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Tuo figlio odia i compiti e la scuola? Forse ha un buon motivo…
Come si spiega che i bambini e i ragazzi spesso non vogliono fare i compiti, li odiano e non chiedono mai che ne vengano dati di più? Perchè tuo figlio non vuole studiare e non vuole leggere? Perché non amano stare seduti ad ascoltare l’insegnante e non mettono volontariamente prima la sveglia la mattina per approfondire le lezioni e per arrivare a scuola in anticipo? Nonostante tutta l’organizzazione scolastica con spiegazioni, compiti, interrogazioni e voti come è possibile che non sembrino MAI ABBASTANZA PREPARATI e, passato qualche mese, a volte anche solo qualche settimana, NON RICORDANO più quello che hanno imparato se non qualche piccolo dettaglio o un discorso vago e a grandi linee? I bambini e i ragazzi perdono così in fretta la passione per lo studio e la curiosità di imparare tanto che arrivati alle scuole superiori sono a volte fortemente demotivati, tristi o ribelli (e quasi sicuramente è successo anche a te). Ecco perchè arrivano nel tempo a rifiutare di fare i compiti a casa, non vogliono studiare e non hanno nessun interesse per lo studio e l’apprendimento. Questo fatto proprio non si spiega. E se proprio vogliamo ridercela un po’, ogni tanto, invece di ringraziarci per il tempo che dedichiamo loro all’interno degli istituti scolastici, ci rispondono con ingratitudine in questo modo: «L.F: giustifica l’assenza del 25/05/1999 con: mi sto preparando con largo anticipo alla fine del mondo»; «L’alunno D.L. giustifica l’assenza con: ha ceduto una diga in Puglia (siamo in Lombardia)»; «Per festeggiare la sufficienza in arte L.S. spara un fumogeno dalla finestra dell’aula»; «C. aizza i compagni a lanciare penne e gomme verso il sottoscritto»; «In classe volano patate e altri ortaggi»; «L’auto della professoressa di storia è bersaglio degli sputi di F.S.»; «L’allievo F. non è sensibile ai miei stimoli culturali»; «La classe dopo ripetuti richiami continua a simulare un insistente terremoto battendo i piedi sul pavimento»; «In classe si inneggia alla rivoluzione»; A volte, invece, gli alunni sembrano disperati e adottano comportamenti preoccupanti: «D.L. abbaia durante la lezione»; «T.U. butta il proprio banco e la sedia del suo compagno fuori dalla classe per motivi ignoti»; «B.D. peregrina senza meta per la classe»; «L’alunno F.M. ritorna dal bagno dopo 20 minuti dicendo che non lo trovava»; «C. disturba la lezione dando testate al muro»; «R.P. si autoestrae un dente nell’ora di Filosofia»; Altre volte ancora, proprio come i neonati che, per non sentire il troppo disagio, si adattano e cercano di compensare, ecco cosa fanno: «D. dice di andare in bagno: va a fumare e torna con cappuccino e brioches a fare colazione in classe»; «L’alunno M. persevera nel dirigere e nell’allestire cori dall’anda mento REP (i compagni lo seguono impedendo la prosecuzione della lezione)»; «L’alunno M.S. costruisce con impegno la sorpresa trovata dentro il cioccolato, che si è mangiato durante la spiegazione» * Tratto da www.notadisciplinare.it Perché tuo figlio arriva a odiare la scuola, non vuole fare i compiti (e perché gli insegnanti sono dei Santi) Vogliamo spezzare una lancia a favore di tutti gli insegnanti che, quotidianamente, si prodigano con tutto l’impegno possibile per fare e per dare il meglio. Chi mi conosce lo sa: li definisco spesso angeli e individui che meritano la “santità”, perché cercano tutti i giorni di fare il loro lavoro in condizioni che non solo sono contro Natura per il bambino, ma anche contro la natura dell’insegnante stesso. Quindi, se tuo figlio non vuole fare i compiti o andare a scuola è perché ci siamo adattati ad un sistema obsoleto e inefficiente che a volte rallenta l’apprendimento, che non considera i ritmi del bambino né le sue tappe di crescita, le sue passioni e i suoi talenti. Se da un lato non abbiamo colpe, dall’altro di certo possiamo e dobbiamo fare il possibile per: 1️⃣ Diventare coscienti di tutte le Idiozie che stanno negando alle future generazioni di manifestare la loro genialità; 2️⃣ Conoscere quello che la loro natura prevede nell’ambito dell’apprendimento; quali sono le modalità con cui i bambini imparano velocemente e divertendosi; come recuperare tempo indirizzandoci verso le potenzialità di ciascuno; 3️⃣ Fare delle scelte secondo coscienza che, una volta applicate, possano portare al cambiamento. Adesso andiamo a vedere quali sono questi schemi e queste false credenze a cui ci adattiamo. I 4 falsi miti sull’Apprendimento che ti riveleranno perchè non vuole studiare e si rifiuta di fare i compiti “Dimmi e io dimentico. Insegnami e io ricordo. Coinvolgimi e io imparo” Benjamin Franklin 1° Falso Mito: perchè odia la lettura e i compiti? I voti sono un buon metro di giudizio per far comprendere al bambino a che punto è, e per spronarlo a fare meglio. Riflessioni su scuola e compiti A cosa serve dare il voto a scuola? Le attuali modalità comunicative basate su minacce e note: potrebbero umiliare bambini e ragazzi? Non sei in grado di sapere da solo che cos’hai o che cosa ti manca, e te lo devi far dire da un altro. Potrebbe essere che si mettono da parte talenti e passioni e invece si segue solo la strada del: “sono io che ti valuto, sono io che decido per te sulla base di un mio metro di giudizio personale e insindacabile”… potrebbe impedire all’individuo di essere davvero autonomo? Da solo non puoi sapere, il tuo senso critico non basta e ti serve sempre qualcuno dall’esterno che ti dica come stanno le cose I voti, soprattutto se usati in un clima di paura, hanno come conseguenza deleteria il fatto di crescere i rappresentanti delle future generazioni SFIDUCIATI, a caccia del premio o TIMOROSI DELLA PUNIZIONE, schiavi del fare anziché padroni dell’essere. Quello che invece dobbiamo fare è smettere di utilizzare il voto come arma di potere e coltivare nel bambino un proprio senso di valutazione sincero, neutrale e trasparente. Dobbiamo impegnarci affinché ritorni in lui la voglia di imparare per il gusto di conoscere, di maturare, di acquisire competenze sempre più sofisticate per migliorare se stesso, la propria esistenza e quella degli altri. Se provi a metterti nei panni dei ragazzi, scopri che oggi vivono troppo spesso tra una profonda apatia e uno stress elevato. Hanno come unico sottofondo la preoccupazione del compito in classe, della valutazione, di sapere e di ricordare nel momento in cui si trovano davanti all’insegnante, di fare bene i compiti e di finire, perché altrimenti… Quando invece tutta quest’ansia non c’è, vivono una sorta di noiosa rassegnazione dove prendono a spizzichi e bocconi qualche cosa che arriva dall’adulto, senza essere più in grado di autoalimentare la propria curiosità e la propria capacità innata di imparare da soli. In un clima simile come si fa a non perdere la voglia di fare i compiti? Come si fa non odiare scuola e apprendimento? 2° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè i bambini si annoiano a scuola? La modalità accademica e frontale attuale va bene per insegnare. Riflessioni su scuola e compiti Ci sforziamo di tenere gruppi di 18, 20, 25 bambini o ragazzi attenti e partecipativi senza riuscirci con quotidiana regolarità, perché usiamo i modi sbagliati per intrattenerli e stimolarli. Non è vero che sono più stanchi il venerdì oppure all’ultima ora. O meglio, è vero che lo sono, ma semplicemente perché hanno accumulato ore (se non una settimana intera) di noia e frustrazione. I bambini non sono fatti per stare fermi immobili a imparare, in ascolto passivo di un individuo che parla, sciorinando tutta una serie di informazioni che poi dovranno ripetere, memorizzare e ricordare per sempre. NOI SIAMO FATTI PER IMPARARE DALL’ESPERIENZA DIRETTA. Impariamo meglio se possiamo muoverci coinvolgendo anche il nostro corpo mentre apprendiamo. Impariamo davvero se possiamo trovare in modo spontaneo le soluzioni, se ci è dato di rispondere ai perché della vita trovando le risposte dentro di noi, senza doverle assimilare preconfezionate e impacchettate. 3° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè bambini e ragazzi a volte che si sentono inadeguati, incapaci e inferiori? Bisogna potenziare le debolezze. Riflessioni su scuola e compiti I voti avvalorano la frase che hai appena letto. Perché dare i voti se non per sottolineare le carenze di chi il voto lo riceve? Non possiamo nasconderci dietro una foglia, negando che consideriamo un “tre” negativo e che suggeriamo di correre ai ripari. Non possiamo neppure negare che spendiamo soldi in ripetizioni per le materie in cui i nostri figli sono carenti e non, ad esempio, per potenziare gli ambiti in cui sono bravi, nei quali possono esprimere al massimo i loro talenti. È vero che bisogna sapere di tutto un po’, avere delle basi che ci permettano di comunicare con gli altri e di vivere nella società, ma se potessimo approfondire le materie che rappresentano le loro passioni, vedremmo più bambini felici nelle scuole. È uno spreco di tempo e di risorse insistere dalle Elementari alle Superiori nel potenziare i temi che non risuonano con le passioni degli alunni, per portare allo stesso livello tutte le loro conoscenze e per omologarli ai coetanei. Faremmo invece un’ottima cosa per le future generazioni e per la società tutta se spendessimo più tempo a VALORIZZARE le CAPACITÀ e i TALENTI SPECIFICI di ciascuno. Questo richiede organizzazione, tempo e fatica? Bene, diamoci da fare! Cosa stiamo aspettando? L’obiezione è invece la paura che le cose ci scappino di mano? O di perdere il controllo sul bambino o sul ragazzo perché noi adulti sappiamo cosa è bene per lui? In questo caso faremmo meglio a osservare la nostra mancanza di fiducia e risolverla, impegnando le nostre risorse per far sbocciare e splendere i meravigliosi e unici talenti che ciascuno di loro possiede. Tu come ti sentiresti se ti costringessero a passare i pomeriggi a fare cose che non sono nelle tue corde e che non ti appassionano? Allora perchè bambini e ragazzi devono passare ore e ore a ripetere temi che non accendono la loro creatività e la loro passione? Dietro il “non voglio fare i compiti e odio la scuola” come vedi c’è un modo sommerso da scoprire. 4° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè la scuola limita la creatività? I programmi attuali garantiscono un’istruzione adeguata. Riflessioni su scuola e compiti Una cosa che ci ha sempre fatto riflettere e, che ancora oggi non capiamo, è la seguente: perché studiamo gli Egizi e i Romani iniziando sempre dallo stesso punto (anche se con gli anni aumentano la complessità e la quantità delle informazioni), alle Elementari, alle Medie e poi alle Superiori? Che pizza! Risposta: è giusto cara Roberta, perché possiamo dimostrarvi che dopo un tot di anni i ragazzi non si ricordano nulla. Meglio non ribattere a questa affermazione: Se un bambino o un ragazzo non ricorda ciò che ha ascoltato in classe la responsabilità è solo nostra, che non abbiamo saputo APPASSIONARLI e fissare il RICORDO VIVIDO nella loro memoria. Nessuno di noi è uno smemorato. Ne è dimostrazione il fatto che ci basta guardare anche una sola volta un film ben fatto, che ci appassiona, per ricordarne per tutta la vita i tratti salienti, le battute principali e la sequenza delle scene. Se solo lo permettessimo, i nostri ragazzi farebbero la stessa cosa con la Storia, la Geografia, le Scienze, la Letteratura ecc. È vero che hanno bisogno delle basi, che il tempo è poco e che sono in tanti ma, anche in questo caso, è un problema di organizzazione e di gestione delle risorse, non certo di capacità dei nostri adulti del futuro. Tutto questo si può ottimizzare per lasciare spazio ad altro e, nel nostro sistema scolastico, c’è troppa POCA PRATICA rispetto alla mole di nozioni teoriche insegnate. E ancora: Perché per esempio nelle Medie o nelle Scuole superiori non si abbonda con lezioni sulla MATURITÀ PERSONALE, su come avviare un’IMPRESA, sulla COMUNICAZIONE, su come SUPERARE I PROPRI TIMORI, sulla gestione della propria AUTONOMIA AFFETTIVA, sui RAPPORTI CON GLI ALTRI, sull’ APPRENDIMENTO veloce, sulle tecniche di visualizzazione, sul come sviluppare un PIANO STRATEGICO per realizzare un proprio sogno ecc.? Perché alle Scuole elementari i bambini non passano la maggior parte del loro tempo a imparare giocando? (scoprirai più avanti che in questa fascia di età apprendono fisiologicamente e spontaneamente in questo modo). A giocare a fare i grandi imparando la teoria da situazioni che simulano la vita di tutti i giorni? (se ti sembrano cose strane devi sapere che in diverse realtà questa modalità di insegnamento è la normalità mentre noi spendiamo ore ed ore per le spiegazioni razionali che per bambini di 6-7 anni sono incomprensibili e noiose). Come apprendono i bambini e i ragazzi: le soluzioni se non vuole fare i compiti Tutti attraversiamo differenti fasi di crescita. In ogni fase sviluppiamo determinate competenze necessarie per diventare individui autonomi e in grado di realizzare le nostre passioni, manifestando così noi stessi e dando anche un contributo agli altri. Se non hai mai sentito parlare delle tre fasi della crescita, ti suggeriamo di approfondirle il prima possibile: non conoscere il “Libretto delle Istruzioni” significa non sapere quali siano i bisogni affettivi ed emotivi di tuo figlio nell’infanzia e nell’adolescenza. Infatti, anche per quanto riguarda l’apprendimento, ogni fase ha le sue caratteristiche e, se le conosciamo e le applichiamo, possiamo superare numerose difficoltà che i bambini e i ragazzi incontrano sul loro cammino. Le fasce di età che vedremo tra poco sono schematiche per necessità di stesura. In verità, le varie fasi si susseguono in modo armonico maturando nel tempo, giorno dopo giorno, senza stacchi netti o cambiamenti repentini. Ora vediamo come si potrebbe prevenire l’odio per la scuola e per i compiti. Le modalità elettive con cui apprendono i bambini da 0 a 5-6 anni Sperimentazione Assorbendo in modo incondizionato dall’ambiente Sfruttando la fantasia Sperimentando nella pratica le loro intuizioni Qualche spunto per la pratica da 0 a 5-6 anni In questi anni il bambino ha bisogno giocare, giocare e giocare ancora. Deve poter vivere nel suo mondo di fantasia dove tutto è possibile, perché questo è il modo naturale in cui sviluppare e strutturare un proprio bagaglio di supporto, l’ottimismo e la sfera delle possibilità. Se viene limitato o trattato come un adulto troppo presto, oppure ridicolizzato, questo bagaglio si alleggerisce a danno degli anni successivi. In più, giocare rappresenta per i bambini l’unico strumento valido per conoscere, per sperimentare e per “fare le prove”, per immedesimarsi e sperimentare la vita di adulto. Le modalità elettive con cui apprendono i bambini e i ragazzi dai 6-7 a 15 anni Attraverso le parole delle persone di cui si fidano e di cui hanno stima Iniziando a sviluppare la loro facoltà razionale e logica Riuscendo a comprendere una regola esposta a parole Qualche spunto per la pratica da 6-7 a 15 anni Permettiamo loro di imitare le lettere con il corpo e di viverne prima i suoni con filastrocche e canzoni. Solo successivamente, diamo loro la possibilità di riprodurre il carattere stilizzato sulla carta con la penna. Per la Matematica portiamo torte in classe da dividere, oggetti, semi e legumi da suddividere. Giochiamo al mercato, cuciniamo utilizzando le dosi degli ingredienti, usciamo a misurare tutto il misurabile (scalini, strade con i passi, altezze ecc.). Per lo studio della Storia facciamo teatrini e scenette con costumi e atti di vita quotidiana. Per esempio, per tutta una settimana o tutto un mese siamo Romani, Egizi, Greci. Le modalità elettive con cui apprendono i ragazzi da 15 a 20 anni Sviluppando un proprio senso critico Mettendo insieme e potenziando tutte le competenze dei tre cicli Qualche spunto per la pratica da 15 a 20 anni In questa fase, aumentando naturalmente le capacità dell’individuo, anche la posta in gioco si alza. Quindi può capitare che un certo numero di formule chimiche si debba per forza ripeterle per ricordarle, così come può succedere per alcuni articoli di Diritto privato. Se al ragazzo è stata data la possibilità di maturare le proprie capacità di apprendimento seguendo ad esempio le indicazioni descritte, non farà fatica a integrare questa parte del suo sviluppo mentale. Gli sarà quindi naturalmente più semplice “studiare e ripetere a memoria” qualora si dimostri necessario. Comunque, anche per le formule chimiche e per gli articoli di Diritto c’è una via breve per semplificarci la vita e, anche questa volta, la troviamo partendo dall’esperienza pratica. Vediamo brevemente qualche soluzione. Per le formule chimiche Si ricordano meglio se, laddove possibile, abbiamo prodotto in prima persona quella sostanza in laboratorio, con tutte le precauzioni del caso, ma pur sempre dal vivo e avendo partecipato attivamente all’esperimento. Altrimenti la formula che dobbiamo imparare resterà sempre anonima e, non trovando prima il suo spazio nel mondo delle sensazioni, non potrà trovare nemmeno quello nei cassetti della mente. Per il Diritto (con il potere delle immagini e delle storie) Che differenza potrebbe esserci se, anziché aprire il tomo alla pagina x, e iniziare a leggere e a ripetere, facessimo così? Il professore ci dice che siamo chiamati a risolvere un caso che da qualche tempo sta affrontando e dice alla classe: “Ragazzi ho una difficoltà e cerco la soluzione. Mio nonno mi ha lasciato in eredità un terreno a cui era molto affezionato. Io non ci ho mai badato più di tanto, perché insegnando ho altro da fare. Ieri ricevo una telefonata dal mio confinante il quale mi dice che il terreno non è mio ma suo. Secondo voi è possibile? (e aspettiamo le risposte dei ragazzi). Lui sostiene che essendo stato incolto per molto tempo ed essendo che lui doveva per forza tagliare l’erba per poter arrivare al suo appezzamento, questo mio terreno è da considerarsi suo di diritto. Secondo voi è possibile? E se così fosse, allora, ragazzi, come è possibile definire il concetto di proprietà? Secondo voi com’è possibile tutelare proprietari e confinanti?”. Il tutto guidandoli e avvicinandoli a quelli che sono i principi del Diritto e, solo alla fine aprire il libro di testo per confrontare gli articoli e impararli a memoria. Per loro sarà molto più facile perché potranno naturalmente associare alla regola il film di immagini che si sono creati immedesimandosi nella storia del professore. Inoltre, sarà anche più facile, perché l’insegnante fin da subito nel suo linguaggio avrà utilizzato tutti quei termini che i ragazzi ritroveranno poi nel testo: non saranno delle cose sconosciute da dover infilare in testa, ma concetti già ben chiari che necessitano soltanto di trovare il loro ordine e di essere fissati.
