Cosa fare?
I nostri articoli li trovi nel blog qui: Blog Bimbiveri.
Puoi anche iniziare visitando la nostra home page o navigando usando il menu in alto del sito.
Forse potresti trovare interessanti questi
Bambini che lanciano oggetti e urlano: ecco cosa fare
Cosa fare quando un bambino a casa lancia gli oggetti, urla, picchia e alza le mani? Per quale motivo si comporta in modo aggressivo con te o con un altro bambino? Spesso i bambini iniziano da piccoli ad avere questo tipo di reazioni fisiche ed esplosive e ad essere maneschi. In questo articolo ti spiego il perché e come può comportarsi un genitore in queste situazioni. Perché mio figlio lancia gli oggetti, urla sempre o mi picchia? In genere i bambini iniziano a reagire lanciando le cose, picchiando, urlando o rompendo oggetti quando sono piccoli, ad esempio anche intorno all’anno e mezzo. Il motivo è che non hanno ancora la capacità di comunicarci cosa sentono, quali emozioni stanno provando. Naturalmente sarebbe bello e semplice se loro ci dicessero: “Tranquilla, voglio dirti solo che sono in crisi. Siediti. Siediti sul divano serena e tranquilla. Ti ho preparato anche una tisana. Ti devo dire che sono incavolato nero. Avrei voglia di spaccare tutto in questa casa. Perché non stai mai con me? Ho bisogno di stare più tempo con te. E poi odio mia sorella. Vorrei eliminarla dalla nostra famiglia e non posso farla fuori.” I bambini, ovviamente, non hanno la capacità di esprimere il loro stato d’animo in questo modo perché sono ancora troppo piccoli. Cosa fanno allora? Si esprimono fisicamente: piangendo, urlando, picchiando, facendo quelli che noi chiamiamo “capricci”, ma che non sono capricci. Si esprimono anche lanciando le cose: la prima cosa che trovano la lanciano. Perché? Perché non essendo ancora grandi, non sono in grado di razionalizzare come noi. Noi adulti quando sentiamo che stiamo per esplodere cosa facciamo? Ci fermiamo, ci ascoltiamo, ci parliamo e ci chiediamo per quale motivo stiamo per esplodere. Cerchiamo di accoglierci, farci un attimo le coccole e troviamo una soluzione. Gestiamo il nostro bagaglio emotivo per non esplodere. Spesso non siamo in grado di fare tutto questo nemmeno noi, figuriamoci un bambino piccolo. I bambini cosa sentono? I bambini sentono un tumulto dentro, un qualcosa dentro che li ha fatti arrabbiare o che li ha impauriti. La loro “pentola a pressione” diventa sempre più sotto pressione: questo insieme di sensazioni cresce e sale sempre più finché scoppiano. E allora ecco che rompono, lanciano gli oggetti, urlano o comunque possono diventare aggressivi. Oppure davanti ad un nostro no, magari detto in maniera un po’ brusca, loro non riescono a fermarsi e a dirci con calma: “perché mi stai dicendo di no? Guarda che io vorrei fare quella cosa perché…” Non avendo ancora una capacità di dialogo così fine ce lo fanno capire con il comportamento, con la rabbia, sfogandosi in questo modo. Non stanno facendo i maleducati, hanno solo il bisogno di esprimersi, di dirci quello che sta succedendo e lo fanno nell’unico modo che per ora conoscono. Hanno bisogno, piano piano nel tempo, di trovare e di assorbire un’alternativa dal nostro esempio. Allora in questi casi che cosa possiamo fare in pratica? Come comportarsi con un bambino che lancia le cose, alza le mani o urla Durante questi momenti di aggressività, rabbia ed esplosione, tentare di spiegare che non si fa serve a poco. Come prima cosa possiamo sicuramente intervenire con fermezza. Se hanno un oggetto pericoloso in mano o se stanno rompendo qualcosa non è necessario stare ad aspettare che si facciano male o lo rompano. Interveniamo: che sia per tirarlo indietro e allontanarlo, che sia per prendere l’oggetto dalle sue mani o che sia per tenergli le braccia in maniera sicura e ferma. Possiamo agire fisicamente con fermezza senza essere arrabbiati e dire ad esempio, mentre lo stiamo tenendo: “Amore Mannaggia cosa è successo! Sei arrabbiatissimo e questo non si può lanciare!” Magari lui nel frattempo si sta dimenando e sei riuscita ad abbracciarlo o a tenerlo perché non si faccia male. Molto diverso è intervenire in questo modo mentre dentro siamo arrabbiati, magari stringerlo e dire con tono duro: “Basta! Ho detto basta!!! Non devi fare così! Quante volte ti ho detto che non devi tirare quella roba! Ti fai male! Ma non vedi che ti fai male?!” In entrambi i casi fermiamo il bambino fisicamente prima che lanci un oggetto o un gioco, ma con il secondo modo