare troppe e che subito dopo vanno lavati i denti. Possiamo aiutarli con pazienza a creare questa abitudine e a comprenderne il senso (ricordati però sempre di agire sulla motivazione altrimenti queste soluzioni potrebbero dimostrarsi inutili). Quindi il segreto è dare il limite e le regole che crediamo più corrette senza necessità di minacciare o urlare, cercare di comprendere la motivazione (e nel frattempo trovare alternative più salutari). Se vuoi approfondire questo argomento, puoi leggere questi articoli: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no Punizioni Bambini: soluzioni concrete per Educare senza Punire Quando poi i nostri figli crescono, capita spesso di temere ancora di più le loro bugie. Cosa puoi fare se per esempio scopri o sei venuta a sapere che tuo figlio o tua figlia di nascosto ha provato o iniziato a fumare? 1️⃣ Evitando arrabbiature, minacce e filippiche, come per il primo caso possiamo intanto far sapere che lo sappiamo o che lo abbiamo capito e che sappiamo di non sbagliare. Con serenità possiamo dire per esempio: “Allora anche tu alle prime esperienze con le sigarette? Che effetto ti ha fatto? Come ti sembra? Soddisfatta la curiosità?… Ci tenevo a dirti che lo so, che non ho intenzione di rimproverarti e che ho piacere di raccontarti la mia esperienza in proposito e quello che penso” 2️⃣ Possiamo trovare un momento con calma sia per ascoltare lei/lui e le sue impressioni o quello che vorrà raccontarti (che all’inizio potrebbe non essere la verità o solo una parte della verità) e sia per raccontare serenamente quello che pensiamo in proposito (se per esempio siamo dei fumatori pentiti, se anche noi abbiamo provato a fumare e a che età, cosa pensavamo allora e cosa pensiamo oggi, i pericoli futuri nel fare questa scelta, raccontare loro perché giovani e adulti si rifugiano in questo tipo di esperienze o hanno bisogno di questi palliativi, ecc…) 3️⃣ Dato che il rimprovero non c’è, possiamo chiedere loro di essere sinceri e chiedere loro di poter mettere delle regole e dei paletti fermi se magari ci rispondono che non hanno intenzione di smettere. Per esempio regole che possano aiutarli a non esagerare, a limitare i danni più possibile, ecc. Naturalmente questi sono solo esempi perché sarai poi tu a trovare le argomentazioni giuste o a decidere che cosa fare, perché potrebbe essere che ti dica che ha solo provato e non ha intenzione di proseguire ma temeva il rimprovero o si vergognava. Potrebbe dirti che vorrebbe smettere ma non riesce e chiede il tuo aiuto dato che vede che sei serena/o a riguardo. Potrebbe innervosirsi e dirti che sono fatti suoi, ecc. 4️⃣ Come ti scrivevo sopra, anche in questo caso è importante cogliere la motivazione su ampia scala per sapere come intervenire. Per esempio: forse lo fa come forma di ripicca e ribellione nei nostri confronti perché la relazione tra noi non è idilliaca? Forse sono cattive compagnie quelle che frequenta?Forse vuole sentirsi come gli altri ed è quindi questione di autostima? Sta magari davvero solo provando e so che finirà tutto nel giro di poco? Forse compensa qualcosa di affettivo che gli manca dentro? Ecc. Se i nostri figli sono più grandi come in quest’ultimo caso, è probabile che servano più tempo e pazienza per riottenere la loro fiducia e ripristinare una buona relazione mettendo da parte cattive abitudini che magari hanno costellato gli anni precedenti ma di sicuro vale la gioia procedere 😊 In ogni caso, piccoli o grandi che siano, ti invito a non demordere, seguire i passi che ti ho indicato senza fretta e senza demoralizzarti. Sono certa che potrai accogliere anche tu nella tua famiglia i semi della sincerità e della trasparenza.
Come trasmettere le regole a ragazzi e adolescenti?
I nostri ragazzi non sono ormai più bambini piccoli: come possiamo riuscire a trasmettere le regole ai figli adolescenti e a farle rispettare senza dover lottare e senza dover accendere fuochi inutili? Quando i figli diventano preadolescenti o sono adolescenti avremo a che fare anche con l’integrazione di abitudini più difficili come ad esempio: la forza di volontà per spegnere i videogiochi quando è ora la forza di volontà di impegnarti e di finire di studiare se l’indomani c’è un compito in classe o se non vuoi rimanere indietro la forza di volontà di riordinare la tua camera, rifare il letto anche se non hai voglia ed è una cosa noiosissima ecc Man mano che crescono i nostri figli hanno bisogno di parlare e a volte anche discutere delle regole. Ciò che possiamo fare è dunque “metterci a tavolino” insieme e parlare di ciò che va fatto perché, ad esempio a seconda della situazione: si viva in una casa ordinata e pulita lo studio è importante e abbiamo deciso che questo ciclo di studi si deve concludere, magari alla bene e meglio, ma va finito e quindi in qualche modo bisogna affrontare lo studio. se riteniamo che tu possa giocare con i videogiochi, ma non ad oltranza, non passerai tutta la notte sui videogiochi ecc Ci mettiamo insieme a tavolino o sul divano e ne parliamo, ne discutiamo insieme, troviamo insieme delle soluzioni. Un esempio: ragazzi ho bisogno che mi aiutiate tenere la casa ordinata! Ad esempio supponiamo che ci sia bisogno di integrare l’abitudine di aiutare in casa tenendola in ordine. Parleremo ai nostri ragazzi, anche già dagli otto-nove anni in su, quasi come se fossero adulti, perché in grado di ragionare sulle cose personalmente. Diremo ad esempio che da soli non riusciamo a fare tutto, parleremo delle nostre necessità, delle nostre motivazioni. Gli parleremo di che cosa ci sta a cuore, che cosa ci preoccupa, che cosa desideriamo da parte loro. Diremo che vogliamo ascoltarli, che vogliamo ascoltare tutto ciò che hanno da dire su quello che per loro non va, che non hanno voglia di fare o che non piace. È importante non alzare muri tra noi e loro. Aiutiamoli ad esplicitare ciò che pensano: “Dimmelo pure: riordinare ti fa schifo. Trovi inutile rifare il letto alla mattina se tanto poi alla sera lo devi disfare” Sono quindi da evitare quelle frasi del tipo: “È così, basta, non si discute. Mi devi rispettare perché sono tua madre”. Perché altrimenti li abbiamo persi. I nostri ragazzi sono delle menti intelligenti. Se non faccio sentire un ragazzo giudicato, se gli parlo riconoscendo la sua consapevolezza e la sua maturità per l’età che ha trattandolo come chi ha voglia di crescere e diventare responsabile, allora non si chiuderà completamente, non trasgredirà o cercherà comunque di dare una mano. Ecco cosa nel pratico potremo dire per esempio: “ Abbiamo un problema: non ce la faccio più a fare tutto. Ho piacere che la casa sia ordinata e che tutte le parti della casa siano ordinate, comprese la vostra camera, le vostre cose, i vostri armadi. E poi sinceramente (e so che voi questo discorso non volete sentirlo), ci tengo anche a trasmettervi questa buona abitudine. Perché poi comunque, quando tutto è ordinato, la mente lavora meglio. Il corpo lavora meglio. Però è veramente noiosissimo, riordinare neanche a me piace. È uno sforzo anche per me perché non mi piace. Preferirei mettermi a leggere. Odio mettere in ordine e preferirei andare a fare una passeggiata. Però dopo aver fatto ordine in effetti sto meglio. Avere invece la casa che è un caos e dover impiegare una giornata intera alla settimana o ogni quindici giorni per rivoluzionare tutto perché ormai dobbiamo calpestare la roba per passare non è possibile. Dobbiamo venirci incontro. Qua servono tutte le nostre energie da samurai perché dobbiamo trovare un punto d’incontro” A questo punto li ascolteremo oppure saremo noi direttamente a dire: “Lo so che fa schifo riordinare, che sembra una perdita di tempo considerando anche tutto quello che hai da studiare. In effetti é una paranoia galattica. Dobbiamo trovare un punto d’incontro. Facciamoci venire delle idee. Facciamo un po’ di brainstorming perché insieme dobbiamo aiutarci”. Per trovare una buona via di mezzo, anche in questa fase eviterei di partire a tutta velocità dicendo: “Allora se io tengo ordinata la mia camera da letto, anche tu devi tenere ordinata la tua camera da letto. Quando io faccio le pulizie, anche tu fai le pulizie. L’armadio deve essere sempre a posto. Devi essere responsabile delle tue cose, ecc…” Se siamo una squadra, probabilmente partirei… come se fossimo una squadra 😊 Comportiamoci come se avessimo davanti non i nostri figli