Lockdown e Figli: 3 modi per non ri-friggerti nel 2021
Da mesi mi gira e rigira un’ossessione che non mi abbandona e che oggi condivido con te: perché alcune mamme continuano a raccontare che il periodo del lockdown è stato il periodo peggiore della loro vita e che sono arrivate addirittura a non sopportare più i loro i figli mentre… altre continuano a dirmi che per loro non è cambiato nulla, si sono divertiti come matti, ne hanno approfittato per fare ancora di più le cose che facevano prima insieme, ore intere a ridere e giocare ai loro giochi preferiti, fare lavoretti o attività che prima non avevano il tempo di fare…? Come è possibile che per Francesca il 2020 è stato l’anno peggiore di sempre mentre per Marta è stata una preziosa opportunità per stare ancora meglio con i propri figli e in famiglia? Figli fra quarantena, zona rossa e coprifuoco… Ebbene sì, anche se ti sembrerà molto strano: 👉 per alcune mamme stare chiuse in casa fra con i figli è una fortuna, un modo per cementare ancora di più una relazione che già da prima “funzionava” 👉 per altre è un vero inferno fatto di litigi, capricci, urla, nervosismo, pianti, lamentele, sgridate, ripetere 267 volte le stesse cose… Alcune mi hanno anche confidato che per la prima volta si sono pentite di averli fatti nascere, che se sapevano che sarebbe finita così era meglio non fare figli (o adottarli). Naturalmente non voglio innescare un paragone o un sentimento di profonda delusione se per caso in questo momento ti senti o ti sei sentita proprio quella mamma che invece di difficoltà ne ha avute e ne sta avendo parecchie. Voglio soltanto condividere delle riflessioni che possono rivelarsi preziose per tutti noi. 3 aspetti che quasi tutti ignorano Dopo 28 bambini e ragazzi in affido e tutte le esperienze con migliaia di famiglie vissute negli ultimi 14 anni ho compreso che alla fine a fare la differenza sono 3 aspetti che quasi tutti ignorano. E il lockdown e la chiusura forzata in casa ha confermato definitivamente e all’ennesima potenza queste mie osservazioni e scoperte. Eccole qui. 1.Eruzioni vulcaniche (ovvero l’arte di saper restare calmi) Sapere come gestire se stessi, restare calmi e gestire rabbia/nervosismo che inevitabilmente arrivano durante la giornata si conferma essere l’abilità numero 1 sia per la gestione in generale della tua vita e sia per la gestione della relazione con i tuoi figli. Ti devi sempre immaginare come un vulcano con 10 livelli all’interno, dove il livello 0 è la calma zen assoluta e 10 è l’eruzione disastrosa, quella che fa danni molto seri. 🟠 Ogni volta che arriva un imprevisto… 🟠 Ogni cosa che accade e che ti dà fastidio… 🟠 Ogni volta che qualcuno non fa quello che vorresti… il livello di lava sale al tuo interno. E più la lava si accumula e più diventi nervosa, impaziente, irritabile fino ad arrivare al livello 10 dove perdi il controllo, cominci a urlare, sgridare, punire, fare e dire in automatico quello che forse anche i tuoi genitori dicevano e facevano con te da piccola. La capacità di riconoscere quando la lava sta salendo, di gestirla al tuo interno e avere gli strumenti per raffreddarla sul nascere prima che arrivi al livello 10 è quello che io chiamo “il balsamo per l’anima”. Un balsamo che calma, rassicura, rasserena, ti fa sentire finalmente che hai il controllo di te stessa, aumenta la tua pazienza e la tua sicurezza interiore, che sono ingredienti fondamentali per chi oggi è genitore. Ecco perché il lockdown ha fatto esplodere tante famiglie, è stato un vero cocktail esplosivo di: 1️⃣ Paura del futuro, paura di ammalarsi, paura di restare senza lavoro o peggio perdita effettiva del lavoro 2️⃣ Restare chiusi in casa con i figli per un periodo lunghissimo e magari con tutto il bagaglio dello smart working 3️⃣ Restare chiusi in casa con il proprio marito o moglie per un periodo lunghissimo e con la presenza dei figli che amplificano x 100 tutte le dinamiche In questa situazione straordinaria non sapere come gestire la lava interna della rabbia porta inevitabilmente a litigi, incomprensioni, conflitti con i figli e mariti/mogli. È inevitabile che accada e sarà sempre così se non sai come fare. 2. Il manuale (ovvero il Libretto delle Istruzioni) Fiumi di libri sono stati scritti sul tema infanzia/adolescenza e ancora nel 2021 la maggioranza di questi continua a descrivere situazioni che non esistono, soluzioni inventate o tramandate o copiate che non considerano la natura dei figli di oggi e che difficilmente funzionano e soprattutto difficilmente agiscono sulle cause e danno risultati duraturi nel tempo. I figli di oggi sono 10.000 volte più svegli, intelligenti e veloci di noi, e poi: 1️⃣ Vivono e ricevono input da un mondo veloce che fino a 50 anni fa non esisteva fatto di informazioni, schermi, telefoni, videogiochi, internet, youtube, tablet 2️⃣ Sono sensibili, amorevoli, leggono quello che pensiamo e viviamo dentro di noi, hanno idee straordinarie e un’intelligenza fuori dal comune… …e noi cosa facciamo? Ci impuntiamo e vogliamo relegarli con una educazione obsoleta che hanno usato i nostri genitori con noi o che abbiamo sentito usare in giro e che non rispecchia il modo in cui andrebbero aiutati a crescere, e mica perché ci divertiamo, anzi! Lo facciamo spesso perché non abbiamo alternative, perché nessuno ci ha insegnato a pensare al bambino o al ragazzo in maniera diversa, nessuno ci ha dato delle alternative valide e lungimiranti. Vogliamo che stiano fermi e zitti e congelarli come nostro padre faceva con noi o perché crediamo che sia l’unico modo per farli stare fermi. Vogliamo che siano sottomessi e ubbidienti come magari noi eravamo con i nostri genitori o perché così è più comodo per noi gestirli e avere l’impressione che stiamo facendo un buon lavoro. Nella maggioranza dei casi non succederà, tuo figlio si ribellerà, si arrabbierà, non ti ascolterà (e se ti calmi un attimo, ti liberi da tutti i pregiudizi che hai nei suoi confronti e ti metti nei suoi panni potrebbe aver ragione lui) oppure finirà per chiudersi in se stesso, allontanarsi da te perdendo la fiducia nella vostra relazione. Perché? Perché per ogni fase di crescita esiste il Libretto delle Istruzioni, cioè come tuo figlio funziona “dentro” nella testa e nel cuore. E se il libretto prevede che a 5 anni tu spinga il pulsante verde ma tu continui a spingere quello rosso la vostra relazione non funzionerà mai, i “capricci” ci saranno sempre e continuerà a non ascoltarti E il vero problema non è tuo figlio e non sei neanche tu: semplicemente nessuno ti ha detto quale sia il pulsante giusto da premere, la parola giusta da dire, l’atteggiamento corretto da avere, e soprattutto quello che bisognerebbe evitare per non peggiorare la situazione. Senza la conoscenza di come funziona tuo figlio in ogni fase della sua crescita, viaggi senza bussola e senza cartina, ti smarrisci continuamente, non sai cosa fare, viaggi alla cieca senza una chiara destinazione, perdendo un sacco di tempo e non avendo mai la certezza se stai andando nella giusta direzione. Fai una gran fatica senza ricevere quella soddisfazione che come genitore meriti per tutte le responsabilità che ti stai prendendo sulle spalle. Ecco perchè non è possibile crescere i figli di oggi restando aggrappati al vecchio modello di “genitore”. Oggi tuo figlio ha bisogno di un genitore che sia un vero Aiutante Magico, di un adulto che conosce la sua emotività, che lo osserva, che comprende la causa dei suoi comportamenti, che ha le soluzioni, e che sa sempre cosa fare e dire nel momento giusto, compresi no e regole 3. Il tempo cattivone (ovvero l’arte di saper trovare il tuo maggiordomo) L’ultima abilità è la capacità di gestire il tuo tempo, di organizzarti, di saper scandire i momenti e il ritmo della giornata in base all’età di tuo figlio. E dal 2020 si aggiunge anche la piccola sfumatura di sapere gestire il lavoro da casa mentre i tuoi figli sono… a casa!!! Gestione del tempo e organizzazione significa: 🟠 trovare la pace mentale e la serenità anche nel caos degli imprevisti perché sai come organizzare ogni momento della giornata 🟠 avere la sicurezza di sapere sempre cosa fare e di quali sono le vere priorità 🟠 avere figli più calmi e collaborativi perché (anche se ti sembrerà assurdo) sentono e vedono che hanno un adulto che si muove organizzato e sicuro durante la giornata (aspetto che li fa sentire più sereni) 🟠 trasformare il tempo da tiranno che ti ruba i minuti a un vero maggiordomo che ti serve e ti aiuta a ottenere quello che vuoi, a gestire ogni situazione con calma e pazienza
Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo
Presi come siamo dalla nostra frenetica routine quotidiana, abbiamo spesso l’impressione che le giornate scivolino via senza che la lista delle cose da fare si accorci, o senza che riusciamo davvero a goderci i nostri figli! Ma come possiamo migliorare la qualità del tempo dedicato ai figli? Vediamo oggi 4 soluzioni. 1. Non hai tempo per tuo figlio? Soluzione: inverti le priorità Quando torni a casa dal lavoro, magari hai già la testa in cucina: “Che cosa preparo? Quando finisco le faccende domestiche? Quando faccio la lavatrice? Suggerimento: non lasciare il tempo con i figli in coda alla lista! Scardina il meccanismo del “prima il dovere e poi il piacere”: basta poco per farli sentire coccolati e ascoltati. Quando arrivi in casa, fai in modo che il tuo primo pensiero siano loro: “Amore, sono a casa! Non vedevo l’ora di tornare per giocare un po’ con te!” Basta una partita a carte, un gioco da tavolo, prendere un tè con le bambole o una gara di macchinine: anche se pensi di perdere del tempo, in realtà lo stai guadagnando! Perché in questo modo si sentiranno appagati e vi lasceranno più tempo dopo da dedicare alle faccende di casa. Prova e vedrai quanto tempo guadagnerai. 2. Tempo di qualità o quantità con i figli? Soluzione: ritorna bambino Per i bambini e i ragazzi non conta tanto quanto tempo trascorri con loro, ma COME. Se trascorrete insieme anche un intero pomeriggio, ma non li ascolti perché ha la testa altrove o guardi sempre il cellulare, quel tempo non vale molto. Prenditi invece anche solo mezz’ora da dedicare in maniera immersiva ed esclusiva a tuo figlio: stacca il cervello dalle cose da fare e spegni il cellulare. Goditi il gioco e prova a tornare bambino! Si tratta di semplici accorgimenti per instaurare una routine familiare che non dimentichi i momenti piacevoli da passare in compagnia dei figli, chiudendo fuori il mondo e facendo iniziare il gioco! 3. Non lo capisci? Soluzione: mettilo sempre al primo posto Tuo figlio ha bisogno di sentirsi sempre in qualche modo “visto, considerato”. Ha bisogno di sentire che noi siamo interessati a quello che lui fa, a quello che lui dice, che noi lo consideriamo. Ci sono 3 passi che possono aiutarti a migliorare la qualità del tempo che trascorrerete insieme e per farlo sentire al primo posto! Passo 1: occhi Una delle cose migliori che puoi fare è guardarlo negli occhi quando parla. Fermarti un secondo, guardalo negli occhi e ascolta quello che ha da dire. Anche nella tua situazione lavorativa classica, se parli con un collega e lui intanto fa altro, ti senti considerato? Forse non molto? Se lui ti parla mentre fa altro non riesce a connettersi davvero con te, a guardarti negli occhi, ad essere concentrato su di te e sull’emotività che ti accompagna. Non può capire: “Secondo me questa cosa non ti è piaciuta tanto. Ti stai un po’ arrabbiando. Forse ti dà fastidio, ma non me lo stai dicendo”. Senza lo sguardo non si colgono queste cose. E con i bambini è uguale. Spesso noi genitori ci lamentiamo: “Non riesco a capire che cosa prova” Ecco perché. Perché non lo guardiamo abbastanza. Nel momento in cui lo guardi un po’ di più, lo osservi, fai qualche domanda in più guardando che faccia fa, la luce che ha negli occhi, come si muove, che cosa dice… Allora vedrai che diventa tutto più facile. Gli occhi sono lo specchio dell’anima e guardare tuo figlio gli permette di sentirsi amato, accolto, di sentire che lui esiste e che esiste per l’amore di mamma e papà, il vero motore e l’alimento che lui desidera di più. Passo 2: abbassati Abbassati alla sua altezza ogni volta che ti è possibile quando vuoi comunicargli qualcosa. Passo 3: sentimenti Chiedigli spesso come si sente: si sentirà ascoltato e imparerà a sua volta ad entrare in contatto e a riconoscere i suoi sentimenti. Quando rientra da scuola o dalla scuola materna, per esempio, evita di chiedergli: “Come è andata?” (lui si proietta nel fare e nella performance) e chiedigli piuttosto: “Come ti senti? Come sei stato stamattina a scuola?” (si sente messo al primo posto e sente che per mamma e papà è importante innanzitutto lui come individuo e non per quello che fa) 4. Trascorro poco tempo con mio figlio! Soluzione: Organizza esperienze di (estrema) qualità Sarebbe molto comodo avere figli che “dove li metti stanno”, e sappiamo benissimo che il tempo è sempre poco. Ma… quando possibile possiamo giocarci la carta della sperimentazione senza limiti. Infatti i bambini e i ragazzi, per imparare, per crescere, per scoprire come risolvere i problemi quando saranno grandi, per avere fiducia e stima in se stessi, hanno bisogno di fare, di sperimentare, di sporcare e di sbagliare. Non ti preoccupare solo del riordino: poi metteranno a posto, perché tu gli dai l’esempio. Se tu sei ordinato, loro saranno ordinati, se non hai conflitti e lotte di potere con loro, ti seguiranno e se tu pulisci, loro puliranno… I bambini hanno bisogno di sperimentare! Cogli l’invito e prova a non metterli di fronte a una classica lezione da apprendere a memoria e ripetere fino alla noia, prova a metterli davanti a un’esperienza. 👉 Organizza esperienze nuove: portali per esempio in un weekend di viaggio, magari in una fattoria a vedere gli animali, dove sia possibile toccare le bestiole, accarezzare i cuccioli, provare a dar loro da mangiare… 👉 Fagli vivere delle esperienze sensoriali che scatenino in loro la voglia di farti delle domande, di sentirti rispondere ai loro perché, di trovare loro per primi delle risposte. I bambini e i ragazzi non sono dei vasi vuoti. Sono pieni di sapere e il loro nutrimento è dato dall’esperienza, vedere il mondo, toccare con mano. 👉 Quando gli proponi un giocattolo, prova a sostituire un artefatto perfetto, un bambolotto o macchinina che fanno tutto da sé, con dei materiali con cui tuo figlio possa costruire, creare, strappare, incollare, ricucire… Questo sarà un vero insegnamento per la sua vita da adulto. Sperimentando in prima persona impara, già da piccolo, l’unica verità importante: ognuno può plasmare la propria vita. Quindi raggiungere i sogni è possibile, creare, fare delle domande, trovare le risposte dentro di sé…