si spaventerà, non si sentirà capito e avrà paura della nostra reazione. Nel primo caso invece magari si ribellerà, ma noi saremo sicuri, fermi, tranquilli e continueremo a tenerlo. Se lui dovrà ancora sfogarsi ed esplodere allora esploderà oppure vedendoci calmi si calmerà subito anche lui. Se vuoi approfondire l’argomento puoi anche leggere questo articolo: Smettila di Urlare! Come calmare bambini Nervosi e Agitati È esploso, ha picchiato me o la sorella: capire le motivazioni di tuo figlio Quando i bambini sono piccoli è difficile che ci dicano a parole che cos’hanno, cosa provano. Possiamo però allenare la nostra capacità di osservazione, diventare un po’ dei piccoli Sherlock Holmes e affinare il nostro intuito. Possiamo ad esempio osservare e farci un po’ di domande come: “ok, allora quando fa così si è arrabbiato con la sorella” “Forse è stanco? Ha fame? Si sta annoiando?” “Non sono stata con lui. E già due volte che mi gira intorno e tre volte che gli dico che non ho tempo. Oggi sono nervosa e me lo aspetto che tra un po’ esploderà anche lui” Un bambino potrebbe non capire tutte le nostre parole, ma al cuore gli arriverà quello che vogliamo dirgli, il nostro discorso, il nostro dialogo interiore. Un bambino sente se viene capito, compreso. Anche se i bambini sono piccoli, quando in modo sinceramente dispiaciuto gli diciamo “amore… mannaggia, la mamma oggi non è stata con te”, loro sentono che abbiamo capito. È quel linguaggio tra adulto e bambino, tra genitore e figlio, tra mamma e bimbo, che fa sì che loro sentano che li stiamo ascoltando e non li stiamo rimproverando. Magari piangerà dieci o venti minuti oppure si fermerà subito, ma l’importante è che noi possiamo essere fermi nel dire ciò che non si fa ma anche pronti a comunicare: “capisco perché l’hai fatto, te lo dico e troviamo una soluzione”. Inizialmente sarà necessario agire in questo modo cinquanta, cento volte o fino a quando ce ne sarà bisogno. Gradualmente si abituerà a chiamarvi, a non dover per forza esplodere lanciando oggetti o mordendo e picchiando, anche grazie al fatto che, allenandoci, noi riusciremo ad arrivare un po’ in anticipo, cioè intuire qual è la difficoltà e risolvere prima che la situazione degeneri. Ad esempio vi sarà magari già capitato di notare quando vostro figlio è stanco e vi sarete detti: “se non lo porto a dormire tra dieci minuti qua esplode il maremoto! Perché ha già cominciato a lagnarsi un po’, ad andare di là e ha tirato due volte un calcio a sua sorella… ha fatto un dispetto, lo vedo dagli occhi: è stanco. Se adesso non lo porto a dormire esplode e poi fino a mezzanotte non riuscirò a farlo dormire perché sarà una crisi dietro l’altra”. Gelosia: mio figlio ha picchiato la sorella! A volte capita che siano i più piccoli ad arrabbiarsi con i fratelli più grandi, ma la maggior parte delle volte sono i più grandi che ce l’hanno con i piccoli e che li vedono un po’ come degli intrusi. Noi chiamiamo questa reazione “gelosia” ma, in verità, il loro è un sentimento più che giustificato e spesso i primogeniti si sentono un po’ espropriati del loro territorio. E non è perché sono egoisti, ma perché questo territorio per i nostri figli è fatto dell’amore di mamma e papà e delle loro sicurezze. Ecco che allora si ritrovano a pensare: “Finché c’ero solo io, avevo tutto l’amore e tutte le attenzioni per me. Adesso che è arrivato un altro, o un’altra (o un altro ancora) questo terreno si ridurrà? Dovrò dividerlo per due, o per tre? Ma poi perché ne hanno voluto un altro? Io forse non andavo bene? Forse non sono bastato. Allora lei è meglio di me, certo che io sono arrabbiato con lei. Tutte le volte che la guardo penso che lei sia migliore di me.” È un fattore naturale, i bambini vivono queste sensazioni. Non possiamo spiegare o chieder loro di non farlo. Ciò che possiamo fare è dimostrare attraverso la relazione e la qualità del tempo che passiamo con loro che non è così. A volte non basta neanche dire “Io ti voglio bene, vi voglio bene allo stesso modo”. I figli hanno bisogno di vederlo nella pratica. È grazie a questo che i bambini saranno meno aggressivi, che arriveranno a non lanciare oggetti o eviteranno di urlare e arrabbiarsi, se questo è il vero motivo. Ecco qui sotto qualche altro esempio. È arrivato il momento di cambiare il pannolino alla piccola o di tenerla in braccio Ad esempio, ti stai alzando per andare a cambiare il pannolino alla piccola mentre il grande sta giocando. Un conto è dire: “Ma sì, ci metto un attimo, io voglio bene anche a te” un altro conto è dimostrare che ti ricordi di lui, guardarlo negli occhi e prima che mostri dispiacere dirgli per esempio: “Amore, io vado di là a cambiare il pannolino, se non vuoi stare qui da solo, vieni anche tu di là nel frattempo, prendi i due pupazzetti così continuiamo a giocare…” Oppure: “Devo cambiare tua sorella… ma mica voglio perdermi la costruzione di questo bellissimo castello!