adolescenti, ma delle amiche o degli amici adulti con cui farei squadra. Ecco che allora possiamo procedere in questo modo: “Cosa ti piace fare? A me piace meno fare questo e a te? In questo invece mi sento forte, tu dove ti senti forte? Perché magari uniamo le forze due volte alla settimana e ognuno fa qualcosa proprio in base a cosa decidiamo insieme. Io posso togliere la polvere e lavare per terra. Tu puoi piegare i vestiti e sistemare le cose nell’armadio, ecc.” O ancora, proprio puntando su ciò che più ci piace fare o non amiamo: “A me piace stirare e posso farlo per tutti. Tua sorella preferisce togliere la polvere. A te piace passare l’aspirapolvere e lavare il pavimento e puoi fare quello”. Come fare per mantenere questi accordi? Ecco un esempio pratico: “Dato che non possiamo lasciare che da una volta all’altra questa casa diventi di nuovo il finimondo, ragazzi, che ne dite se ci aiutiamo a vicenda? Allora voi sapete benissimo in cosa io sono disordinata, giusto?” “Sì, mamma. Lasci tutta la roba fuori dai cassetti in bagno: i tuoi trucchi e le creme. Alla fine sei sempre di corsa e non le metti mai nell’armadietto. La sera non hai mai voglia di lavare i piatti, non li metti in lavastoviglie e alla fine è tutto poi da fare la mattina dopo, quando siamo di corsa. E poi non ti piace are il letto…ti dimentichi e non cambi le lenzuola tutte le settimane.” “Sì, tutto vero! Voi invece non mettete mai i libri in ordine. Tirate fuori la roba dall’armadio per vedere cosa vi volete mettere e poi non la ripiegate e non la rimettete dentro. Allora ci impegniamo ad aiutarci: io mi impegno a cambiare le lenzuola una volta alla settimana, a mettere i piatti in lavastoviglie la sera e a sistemare le mie creme e i miei trucchi ogni volta che li uso. Se per caso voi vedete che io mi dimentico, o magari tu Lucia, dopo un’ora, vai a fare la pipì e vedi che mi sono dimenticata di mettere via tutta la mia roba in bagno mi chiami. Ma non è che mi sgridi, dobbiamo aiutarci. Me lo dici gentilmente, mi chiedi magari se vuoi aiutarmi perché sono le prime volte e magari ancora non riesco da sola. E io faccio la stessa cosa con voi. Se mentre metto la roba nel cassetto vedo che c’è un gran caos, verrò da te e…. Lucaaaa sono andata di là e nel cassetto ho trovato qualcosa che non andava…c’è stata una rivoluzione nel cassetto! Che facciamo? Sono le prime volte.. Dai, lo facciamo insieme se non hai tempo o non hai voglia. Dai, avevamo deciso che questa era una sfida, lo fai in 5 minuti e poi ti aiuto io a studiare!” Regole adolescenti: ma come fanno ad imparare senza durezza e punizioni? Dopo aver letto questi consigli potresti pensare che in questo modo i tuoi figli non impareranno. Che tu sei cresciuta o cresciuto con la concezione che solo la durezza e la punizione possano aiutarli ad imparare e che questa modalità non sembri affatto rigorosa. Potresti pensare che in questo modo non integreranno mai la disciplina nella loro vita. Ma proviamo a fare un paragone con noi adulti, secondo me piuttosto calzante. Io, adulta, sono più disciplinata se qualcuno mi dà la frusta addosso per obbligarmi a fare le cose, oppure sono disciplinata se mi do degli stimoli, se mi motivo? Se qualcuno allo stesso tempo mi accoglie, mi dice “Guarda, lo so che è difficilissimo lavorare dodici-quattordici ore al giorno, eppure Roby in queste settimane ci devi dare dentro. Dai, magari alla sera ti cucino qualcosa di buono!” O magari con il mio dialogo interiore mi dico: “Dai, Roby, ce la fai. Sei bravissima. Guarda quante cose stai facendo. Stasera ti fai una bella doccia calda, poi ti rilassi.” Una modalità di questo tipo, più morbida, mi fa davvero essere una persona meno disciplinata? Mi fa trasgredire? Assolutamente no. Per i nostri ragazzi, che stanno crescendo, è la stessa cosa. Negli anni ho osservato che più do loro fiducia, più riconosco la loro consapevolezza, la voglia di impegnarsi, evitando di creare lotte di potere, e più loro dimostrano la voglia di darmi una mano. Trovo che con i ragazzi funzioni tantissimo il concetto di solidarietà, di squadra, di aiuto reciproco. Possiamo anche aiutarci disegnando ad esempio una mappa con tutte le nostre tappe della settimana e con i task di ognuno, in modo da avere tutto ben chiaro e in modo da poter segnare ciò che è stato fatto. Ci complimentiamo a vicenda, se abbiamo bisogno di una mano chiediamo agli altri di darci una mano: “mamma, oggi proprio non voglio, non ce la faccio: domani ho l’interrogazione di chimica e oggi mi toccherebbe la spolverata. Per piacere mi dai una mano? Oppure puoi farlo tu e in cambio io domani cambio le lenzuola per tutti perché tanto sarò tranquillo e avrò un sacco di tempo sabato per studiare”. Credo che questa sia la maniera più efficace per aiutare i nostri ragazzi a irrobustire la loro disciplina, imparare le regole, abituarsi a nuove abitudini, anche quando non hanno voglia, anche quando sono cose che non piacciono. Un altro esempio pratico: la disciplina nell’utilizzo dei videogiochi Possiamo applicare la stessa modalità per i videogiochi. Possiamo metterci anche in questo caso a tavolino e possiamo spiegare tutte le motivazioni per le quali non gradiamo. Spiegherò quindi tutte le mie motivazioni per cui non gradisco che stia troppo tempo a giocare con i videogiochi, il perché sinceramente non voglio e perché questa cosa mi preoccupa. Che la mia intenzione non è quella di privarlo dei videogiochi. Dirò secondo me che cos’è pericoloso e quale sia secondo me la maniera migliore per utilizzarli. Lui mi dirà la sua motivazione, cosa gli piace dei videogiochi e perché li usa. Mi dirà quando si accorge che si sta stancando, ma magari non ha la forza di smettere perché i suoi amici non stanno smettendo e si sentirebbe magari meno di loro. Mi racconta le sue difficoltà. Si definisce una regola di base di quanto si può stare, di come si deve stare, che se ha difficoltà a spegnere andrò io, lo aiuterò, parlerò io con i suoi amici. O troveremo insieme soluzioni come ad esempio portare gli amici anche qui a giocare ogni tanto, così potrò monitorare la situazione. Se ne parla insieme, sempre facendo leva sulla consapevolezza e sull’intelligenza che i ragazzi hanno quando crescono. Preadolescenti e adolescenti ribelli: cosa potrebbe non funzionare con le regole? Anche nella trasmissione delle regole, così come nella risoluzione dei conflitti, ci sono degli elementi che potrebbero vanificare o rendere meno efficace questo tipo di approccio. 1. Innanzitutto il “fattore abitudine”, soprattutto se siamo abituati ad arrabbiarci, a fare la morale, a essere molto duri. Per questo motivo all’inizio sarà forse un po’ complicato, trovare una via di mezzo tra l’essere ferma, ma avere questa modalità “morbida” in cui c’è una comunione di intenti si dialoga. È questione di abitudine: prova a non desistere, continua giorno per giorno ad allenarti, anche se le prime volte dovessi incontrare delle difficoltà. 2. Un’altra cosa che potrebbe succedere, è il fatto di non riuscire ad essere e rimanere così calmi. Magari ti viene subito il nervoso, ti arrabbi in generale, ti arrabbi con loro, ti viene da giudicarli come dei disordinati, dei maleducati. Senti di voler essere ascoltata e non ti senti abbastanza apprezzata da loro. Se così fosse, ti suggerisco allora di lavorare proprio su te stessa e sull’imparare a riuscire a rimanere più neutrale possibile. 3. Un’altra cosa che potrebbe vanificare un pochino i nostri intenti è, anche in questo caso, il fatto che con loro abbiamo faticato negli anni precedenti a costruire una relazione di fiducia. Se questa relazione di fiducia è venuta meno perché magari negli anni non li abbiamo mai ascoltati, di solito li rimproveravamo, usavamo le punizioni, le sgridate, ci sono conflitti legati alla gelosia tra fratelli o sorelle si sono sentiti trascurati da te si sono sentito giudicati in questi anni sei stata fredda e dura con loro o, al contrario, ti riconosco come un genitore troppo molle. non hanno fiducia in te. Allora è probabile che all’inizio tu debba dedicare qualche settimana o qualche mese a risanarla e ricostruirla e nel frattempo, puoi comunque iniziare a mettere in pratica questi suggerimenti proprio anche per aiutarti nel cercare di ricostruire un po’ alla volta, una relazione di fiducia. Puoi anche approfondire leggendo il nostro articolo: Conflitti Adolescenziali: da dove iniziare?