Bambini che lanciano oggetti e urlano: ecco cosa fare
Cosa fare quando un bambino a casa lancia gli oggetti, urla, picchia e alza le mani? Per quale motivo si comporta in modo aggressivo con te o con un altro bambino? Spesso i bambini iniziano da piccoli ad avere questo tipo di reazioni fisiche ed esplosive e ad essere maneschi. In questo articolo ti spiego il perché e come può comportarsi un genitore in queste situazioni. Perché mio figlio lancia gli oggetti, urla sempre o mi picchia? In genere i bambini iniziano a reagire lanciando le cose, picchiando, urlando o rompendo oggetti quando sono piccoli, ad esempio anche intorno all’anno e mezzo. Il motivo è che non hanno ancora la capacità di comunicarci cosa sentono, quali emozioni stanno provando. Naturalmente sarebbe bello e semplice se loro ci dicessero: “Tranquilla, voglio dirti solo che sono in crisi. Siediti. Siediti sul divano serena e tranquilla. Ti ho preparato anche una tisana. Ti devo dire che sono incavolato nero. Avrei voglia di spaccare tutto in questa casa. Perché non stai mai con me? Ho bisogno di stare più tempo con te. E poi odio mia sorella. Vorrei eliminarla dalla nostra famiglia e non posso farla fuori.” I bambini, ovviamente, non hanno la capacità di esprimere il loro stato d’animo in questo modo perché sono ancora troppo piccoli. Cosa fanno allora? Si esprimono fisicamente: piangendo, urlando, picchiando, facendo quelli che noi chiamiamo “capricci”, ma che non sono capricci. Si esprimono anche lanciando le cose: la prima cosa che trovano la lanciano. Perché? Perché non essendo ancora grandi, non sono in grado di razionalizzare come noi. Noi adulti quando sentiamo che stiamo per esplodere cosa facciamo? Ci fermiamo, ci ascoltiamo, ci parliamo e ci chiediamo per quale motivo stiamo per esplodere. Cerchiamo di accoglierci, farci un attimo le coccole e troviamo una soluzione. Gestiamo il nostro bagaglio emotivo per non esplodere. Spesso non siamo in grado di fare tutto questo nemmeno noi, figuriamoci un bambino piccolo. I bambini cosa sentono? I bambini sentono un tumulto dentro, un qualcosa dentro che li ha fatti arrabbiare o che li ha impauriti. La loro “pentola a pressione” diventa sempre più sotto pressione: questo insieme di sensazioni cresce e sale sempre più finché scoppiano. E allora ecco che rompono, lanciano gli oggetti, urlano o comunque possono diventare aggressivi. Oppure davanti ad un nostro no, magari detto in maniera un po’ brusca, loro non riescono a fermarsi e a dirci con calma: “perché mi stai dicendo di no? Guarda che io vorrei fare quella cosa perché…” Non avendo ancora una capacità di dialogo così fine ce lo fanno capire con il comportamento, con la rabbia, sfogandosi in questo modo. Non stanno facendo i maleducati, hanno solo il bisogno di esprimersi, di dirci quello che sta succedendo e lo fanno nell’unico modo che per ora conoscono. Hanno bisogno, piano piano nel tempo, di trovare e di assorbire un’alternativa dal nostro esempio. Allora in questi casi che cosa possiamo fare in pratica? Come comportarsi con un bambino che lancia le cose, alza le mani o urla Durante questi momenti di aggressività, rabbia ed esplosione, tentare di spiegare che non si fa serve a poco. Come prima cosa possiamo sicuramente intervenire con fermezza. Se hanno un oggetto pericoloso in mano o se stanno rompendo qualcosa non è necessario stare ad aspettare che si facciano male o lo rompano. Interveniamo: che sia per tirarlo indietro e allontanarlo, che sia per prendere l’oggetto dalle sue mani o che sia per tenergli le braccia in maniera sicura e ferma. Possiamo agire fisicamente con fermezza senza essere arrabbiati e dire ad esempio, mentre lo stiamo tenendo: “Amore Mannaggia cosa è successo! Sei arrabbiatissimo e questo non si può lanciare!” Magari lui nel frattempo si sta dimenando e sei riuscita ad abbracciarlo o a tenerlo perché non si faccia male. Molto diverso è intervenire in questo modo mentre dentro siamo arrabbiati, magari stringerlo e dire con tono duro: “Basta! Ho detto basta!!! Non devi fare così! Quante volte ti ho detto che non devi tirare quella roba! Ti fai male! Ma non vedi che ti fai male?!” In entrambi i casi fermiamo il bambino fisicamente prima che lanci un oggetto o un gioco, ma con il secondo modo si spaventerà, non si sentirà capito e avrà paura della nostra reazione. Nel primo caso invece magari si ribellerà, ma noi saremo sicuri, fermi, tranquilli e continueremo a tenerlo. Se lui dovrà ancora sfogarsi ed esplodere allora esploderà oppure vedendoci calmi si calmerà subito anche lui. Se vuoi approfondire l’argomento puoi anche leggere questo articolo: Smettila di Urlare! Come calmare bambini Nervosi e Agitati È esploso, ha picchiato me o la sorella: capire le motivazioni di tuo figlio Quando i bambini sono piccoli è difficile che ci dicano a parole che cos’hanno, cosa provano. Possiamo però allenare la nostra capacità di osservazione, diventare un po’ dei piccoli Sherlock Holmes e affinare il nostro intuito. Possiamo ad esempio osservare e farci un po’ di domande come: “ok, allora quando fa così si è arrabbiato con la sorella” “Forse è stanco? Ha fame? Si sta annoiando?” “Non sono stata con lui. E già due volte che mi gira intorno e tre volte che gli dico che non ho tempo. Oggi sono nervosa e me lo aspetto che tra un po’ esploderà anche lui” Un bambino potrebbe non capire tutte le nostre parole, ma al cuore gli arriverà quello che vogliamo dirgli, il nostro discorso, il nostro dialogo interiore. Un bambino sente se viene capito, compreso. Anche se i bambini sono piccoli, quando in modo sinceramente dispiaciuto gli diciamo “amore… mannaggia, la mamma oggi non è stata con te”, loro sentono che abbiamo capito. È quel linguaggio tra adulto e bambino, tra genitore e figlio, tra mamma e bimbo, che fa sì che loro sentano che li stiamo ascoltando e non li stiamo rimproverando. Magari piangerà dieci o venti minuti oppure si fermerà subito, ma l’importante è che noi possiamo essere fermi nel dire ciò che non si fa ma anche pronti a comunicare: “capisco perché l’hai fatto, te lo dico e troviamo una soluzione”. Inizialmente sarà necessario agire in questo modo cinquanta, cento volte o fino a quando ce ne sarà bisogno. Gradualmente si abituerà a chiamarvi, a non dover per forza esplodere lanciando oggetti o mordendo e picchiando, anche grazie al fatto che, allenandoci, noi riusciremo ad arrivare un po’ in anticipo, cioè intuire qual è la difficoltà e risolvere prima che la situazione degeneri. Ad esempio vi sarà magari già capitato di notare quando vostro figlio è stanco e vi sarete detti: “se non lo porto a dormire tra dieci minuti qua esplode il maremoto! Perché ha già cominciato a lagnarsi un po’, ad andare di là e ha tirato due volte un calcio a sua sorella… ha fatto un dispetto, lo vedo dagli occhi: è stanco. Se adesso non lo porto a dormire esplode e poi fino a mezzanotte non riuscirò a farlo dormire perché sarà una crisi dietro l’altra”. Gelosia: mio figlio ha picchiato la sorella! A volte capita che siano i più piccoli ad arrabbiarsi con i fratelli più grandi, ma la maggior parte delle volte sono i più grandi che ce l’hanno con i piccoli e che li vedono un po’ come degli intrusi. Noi chiamiamo questa reazione “gelosia” ma, in verità, il loro è un sentimento più che giustificato e spesso i primogeniti si sentono un po’ espropriati del loro territorio. E non è perché sono egoisti, ma perché questo territorio per i nostri figli è fatto dell’amore di mamma e papà e delle loro sicurezze. Ecco che allora si ritrovano a pensare: “Finché c’ero solo io, avevo tutto l’amore e tutte le attenzioni per me. Adesso che è arrivato un altro, o un’altra (o un altro ancora) questo terreno si ridurrà? Dovrò dividerlo per due, o per tre? Ma poi perché ne hanno voluto un altro? Io forse non andavo bene? Forse non sono bastato. Allora lei è meglio di me, certo che io sono arrabbiato con lei. Tutte le volte che la guardo penso che lei sia migliore di me.” È un fattore naturale, i bambini vivono queste sensazioni. Non possiamo spiegare o chieder loro di non farlo. Ciò che possiamo fare è dimostrare attraverso la relazione e la qualità del tempo che passiamo con loro che non è così. A volte non basta neanche dire “Io ti voglio bene, vi voglio bene allo stesso modo”. I figli hanno bisogno di vederlo nella pratica. È grazie a questo che i bambini saranno meno aggressivi, che arriveranno a non lanciare oggetti o eviteranno di urlare e arrabbiarsi, se questo è il vero motivo. Ecco qui sotto qualche altro esempio. È arrivato il momento di cambiare il pannolino alla piccola o di tenerla in braccio Ad esempio, ti stai alzando per andare a cambiare il pannolino alla piccola mentre il grande sta giocando. Un conto è dire: “Ma sì, ci metto un attimo, io voglio bene anche a te” un altro conto è dimostrare che ti ricordi di lui, guardarlo negli occhi e prima che mostri dispiacere dirgli per esempio: “Amore, io vado di là a cambiare il pannolino, se non vuoi stare qui da solo, vieni anche tu di là nel frattempo, prendi i due pupazzetti così continuiamo a giocare…” Oppure: “Devo cambiare tua sorella… ma mica voglio perdermi la costruzione di questo bellissimo castello!… Vado un attimo di là a prendere il cambio e torno… la cambio mentre sono qui con te così non mi perdo nemmeno un pezzettino di questa opera d’arte!” Oppure ancora hai in braccio la sorella più piccola, magari ti siedi perché non riesci a tenerli tutti e due in braccio e puoi dire: “Vuoi venire in braccio anche tu? Guarda che c’è lo spazio! Vieni in un braccio anche tu! Certo che posso prendere anche te. Mi devo solo sedere e posso prendere anche te”. Magari se non lo aveste fatto ve lo avrebbero chiesto e si sarebbero arrabbiati. Ma se lo anticipi loro avranno la certezza, potranno pensare “allora ti sei ricordata anche di me! Allora sì che mi vuoi bene! No, continuo a giocare. Non ho bisogno che prendi in braccio anche me” Hanno dunque bisogno di conferme nella pratica. Litigi tra fratelli: il grande ha picchiato la piccola Quando litigano dico sempre di intervenire e di non sgridare nessuno, di non cercare il colpevole. Infatti cercare il colpevole non serve perché spesso “il colpevole”, cioè chi ha iniziato, è il più ferito dei due, perché è quello che a monte si è sentito minacciato. Quando una piange e l’altro l’ha colpita andrò da tutti e due, mi avvicinerò a quella che piange per consolarla, ma allo stesso tempo chiederò all’altro: “mamma mia amore! per tirarle così forte i capelli deve avertela fatta grossa. Mannaggia questa sorellina che stava proprio giocando lì dove volevi giocare tu e lei si è messa in mezzo. Lo so che ogni tanto ti dà fastidio e non la supporti” Se vuoi approfondire cosa fare in caso di gelosie e litigi tra fratelli, puoi leggere anche l’articolo: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli Per fare un paragone, che senso avrebbe sgridare noi adulti perché mangiamo troppi dolci? Se il vero problema è che compensiamo con i dolci un bisogno affettivo, stanchezza o frustrazione, non sarebbe meglio avere qualcuno che ci aiuti a risolvere questa frustrazione, dato che magari i dolci fanno male? Per un bambino è uguale. Siccome non si picchia, non si morde, non si lanciano oggetti e ci sono altri modi per esprimersi da imparare nel tempo, non serve il rimprovero, ma avrà bisogno di vedere come si fa. E allora gli farò vedere come si fa, accoglierò entrambi, non lo colpevolizzerò perché so qual è il problema e quindi a monte ci lavorerò, dando del tempo di qualità, dandogli quello che gli serve per riprendersi le sue sicurezze e risolvendo. Nella pratica, se il problema era che la piccola si è messa dove voleva giocare il grande, vedrò se riesco a spostare lei, se no si troverà un’alternativa insieme, medierò tra loro due e vedrò cosa si può fare per risolvere. Il bambino si abituerà a capire che non lo state rimproverando, non si sentirà sgridato ma capito e dopo un po’ di volte che farete così avrà la certezza del fatto che è avvenuto un cambiamento. A quel punto potrete dirgli: “Vedi, quando succede così, prima di arrabbiarti vieni da me. Quando senti che comincia a venirti il nervoso, vieni da mamma o da papà e ce lo dici. Noi risolviamo. Arrivo prima che scoppino le scintille. Non ce n’è bisogno, basta che tu venga da me e me lo dici.” Inizieranno a venirvi a chiamare perché hanno capito che non siete un pericolo, ma che siete un aiuto, siete il loro aiutante magico. Inizialmente verrà a dirvelo, poi, man mano che crescerà negli anni, imparerà a fare lui quello che avete fatto voi. Imparerà a fare un bel respiro, a calmarsi, a parlare con se stesso e trovare una soluzione. Questo passaggio non avviene subito ma avviene con gli anni, però in questo modo si possono mettere da subito le basi per non avere ogni momento un litigio esplosivo da gestire. Gli esempi di questo articolo ti saranno utili per evitare con il tempo che tuo figlio lanci gli oggetti, arrivi ad urlare o diventare aggressivo con te o con la sorella, il fratello o altri bambini. Se vuoi approfondire il tema della gestione delle emozioni dei tuoi figli, puoi leggere questo articolo: Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle)
Smettila di dire Parolacce! (Perché i bambini le dicono?)