I capricci non esistono: la Guida completa di Bimbiveri
So benissimo che il titolo i capricci non esistono ti fa passare la voglia di leggere e magari stai pensando: “esistono eccome! vieni a casa mia e ti faccio vedere quelli di mio figlio!” Ti chiedo solo un po’ di pazienza e di provare a mettere da parte le convinzioni che hai avuto finora nel leggere questo articolo e vedrai che una spiegazione valida potrebbe esistere. Tra tutte le piccole e grandi magagne quotidiane che danno del filo da torcere a mamma e papà, i capricci, le crisi di rabbia, le crisi di pianto o le crisi definite “isteriche” sono spesso molto rinomati perché: 1️⃣ Non si sa perché i bambini li facciano. Quando vogliamo darci una spiegazione accampiamo delle motivazioni ipotetiche come “sono sciocchi capricci”, “vuole farmi arrabbiare”, “saranno i terribili 2 anni”… 2️⃣ Infastidiscono l’occhio e il cuore dei genitori 3️⃣ Preoccupa e irrita il fatto di non sapere come risolvere la crisi di rabbia o di pianto e far tornare la situazione alla normalità Insomma, sono quelle cose che, a lungo andare, gli adulti proprio fanno fatica a sopportare. I capricci sono tante cose, una diversa dall’altra, sempre unici con sfumature differenti di volta in volta. Arrivano di soppiatto quando meno te lo aspetti e possono apparentemente scatenarsi per qualsiasi motivo, non sappiamo bene da cosa dipendano e sono terribilmente imprevedibili. Ma c’è una cosa davvero importante da sapere: i capricci non sono “capricci”… e non esistono Il dizionario online Hoepli ci dice che i capricci sono: Voglia bizzarra, insolita, improvvisa, generalmente effimera. Idea bizzarra e ostinata, comportamento irragionevole e arbitrario. Evento, fenomeno inusitato, incomprensibile. Dato che queste manifestazioni del bambino non le sappiamo comprendere con il tempo abbiamo imparato a definirli “capricci”. Proprio come se fossero comportamenti bizzarri, insoliti, improvvisi, fugaci e passeggeri, ma anche ostinati, irragionevoli. Discutibili e non autorizzati. Incomprensibili. E questo è il vero guaio! Solo perché questi comportamenti per noi sono incomprensibili e ingestibili e sono diventati capricci, non vuol dire che lo siano davvero. E infatti non sono tali per niente. Tutti i comportamenti dei bambini che noi cataloghiamo distrattamente come capricci sono sempre manifestazioni di un disagio e un tentativo di comunicare una difficoltà che non sanno esprimere a parole. Se i bambini e i ragazzi sapessero esprimere tutto a parole, stai pur certo che lo farebbero! Il guaio è che troppo spesso confondiamo i bambini per dei piccoli adulti e crediamo che come noi siamo bravi a recitare e a manipolare lo siano anche loro e quindi inscenino delle sceneggiate e dei brillanti teatrini. Ma i bambini non sono così, se sentono bianco esprimono bianco, se sentono nero esprimono nero. Quindi, quando piangono, quando puntano i piedi, quando si buttano per terra, quando chiedono insistentemente qualcosa non stanno recitando affatto. Ecco perchè i capricci dei bambini non esistono. Hanno sempre dunque un ottimo motivo e la nostra difficoltà in qualità di adulti sta proprio nel comprendere cosa si cela dietro e cosa nostro figlio sta cercando di dirci. Matteo torna da scuola e fa i “capricci”: vuole solo la pasta bianca Per esempio Matteo una mattina si sveglia e non trova più in camera il suo giochino preferito, è arrabbiato e si porta dietro quel nodo di tristezza. Ecco che magari, tornato da scuola con il “suo bagaglio di emozioni” in ebollizione non risolte, manifesta sintomi esterni come il rifiuto di sedersi al suo posto a tavola e pretende la pasta bianca mentre tu hai già messo il sugo rosso in tutti i piatti… Se consideri solo il suo comportamento esterno, è evidente che per te sta facendo un “capriccio” e magari pensi che una semplice alzata di voce o un castigo possa essere la soluzione. Se invece ti metti nei suoi panni, scopri che è solo arrabbiato e, non avendo ancora la capacità di raccontare i suoi sentimenti a parole, esprime con comportamenti esterni, che noi chiamiamo capricci, il suo disagio. Ecco la causa! Come comportarsi con i bambini “capricciosi”? 5 soluzioni per crisi di rabbia, crisi di pianto o crisi isteriche Vediamo ora 5 indicazioni pratiche che possono da subito aiutarti a comprendere i comportamenti “capricciosi” dei tuoi figli. 1️⃣ Avvicinati a tuo figlio rendendoti disponibile ad ascoltarlo prima di accampare giudizi avventati 2️⃣ Evita il tono accusatorio, chiedi in modo neutrale e con calma che cosa è successo, senza utilizzare le solite frasi “cosa hai combinato?” “ma perché adesso devi fare così?” (l’accusa lo fa sentire incompreso e si chiude ancora di più) 3️⃣ Ascoltalo attentamente guardandolo negli occhi e prendendo seriamente per valido tutto quello che ti dice, senza pensare che siano scuse o che ti stia dicendo delle bugie (ricordati che ha sempre un valido motivo) 4️⃣ Vai oltre le sue parole: lascia che il tuo intuito faccia la sua parte e indipendentemente dal racconto del bambino che può rispecchiare oppure no il suo vero stato d’animo, cerca di coglierlo comunque, individuando il sentimento che c’è dietro. Potrebbe essere che tuo figlio si senta solo, non ascoltato, poco guardato, oppure che abbia bisogno di coccole, della tua presenza totale, oppure che davvero abbia fame, sonno, o abbia paura, o si sia arrabbiato per qualcosa. 5️⃣ Rassicuralo e aiutalo nella pratica a risolvere la situazione: per esempio se ti dice che è arrabbiato perché ha perso il giochino preferito, gli puoi dire: “amore, hai ragione, non trovi il gioco e questo ti rende triste, andiamo subito in cameretta e andiamo a caccia del gioco, vedrai che lo troviamo”. E se non lo trovate? Anche qui trova una soluzione pratica, per esempio, lo rassicuri e gli dici che nel pomeriggio potete uscire insieme e comprarne un altro, oppure che ti impegnerai a cercarlo per bene nei prossimi giorni anche a casa dei nonni o a scuola. Quale sarà il risultato? Si sentirà compreso perché hai perfettamente intuito cosa lo rendeva triste, non lo hai colpevolizzato e hai trovato delle soluzioni e, aiutandolo nella pratica, si calmerà e questo incrementerà il suo grado di fiducia nei tuoi confronti, perché è consapevole che mamma e papà sono in grado di comprenderlo e aiutarlo. La fiducia e la stima costruita attraverso queste piccole ma grandi azioni sarà fondamentale per tutte le tappe successive di crescita. I 3 ostacoli che mettono in difficoltà i genitori… anche se i capricci non esistono! Le difficoltà principali sono in tutto 3, scopriamole insieme. 👉 Il primo ostacolo Il primo ostacolo è la grande difficoltà a riconoscere il reale bisogno del bambino e a non confonderlo con un “capriccio” o con una crisi senza un motivo valido. La maggior parte delle volte risulta paradossalmente più facile etichettare il comportamento del bambino come “capriccioso” e delegare a lui la responsabilità, piuttosto che vedere la nostra e dover fare nell’immediato qualcosa di efficace. 👉 Il secondo ostacolo Non sapere come fare a risolvere la situazione nella pratica. 👉 Il terzo ostacolo Tendiamo a voler risolvere la crisi con l’obiettivo di far calmare le acque, di tornare a una sorta di normalità, di non avere troppi gratta capi da gestire e di far star bene il bambino (ovvero: che non pianga, non urli, non imprechi, sia sereno, ascolti e dia pochi problemi, così vuol dire che sta bene). In verità se il bambino si sente libero di manifestare un problema o un’emozione interiore vuol dire che sta benissimo. Molto meglio di bambini che si sentono costretti per sopravvivenza ad assecondare i genitori e si adattano ai loro schemi pur di essere amati. L’obiettivo principale deve essere invece quello di andare a fondo del sentimento di nostro figlio, di individuare la motivazione profonda, agire su quella, trovando la soluzione ottimale per il bambino e non per noi. Meglio arginare e fermare i capricci o è meglio comprenderli e accoglierli? (10 dubbi risolti) Ora che abbiamo chiarito perchè i capricci non esistono qui sotto trovi le risposte ad alcune domande frequenti sul tema “capricci”. 