Cosa fare quando i bambini dicono parolacce ai genitori o a scuola? Per quale motivo tuo figlio ripete una parolaccia anche se gli spieghi che non si dice? Quali sono i passi da seguire per aiutare i bambini a non dire le parolacce? I bambini dicono parolacce perché… In genere un bambino dice una parolaccia per 3 motivi: 1️⃣ Continua a ripeterla perché la nostra spiegazione razionale “perché non si fa!” non viene recepita. E allora magari, oltre a dirgli che non si fa, posso provare a spiegarglielo in un altro modo che sia più immediato per la sua età. 2️⃣ A volte i bambini riportano le parolacce, ad esempio, dalla scuola materna. Se, nel loro piccolo, magari cominciano ad avere la fiducia in se stessi che tentenna un pochino, possono riconoscere in una persona che dice le parolacce, adulta o coetanea che sia, una forza. E quindi cominciano a ripeterle. 3️⃣ Altre volte il bambino la ripete perché sa che ci punge sul vivo 😊 4️⃣ Altre volte ancora (dipende anche dall’età) sono un po’ una scoperta oppure gli altri ridono mentre le dico e allora le ripeto o quando il mio amico le dice gli altri ridono allora le dico anche io. Scopri tutti i dettagli e le soluzioni in questo articolo. Motivo 1: le spiegazioni non servono Per prima cosa io vado a caccia dei motivi e quindi mi chiedo: “come mai continua a ripetere la parolaccia?” Un motivo potrebbe essere che continua a ripeterla perché la mia spiegazione razionale “perché non si fa!” a 4 anni non viene recepita. E allora magari, oltre a dirgli che non si fa, posso provare a spiegarglielo in un altro modo che sia più immediato per la sua età. Per esempio, posso dirgli (possibilmente con calma e senza accusarlo): “Quella parola!!! Quella parola lì che proprio non si può dire! Adesso l’hai fatto perché anche tu ti sei arrabbiato! Allora bisogna cambiare: quella parola lì non si dice ma puoi dire: mamma, io sono arrabbiato, arrabbiato, arrabbiato perché non riesco a montare questo gioco!!! Uffa, sono arrabbiato per questo.” Quante volte dovremo farlo? Ancora e ancora, tutte le volte che sarà necessario. Finché pian piano lo disabituiamo a dire la parolaccia e lo abituiamo a usare un altro termine. Un bambino piccolo non capisce se gli diciamo con serietà che: “quella cosa non si fa, non la devi dire” “è maleducazione” e “non la devi più fare”. Questa modalità a lui non arriva e, anzi, più usiamo un tono duro e siamo arrabbiati è più si sente accusato. Anzi, forse proprio perché si sente accusato, rincara la dose. E quindi continua a dire ancora più parolacce! Ci possono essere anche degli altri motivi. Motivo 2: a volte i bambini dicono parolacce perché le hanno sentite, ad esempio, dalla scuola materna. Magari iniziano a credere poco in se stessi e allora se capita che abbiano la sensazione che chi dice le parolacce sia più forte e più sicuro di sé, allora iniziano a dirle anche loro. E potrebbero pensare: “Guarda che carattere, guarda con che temperamento ha detto quella cosa! Guarda che potere che ha sulle persone: alla fine li fa stare zitti e tutti lo guardano! Anche io voglio essere così carismatico! Forse per avere quella forza bisogna dire una parolaccia. E allora io dico la parolaccia!” In questo caso possiamo mettere in pratica la soluzione precedente, ma, allo stesso tempo, riflettere sul perché potrebbe non sentirsi all’altezza e fare il possibile per rimediare. Per approfondire l’argomento Autostima, puoi anche leggere questo articolo: Le 9 frasi che fanno sentire tuo figlio uno “sfigato” (e limitano l’autostima dei bambini) Motivo 3: il bambino dice parolacce per pungere… Altre volte il bambino ripete le parolacce perché sa che ci punge sul vivo. Ha capito che per noi va bene tutto, ma non le parolacce! Se le dice scattiamo sull’attenti! Ed ecco allora che pensa: “Perfetto! allora io comincio con la prima che ho sentito dire. La ripeto, la ripeto come un disco rotto perché, cara mamma, forse mi ami tanto, ma è anche vero che spesso mi sgridi. E’ anche vero che ogni tanto alzi la voce e urli. È anche vero che un sacco di volte mi dici di aspettare e che non hai tempo. E’ anche vero che quando io voglio stare con te invece corri e giri come una trottola e quando ti metti a giocare con me non hai tanta voglia, sei stanca, ti addormenti e non mi fai divertire. E quindi cosa devo fare? Io devo fare solo le cose belle per te? Se questa cosa ti dà fastidio, allora la faccio ancora di più!” Altre volte un bambino ha bisogno di attenzioni di qualità, perché magari siamo sempre di corsa, o perché, magari, quando è bravo e tranquillo noi ne approfittiamo per fare altro. Ha visto che, quando invece fa qualcosa che non va, le attenzioni sono su di lui e corriamo subito. Siamo super attente e, anche se per rimproverarlo, stiamo con lui, mezz’ora. O pur di fargli cambiare idea cominciamo a distrarlo prendendo un gioco o facendogli vedere cosa c’è fuori. Gli raccontiamo finalmente qualcosa. Ecco che il tasto per accendere le nostre attenzioni nei suoi confronti diventa la parolaccia. Se noi a monte iniziamo invece a dare attenzione di qualità, non avranno più bisogno di usare uno strumento come la parolaccia per attirare la nostra attenzione. Quindi, sintetizzando, bisogna trovare la motivazione e darci il tempo, con pazienza, di risolvere il motivo a monte. Solo in questo modo il bambino smetterà di dire parolacce, infatti non avrà più un motivo per dirle o ripeterle 😊 Se tuo figlio non ti ascolta e vuoi approfondire perché non accetta le tue regole, puoi leggere qui l’articolo Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no
Capricci per vestirsi: perché i bambini non si vogliono vestire?
La mattina tuo figlio non si fa vestire e fa un sacco di “capricci” per prepararsi? In questo articolo vediamo cosa fare quando i bambini fanno “capricci” per vestirsi, quando tuo figlio non vuole mettere le scarpe o non vuole indossare i pantaloni o una maglia. La situazione peggiora quando i minuti al mattino sono contati e tuo figlio non ascolta e urla perché si rifiuta di vestirsi per andare a scuola o se avete un appuntamento… Le indicazioni che leggerai sono utili anche per comprendere altri “capricci” del mattino, per esempio: se tuo figlio si rifiuta di fare colazione si rifiuta di uscire di casa se vuole restare a letto se arrivano pianti disperati perché dovete lasciarlo con la nonna o la babysitter C’è un motivo se i bambini non vogliono farsi vestire o non si vestono da soli? I bambini hanno sempre un motivo per cui si comportano in un certo modo. Se consideriamo che tutti i bambini del mondo non sono cattivi, sono spontanei, sereni, seguirebbero mamma e papà tranquillamente, le loro regole e le loro indicazioni, dobbiamo sempre domandarci come mai si comportano in un modo differente. Questo “come mai” non riguarda il bambino che: “è rompiscatole”, “che vuole farci arrabbiare”, “che è cattivo”, “è fatto male”… In verità c’è sempre una motivazione valida, che ha un senso, per spiegare il comportamento che hanno. Quindi la mattina non vuole vestirsi per andare a scuola o non vuole mettere le scarpe o i pantaloni? Scopriamo quali possono essere i motivi. Possono essere vari, ecco i principali: Motivo 1: approfittano del momento mattutino. I bambini sanno che bisogna uscire, sanno che papà e mamma devono andare a lavorare e sanno che la scuola chiude, quindi sanno che quel momento è ottimo per attirare la vostra attenzione. Se iniziare a risponderti con dei secchi il loro No!, se puntare i piedi con “io non voglio, non voglio”, innesca questa lotta di potere, sanno che voi vi impegnerete tantissimo a stare lì con loro. Poi sì, probabilmente vi arrabbierete, ma starete lì con loro, mollerete tutto quello che avete da fare in giro, non penserete a fare il caffè, non penserete a vestire voi stessi, non penserete al lavoro. Non penserete a niente: mollerete tutto e andrete lì da vostro figlio perché si vesta e per riuscire a convincerlo. Sembra paradossale, ma quando i bambini hanno la sensazione di non stare abbastanza tempo con noi, di trascorrere un tempo di qualità con noi, approfittano anche di questi momenti per comunicarci tramite i “capricci” per vestirsi o per uscire: “cavoli! almeno così stai con me. Ti prego, anche da arrabbiata ma stai con me. Non voglio che passi poi ancora una giornata, tu adesso mi porti a scuola e io starò di nuovo tutta un’intera altra giornata senza vederti, senza vivere il rapporto con te. E poi quando tornerai a casa sarà la stessa cosa perché tu sarai di fretta. Perché dovrai cucinare, perché smanetterai con il cellulare, perché dovrai rispondere alla zia, perché mi chiederai di lasciarti tranquilla, perché dovrai fare le lavatrici e poi sarà ora di andare a dormire. Mi metterai a letto e la giornata sarà passate di nuovo e io con te quando sono stato? Quando mi sono sentito davvero amato da te? E quando ho giocato con te? Quando ho sentito proprio la nostra relazione stringersi? Quando? Allora allunghiamo questo tempo la mattina e, visto che non so come farlo, lo faccio con questa lotta di potere”. Le vere motivazioni dei “capricci” che fanno i bambini per vestirsi sono sempre a monte. Quindi, in questo caso, dobbiamo cercare di orientare meglio il tempo di qualità, dare priorità alla qualità del tempo che passiamo con loro. Motivo 2: altre volte invece i bambini innescano questa lotta di potere e non si vogliono vestire come una sorta di sfogo. Se per esempio, involontariamente, siamo nervosi con loro, arrabbiati, li rimproveriamo, gli gridiamo contro, alziamo la voce, li strattoniamo, siamo impazienti, allora ecco che alla prima opportunità in cui sanno di darci fastidio perché abbiamo fretta di andare a portarli a scuola o andare al lavoro, allora ecco che cercano di ripagarci con la stessa moneta: “Tu non te ne accorgi mamma, mi tratti in questo modo, allora io non mi vesto, i vestiti non me li metto, questi non li voglio e non voglio andare… Capirai che è lo stesso atteggiamento che hai tu con me o no!?” Anche qua dobbiamo andare a risolvere il vero motivo: dovremmo allora cercare di essere più calmi, più disponibili, fermi quando bisogna esserlo ma senza arrabbiarsi, senza punire e senza essere aggressivi. Motivo 3: i bambini hanno bisogno di sfogare delle tensioni. Succede spesso ai bambini di oggi perché non vivono una quotidianità serena come avrebbero bisogno di vivere. Vivono i nostri ritmi frenetici e le nostre ansie. Di giorno siamo sempre di fretta, non c’è qualcuno che li accolga veramente, che calmi i ritmi, che li rallenti, una persona serena che trasmetta loro: “Ho tutto sotto controllo, stai tranquilla, ci sono io”. Si riempiono come delle pentole a pressione e quando hanno bisogno di esplodere basta la minima cosa. Quando sanno che tu sei lì presente perché devi insistere e li devi vestire, esplodono dicendo “quello non lo voglio mettere!”, ma in verità hanno bisogno di sfogare tutta la tensione nervosa che accumulano. Questa tensione si accumula anche quando la relazione con loro è un pochino troppo rigida. Magari sentono le nostre aspettative su di loro, i giudizi su di loro, il nostro nervosismo. Magari il nostro atteggiamento nei loro confronti è: “fai questo, fai quello. Ti ho detto di comportarti così, ti ho detto di essere così, no, così no”… Una relazione eccessivamente basata sulla rigidità produce questa tensione. Paradossalmente la stessa cosa la produce una relazione troppo molle, quando il bambino non ha delle regole, quando non ha una sana fermezza, quando non ci sono dei genitori che sanno decidere per lui che sanno prendere le situazioni in mano. Allora i bambini rimangono senza degli argini in cui navigare e questo crea di nuovo molto nervosismo, che sfogano anche in momenti come quello del mattino e del vestirsi. È fondamentale risolvere la motivazione nel tempo, a monte occorre lavorare sulla vera causa, durante il giorno, durante le settimane, per cambiare toni e modo o ritmi, ovvero la causa vera delle loro esplosioni. Come fare se il tuo bambino fai i “capricci” per vestirsi al mattino? Nel frattempo, sul momento, l’ideale è non arrabbiarsi. Occorre mantenere la calma e per facilitarci il lavoro potrebbe essere necessario svegliarsi prima, anche se è un po’ faticoso, avere già tutto fatto e preparato prima di svegliarli ed essere lì con loro, disponibile, avere la calma per non arrabbiarsi e seguire i loro ritmi. Non avere l’orologio che ci pressa perché dobbiamo correre al lavoro o portare nostro figlio a un appuntamento e poterci prendere un momento di calma, respirare, non innervosirci, tanto abbiamo tutto il tempo a disposizione è un’ottima base di partenza e per prevenire il nostro nervosismo. Se tua figlia dice: “Io questo vestito non me lo voglio mettere!” ci giochiamo un po’, cerchiamo di sdrammatizzare e possiamo dire: “Davvero non vuoi mettere? Come mai? Forse perché mi sono sbagliata, questa non è una gonnellina, questo è un cappuccio o cappello? Allora aspetta, me lo metto io, mi metto il cappuccio, il cappello…” Se loro vedono che non c’è presa, che non possono farci arrabbiare, che restiamo sereni e addirittura scherziamo allora a quel punto si rasserenano. Oppure per il pantalone possiamo dire scherzandoci su: “allora me lo infilo io questo pantalone… ma non mi passa, mannaggia ho il piede che è grande come la tua gamba! Caspita! Che facciamo allora?” Se siete veramente zen e non siete giudicanti la lotta di potere si spegnerà molto prima sul nascere. Cosa potrebbe non funzionare se tuo figlio non vuole vestirsi al mattino 1. Il nostro vulcano interiore La cosa che a volte succede, ahimè, è che dentro di noi abbiamo un doppio dialogo contrastante: magari pensiamo “ok facciamo come dice Roberta” e diciamo: “Amore ma questa non è una gonnellina, è un cappellino, allora guarda se lo mette mamma”. dentro di noi pensiamo: “Porca Miseria, ti spicci a mettere questa gonna che devo andare a lavorare? Ma tutte le mattine sempre la stessa storia? Ma con me con tutto quello che faccio per te, tutti i sacrifici che facciamo… Basta!’” Se questo in verità è quello che pensiamo, al di là delle parole che diciamo, non funzionerà, perché i bambini hanno bisogno di sentire che in quel momento soprattutto ci interessa accogliere la loro emotività e risolvere il loro disagio. E non avrai bisogno di ore. E’ necessario essere veramente con loro e per loro, avere tempo per loro. È un suggerimento importante ed è ciò che va fatto. Ci vorrà allenamento, sicuro, ma va fatto, perché tutti noi possiamo acquisire questa calma. Ecco perché il primo suggerimento utile resta fare le cose in anticipo e svegliarsi un po’ prima al mattino in modo da ridurre la nostra pressione e per avere minuti preziosi in più per gestire questi imprevisti. 