1. Perchè i bambini fanno i “capricci”? In questo articolo approfondisco cosa sono davvero i comportamenti che noi adulti etichettiamo come “capricciosi”. Troverai anche esempi pratici come: Spegnere la Tv con urla e minacce o spegnerla senza capricci? E se mio figlio di 2 anni chiede sempre la cioccolata? L’Anticipo del Bisogno (ovvero si prevengono e risolvono i capricci dei bambini, le crisi di rabbia o le crisi isteriche) LEGGILO QUI: Perché i capricci di tuo figlio non sono comportamenti isterici e inspiegabili (e come puoi risolverli senza urla o sgridate) 2. Cosa sono i terribili 2 anni? Quando finisce questa fase? La maggioranza delle mamme si chiede quando inizia e quando finisce la fase dei terribili 2 anni dei bambini (o dei terribili 3) e quanto dura questo periodo. Scoprirai che la soluzione non è mai focalizzarsi su una fase definita terribile a 2, 3 o 4 anni di tuo figlio… LEGGILO QUI: E se i terribili 2 anni non esistessero? E i terribili 3 anni? 3. Mio figlio non mi ascolta e non accetta le regole: cosa posso fare? Spesso i conflitti con i figli, i “capricci” e lotte di potere sono causate dalla difficoltà a farsi ascoltare, far accettare un limite o un no. Scopri perché tuo figlio non collabora, non accetta i tuoi No o non rispetta le tue regole. LEGGILO QUI: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no 4. Come calmare l’aggressività nei bambini e nei ragazzi? A volte bambini arrabbiati e molto nervosi possono diventare aggressivi e arrivare a rompere oggetti, graffiare, mordere o picchiare i genitori. Scopri i 5 motivi che scatenano l’aggressività e le 4 soluzioni per gestire gli episodi di la rabbia dei bambini. LEGGILO QUI: Smettila di essere aggressivo! 5 motivi che scatenano l’aggressività dei bambini con i genitori e a scuola 5. Capricci tra fratelli per gelosia: come gestisco le liti e le gelosie tra fratelli? Scopri come gestire il litigio fra i tuoi figli iniziato quando non c’eri, 4 passi per risolvere (e 1 per prevenire) se i tuoi figli litigano sempre. LEGGILO QUI: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli 6. Le punizioni per i figli sono utili o sono dannose? La punizione è l’arma più inefficace per risolvere “capricci”, lotte di potere, episodi di nervosismo, gelosie e litigi dei figli. LEGGILO QUI: La punizione è la via più efficace per reprimere tuo figlio (e che disintegra la sua fiducia nei tuoi confronti) 7. Quale libro posso leggere per risolvere i capricci di mio figlio? Puoi iniziare dal libro “Smettila di fare i capricci” (edizioni Mondadori): come risolvere i capricci di tuo figlio senza urla e sgridate, anche se pensi di averle già provate tutte. Troverai tutti i dettagli e i casi pratici che ti confermeranno che i capricci non esistono. 8. Come gestire i capricci dei bambini di 1 anno? Cosa fare con figli capricciosi e disubbidienti a 4 anni? Ci sono 3 linee guida fondamentali per comprendere la causa di qualsiasi tipo di “capriccio” di tuo figlio: 1. il nodo emotivo, 2. la vera motivazione e 3. le regole. Non ha importanza se oggi tuo figlio ha 2 anni, 6 anni o 8 anni. I principi da seguire sono sempre gli stessi. LEGGILO QUI: Capricci dei Bambini da 1 a 10 anni (come gestirli e prevenirli) 9. Come insegnare l’ordine ai bambini? Se ogni giorno riordinare i giochi genere lotte infinite e tuo figlio si rifiuta di collaborare puoi ricorrere alla tecnica dello “svezzamento”. LEGGILO QUI: Figli disordinati: come insegnare l’ordine con la tecnica dello svezzamento 10. Cosa posso fare quando mio figlio ha una crisi di pianto o una crisi di rabbia? Scopri come aiutare i tuoi figli quando sono molto più nervosi, “capricciosi” o rompono i giochi: LEGGILO QUI: Come sgonfiare “crisi” e nervoso di tuo figlio
Smettila di rompere tutto! I 5 passi se il tuo bambino rompe i giochi, morde o graffia
In effetti i bambini a volte reagiscono rompendo oggetti, rompendo i giochi, graffiano, mordono, tirando pugni e calci, strappando i capelli… Gli adolescenti invece magari sbattono le cose, urlano, ci mandano a quel paese, spaccano la porta chiudendola malamente e insultandoci. Vorrei iniziare rassicurandoti perché sono diventata la regina di queste situazioni 😉 Quando avevo i bambini in affido, al loro arrivo la maggior parte delle volte erano bambini che picchiavano, mi mordevano, mordevano gli altri, rompevano i giochi dalla rabbia, non avevano rispetto per le cose. Arrivavamo a dover cambiare o aggiustare nell’arco di quindici giorni giochi, sedie, tende, ecc. Ovviamente i tuoi figli non vivono le situazioni drammatiche che vivevano questi bambini. Ma voglio farti questo esempio innanzitutto per dirti che ho la soluzione. Queste situazioni le ho vissute e dovute gestire moltissime volte anche io. Inoltre vorrei dirti che in qualche maniera sono reazioni spontanee che i bambini o gli adolescenti possono avere, soprattutto se nessuno ha fatto veder loro, insegnato o trasmesso con il proprio esempio come fare a gestire il proprio bagaglio emotivo. Se ci pensi, a volte nemmeno noi adulti sappiamo farlo. In fondo, quante volte ci è capitato che magari ci tratteniamo dal mordere, ma non sappiamo trattenerci dal mollargli uno sberla o strattonarli? O dallo sbattere le porte o buttare malamente le cose nel lavandino quando siamo nervosi? Ecco allora i 5 passi da seguire se tuo figlio è a volte rompe tutto come giochi o oggetti in casa, diventa aggressivo, prepotente, o ti sembra esagerato e addirittura violento. 1. Eliminiamo le “etichette” Come prima cosa possiamo eliminare le etichette: tuo figlio non è cattivo, non lo hai educato male, né è nato per farti…”girare le scatole” o per darti dei problemi. Se i nostri figli, bambini o ragazzi che siano, sono ancora sotto la nostra guida si comportano in questo modo, è perché hanno un motivo valido per farlo. Infatti, se a un bambino dagli zero ai 6-7 anni nessuno ha insegnato a gestire il suo bagaglio emotivo, relativo a: sensazioni di paura frustrazione e rabbia sensazione di non sentirsi amato abbastanza da mamma e papà sensazione di non aver capito impressione di aver subito un torto delusione percezione di sentirsi “meno” (bravo, importante, all’altezza ecc) di qualcuno accade che il bambino accumula, accumula, come una pentola a pressione e alla fine il suo modo di reagire sarà quello di esplodere. Reagisce attaccando, “esplode” fisicamente con il corpo. Avrà bisogno di liberare tutta questa tensione che sente dentro, con delle reazioni fisiche, direi… istintive… con il corpo perché non sa farlo in altro modo. O non ha ancora l’età e la capacità per ascoltarsi, riflettere su quello che sente, per accogliersi (in verità è una competenza che spesso non abbiamo acquisito neanche noi adulti), per venire da noi e spiegarci a parole cosa sente dentro per essere poi confortato e aiutato. Oppure, avrebbe l’età per farlo, ma non succede perché nessuno nel tempo gli ha mostrato come si fa. Per i bambini e i ragazzi è necessario che siano mamma e papà o gli adulto che si occupano di loro a farlo per primi, a dare l’esempio, e a mostrare come si fa durante questi primi momenti di frustrazione o disagio. Altrimenti non imparano. Ecco perché se a un ragazzo di sedici anni nessuno ha mai insegnato a gestire il suo bagaglio emotivo, continuerà a reagire con rabbia, con stizza, con violenza: anche se ho sedici anni non cambia nulla. Ciò che cambierà rispetto a un bambino piccolo sarà l’intensità della reazione. Eliminiamo dunque queste etichette: tuo figlio non è cattivo, non ce l’ha con te, non ha modi maleducati. È il suo modo di reagire perché non ha altri strumenti. 2. Con i figli che rompono i giochi, mordono, graffiano arrabbiarsi e urlare… non serve a nulla Davanti una reazione aggressiva cosa è meglio evitare? Se ci arrabbiamo e cominciamo anche noi a sfogarci in quel modo, diventiamo come lui, ci mettiamo al suo livello, diventiamo anche noi dei bambini senza strumenti. Ma noi siamo le guide, noi siamo gli Aiutanti Magici, siamo gli adulti maturi e quindi abbiamo bisogno di imparare a mantenere la calma, mantenere la fermezza in quei momenti. E a questo proposito, se ne sentiamo il bisogno o la necessità, è utile per tutti noi incamminarci per acquisire più fiducia e più sicurezza in noi stessi. Sono da evitare quindi urla, minacce, durezza, punizioni e frasi come: “Se fai ancora così ti tolgo questo!” “Questo non mi piace. Guarda che se fai così non sei più mio figlio. Non ti voglio più bene!” Tutti i bambini reagirebbero in maniera più serena se avessero una alternativa. E invece: 1) Se hanno visto noi comportarci in questo modo (con rabbia, nervosismo, alzando la voce, minacciando, ecc.) tanto o poco che sia stato, rischiano di credere che è così che ci si comporta, si reagisce così, è normale così e quindi lo faccio anche io perché così mi stanno insegnando da come si comportano loro. 2) Se non hanno avuto un esempio, se non vedono noi gestire il nostro bagaglio emotivo in maniera serena e matura, se non mostriamo loro come fare, non assorbono questa abitudine. Il mondo dei bambini non ha doppia morale. Le cose che valgono per loro devono valere anche per noi. Ecco un esempio (estremo): Quando un bambino vive la violenza in casa, quindi magari assiste a un padre, un nonno, uno zio violento o una mamma anche violenta con crisi isteriche, spesso è molto probabile che quel bambino, avendo vissuto solo quel modo di esprimersi, di fare le cose, dia per scontato che possa essere giusto e corretto essere così violenti. Quindi nella vita si comporterà in questo modo spontaneamente. Riportando questo concetto nelle realtà (per fortuna) totalmente ridimensionate e naturali che viviamo in casa nostra, allora possiamo chiederci: “Che tipo di esempio diamo?” Il nostro esempio, anche solo in minima parte, potrebbe essere un po’ aggressivo? Alziamo la voce, siamo nervosi, sbattiamo anche solo ogni tanto le cose?” Una volta esplorate queste possibilità possiamo fare sì che non capiti più, in modo da poter dare davvero un esempio sereno ai nostri figli. 