2. Esplicitare il motivo che ha scatenato il “capriccio” per vestirsi Può essere utile poi esplicitare ai vostri bambini il vero motivo per cui si sentono o si comportano così. Possiamo per esempio dire: “Amore, secondo me non è mica la gonnellina. Secondo me è che non hai proprio voglia di andare a scuola (o dalla nonna), vuoi stare a casa con la mamma… Amore mio, lo so che sei ancora arrabbiata perché ieri sera mamma si è arrabbiata. Non ti abbiamo fatto vedere il cartone (o Luca ti ha rotto il gioco), vero? Sei ancora arrabbiata per questo, siamo andati a dormire, niente coccole e sei ancora arrabbiata per quella cosa.” Se i bambini sentono che voi lo sapete, che siete disposti ad aiutarli, si tranquillizzano, perché loro cercano il vostro aiuto. Che vi risponda di Sì o che vi dica No, se sai qual è la causa e vai a colpo sicuro, abbracci la tua bimba, la accogli, il risultato è che si veste senza più parlare o arrabbiarsi. Personalmente non sono mai arrivata a dover vestire un bambino in macchina, perché se i passaggi prima sono fatti con il cuore non si arrivata a tanto. Certo, bisogna però mantenere la calma 😊. So che non è semplice ma è possibile. Come prevenire le lotte di potere quando tuo figlio rifiuta i vestiti che proponi Un altro aspetto è che, se i vostri bambini nei primi anni sono abituati a decidere tutto, è difficile che all’inizio accettino che voi vogliate per loro quei vestiti, questi orari, questo cibo a pranzo o questo a colazione. Se siete abituati a fare loro le domande: “Cosa vuoi? Vuoi mettere questi pantaloni? Vuoi mettere quello? Andiamo al parco, andiamo dalla nonna, aspettiamo ad andare dalla nonna? Ti cambio il pannolino? O non lo cambiamo? Vuoi mangiare adesso? Cosa facciamo?” Se si abituano a decidere, per loro sarà difficile accettare le vostre regole, anche se ne hanno un bisogno estremo. Infatti senza regole i bambini sono nervosi, hanno bisogno di dritte. Ecco perché è importante badare a questo aspetto, tornare a quella fermezza sana, saggia che noi possiamo costruire dentro, che manifestiamo senza arrabbiarci, senza durezza ma in maniera diretta e serena. Per riassumere: se i nostri figli fanno i “capricci” per vestirsi la mattina, non vogliono indossare i pantaloni o si rifiutano di fare colazione dobbiamo andare alle cause, alle motivazioni. E sul momento è importante non arrabbiarci, sdrammatizzare e poi accogliere, svelare, mettere in chiaro quello che loro stanno provando, come mai sono arrabbiati, come mai si stanno comportando in questo modo, e poi accoglierli. Spero che queste soluzioni ti siano utili per tutte le volte in cui tuo figlio o tua figlia fanno i “capricci” per vestirsi o non vogliono indossare una maglia o un pantalone. Se vuoi approfondire come comprendere e gestire i capricci di tuo figlio puoi leggere qui l’articolo I capricci non esistono: la Guida completa di Bimbiveri
Come gestire l’Inserimento alla Scuola Primaria
Ci sono ingredienti che possono rendere meno difficile l’inserimento quando i nostri figli devono varcare la porta della scuola elementare. In questo articolo ho inserito i 5 passi per: favorire il passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria evitare pianti e crisi a scuola, l’ansia da prima elementare e l’ansia prima di entrare in classe come comportarsi con i bambini con l’arrivo della prima elementare sapere perchè a volte i bambini non vogliono andare a scuola scoprire il perchè a volte i figli già alle elementari non vogliono fare i compiti Con l’arrivo della prima elementare la situazione rispetto al precedente inserimento è un po’ diversa perché, molto probabilmente, nostro figlio ha già alle spalle qualche anno di esperienza scolastica, gli anni della scuola dell’infanzia e, crescendo, ha anche una diversa capacità di gestire le novità o di vivere i cambiamenti o di esprimere eventuali disagi: Inizia a ragionare sulle cose, inizia a essere sempre più consapevole dei suoi sentimenti, di quello che prova e che sente. È molto più consapevole a sei/sette anni delle relazioni che vive con gli altri rispetto a quando aveva qualche mese e doveva andare al nido Come possiamo prepararci per aiutarli in modo che il passaggio dalla scuola materna alla scuola primaria sia il più armonico possibile? Passaggio alla scuola primaria: come gestire al meglio l’inserimento ed evitare difficoltà Vediamo i 5 passi che possono aiutarti con tuo figlio o tua figlia. 1. Il vissuto degli anni precedenti con l’inserimento al nido e alla scuola dell’infanzia Può sembrare strano, ma anche in questo caso i buoni semi con i figli le mettiamo negli anni precedenti. Se per esempio: 1️⃣ abbiamo rispettato i suoi bisogni di bambino 2️⃣ se abbiamo evitato di anticipare i tempi e dirgli a due anni “sei grande, sei grande, sei grande” 3️⃣ se abbiamo rispettato il suo bisogno infantile dei primi anni di stare con noi, di giocare molto, di vivere in maniera spensierata allora è molto probabile che abbia strutturato quella forza interiore necessaria per affrontare questa fase della vita, questo passaggio importante alla scuola elementare. Se negli anni precedenti abbiamo scelto per nostro figlio un ambiente giusto per lui alla scuola materna abbiamo la probabilità che questo passaggio sia ancora più semplice perché non avrà un vissuto difficile alle spalle, come può essere un’esperienza alla materna andata malissimo, problemi con i compagni, problemi con gli insegnanti. L’ideale è che non si sia creata la situazione per cui non voleva andare a scuola e noi lo abbiamo portato ugualmente senza accoglierlo e senza risolvere il motivo. E magari rincarando la dose dicendo “è quello il tuo lavoro, ci devi andare”. Oppure, per esempio, non aiutano molto le realtà di scuola primaria/materna molto scolarizzate. Magari devono stare già seduti come a scuola per parecchio tempo rispetto a quello che il loro fisico la loro mente può sostenere e sopportare. Magari devono fare lavori di prescrittura che spesso sono anche impegnativi e noiosi per bambini di quell’età. Forse potrebbero essere fatti giochi diversi per avvicinarli alla scrittura più dinamici, più creativi… In questi casi si arriva a settembre, se non addirittura già nell’estate prima della prima elementare, che i bambini sono esasperati e ovviamente (e anche giustamente) ti dicono: La scuola non voglio più vederla nemmeno in cartolina! Le scelte che facciamo qualche anno prima e cosa ha vissuto tuo figlio quindi già preparano il terreno per l’inserimento nella scuola primaria. 2. La scelta della scuola elementare Anche qui vale come per il nido e come per la scuola materna: scegliamo quando possibile la scuola in maniera accurata. Oggi la scuola ha tante difficoltà, andrebbe un pochino ristrutturata, ma nonostante questo, tra le varie scelte che abbiamo davanti, possiamo cercare di individuare quella che risponde di più ai bisogni del bambino, quella che è più vicina alla natura del bambino. Magari una scuola non troppo affollata, non troppo grande. Cerchiamo di andare a parlare con gli insegnanti: anche se cambiano di anno in anno, magari possiamo fare riferimento alla direttrice che probabilmente non cambierà, o al direttore didattico. Possiamo ad esempio: frequentare la scuola l’anno precedente, andare a visitarla, informarci sui piani didattici indagare su come affrontano le difficoltà, come cercano di aggregare la classe e di far fare amicizia tra i compagni. porre domande per sapere se danno i voti o no e con quale criterio se la scuola ha delle linee guida che segue quali orari vengono fatti se c’è il giardino o un bosco vicino, quali attività fisiche vengono fatte se quando ha voglia di fare pipì può andare a fare pipì o no… Quindi cerchiamo di capire come funziona. Se possibile, cerchiamo di pianificare per quanto è possibile anche questa scelta. Non stanchiamoci di andare a cercare scuole che magari sono nel paese vicino, sono nell’altro quartiere, che ci richiedono una sveglia di qualche minuto prima per fare un pezzo in più in macchina, ma che poi possono dare molto di più ai nostri figli. Non dobbiamo avere paura di queste cose, perché poi i bambini a scuola devono passare tanti anni e se da subito ne ricevono una prima bella impressione, questo aiuterà tantissimo. 3. Entusiasmo e preparazione prima dell’inserimento alla scuola elementare Ci sono anche altre cose che possiamo fare, in questa fase, per far amare la scuola ai nostri figli. Innanzitutto evitare il più possibile il terrorismo, per esempio frasi come: “è il tuo lavoro, è il tuo lavoro, devi andare a fare il bravo. Devi ascoltare, devi devi devi…” È chiaro che un bambino è bene che sia educato, è bene che sia rispettoso nei confronti degli insegnanti, ovviamente, solo che il modo in cui noi accompagniamo questo passaggio deve essere il più possibile felice e sereno. Mamma e papà per primi, con sincerità, dovrebbero avere l’acquolina in bocca trasmettendo la passione per l’arrivo della scuola elementare, trasmettendo con le loro storie e racconti il messaggio: Finalmente andrai a scuola. Imparerai a leggere. Imparerai a scrivere come mamma e papà. Finalmente imparerai un sacco di cose su dove viviamo, su come vivono le piante, su come vivono gli animali. Fantastico. Scoprirai cose nuove meravigliose. Le operazioni, la geometria, i disegni… Farai un sacco di cose bellissime. Sono felicissima. Non vedo l’ora!! Solo così possiamo farla venire anche a loro. Anche per la scelta dello zaino, il portapenne, il materiale scolastico è utile creare l’angolo a casa dove possiamo mettere i libri e i quaderni comodi, insieme. Ricordo quando andavo alle elementari. Il momento di foderare i libri, di acquistare il necessario era un momento mistico perché era un momento di grande valore. Era quasi il momento più religioso dell’anno, perché bisognava preparare tutto il materiale attraverso il quale io avrei imparato. Dedicavo un pomeriggio intero, insieme a mio padrino, a foderare i quaderni e libri, a misurare con il righello in modo che la copertina stesse perfettamente tutto l’anno e non si sfaldasse dopo due mesi. E facevo tutto con una precisione maniacale perché quel libro e quei quaderni erano fondamentali. La cartella è vero che doveva piacermi, ma non era importante se era quella della pubblicità o se era quella che aveva il mio amico, o l’altro mio amico ancora, o se era del mio supereroe preferito. Era importante che sostenesse tutto il peso della mia cultura, era importante che una volta piena fosse comoda sulle mie spalle. Credo che noi queste cose, questi valori, li abbiamo persi di vista, li abbiamo un po’ dimenticati e, presi dalla fretta, facciamo fatica a creare questo alone di meraviglia attorno all’apprendimento, che invece serve. 4. Il rispetto delle regole non può essere appreso in un giorno Ancora un altro aspetto, che può aiutare te, tuo figlio e le insegnanti, è il rispetto delle regole. Gli insegnanti, con tutte le difficoltà del caso, fanno di tutto e ancora di più per far andare bene le cose, ma sicuro trovano difficoltà nel momento in cui hanno un bambino di sette/sei anni in classe che fa fatica a rispettare le regole. Ma un bambino di questa età non impara a rispettare le regole, a rispettare gli altri, a chiedere e a comunicare, il giorno in cui fa il suo ingresso nella prima elementare. L’atteggiamento verso le regole, il rispetto degli adulti, il fatto di saper stare con gli altri è un qualcosa che noi costruiamo negli anni precedenti, in famiglia. Perché il saper stare con i propri compagni, riuscire a gestire qualche presa in giro, avere magari il coraggio di dire all’insegnante “non ho capito, mi sto annoiando, questo è difficile” è anche legato all’esempio che ha ricevuto un bambino negli anni precedenti. Se ho fiducia in me non ho paura di chiedere “non ho capito”, mi sono fidato di mamma e papà che mi portano qui e sanno che è l’ambiente giusto per me. Ho avuto la fortuna di trovare un insegnante particolarmente empatica, non ho paura, appena ho una difficoltà dico: “mi hanno preso in giro. Non ho capito. Guarda che mi sto annoiando”. Se vuoi approfondire come gestire le regole puoi leggere l’articolo: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no 5. Attenzione ai primi giorni È utile cercare di tenere le antenne dritte per captare cosa succede nei primi tempi durante e dopo i primi giorni di inserimento. Non dobbiamo aver paura di chiedere di poter parlare con l’insegnante nella prima settimana, perché io devo sapere subito come aggiustare il tiro, dove intervenire da casa. Se possibile evitiamo di aspettare che i problemi si ingigantiscano e di arrivare alla fine del primo anno, a metà del primo anno o in seconda elementare. A quel punto non saprò più come risolvere l’odio di mio figlio per la scuola o il fatto che l’abbiano preso come elemento disturbante della classe. O non saprò come trovare una soluzione al fatto che non riescano a togliersi dalla mente l’idea che mia figlia per tutto l’anno precedente, tutte le volte che aveva un problema non chiedeva, si chiudeva in sé stessa. Se forse avessimo letto tutti insieme i segnali dei bambini, se ci fossimo coordinati, mio figlio compreso, magari avremmo potuto risolvere subito all’inizio, cogliendolo proprio dal suo sguardo, dal suo umore, da quello che ci dice, come stava andando la situazione. Se costruiamo, con i nostri figli, una buona relazione, quando i bambini non si sentono ascoltati, se la maestra è stata nervosa, vengono a casa e ce lo dicono “guardate che c’è qualcosa che non va”. Allora noi possiamo intervenire, non per insultare l’insegnante e fare il genitore rompiscatole o dirle che non sa fare il suo lavoro, ci mancherebbe. Ma è un nostro diritto poter andare dall’insegnante e dire: “guarda, per fortuna mia figlia è venuta a casa e mi ha detto di questa difficoltà. Lo voglio segnalare perché, avendo il programma da mandare avanti, altri bambini, magari mia figlia parla poco, viene a casa e me ne parla. Magari insieme possiamo trovare la situazione. Cosa posso dirle io da casa? Quando succede noi le rispondiamo così, magari puoi farlo anche qua a scuola”. Con il dialogo e una buona comunicazione, si trovano le soluzioni. L’invito è: attenzione alle prime settimane, ai primi giorni. Perché è molto più semplice poter aggiustare le piccole cose che non vanno in questo momento, in queste prime battute. E poi, quando i figli sono piccoli, è importante iniziare a pensare che quello che facciamo oggi fa da base ai suoi anni in futuro. E anche il rapporto con la scuola, che avrà da qui a qualche anno, si può pensare e costruire prima che inizi. Prevenire è sempre meglio, anche per l’inserimento alla prima elementare È sempre meglio intervenire subito che non dover poi correre ai ripari, sperando che qualcuno risolva le cose per noi, quando magari poi i problemi si sono già ingigantiti perché sono passati mesi o perché è già passato tutto l’anno. A questo punto posso solo augurarti un buon inserimento alle elementari. Spero che questi suggerimenti ti siano di aiuto per trasmettere la passione e l’amore per l’apprendimento che purtroppo i bambini e i ragazzi a volte perdono. Se vuoi saperne di più sul perchè a volte i bambini non vogliono studiare, non vogliono leggere oppure perchè si arriva anche a odiare la scuola puoi leggere: Tuo figlio odia i compiti e la scuola? Forse ha un buon motivo…
Le bugie non si dicono! Perché tuo figlio ti dice le bugie?
“Le bugie non si dicono!” “Le bugie hanno le gambe corte, fai attenzione!” “Guarda che se non mi dici la verità divento poi cattiva/o!” “Guarda che io so sempre se mi stai mentendo!” Quante volte hai sentito dire queste frasi quando eri bambina o bambino? Io le ho sentite spesso e… devo dirti la verità 😉… altrettanto spesso ho detto delle bugie ai miei genitori o all’insegnante o ai miei nonni. In particolare ricordo molto bene come ad un certo punto, forse intorno agli 11-12 anni iniziai proprio a mentire anche per gioco. Da un lato iniziavo ad essere proprio un po’ arrabbiata con la mia famiglia e usavo le bugie come ripicca. Dall’altro lato c’è da dire che riconoscevo la mia bravura nel dirle e decisi che poteva diventare anche un gioco: quante e come riuscivo a dirle e per quanto tempo riuscivo a reggere il gioco ricordandomi qual era la bugia, con tutto quello che le ruotava intorno e tutte le cose che dovevo ricordare di dire al posto della verità. Mamma mia!… Se ci penso!… Oggi naturalmente riconosco sia che le bugie non si dicono e che abbiamo bisogno di insegnare ai nostri figli a non farlo, sia che i bambini hanno sempre un motivo per cui lo fanno e che tendenzialmente questi motivi sono validi e significativi. È importante evitare fin da subito di pensare che i bambini dicano le bugie perché sono cattivi o perché sono maleducati o irrispettosi. Assolutamente non è così. Nessun bambino nasce cattivo, maleducato e irrispettoso. Le cose più utili che possiamo fare in prima battuta sono: 1️⃣ Accorgercene e prenderne atto 2️⃣ Evitare di arrabbiarci e umiliarli 3️⃣ Correre ai ripari prendendoci il tempo necessario per osservare come mai sta succedendo 4️⃣ Avere la pazienza di invertire la rotta un po’ alla volta (come ti racconterò poco più avanti) Uno dei punti più importanti è di sicuro soffermarci innanzitutto sulla motivazione. Qual è la vera motivazione che spinge nostro figlio o nostra figlia a dirci una o più bugie? Inizio a farti qualche esempio così che possa esserti utile per iniziare a osservare cosa sta succedendo o cosa è successo negli ultimi tempi e cogliere il perché: Forse è un modo per attirare l’attenzione perché si sente trascurato/a o vuole emergere rispetto ai fratelli e alle sorelle. Magari perché non passiamo abbastanza tempo con lui/lei o questo tempo non è di qualità. Forse è un modo per punirci: “tu ti arrabbi con me, mi punisci, sei dura/o nei miei confronti. Ho visto che quando ti racconto una bugia ti dà molto fastidio… bene… continuo a farlo e a provocarti“. In particolar modo quando dico le bugie finalmente mi consideri: “è vero, mi sgridi, mi rimproveri, ti arrabbi, mi inveisci contro… ma almeno mi sento considerato/a… allora continuo“. Forse è una reazione ai nostri tanti no, alle nostre punizioni, alle nostre sgridate. Per esempio se tendiamo a dire tanti no senza considerare le loro motivazioni, senza accogliere il loro disappunto. Oppure se tendiamo a rimproverarli o bloccarli appena dicono o fanno qualcosa che a noi non piace o diverso da quello che ci aspettiamo. Forse è questione di sicurezza in se stessi, autostima, o timore di deluderci. Per esempio quando dicono di avere anche loro qualcosa che gli amici hanno anche se non è vero. Quando dicono di sapere cose che in verità non sanno o dicono di aver capito anche se non è così pur di non mostrare la loro difficoltà, ecc. Forse hanno timore della nostra reazione aggressiva o timore di non venire compresi. Ad esempio quando mangiano qualcosa di nascosto e ci dicono che non è vero. O quando hanno ricevuto un rimprovero a scuola e non ce lo dicono. O quando magari hanno fatto uno sgambetto alla sorella o al fratello e ci dicono che non è vero. Forse sta imitando compagni o compagne di scuola che dicono bugie e la cosa sembra farli diventare più “furbi” di tutti gli altri “…allora lo faccio anche io“. Per curiosità: cosa succede se provo a dire una bugia così come ho visto fare dal mio compagno di scuola, da mia mamma, da mio papà, da mio fratello (se lo fa lui posso di certo farlo anche io), ecc.? Individuare la o le possibili motivazioni è fondamentale perché così possiamo intervenire nel tempo, con costanza, un passo alla volta, direttamente sulla causa. Se è questione di insicurezza agire per aiutarlo/a a ritrovarla, se è questione di attenzioni gliele daremo, ecc. So già che forse ti stai chiedendo: “Ok, ma nel momento in cui mi sta dicendo una bugia o appena lo scopro che faccio? Cosa gli dico? Come mi comporto?” Benissimo, ecco cosa puoi fare: 1️⃣ Evita di arrabbiarti 2️⃣ Puoi fargli sapere in maniera serena, senza accuse o minacce o rimproveri, che hai capito o sai bene che si tratta di una bugia: “Secondo me questa è una bugia…”, oppure “Scommetto che non è vero…”, oppure “Mmmhhh… mi sa che non è così”. Ricordati che sei il suo aiutante magico e quindi non si tratta di “beccarlo” o di chi ha ragione. Sei dalla sua parte e vuoi solo comunicargli tranquillamente che sai la verità 3️⃣ Poi, a seconda dell’età, avremo un tono diverso, diremo parole diverse. Ma l’obiettivo sarà quello di esplicitargli che cosa è successo, domandargli come mai o dirgli come mai può essere successo e dirgli come fare la prossima volta per evitare che si ripetano bugie, dato che sono inutili. Ti faccio un paio di esempi. Se è piccolino e ha preso una caramella dal contenitore, l’ha messa in bocca, ne ha presa una seconda e l’ha messa in tasca, ne ha presa una terza e l’ha nascosta sotto il cuscino dopo che gli avevi detto “basta caramelle, ne hai già mangiata una oggi”, puoi: 1️⃣ Dirgli che sai che delle caramelle gli sono proprio scivolate addosso e una è finita in bocca, un’altra forse è scivolata in tasca e un’altra ancora forse è scappata in cameretta. 2️⃣ Gli dici che la prossima volta può dirti che forse non hai capito e che lui ha davvero tantissima voglia di mangiarsi altre caramelle perché… “sono trooooppo buoneeeee!” Lo so che me ne avevi chiesta un’altra e alla seconda ti dico sempre di no, non avevo capito che ti piacessero così tanto. Adesso che lo so e me lo hai detto, allora tutte le volte in cui sarà possibile ne mangerai una più. Te ne procuro di quelle che non fanno troppo male ,così puoi mangiarne una dopo pranzo e anche una a merenda. Vedi che non ti rimprovero, quindi se ti capita di volerne un’altra dimmelo e se si può te la do subito volentieri, altrimenti la prendiamo già e la teniamo da parte per dopo quando si potrà mangiare”. 3️⃣ In questo caso conta molto questo atteggiamento disponibile a comprendere il suo punto di vista e mostrargli sinceramente che vogliamo davvero venirgli incontro. 4️⃣ Poi sarà importante andare a comprendere se è questione di troppi no secchi e intransigenti da parte nostra. O se lo fa perché ha particolare bisogno di dolci. Cercheremo di comprendere come mai, o se lo fa per attirare la nostra attenzione, ecc. e agiremo con pazienza sulla motivazione. 5️⃣ Nel frattempo, in questo caso, potremo per esempio procurarci delle caramelle naturali senza troppi zuccheri e senza zuccheri o coloranti o ingredienti artificiali. In uqesto modo potremo essere un po’ più di manica larga ogni tanto. Oppure, cosa che piace tantissimo ai bambini, possiamo fare insieme delle caramelle naturali, conservarle con cura e man mano educarli al fatto che se ne può mangiare qualcuna in più ma c’è un numero che non va superato, che non se ne possono mangiare troppe e che subito dopo vanno lavati i denti. Possiamo aiutarli con pazienza a creare questa abitudine e a comprenderne il senso (ricordati però sempre di agire sulla motivazione altrimenti queste soluzioni potrebbero dimostrarsi inutili). Quindi il segreto è dare il limite e le regole che crediamo più corrette senza necessità di minacciare o urlare, cercare di comprendere la motivazione (e nel frattempo trovare alternative più salutari). Se vuoi approfondire questo argomento, puoi leggere questi articoli: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no Punizioni Bambini: soluzioni concrete per Educare senza Punire Quando poi i nostri figli crescono, capita spesso di temere ancora di più le loro bugie. Cosa puoi fare se per esempio scopri o sei venuta a sapere che tuo figlio o tua figlia di nascosto ha provato o iniziato a fumare? 1️⃣ Evitando arrabbiature, minacce e filippiche, come per il primo caso possiamo intanto far sapere che lo sappiamo o che lo abbiamo capito e che sappiamo di non sbagliare. Con serenità possiamo dire per esempio: “Allora anche tu alle prime esperienze con le sigarette? Che effetto ti ha fatto? Come ti sembra? Soddisfatta la curiosità?… Ci tenevo a dirti che lo so, che non ho intenzione di rimproverarti e che ho piacere di raccontarti la mia esperienza in proposito e quello che penso” 2️⃣ Possiamo trovare un momento con calma sia per ascoltare lei/lui e le sue impressioni o quello che vorrà raccontarti (che all’inizio potrebbe non essere la verità o solo una parte della verità) e sia per raccontare serenamente quello che pensiamo in proposito (se per esempio siamo dei fumatori pentiti, se anche noi abbiamo provato a fumare e a che età, cosa pensavamo allora e cosa pensiamo oggi, i pericoli futuri nel fare questa scelta, raccontare loro perché giovani e adulti si rifugiano in questo tipo di esperienze o hanno bisogno di questi palliativi, ecc…) 3️⃣ Dato che il rimprovero non c’è, possiamo chiedere loro di essere sinceri e chiedere loro di poter mettere delle regole e dei paletti fermi se magari ci rispondono che non hanno intenzione di smettere. Per esempio regole che possano aiutarli a non esagerare, a limitare i danni più possibile, ecc. Naturalmente questi sono solo esempi perché sarai poi tu a trovare le argomentazioni giuste o a decidere che cosa fare, perché potrebbe essere che ti dica che ha solo provato e non ha intenzione di proseguire ma temeva il rimprovero o si vergognava. Potrebbe dirti che vorrebbe smettere ma non riesce e chiede il tuo aiuto dato che vede che sei serena/o a riguardo. Potrebbe innervosirsi e dirti che sono fatti suoi, ecc. 4️⃣ Come ti scrivevo sopra, anche in questo caso è importante cogliere la motivazione su ampia scala per sapere come intervenire. Per esempio: forse lo fa come forma di ripicca e ribellione nei nostri confronti perché la relazione tra noi non è idilliaca? Forse sono cattive compagnie quelle che frequenta?Forse vuole sentirsi come gli altri ed è quindi questione di autostima? Sta magari davvero solo provando e so che finirà tutto nel giro di poco? Forse compensa qualcosa di affettivo che gli manca dentro? Ecc. Se i nostri figli sono più grandi come in quest’ultimo caso, è probabile che servano più tempo e pazienza per riottenere la loro fiducia e ripristinare una buona relazione mettendo da parte cattive abitudini che magari hanno costellato gli anni precedenti ma di sicuro vale la gioia procedere 😊 In ogni caso, piccoli o grandi che siano, ti invito a non demordere, seguire i passi che ti ho indicato senza fretta e senza demoralizzarti. Sono certa che potrai accogliere anche tu nella tua famiglia i semi della sincerità e della trasparenza.