3. Ci sarà una motivazione se un bambino rompe tutto, morde o graffia? Abbiamo bisogno di andare sotto la superficie, di comprendere come mai un bambino si comporta in modo aggressivo. Perché solo in questo modo possiamo risolvere davvero e solo così possiamo essere il suo Aiutante Magico e aiutarlo. La natura dei bambini è una natura buona, pacifica e collaborativa, ma ricordiamoci che siamo anche noi dei mammiferi. Quindi, quando il bambino si sente attaccato, se non sa come altro fare, si difende con il corpo, si difende verbalmente, si difende aggredendo, alzando le mani contro la minaccia, alzando la voce, cercando di provocare fisicamente. O accade anche soltanto quando il suo vaso è pieno, quando si sente una pentola a pressione che dopo aver accumulato ha bisogno di esplodere… e non c’è ragionamento che tenga. Lo fa perché non ha alternative. Allora noi che cosa possiamo fare? Noi possiamo innanzitutto comprendere i motivi per cui sta succedendo. Ti faccio qualche esempio: 1) Aggredisce il fratello perché a monte c’è un problema di gelosia, si sente inferiore, non amato. Quindi a monte dovremo agire su questa difficoltà. 2) Se reagisce ai nostri no e alle nostre regole, è probabile che sia perché non gliele stiamo dando nella maniera migliore possibile per lui e per noi. 3) Può darsi che percepisca molto la nostra rabbia, il nostro giudizio nei suoi confronti. Magari pensiamo “ma io non mi arrabbio e dico le parole di Roberta!”, ma dentro ribolliamo e nella testa ci rimbombano solo pensieri come: “che barba… basta! sempre la solita storia, sei sempre il solito!”. E se nei momenti “esplosivi” non riesci ad individuare la motivazione? Come facciamo a capire la motivazione proprio in quel momento, in cui magari siamo già in difficoltà? Se mentre il nostro bambino reagisce con rabbia o ti sta picchiando o tenta di rompere i giochi e non riusciamo a capire subito le motivazioni alla base del suo comportamento, possiamo farlo a posteriori, perché capisco che possa essere difficile imparare a farlo subito in quegli attimi più intensi. Proviamo quindi solo dopo a farci domande, a osservare queste motivazioni e a vedere la situazione con una visione d’insieme: allenandoci, la volta successiva saremo più pronti, più preparati e ci verrà sempre più automatico cogliere la motivazione da subito. Alla fine le motivazioni che fanno arrabbiare i bambini non sono così tante. Ad esempio può essere stanco, o magari geloso della sorella, oppure sta assorbendo il nervosismo che si vive in casa, oppure noi abbiamo lo stesso tipo di reazioni, oppure ancora reagisce al modo in cui gli abbiamo detto di no, o semplicemente appunto ha bisogno di imparare come si fa in un altro modo quando ci si sente così. Cerchiamo, allenandoci, di individuare le motivazioni e a riconoscerle nelle situazioni in cui si manifestano e capiremo che alla fine ruotano sempre intorno ad alcune situazioni. Tutto questo ci permetterà di prevenire reazioni così violente. Come facciamo a prevenire una reazione esplosiva? Per prevenire è utile imparare a osservare i figli un pochino meglio. Perché un bambino può avere questo scatto che lo trasforma da dottor Jekyll a mister Hyde, così dal niente? Se noi impariamo a essere presenti nella relazione che abbiamo con loro, a osservarli, guardarli negli occhi, riusciremo a notare come cambia il loro sguardo a seconda se cominciano ad avere sonno, o ad esser annoiati, o ad essere arrabbiati perché qualcosa nel gioco non sta funzionando, o se cominciano a cambiare umore perché una mossa della sorella gli sta togliendo il sole dal viso. Sono tutte piccole cose che noi possiamo notare. Magari ha tirato come un pazzo tutto il giorno, non ha dormito al pomeriggio o ha dormito male stanotte. O sono due, tre volte che gli dico di continuo “no” per qualcosa e glielo dico malamente: devo aspettarmi che prima o poi scoppi in qualche modo. Noi abbiamo sempre modo attraverso l’osservazione di cogliere questi segnali. Anche questo fa parte del nostro allenamento. È utile allenarsi con calma perché questo ci aiuta a intervenire ben prima che il vaso sia pieno e che scoppi con una reazione aggressiva. Come prevenire e attivare i radar per intervenire molto prima di arrivare all’esplosione di tuo figlio Ad esempio, mi capita di vedere a volte bambini che cominciano ad avere sonno già due ore prima. Si nota il bambino che sbadiglia, sbadiglia ancora, diventa insofferente, non ha più voglia di fare niente, “questo non va bene…quello non va bene…”. Oppure si nota che si sta annoiando e si sta spegnendo, perché non c’è un adulto che sta giocando con lui per fargli vedere una alternativa di come quel gioco può essere ancora consumato. Poi ad un certo punto il bambino esplode perché la mamma non riesce ad aprire subito la carta della merenda. “Roberta, ma…è scoppiato per la carta della merenda! Capisci… la carta della merenda!!!” No, non è per la carta della merenda, sono le due o quattro ore prima, sono le cose che è da stamattina che succedono, solo che nessuno le ha viste. Non le abbiamo viste perché semplicemente non siamo abituati a guardarle. Ma da ora puoi “allenarti” a vederle e notarle. Ed ecco come prevenire: già ore fa, minuti fa, osservandolo potevamo cogliere questi cambiamenti dai suoi occhi, dal suo atteggiamento. In anticipo potevamo quindi intervenire, magari chiacchierare e portarlo con noi, fargli delle coccole, sorridergli, parlargli con amore o portarlo a nanna, o risolvere la dinamica con la sorella, gestire meglio il litigio con la sorella o il fratello. Quindi per prevenire bisogna attivare i nostri radar per intervenire molto prima di arrivare all’esplosione di tuo figlio. 4. Cosa fare nel momento in cui bambino diventa aggressivo, esplode di rabbia o rompe gli oggetti? Se non abbiamo agito a monte e fatto il lavoro di osservazione di cui ti ho parlato, inciamperemo in queste esplosioni dei nostri figli. Ma cosa fare proprio in quei momenti? Interveniamo Come prima cosa interveniamo, quindi non lasciamolo da solo, perché anche se ci manda via, anche se ci picchia, ci attacca, ci morde o graffia, se tenta di rompere o lanciare gli oggetti in verità ha bisogno di aiuto. Ha veramente bisogno che in quel momento l’Aiutante Magico ci sia per aiutarlo. Se c’è bisogno, fermiamolo fisicamente. Bisogna fermarlo perché magari sta facendo del male a te o a se stesso, a qualcun altro o sta rompendo le cose, o rischia di farsi male. Molto spesso con il contenimento esploderà ancora più forte: 1) O perché finalmente sente qualcuno che è lì pronto ad aiutarlo e sente di poter liberare tutto lo sfogo e quindi inizierà magari a piangere e a singhiozzare forte e poi si calmerà 2) Oppure perché sente che il tuo non è un contenimento autentico ma lo stai fermando o bloccando solo perché vuoi che smetta. Non è l’atteggiamento giusto e farà di tutto per liberarsi, per allontanarti e rifiutare il tuo aiuto. Proprio per questo il tipo di presa che utilizzeremo non sarà una presa nervosa, stizzosa o di rabbia. Sarà una presa puramente ferma, magari dovremo usare una certa forza per allontanare la sua mano, per abbracciarlo, per aprire una ad una le sue dita che stringono qualcosa o qualcuno, ma dentro non saremo arrabbiati. Saremo forti, ma non arrabbiati proprio come quando giochi al tiro alla fune e tiri la corda: non c’è rabbia ma usi semplicemente la forza. In queste situazioni il principio è lo stesso. Molti mi dicono: “ma io non ce la faccio. Lui è più forte di me!” Se stiamo parlando di un ventenne alto un metro e novanta certo, lo capisco. Ma nel caso di un bambino di due, tre, sette, dieci, dodici anni il problema non è che è più forte di te o non ce la fai. Il problema spesso è che abbiamo paura. Abbiamo paura della sua reazione, o di non farcela, o di non essere capaci di sostenere e gestire questa aggressività. Tu sei l’adulto e volendo hai tutte le capacità per fermarlo, contenerlo senza innervosirti. Accogliamolo, abituandolo ad avere fiducia in noi Mentre sei lì che eviti che si faccia male contenendolo, puoi iniziare a parlargli a trasmettergli accoglienza ed empatia. Ad esempio possiamo dire, già mentre lo teniamo con fermezza da subito: “Amore… Mamma mia, sei tanto arrabbiato. Cos’è successo? Io lo so che cosa è successo, sai? Adesso sfogati. Lo so, amore mio, lo so. Dopo poi lo vediamo e risolviamo… adesso piangi pure… Sei tanto arrabbiato amore mio, lo so.” Se non accetta e scappa, se non si sta facendo male, lascia pure che scappi ma vagli comunque dietro. Magari stai a distanza, ma non quella distanza di chi ha paura. Quella distanza di chi sente e capisce quale debba essere il confine tra di voi. Ma intanto sei lì con la tua presenza, non lo stai giudicando e lo stai accogliendo. Molto spesso, quando si contengono i bambini, ad un certo punto senti proprio che loro rincarano la dose e spingono più forte, cercano di morderti in tutti i modi, mentre tu continui a fermarli perché non si facciano male o non facciano male. Come ti dicevo, esplodono perché sentono che tu non li stai giudicando e possono tirare fuori tutto ciò che hanno da tirare fuori. A questo punto, se tu continui ad essere tranquilla e serena, in genere succedono due cose: 1. O si calma singhiozzando piano o spegnando piano piano il pianto 2. O esplode tirando fuori tutto quello che deve esplodere. Poi comincia a piangere in modo diverso, con un pianto di sentimento che non è più il pianto della rabbia. È come un’onda e tu in questo modo ci sei stata dentro. Lo hai accolto, lo hai assistito, sei stata con lui nella curva che doveva arrivare a un picco per poi riscendere. Una volta fatto questo, il bambino si tranquillizza o si dimentica, comincia a giocare oppure è il momento in cui c’è bisogno di fare il passo successivo: risolvere. 5. Risolviamo “Allora adesso ce lo diciamo cosa era successo? Stavi giocando con i Lego. Lui è arrivato lì apposta. Ti ha dato un calcio sulla stazione della polizia. Amore… Vieni con me. Adesso glielo andiamo a dire e piano piano la ricostruiamo insieme. La facciamo bella com’era prima. Vieni, amore mio.” Se il bambino inizia a vedere questo da noi diventerà ogni volta più aggressivo perché noi non l’abbiamo picchiato o non lo abbiamo punito? No, i bambini sono per natura buoni. Loro lo sanno che non si rompono i giochi, non si morde, non si picchia e infatti non lo farebbero. Ma è l’unica cosa istintiva che riescono a fare in quel momento per liberare il malessere, il dolore che provano dentro. Allora se noi facciamo in questo modo, gli facciamo vedere che non li giudichiamo, che siamo davvero i loro Aiutanti Magici, che accogliamo senza giudizi, senza aspettative e poi risolviamo, possiamo iniziare a dire loro: “Amore, la prossima volta vieni a dirlo alla mamma. Qualsiasi cosa sia successo, vedi che mamma non ti sgrida. Non è successo niente. Mamma, lo capisce e ti da una mano. Perché quando stai così male, amore, quando ci sono le cose che ti fanno arrabbiare così tanto e che ti fanno tanto male come si fa da soli? Non si può! Si chiede aiuto a mamma. Si viene da papà e si chiede aiuto.” In questo modo ecco che educhiamo i nostri figli alla fiducia verso di noi. Tempo due, tre, quattro volte o il tempo che sarà necessario (ma non è moltissimo, te lo posso garantire) invece di scoppiare si metterà a piangere, verrà da noi e ci dirà che cosa è successo e ci chiederà di andare a vedere cosa è successo. Nel frattempo iniziamo ad osservare, a cogliere la motivazione e a risolvere prima che queste esplosioni avvengano. Riassumendo i suggerimenti sono: 1. Nessuna etichetta: tuo figlio non è mai cattivo 2. “Allenarsi” a cogliere la motivazione anche a posteriori e abituarci ad osservarlo 3. Intervenire per risolvere, fermarlo, contenerlo in modo che non si faccia male: in questo modo facciamo sì che possa sentire la nostra presenza ferma, non arrabbiata, sicura di noi. 4. Lasciamo che si sfoghi, se è necessario, mentre lo accogliamo. Abituiamolo ad avere fiducia in noi e ad esprimersi anche man mano con le parole. 5. Risolviamo con una soluzione concreta, rimediamo Magari tuo figlio non riuscirà a farlo da subito se ha solo due anni ma, usando la perseveranza vedrai che pian piano negli anni, crescendo, imparerà a esprimersi invece che accumulare e poi esplodere. Iniziare da oggi a prendere dimestichezza con i 5 passi di questo articolo: è così che stai mettendo i semi perché questi episodi in cui tuo bambino comincia a rompere tutto quello che trova in casa, ti morde o diventa aggressivo siano nel tempo sempre meno numerosi. Se vuoi approfondire questi argomenti puoi anche leggere questi articoli: Bambini che lanciano oggetti e urlano: ecco cosa fare Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle) Rabbia bambini: 4 passi per gestire crisi di Rabbia e crisi Isteriche
Smettila di essere Aggressivo! 5 motivi che scatenano l’aggressività dei bambini con i genitori e a scuola
A volte i bambini picchiano la mamma, lanciano oggetti, mordono, tirano calci, urlano, sono aggressivi a scuola verso compagni, insegnanti, verso le cose… Prima di capire COSA fare, è fondamentale capire PERCHÈ i bambini arrivano a essere aggressivi a casa, a scuola o con gli amichetti. Ci sono molti motivi che sviluppano tensione, rabbia e aggressività e forse molti di questi non te li aspetti nemmeno. Capita che ci siano genitori che mi dicono: “io sono dolcissimo con mio figlio, non faccio nulla di estremo, cerco di prenderlo per le buone. In casa nessuno picchia, nessuno alza le mani, eppure lui…” Spesso i bambini quando sono molto piccoli e cominciano a picchiare, a tirar calci o a innervosirsi hanno l’esempio di adulti di riferimento che, senza rendersene conto, alzano la voce, spaventano: “Basta! Ti ho detto smettila. No eh! Dammi sta roba. Basta adesso!” “No fermo! Smettila!” Oppure sbattono le porte quando sono arrabbiati, strattonano le cose, sbattono le ante degli armadietti, ecc. Risposte di questo tipo, banali e comuni, bastano per generare nel bambino tensioni e paure che necessariamente ha bisogno di scaricare all’esterno. Soprattutto nella prima infanzia quando i bambini non hanno ancora dimestichezza con le proprie emozioni e con la capacità di verbalizzarle o farsi aiutare da un adulto a gestirle. Possono esprimersi solo con quello che conoscono, il pianto e il corpo. Nel momento di gioia, tranquillità e serenità abbracciano, sorridono, ballano, ma quando il corpo è carico di tensione allora picchiano, urlano e tirano calci. Bambini che rompono tutto, graffiano, picchiano i genitori: ecco 5 motivi che scatenano l’aggressività 1. Si arrabbia perché non sa ancora esprimere il suo problema La tensione si accumula anche quando i genitori non se ne rendono conto. A volte i bambini semplicemente sono contrariati, si irritano per un atteggiamento di qualche altro bambino, magari gli viene sottratto un gioco che stanno usando o non vogliono giocare con un amichetto insistente… magari sono stati presi in giro o papà e mamma non l’hanno capito, insistono perché non faccia qualcosa che lo incuriosisce molto… Il bambino si irrita, è piccolo, non sa ancora esprimere il suo problema a parole, la sua difficoltà e chiedere aiuto, lo fa col corpo, lo fa con quella che noi chiamiamo “aggressività”. 2. I bambini diventano aggressivi per la tensione che accumulano Un altro motivo è l’accumulo di tensione “specchio”. Anche se sembra un concetto marziano, davvero i bambini assorbono dall’ambiente circostante. Se mamma e papà sono in tensione, sono stressati, si lamentano, se si trattengono ma sbatterebbero volentieri tutto se solo potessero… Se cercano di essere una maschera di porcellana bella sorridente, ma dentro bollono, sono una pentola a pressione che sta per scoppiare, il bambino lo sente e assorbe questa tensione che necessariamente, prima o poi, deve sfogare. È sufficiente qualsiasi evento, anche quello più inaspettato, per farlo saltare con un capriccio, un calcio o un morso. 3. Il bambino diventa aggressivo perché difende il suo spazio Altre volte i bambini hanno bisogno di difendere il loro territorio. Tengono molto ai loro giochi, tengono molto a mamma e papà, tengono molto ai loro spazi che per loro sono una sicurezza, una garanzia del mondo con il quale possono interagire, del fatto che loro esistono, che possono interagire toccando, sperimentando… Nel momento in cui sentono vacillare il predominio su questo territorio perché qualcuno gli prende il gioco, perché papà o mamma dicono “Basta! Adesso tutte queste cose non le tocchi più” hanno bisogno di difendersi o di esprimere la delusione. Se noi genitori non sappiamo mediare e gestire al meglio la situazione includendo anche l’emotività di nostro figlio, è molto probabile che lui reagisca con l’aggressività. 