Rabbia bambini: 4 passi per gestire crisi di Rabbia e crisi Isteriche
Come gestire le crisi di rabbia dei bambini e le crisi isteriche che esplodono perché gli dici di No a un gelato o quando chiedono un nuovo gioco? Cosa puoi fare nelle situazioni in cui sei costretta a dire di No a tuo figlio e lui si arrabbia tantissimo, ha una “crisi isterica”, una crisi di nervi o uno scatto di ira? Il problema più grande è che in queste situazioni la nostra pazienza si esaurisce in fretta e finiamo noi stessi per essere colpiti dal vortice del nervosismo, della rabbia, delle urla e delle sgridate. Alla fine perdiamo tutti: tuo figlio viene sgridato o punito, non si sente capito, tu ti arrabbi e perdi la lucidità necessaria per aiutarlo e per trovare una soluzione. Scopri in questo articolo: Come si fa a contenere la rabbia e gli scatti di ira dei bambini Come gestire le crisi isteriche e crisi di nervi, indipendentemente che tuo figlio abbia 1 anno, 5 anni, 10 anni o sia più grande Come comportarsi quando un bambino urla, non ascolta, alza le mani ed è nervoso Perché tuo figlio esplode con una “crisi isterica” o una crisi di rabbia? Innanzitutto dobbiamo riavvolgere un attimo il nastro e farci sempre la nostra solita domanda per quanto riguarda le motivazioni. La prima domanda è sempre: Perché i bambini si arrabbiano e si innervosiscono? Perché tuo figlio arriva ad avere crisi di rabbia o una crisi isterica o di pianto? I bambini e i ragazzi non fanno mai le cose a caso. La motivazione è la nostra legge aurea, perché se troviamo la motivazione abbiamo anche la soluzione. Proviamo a fare delle ipotesi: 1. Più noi cediamo e cambiamo idea e più si arrabbia Magari tuo figlio o tua figlia si arrabbia perché sa che più si arrabbia più noi cediamo. Perché è sempre successo così, sa che se ci porta all’esasperazione noi cediamo. È chiaro che la soluzione in questo caso è imparare a mantenere la calma quando diciamo di No e a non cedere, perché così saprà che quel tipo di atteggiamento è inutile, che usarlo non serve a nulla. Che quando gli dici di No sei sicura e non cambi idea. 2. Diciamo di no (e diamo un limite) in modo duro e senza accogliere/comprendere la sua situazione Un altro caso è quando tuo figlio si arrabbia e si innervosisce perché magari gli diciamo di No ma lo facciamo senza tutte quelle “mosse” da Aiutante Magico che sono dei veri salva-vita con i figli, quindi: senza metterci nei suoi panni senza accogliere il suo stato d’animo con calma e senza considerare il suo bisogno evitando di dirgli con empatia per esempio che ci dispiace come se del resto stesse succedendo a noi Non fornire una soluzione immediata o che metterete in campo nei prossimi giorni o quando sarà possibile Nel caso del gelato per esempio è utile accogliere la sua frustrazione, ascoltare i motivi per cui proprio vorrebbe mangiare un gelato, rassicurarlo sul fatto che domani potrà comunque mangiarne un altro anche se oggi non è proprio possibile. Nel caso del gioco nuovo, ipotizzando che è un acquisto che è possibile effettuare, possiamo rassicurarlo che tra un tot di tempo quel gioco potrà averlo molto volentieri e allora subito pianifichiamo e ci organizziamo come fare per comprarlo. Se invece quel gioco non si può proprio comprare, perché non lo riteniamo adatto alla sua età o in generale non lo riteniamo un gioco ideali per i bambini o per lui, allora possiamo accogliere la sua frustrazione. Possiamo quindi dirgli che ci dispiace tanto, possiamo raccontargli perché secondo noi non è un gioco da avere. Possiamo infine rassicurarlo perché, sapendo alla fine cosa vorrebbe fare o ottenere da quel gioco, possiamo dargli tutta una serie di soluzioni e alternative per ottenere lo stesso divertimento o più o meno le stesse cose anche con altro di altrettanto entusiasmante. Tutti questi passaggi, anche se sembra strano, posso essere fatti senza sgridare, minacciare o urlare da parte nostra. Infatti, anche se nessuno lo ha mai fatto con noi quando eravamo piccoli e quindi non siamo abituati, è possibile dire di No, trasferire regole e limiti ai figli con calma da parte nostra. Possiamo farlo senza dover ripetere le cose 100 volte, senza lotte di potere, “capricci” con scatti di ira, episodi di rabbia o pianti. 3. I bambini esplodono con crisi di rabbia perchè sono sempre tutti No (e i Sì sono un miraggio) Altra situazione: tuo figlio esplode con una crisi di rabbia perché magari di solito sono sempre tutti No. E noi abbiamo quel tipo di atteggiamento per cui è un No a priori sempre perché magari pensiamo: “non deve rompere perché non ho tempo di mettermi lì ad aspettare” “Gli dico No perché altrimenti lo vizio” “Gli dico No perché se non impara a diventare grande, perché ha bisogno di batoste che poi nella vita riceverà.” Visto che è No per tutto, all’ennesimo No ricevuto esplode con una piazzata pazzesca, si arrabbia tantissimo e ha una crisi di pianto. Allora è chiaro che se vogliamo veramente risolvere dobbiamo trovare l’equilibrio, magari costruire prima un po’ di abbondanza dentro di noi e valutare quali Sì e quali No possiamo dire. In questo caso la lezione per noi è imparare a essere un po’ più flessibili. In questo modo potrai evitare che davanti al No si creino ogni volta queste lotte di potere e crisi isteriche. 4. Il vero motivo della richiesta che fa esplodere la crisi di rabbia Altra possibilità: possiamo osservare se per tuo figlio è davvero importantissimo avere quel gioco o quel gelato che ha chiesto e per cui si è arrabbiato. Perché magari non si tratta del gelato o del gioco, si tratta di quello che quel gelato o quel gioco compensano dentro di lui. Magari il dolce del gelato gli tampona un po’ quel bisogno di amore, quel bisogno di dolcezza, quel bisogno di appagamento che non sente riempito in un altro modo. Oppure avere il gioco lo fa sentire come gli altri, quindi innalza il suo senso di autostima. Oppure ancora avere il gioco lo fa sentire importante e come i suoi amici. Allora in questi casi in verità non vuole il gioco, desidera ciò che rappresenta per lui il gioco o il gelato. Se noi comprendiamo questa motivazione, si aprono i cieli perché possiamo andare a riempire questo vuoto che lui sente. Possiamo soddisfare questo bisogno agendo sulla sua autostima e magari anche sulla nostra, se ha assorbito un po’ di svalutazione da noi. 4 soluzioni per gestire le crisi di rabbia, crisi di nervi e crisi isteriche di tuo figlio Ecco qui i passaggi principali che puoi seguire: A. Il perché Come prima cosa domandiamoci perché si sta arrabbiando, quindi andiamo a sondare la motivazione, il perché è diventato nervoso e si sta agitando (se non riesci a farlo in quel momento, puoi anche farlo successivamente ma ricordatene il prima possibile perché è la vera chiave). B. Fermezza In quel momento se gli abbiamo detto di No dobbiamo rimanere fermi sul No. Eventualmente dopo valuteremo meglio la cosa con calma e ci domanderemo se davvero doveva essere un no o poteva essere un Sì. Ci possiamo man mano fare un elenco a priori dei Sì e dei No che vogliamo dire per non trovarci a dover improvvisare quando ci chiedono qualcosa. Quindi la prossima volta magari valuteremo meglio, ma se adesso abbiamo detto di no, rimane un no. Perché non possiamo dare l’idea che siamo quelli che fanno la bandiera e cambiamo idea a seconda di come cambia il vento. Dobbiamo mostrare fermezza. C. Accoglienza Nel frattempo accogliamo la sua frustrazione, usiamo le nostre capacità di accoglienza, lo ascoltiamo, ci mettiamo nei suoi panni ci dispiace davvero e gli diciamo che è giusto che sia arrabbiato, per esempio: “È vero, è una cosa tristissima che quando vuoi una cosa non puoi ottenerla subito”. D. Soluzione Troviamo insieme una soluzione e intanto andiamo avanti per la strada o, se siamo in casa, andiamo avanti a fare le cose che dobbiamo fare. E. E se non si calma? Se non si calma subito o se magari all’inizio continua a essere arrabbiato o riprova e insiste perché sa che, tutte le volte in cui ha insistito, poi noi abbiamo ceduto. È quindi necessario mantenere la calma, restare fermi sul No senza esplodere a nostra volta con rabbia e nervoso e soprattutto mettendoci dalla sua parte. Sii serena e non sarà neppure il caso di metterti lì a convincerlo a tutti i costi per farlo calmare, non avere fretta, resta ferma sul No, mantieni la calma, sii comprensiva. Di solito si calmano in breve tempo se usi questa modalità. Se dovesse insistere accoglilo con calma, di tanto in tanto, senza avere la fretta che si calmi a tutti i costi subito. La chiave per gestire le crisi di rabbia di tuo figlio è sempre accogliere il suo stato d’animo e agire da Aiutante Magico restando calma, evitando ricatti/punizioni che nel tempo non aiutano a creare una relazione di fiducia. In questo modo tuo figlio si sentirà compreso e troveremo delle soluzioni, anche se l’oggetto del desiderio non è possibile ottenerlo subito. Ultimo aspetto importante: ricordati di osservare eventuali motivazioni di fondo che magari in superficie non sono così evidenti ma sono le vere cause che fanno scattare queste sue esplosioni di rabbia e di pianto.
Come svegliare i bambini al mattino per andare a scuola
Svegliare tuo figlio la mattina per andare a scuola è sempre una guerra? È troppo lento per fare colazione, prepararsi e non ascolta? Se la mattina per tirare giù dal letto tuo figlio sono necessarie le cannonate non sei da sola! E se non ha voglia di alzarsi, fa storie e vorrebbe guardare ancora un po’ i cartoni sei la benvenuta a bordo! Se il tuo problema è che si sveglia tardi e non riuscite ad arrivare spesso in orario a scuola ti capisco benissimo. Io stessa per anni mi sono ritrovata a svegliare 3-4 o anche 5 bambini di età diverse per fargli fare colazione, portarli a scuola, il tutto possibilmente senza guerre, lotte infinite, senza doverli chiamare più volte mentre i minuti passavano inesorabili. Ecco qui un po’ di indicazioni direttamente dal campo di battaglia. Una mamma chiede: Ho due figli e tutte le mattine è un casino. Per assecondare i nostri tempi si devono svegliare alle sei e mezza, dobbiamo andare tutti a lavorare presto, c’è la scuola. Eppure è una lotta! Non vogliono alzarsi, fanno la lotta a chi deve entrare prima in bagno, non hanno voglia di lavarsi e vestirsi quando è ora di finire colazione. Spegnere la tv e i cartoni è di nuovo una guerra, non si riesce mai ad avere una mattinata tranquilla. Come posso fare? Il mattino rappresenta proprio la partenza della giornata e, se vogliamo, è possibile riuscire a rendere questo momento più armonico. Per farlo è importante ottimizzare i tempi e nello stesso tempo farlo in modo piacevole, sia per noi che per i nostri figli, rispettando anche i loro bisogni. 6 modi per svegliare al mattino i figli, arrivare in tempo a scuola evitando rabbia, lotte infinite e sgridate 1. Svegliati e cerca di mantenere la calma! So che è difficile perché hai i minuti contati e già tu per prima non hai voglia di alzarti la mattina… Posso garantirti che la calma è la prima cosa fondamentale per tutti. Perché se tuo figlio o i tuoi figli ti vedono serena, percepiscono che la situazione è sotto controllo e per loro sarà tutto molto più facile. È lo è ancora di più se tuo figlio è un dormiglione ed è lento per prepararsi al mattino. Per mantenere la calma, oltre a fare qualche respiro profondo, puoi andare a cercare nel profondo il vero perché, cosa scatena la tua rabbia, cercare di capire che cosa ti dà fastidio, perché ti infastidisce così tanto il fatto che non si vogliano svegliare o se sono lenti a prepararsi al mattino. Puoi chiederti: “Ok, ma perché mi infastidisco così tanto? Forse perché odio ripetere tante volte le cose? O è perché io per prima odio essere di fretta? Magari è perché penso a tutti i genitori che ce la fanno e mi arrabbio perché io non ce la faccio?” Tra queste domande (o domande simili, queste sono solo un esempio) cerca di individuare la motivazione che per te è quella valida, la vera causa. Questo ti aiuterà ad avere una risorsa per poter agire sul motivo, in modo da riuscire a essere più tranquilla e serena sempre, al mattino e durante la giornata. 2. Organizzazione ferrea Anche se ti sembra già di svegliarti molto presto, metti la sveglia ancora dieci minuti prima e prendi quei dieci minuti solo per te, per stare un po’ nel letto, in modo da fare le cose ancora più con calma, o per fare colazione tranquilla. Posso garantirti che quei minuti che togli al sonno in verità sono fondamentali per essere più serena e organizzata. Saranno dei minuti preziosi per poter fare le cose con la calma che richiedono e ne avrai un beneficio durante il giorno, anziché uno svantaggio. Ti aiuteranno per svegliare i bambini al mattino per andare a scuola in orario ed evitare crisi. 3. Se possibile evita lunghe spiegazioni al mattino Quando vai a svegliare i tuoi figli e loro ovviamente non vogliono alzarsi e vogliono ancora dormire, quello che ti suggerisco di fare innanzitutto è di evitare le spiegazioni. Evita di spiegare e fare lunghe filippiche perché potresti peggiorare la situazione irritandoli sempre di più. Evita frasi del tipo: “Eh ho capito, però ti devi alzare!” “Tutte le mattine la stessa storia!” “A scuola bisogna andare, papà deve andare a lavorare , mamma deve andare… e fai il piacere, devi capire!” “Guarda che un domani nella vita…” Evita tutte queste cose soprattutto con i bambini piccoli perché sono asfissianti e tuo figlio non ne ha bisogno perché quello che gli serve è sentirsi capito da un lato e aiutato dall’altro laddove lui non riesce, non ha bisogno di morali. E non funzionano nemmeno con un adolescente, perché nei momenti del risveglio capacità di ragionare ce n’è veramente poca: sanno già benissimo da soli che a un certo punto dovranno alzarsi e correre, con un megafono che glielo ricorda se la prendono ancora di più con noi. Stai arrivando dal pianeta di Morfeo e veramente quei “perché ti devi alzare” non ti interessano. Hai soltanto bisogno di qualcuno che sia comprensivo verso il fatto che “non mi voglio svegliare!”