4. Non ha limiti Una causa paradossale dell’aggressività nei bambini è la mancanza di confini. Quando un bambino sente di avere di fronte un genitore insicuro, un genitore che non sa scegliere, magari fragile, va in confusione. I bambini hanno bisogno di tanto, tanto amore ma, allo stesso tempo, hanno anche bisogno di fermezza, di sentire di avere davanti un genitore che sa decidere, che sa dire di no in modo adeguato. Oggi la maggior parte degli adulti è fragile. Non sappiamo prendere delle decisioni, non sappiamo dire NO senza rabbia, senza urlare con equilibrio e fermezza, non sappiamo non cambiare idea. Spesso mamma e papà delegano la decisione al bambino in merito a scelte della quotidianità che sono di competenza dell’adulto: “Andiamo adesso? Andiamo dopo? Vuoi mangiare? Cambiamo il pannolino? I compiti, boh? Li facciamo adesso? Forse preferisci andare prima di là, forse… ma… non lo so…” Questa forma di insicurezza è una grande fonte di stress per i bambini. Loro hanno bisogno di sentire tutta la forza interiore del genitore. Se manca si sentono destabilizzati, impauriti e spesso reagiscono proprio con l’aggressività. 5. Bambini aggressivi a scuola e con altri bambini Capita spesso di assistere a bambini che diventano aggressivi o aumentano la loro aggressività quando inizia la scuola dell’infanzia. Devono stare otto ore attenti, seduti, concentrati, ad ascoltare senza avere la possibilità di esprimersi, a fare esercizi magari noiosi e ripetitivi. I bambini, ad un certo punto, sentono di dover esplodere, di doversi ribellare. E lo fanno manifestando un comportamento aggressivo. 4 soluzioni per l’aggressività e la rabbia dei bambini Che cosa fare? Prima di tutto osserva la tua quotidianità, osserva la tua interiorità, osserva il rapporto che hai con tuo figlio. Magari la motivazione è una di quelle elencate sopra. 1. Osserva il tuo atteggiamento Non te ne rendi conto e forse accumuli stress, tensione, con tuo figlio sei molto dolce ma dentro sei un vulcano che sta per eruttare e tuo figlio lo sente. A volte non te ne accorgi e sei stanca, frustrata, non ce la fai più, sei alla fine della giornata, ti scappa la pazienza o ti scappa la piccola sberla, lo strattoni dalla maglietta anche se non volevi farlo. Hai un atteggiamento duro, scontroso, ti arrabbi, alzi la voce… tutto questo serve ad alimentare le frustrazioni di tuo figlio. Cerca di mantenere la CALMA prima di tutto. Come? Distraiti, prenditi degli spazi per te, dedicati qualche minuto nella giornata, ricomincia da qualcosa che ti piace, ma fai il possibile per ricaricare le batterie e per riposarti. Non possiamo essere calmi e pazienti con i nostri figli se non ci riposiamo e non pensiamo anche a noi e al nostro benessere. Ogni mamma sa benissimo per esperienza che nei giorni in cui è più serena e riposata riesce a gestire meglio qualsiasi situazione con i figli, “capricci” compresi! 2. Attenzione al ritmo Osserva la giornata, la settimana e fai attenzione ai ritmi troppo frenetici. I genitori che non sanno gestire al meglio l’organizzazione familiare e vanno continuamente in confusione, dimenticano le cose, si lamentano, sono nel caos perenne, passano involontariamente questo stress ai figli. Trova il modo di rendere fluida la scaletta delle cose da fare, degli impegni di ognuno, fai sì che il ritmo rispetti i tempi di tutti i familiari. Anche il ritmo della giornata è le cose da fare sono riferimenti importantissimi per il bambino, perché gli danno serenità e tranquillità. In questa nuova organizzazione è necessario far attenzione a un buon tempo per coltivare la relazione con tuo figlio: ascoltarlo, accoglierlo, dargli il tempo per sperimentare e sostenerlo, raccontare, dargli il tempo di sbagliare e rimediare, il tempo per le coccole, il tempo per gestire i tuoi no e i suoi no. Quando succede qualcosa o fa un capriccio cerca di non partire subito con “NO smettila!”, cerca di comprendere cos’è successo. Guardalo negli occhi, prenditi del tempo per giocare con lui in modo che si senta rassicurato, accolto e considerato. 3. La qualità dell’ascolto Quando ascolti tuo figlio, quando sei disponibile, quando riesci a essere ferma senza delegare le scelte, focalizzati sui suoi bisogni, concentrati su di LUI. Prova prima a ragionare sui mille NO che ti partono per qualsiasi cosa: “Non andare lì. Aspetta! Adesso no. Dobbiamo farlo dopo, sempre dopo, e continuamente dopo” Prova a pensare se di quei mille no qualcuno puoi non dirlo. Magari scopri che solo 200 sono NO utili e gli altri sono solo freni. I bambini diventano aggressivi quando sentono limitata la loro creatività, la possibilità di esprimersi, la possibilità di essere se stessi. Allora cercare di dosare questo atteggiamento, di fargli capire che anche se il tuo è un No, hai comunque compreso molto bene la sua motivazione, sei con lui, sei empatico… Questo lo rassicura tantissimo e lo aiuta a gestire meglio la sua interiorità. 4. Il contenitore fisico Le punizioni e le sgridate alla lunga con tuo figlio non funzionano. I bambini aggressivi puniti o sgridati possono solo peggiorare il loro stato d’animo. Il contenitore fisico è la vera alternativa. L’abbraccio, la coccola, la stretta amorevole, il tocco, il contatto visivo, la carezza, la calma interiore che tu genitore puoi trasmettere a tuo figlio sono perle. Ora che hai queste soluzioni non ti resta che mettere in pratica. So benissimo che non è sempre semplice all’inizio, ci vuole tempo, ma la buona notizia è che la perseveranza fa miracoli! Da ricordare: l’aggressività dei bambini è una “ribellione” che ha bisogno di essere sfogata e accolta Come hai già letto un bambino che morde, alza le mani ai genitori o lancia gli oggetti è un bambino che ha bisogno di liberarsi di uno stato d’animo “scomodo”. C’è qualcosa che vuole comunicare, una difficoltà che non riesce a risolvere, delle emozioni forti che non riesce a scaricare se non con il corpo o verbalmente. Non ha imparato un’altra modalità e quindi si esprime con quelli che noi definiamo atteggiamenti aggressivi. I bambini hanno bisogno di sentirsi compresi nei loro bisogni. Non hanno bisogno di essere attaccati a loro volta. Ti faccio l’esempio del fuoco e dell’acqua. Se davanti a un bambino aggressivo (il fuoco) mettiamo altro fuoco otteniamo semplicemente un fuoco più grande, se mettiamo della benzina anche, anzi peggio. Se noi, vicino a questo fuoco, mettiamo dell’acqua neutrale, limpida e pulita il fuoco non può fare altro che spegnersi. Ti suggerisco di ricordare questa metafora proprio nei momenti in cui dovrai affrontare un episodio di aggressività di tuo figlio. I bambini aggressivi spesso si ribellano a qualcosa che sta loro molto stretto Non solo regole e limiti (che ovviamente sono necessari), ma anche qualche No detto malamente, magari un atteggiamento repressivo dell’adulto, un modello educativo molto rigido fatto di troppe punizioni, troppi no, troppe sgridate, troppe alzate di voce, troppi “Stai fermo! Quello non farlo, lì non andare” La parola aggressività è un’etichetta, ma nella realtà è solo la manifestazione di un bisogno. È sempre un segnale di una richiesta di aiuto da parte dei bambini. Forse stiamo sottoponendo nostro figlio alla frequentazione di un ambiente, scolastico, familiare o altro, che non gli permette di manifestare sé stesso. Infatti per natura i bambini non sono né ribelli, né aggressivi. Sicuramente c’è il bambino che ama di più muoversi, correre, il bambino che ha un tono di voce più alto, il bambino che ama mettere in disordine, differente rispetto a un bambino che fa le cose con più calma, più lentamente, magari non ha bisogno di mettere tutto in disordine per giocare, magari crea in un altro modo, in un modo che noi definiamo più tranquillo, più sereno. Si tratta semplicemente di nature differenti, di talenti differenti. Quando assistiamo all’aggressività, alla rabbia, all’ira, allo sfogo, abbiamo sempre uno stato d’animo non espresso, qualcosa che in un bimbo non è stato compreso, una ribellione che ha bisogno di essere sfogata e accolta. Spero che questa visione ti aiuti a comprendere sempre meglio il Libretto delle istruzioni di tuo figlio e come puoi aiutarlo nei suoi momenti di difficoltà in cui ha bisogno di te. Ha bisogno di un Aiutante Magico. Quindi, di sicuro non dobbiamo favorire le risposte aggressive o fare finta di nulla perché esprimono un bisogno, ma è utile, oltre alla fermezza necessaria in questi momenti, osservare la motivazione, risolverla a monte e ricordarci di accogliere il loro disagio invece di giudicarli. Per approfondire la causa dei comportamenti di tuo figlio puoi leggere: Perché i capricci di tuo figlio non sono comportamenti isterici e inspiegabili?.