. Tu, al mattino, preferiresti il noiosissimo BI BIP BI BIP della sveglia oppure che arrivasse da te la fata madrina di Cenerentola con la sua bacchetta magica e ti dicesse: “è ora di andare a lavorare. Oooh lo so che non hai voglia tesoro mio. Cucciola! Ti capisco. Allora aspetta, ti lascio ancora cinque minuti, poi ti faccio qualche coccola. Vado a preparare la tua bella colazione fumante, i tuoi biscotti preferiti, la tua frutta preferita, tu stai qui tranquilla”. Poi dopo cinque minuti la fata madrina torna e ti dice: “Allora ci siamo! Oooh lo so che è proprio dura. Non preoccuparti, io ti aiuto. Sposto le coperte, piano, piano, ti accompagno, ti faccio scendere io. Guarda, qua ci sono le ciabatte”. Non sarebbe bellissimo? Assolutamente! ! E direi anche utilissimo se al mattino facciamo particolarmente fatica a ingranare! Per i tuoi figli è uguale! Quindi se vuoi salvarti la pelle alla mattina, ti suggerisco di fare la fata madrina e di andare a svegliarli accogliendo a priori il loro disappunto. Forse sarà necessario accogliere prima te, con o senza fata madrina, ma poi accogli la loro. Vai da loro e puoi dire: “Mamma mia!! questa sveglia che ha suonato, questi bimbi che non si vogliono alzare. Amore, avete ragione. Allora state ancora un attimo qua. Io accendo la lucina, alzo un po’ la tapparella, vado di là e preparo colazione. Voi dormite ancora un pochino, state ancora un po’ lì a rigirarvi, piano piano, aprite gli occhi…” Intanto vai a fare qualcosa di là e torni dopo qualche minuto: “Allora ci siamo? No, non ci siamo. Capperi!! qua ci vuole una gru, aspetta, vieni che ti tiro su io…” E li aiuti ad alzarsi a costo di prenderli, di aiutarli fisicamente, accompagnarli in bagno, dargli una mano a vestirli… Se pensi che diventeranno viziati e non impareranno da soli, stai sbagliando, perché loro possono imparare in momenti più sereni: al pomeriggio e alla sera quando bisogna vestirsi e mettere il pigiama, d’estate, nel fine settimana, ci sono tanti altri momenti. Non correranno, non correrete, non correrai questo rischio. Naturalmente questi suggerimenti ti servono solo all’inizio o in casi estremi, quando appunto il momento dei preparativi mattutini è davvero una lotta e dobbiamo fare il possibile perché le cose vengano fatte senza perdere troppo tempo e senza peggiorare le cose. Ma, appunto, anche se in futuro impareranno o questo periodo sarà superato, in quel momento se hanno bisogno di aiuto l’ideale è aiutarli. Sentendosi compresi in questo modo, eviteranno subito di fare una lotta, di mettersi sulla difensiva dicendo “ma non ho voglia, ma non hai capito, sei una mamma cattiva”. Eviterai tutti questi problemi e conflitti al mattino. Inoltra ricorda sempre che minacce e toni duri tendono a creare conflitti sempre più grandi e, in genere, non risolvono le situazioni. Con un tono morbido e gentile sarà più semplice svegliare tuo figlio senza farlo arrabbiare e garantire un sereno buongiorno a tutta la famiglia. 4. Il tuo sorriso al mattino favorisce il risveglio di tutta la truppa Forse lo sai già senza che te lo ricordi io: se voi vi svegliate all’ultimo minuto di corsa, arrabbiati perché dovete andare a lavorare, arrabbiati perché tutte le mattine è sempre la stessa storia, ovviamente sai benissimo che questo non aiuta il risveglio di tutti. Dunque questi suggerimenti adottali prima di tutto con te stessa, perché ti aiuteranno ad alzarti con il piede giusto, a essere un po’ più solare, un po’ più positiva, un po’ più tranquilla. Perché i tuoi figli, respirando quest’aria, avranno più voglia di alzarsi e al loro risveglio potranno vedere e parlare con persone sorridenti, con persone solari, tranquille, che hanno voglia di cominciare la giornata. A lavorare bisogna andare comunque, tanto vale cercare il modo di sorridere a partire dal mattino perché altrimenti con i figli diventa tutto molto difficile. 5. Mio figlio è sempre attaccato al cellulare, Tv e cartoni Ammetto che dover lottare al mattino alle sette, sette e mezza, un quarto alle sette con la televisione o gli schermi è una battaglia persa in anticipo, perché la televisione o il telefono, da questo punto di vista, sono molto potenti. Ti suggerisco di importi in maniera autorevole, non autoritaria, ma di importi ed evitare se possibile di accendere la televisione e gli schermi la mattina. È ovvio che i tuoi figli non vorranno e faranno storie. Cerca allora di accogliere la loro frustrazione e comprendere mentre dovrai comunque essere ferma sul no. Puoi dire: “io vi capisco, lo so che i cartoni vi piacciono. Anche a mamma piacciono i film. Anche a mamma e papà piacciono le notizie. Da questa mattina si fa così. Per venirvi incontro – evita di dire “se volete” – per venirvi incontro li guardiamo un pochino di più alla sera, li guardiamo un pochino di più al pomeriggio, ma al mattino non si accende”. Ovvio che loro faranno le loro rimostranze, ma se accoglierai il loro disappunto, se tu darai modo di far vedere che stai accogliendo, li stai capendo, non li stai accusando, loro lo capiranno. Poi l’ideale, se possibile, è che tu possa fare colazione e interagire con loro, altrimenti diventa ancora più noioso e la voglia di televisione aumenta. Quando avevo i bambini in affido familiare, spesso erano almeno cinque i bambini, di età diverse, che in una volta dovevo svegliare e portare a scuola, a cui far fare colazione e da vestire, dalle medie alle elementari, alla scuola materna. Dovevo organizzarmi, dovevo svegliarmi molto prima, ma il riuscire a fare tutto con calma e soprattutto accogliendo il loro malumore senza pretendere che si stampassero per forza un sorriso addosso e non facessero polemiche è quello che mi ha tanto aiutato. Andare da loro e capirli, sapere che per loro era difficile, scherzare, comprendere come si sentivano, aiutarli: solo così non avevo difficoltà. I ragazzi e i bambini hanno iniziato ad apprezzare questa modalità, hanno visto che se anche ci provavano perché magari volevano farmi arrabbiare, in verità non ci riuscivano, quindi magari utilizzavano altri modi, ma al mattino si riusciva ad andare a scuola per tempo e in maniera serena. Se vuoi approfondire come fare per risolvere i capricci e le reazioni dei tuoi figli senza urla e sgridate, puoi leggere questo articolo: Guida completa per i Capricci dei Bambini (se li ignori si moltiplicano) 6. Come prevenire gli imprevisti con la qualità della relazione durante la settimana Un ultimo suggerimento importantissimo è: tieni a bada la vostra giornata, la vostra settimana. Se i tuoi figli hanno la sensazione di non ricevere abbastanza attenzione di qualità durante la settimana, durante la serata o durante la giornata, al mattino, quando sanno che tu hai fretta e che sei costretta a occuparti di loro perché altrimenti perdi tempo, inizieranno tutta una serie di azioni per riuscire a dirti che hanno bisogno di te, cercheranno, senza cattiveria, di farti perdere tempo perché hanno bisogno di attirare le attenzioni. Se tu gli darai più attenzioni di qualità durante la settimana o la sera non avranno bisogno di essere assillanti al mattino quando è ora di correre e di scattare. Buona sveglia! Se vuoi approfondire come dare a tuo figlio attenzioni di qualità, puoi leggere qui l’articolo Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo
Voglio la Mamma! Perchè l’inserimento al Nido e alla Scuola dell’infanzia è difficile?
L’inserimento dei figli al nido o alla scuola dell’infanzia è un momento delicato e spesso anche difficile per i bambini e per i genitori. I bambini a volte fanno i “capricci” (che capricci non sono), piangono, non vogliono andare a scuola… La mamma spesso si sente in colpa perché è “costretta” a lasciare il figlio per andare a lavorare e questi sentimenti di certo non aiutano a vivere serenamente la fase di distacco. Ma perché le spiegazioni razionali non calmano tuo figlio che non vuole andare al nido o alla scuola dell’infanzia? Perché non si calma anche se gli spieghi che devi andare a lavorare? E c’è un modo per farlo sentire accolto e per disinnescare i tanto temuti “capricci” (che capricci non sono)? A volte ci sono delle preoccupazioni che assalgono la mamma che, se non affrontate e sciolte, fanno diventare l’inserimento al nido o a scuola fonte di pianti, tensione e nervosismo per entrambi. Come risolverle? Scopri tutto in questo articolo. Perché l’inserimento al nido e alla scuola dell’infanzia è difficile? Per cominciare possiamo dire che se siamo mamme dispiace a noi per prime lasciare nostro figlio al nido o a scuola, non è semplice emotivamente andare via a vederlo che piange, lasciarlo alle insegnanti… I tanti dubbi e timori irrisolti sull’inserimento e su quello che succederà a nostro figlio al nido o alla scuola materna di sicuro non aiutano la fase del distacco. Per esempio è normale chiedersi: Cosa faccio se mio figlio piange al nido? Quando si fa l’inserimento all’asilo e come evito imprevisti? Come affrontare l’inserimento alla scuola materna? Quanto dura l’inserimento al nido e come facilitarlo? Cosa faccio se non voglio lasciarlo con le educatrici e con le insegnanti? Come si risolve l’attaccamento alla mamma? Asilo a 2 anni: si o no? Molte mamme mi chiedono se è giusto mandare al nido i bambini così piccoli oppure se è meglio di no, mi chiedono come risolvere la situazione se, per necessità, li devono mandare “per forza” e non hanno alternative. Come rendere semplice l’inserimento al nido, alla scuola materna e come far sì che i bambini vadano tranquillamente Innanzitutto quando arriva il momento dell’inserimento i bambini sono ancora piccoli per uscire dal nido familiare e trascorrere tante ore con altri bambini e in un ambiente che non è subito così famigliare. Sappiamo già in partenza che non ci può essere la qualità di relazione che potremmo avere se un bambino potesse stare con la mamma o con papà, con i nonni oppure con una tata tutta per sé, nella sua famiglia. Infatti con pochi adulti che in tutto il tempo della giornata devono comunque essere presenti il più possibile per tutti i bimbi, assecondare la fase dei primi anni del “è tutto mio!” di ogni singolo bambino, e seguire i loro bisogni affettivi è difficile riuscirci con una qualità elevata. Purtroppo però oggi il nido spesso è una necessità, quindi ben venga la possibilità di avere queste strutture a disposizione. Quindi come fare quando siamo costretti a rivolgerci a queste strutture? Allora come si può rimediare e come evitare un inserimento difficile per tutti? 1. Previeni e gioca d’anticipo Il momento migliore è, per esempio, a casa la sera e/o durante il fine settimana. Tuo figlio durante l’inserimento al nido o a scuola avrà bisogno di più attenzioni, di essere accolto di più, di essere più coccolato o molto spesso di arrivare ad avere la possibilità di scaricare la tensione accumulata durante la giornata facendo qualche “capriccio”, dicendo qualche no, piangendo, rifiutandosi di mangiare… L’importante è sapere che la motivazione potrebbe derivare da questo distacco giornaliero. Se accogli tuo figlio, non lo rimproveri, ma semplicemente lo accogli e gli permetti di sfogarsi, lo coccoli molto, cerchi di anticipare i suoi bisogni, allora in automatico riesci a soddisfare quel piccolo buco che si è creato con il distacco e permetti che la situazione non diventi intollerabile o difficile da gestire. Se vuoi approfondire come gestire i “capricci” dei bambini, puoi leggere anche l’articolo: Guida Bimbiveri ai capricci. 2. Evita le spiegazioni: tuo figlio non le comprende e non aiuta a calmarlo Oltre a questo, una volta presa coscienza del fatto che il tuo bambino deve andare al nido e ti trovi tutte le mattine con lui che piange, ti invito a evitare di dare spiegazioni. È quello che d’istinto ci viene spontaneo, il nostro bimbo piange e noi: “dai che mamma torna presto, non fare così. Guarda c’è la maestra. Ma che bello questo gioco! Guarda che sono arrivati gli amichetti! Eh dai che ieri poi ti sei divertito, che la maestra mi ha detto che poi hai smesso di piangere…” Un bambino così piccino non è in grado di comprendere motivazioni razionali. L’ideale è anticipare la sua reazione accogliendo la sua emozione e facendolo sentire compreso. Non aver paura di tenerlo in braccio e dire: “Oooh questo bimbo piange. Eh hai ragione, amore, non vuoi andare. È brutto stare senza mamma, non ti piace vero? Piangi amore, sfogati, la mamma torna presto, viene a prenderti e giochiamo insieme, ma adesso piangi se hai voglia di piangere. Lo so che per te è un momento difficile”. Questo lo aiuterà a sentirsi compreso e quando finirà di piangere, sfogherà, tirerà fuori tutto quello che c’è dentro di lui, e poi inizierà a giocare. Questo è un bene perché il pianto è sempre una valvola di sfogo importante per i bambini. 3. Come sta la mamma e cosa prova in merito all’inserimento del figlio? Oltre a questi suggerimenti, c’è un terzo molto più importante dei primi due: l’età in cui tuo figlio va al nido è un’età molto precoce, un’età in cui inevitabilmente i suoi sentimenti e le sue emozioni sono ancora in completa e totale sintonia/simbiosi con i sentimenti e le emozioni della sua mamma. Quindi, a volte, quando i bambini piccoli hanno un atteggiamento per cui sfogano delle tensioni emotive, piangono, si ribellano, fanno i “capricci”, non dormono, non mangiano, l’ideale è sempre che la mamma si chieda come si sente, per esempio: “Come mi sento e come sto vivendo questo momento di inserimento e di cambiamento?” È possibile che il bambino assorba le nostre emozioni cerchi, in qualche modo, di esprimerli con il pianto. Ecco perché vale la gioia fermarsi e cercare di guardare che cosa c’è dentro di noi. Se questo è il tuo caso, ti invito a prendere uno spazio di tempo per chiederti: “Come mi sento io sapendo che devo mandare mio figlio all’asilo? Voglio o non voglio? È una necessità ma preferirei tenerlo a casa? Soffro tantissimo nel vederlo piangere? Sono io che dentro di me, se potessi, piangerei perché non voglio lasciarlo al nido?” Oppure ecco altri esempi che potrebbero riguardarti: “non voglio andare a lavorare perché il lavoro che faccio non mi piace? È andata bene durante il periodo dell’allattamento, durante il periodo della maternità, adesso devo tornare ma per me è un dramma perché non mi piace quello che faccio.” “E se le maestre dell’asilo non sono abbastanza brave? E se sente la mia mancanza o se lui mi manca? Ma se le maestre della scuola materna non lo conoscono e non sanno assecondare i suoi bisogni, non lo sanno capire come lo posso capire io? Se fosse troppo il tempo che sta fuori casa?…” Queste spesso sono le motivazioni che in te potrebbero rimanere latenti, che non ti concedi di provare e che potrebbero renderti l’inserimento difficile da affrontare. In questo caso è importante prendersi uno spazio serale con calma, prendere carta e penna e sentirti libera di scrivere su un foglio tutte queste emozioni che stai provando, senza giudicarsi, ma anzi lasciando libero sfogo a questa tua parte interiore che comunque soffre, che ha delle difficoltà, che ha delle emozioni profonde da esprimere. Questo ti aiuterà innanzitutto nel trovare la vera motivazione del problema. E, soprattutto, il fatto di poter scaricare queste motivazioni senza giudizio ti renderà più serena, più tranquilla e di conseguenza renderà più tranquillo anche il tuo bambino. 4. Un ultimo piccolo suggerimento pratico per favorire l’inserimento al nido o alla scuola dell’infanzia Lascia un oggetto tuo nello zainetto del tuo bimbo e tu prendi qualcosa di suo. Magari il bavagliolo della sera prima, una maglietta da lavare che ha ancora il suo profumo. Portala con te durante il giorno, durante la tua attività lavorativa e vedrai che ti sarà utile per non sentire troppo la sua mancanza. E poi fai di tutto per recuperare il tempo perduto: più gli darai attenzioni alla sera, durante il fine settimana e più sarà facile evitare di sentirti in colpa perché lo lasci tante ore da solo 😊 Per approfondire questo tema puoi leggere: Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo Spero che questi suggerimenti ti aiutino a vivere al meglio la delicata fase dell’inserimento di tuo figlio al nido o alla scuola dell’infanzia.