Mi sento in colpa dopo una sgridata: come rimedio?
È successo anche a te almeno una volta di sentirti in colpa? So bene che i sensi di colpa arrivano a volte dopo che alziamo la voce con i nostri figli, dopo averli puniti o rimproverati, dopo esserci arrabbiati con loro, dopo avergli detto malamente un no che in fondo in fondo poteva essere un sì ma eravamo di corsa… … o quando non abbiamo tempo di stare con loro quanto vorremmo, quando abbiamo la sensazione di trascurarli o di non dare loro abbastanza. Come possiamo sopravvivere ai sensi di colpa? Come possiamo evitare di rimuginare e distruggerci dentro perché ci sentiamo in colpa? Forse si può riavvolgere il nastro e tornare indietro? Ci piacerebbe ma non so dirti come si fa e non credo che per ora sia possibile 😊 Però se vuoi un rimedio efficace ce l’ho, a me è servito tanto e serve tanto tuttora. Lo condivido volentieri anche con te, nella speranza che possa affrancarti dai giudizi e dalle colpe che a volte siamo così bravi a riservarci. E parlo anche di giudizi che ci riserviamo perché non solo a volte sentiamo questo senso di disagio e appunto “di colpa” che ogni tanto ci pervade, ci travolge come un’onda e non sappiamo come scansarci, come farcelo scivolare via da dosso… … ma anche scattano i giudizi, come se avessimo lì sulla spalla un giudice cattivo sempre pronto a criticarci, a dirci che abbiamo sbagliato, a dirci che non siamo capaci, che avremmo dovuto fare diversamente e meglio. Hai presente? Ma sai bene anche tu che questo “giudice” non ci serve affatto… Abbiamo anche noi bisogno piuttosto di un “Aiutante Magico” anche in questi momenti 😊 Il nostro aiutante magico che cosa ci direbbe? Secondo me si metterebbe lì con calma, seduto sul divano vicino a noi e poi ci direbbe: “Tranquilla/o… siamo umani… siamo umani… a volte sbagliamo ed è naturale che succeda… Se non si sbaglia non si impara. Siamo in cammino come i bambini quando crescono e pian piano imparano un sacco di cose e prima di impararle del tutto a volte o spesso sbagliano, fanno errori e questi errori servono proprio per capire con certezza cosa o come non fare”. Ma si può sbagliare anche due volte di fila? Certo che sì! Come un bambino che sta imparando a camminare e non sta subito dritto dopo la prima caduta, così come lo studente ha bisogno di ripetere più volte lo svolgimento di espressioni complesse prima di integrare il procedimento, così anche noi non sempre “impariamo la lezione” subito la prima volta, subito dopo la prima “svista”… o il primo senso di colpa. Eppure non è più il tempo di far leva sul nostro senso di colpa, rendere ancora più pesante quel macigno che ti schiaccia, che ti toglie l’appetito, ti toglie il sonno, ti umilia. È ora di vivere il senso di colpa come un “Aiutante Magico”. Sì, hai letto bene, come possiamo vivere i sensi di colpa come perfetti aiutanti magici? Che ne dici se iniziamo a vivere il “senso DI colpa” come “senso DELLA colpa”? Mi spiego meglio… Sono poche letterine che cambiano, ma fanno una differenza enorme, perché quando iniziamo a sentirci in colpa, invece di farci travolgere dal senso di disagio e dal giudizio nei nostri confronti, possiamo osservare piuttosto il senso della responsabilità che noi abbiamo verso quella determinata azione. Come posso “leggere” quello che è successo? C’è qualcosa di diverso che posso fare la prossima volta? Cosa posso imparare? Cosa vuole dirmi questa cosa che è appena successa e che forse non dovevo fare, non dovevo dire o dovevo fare diversamente? È successo. E meno male che è successo, perché così, in maniera ancora più forte, in maniera ancora più ampia, ancora più attenta io posso rendermi sempre più conto di cosa evitare la volta prossima. Esempio: mi sono arrabbiata, ho alzato la voce, e adesso mi sento tremendamente in colpa… Se per esempio mi sono arrabbiata con mio figlio, ho alzato la voce, gli ho detto malamente di andarsene di là da solo perché mi ha proprio fatto arrabbiare perché deve smetterla di dirmi di no e adesso mi sento tremendamente in colpa perché mi rendo conto che potevo agire diversamente… …invece di cominciare ad accusarmi, sentire il peso del disagio come un macigno, invece di dirmi che sono una cattiva madre o un cattivo padre, che cosa posso fare? Ecco i passi: 1) Mi fermo Mi fermo un secondo, faccio un bel respiro profondo, e posso dirmi per esempio: “Sì, è vero, ho esagerato, non è servito a nulla e potevo fare diversamente… non sono riuscita/o a fermarmi un attimo prima e provare a pensare a come potevo reagire” 2) Cosa posso fare la prossima volta di diverso? “Ok, questa volta è andata e in effetti non voglio più che succeda. Cosa posso fare la prossima volta di diverso?” 3) Ripercorrere quello che è successo Adesso (o appena avrai un attimo di tempo) prova con calma a ripercorrere quello che è successo. Senza rimproverarti puoi valutare che cosa fare la prossima volta invece di arrabbiarti. In questo caso per esempio puoi ricordarti di fermarti prima di esplodere (anche se all’inizio è dura), valutare come mai continua a dirti di no, comprendere il suo punto di vista e mettere in campo un po’ di fermezza se serve. E infine puoi valutare cosa modificare nella vostra relazione perché inizi a diventare più collaborativo quando serve 4) Allenati a reagire diversamente Servirà un po’ di allenamento, ma se lo fai diventare un obiettivo importante per te, allora puoi farci attenzione, concentrarti e tutte le volte che senti salire la rabbia puoi fermarti un attimo, accogliere come ti senti e ricordarti che puoi imparare a reagire diversamente e evitare di “sentirti in colpa” Si tratta di abbracciare la nostra responsabilità: cascasse il mondo da domani questo diventa il mio obiettivo principale per il prossimo mese. Puoi appuntarti quali sono le modifiche necessarie che puoi apportare alla vostra relazione e cosa può aiutarti per non arrabbiarti e ogni giorno provarci, un pezzettino alla volta, con calma, con convinzione e senza giudicarti. In questo modo il senso di colpa diventa davvero “senso della colpa”. Diventa un buon Aiutante Magico che ti aiuta a migliorare le cose. Diventa il segnale prezioso di una bussola che ti indica la strada migliore per te e per voi e come percorrerla. Se vuoi, puoi anche approfondire con questo articolo: Ti senti sbagliata e incapace? E invece sei perfetta così come sei.