… Vado un attimo di là a prendere il cambio e torno… la cambio mentre sono qui con te così non mi perdo nemmeno un pezzettino di questa opera d’arte!” Oppure ancora hai in braccio la sorella più piccola, magari ti siedi perché non riesci a tenerli tutti e due in braccio e puoi dire: “Vuoi venire in braccio anche tu? Guarda che c’è lo spazio! Vieni in un braccio anche tu! Certo che posso prendere anche te. Mi devo solo sedere e posso prendere anche te”. Magari se non lo aveste fatto ve lo avrebbero chiesto e si sarebbero arrabbiati. Ma se lo anticipi loro avranno la certezza, potranno pensare “allora ti sei ricordata anche di me! Allora sì che mi vuoi bene! No, continuo a giocare. Non ho bisogno che prendi in braccio anche me” Hanno dunque bisogno di conferme nella pratica. Litigi tra fratelli: il grande ha picchiato la piccola Quando litigano dico sempre di intervenire e di non sgridare nessuno, di non cercare il colpevole. Infatti cercare il colpevole non serve perché spesso “il colpevole”, cioè chi ha iniziato, è il più ferito dei due, perché è quello che a monte si è sentito minacciato. Quando una piange e l’altro l’ha colpita andrò da tutti e due, mi avvicinerò a quella che piange per consolarla, ma allo stesso tempo chiederò all’altro: “mamma mia amore! per tirarle così forte i capelli deve avertela fatta grossa. Mannaggia questa sorellina che stava proprio giocando lì dove volevi giocare tu e lei si è messa in mezzo. Lo so che ogni tanto ti dà fastidio e non la supporti” Se vuoi approfondire cosa fare in caso di gelosie e litigi tra fratelli, puoi leggere anche l’articolo: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli Per fare un paragone, che senso avrebbe sgridare noi adulti perché mangiamo troppi dolci? Se il vero problema è che compensiamo con i dolci un bisogno affettivo, stanchezza o frustrazione, non sarebbe meglio avere qualcuno che ci aiuti a risolvere questa frustrazione, dato che magari i dolci fanno male? Per un bambino è uguale. Siccome non si picchia, non si morde, non si lanciano oggetti e ci sono altri modi per esprimersi da imparare nel tempo, non serve il rimprovero, ma avrà bisogno di vedere come si fa. E allora gli farò vedere come si fa, accoglierò entrambi, non lo colpevolizzerò perché so qual è il problema e quindi a monte ci lavorerò, dando del tempo di qualità, dandogli quello che gli serve per riprendersi le sue sicurezze e risolvendo. Nella pratica, se il problema era che la piccola si è messa dove voleva giocare il grande, vedrò se riesco a spostare lei, se no si troverà un’alternativa insieme, medierò tra loro due e vedrò cosa si può fare per risolvere. Il bambino si abituerà a capire che non lo state rimproverando, non si sentirà sgridato ma capito e dopo un po’ di volte che farete così avrà la certezza del fatto che è avvenuto un cambiamento. A quel punto potrete dirgli: “Vedi, quando succede così, prima di arrabbiarti vieni da me. Quando senti che comincia a venirti il nervoso, vieni da mamma o da papà e ce lo dici. Noi risolviamo. Arrivo prima che scoppino le scintille. Non ce n’è bisogno, basta che tu venga da me e me lo dici.” Inizieranno a venirvi a chiamare perché hanno capito che non siete un pericolo, ma che siete un aiuto, siete il loro aiutante magico. Inizialmente verrà a dirvelo, poi, man mano che crescerà negli anni, imparerà a fare lui quello che avete fatto voi. Imparerà a fare un bel respiro, a calmarsi, a parlare con se stesso e trovare una soluzione. Questo passaggio non avviene subito ma avviene con gli anni, però in questo modo si possono mettere da subito le basi per non avere ogni momento un litigio esplosivo da gestire. Gli esempi di questo articolo ti saranno utili per evitare con il tempo che tuo figlio lanci gli oggetti, arrivi ad urlare o diventare aggressivo con te o con la sorella, il fratello o altri bambini. Se vuoi approfondire il tema della gestione delle emozioni dei tuoi figli, puoi leggere questo articolo: Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle)
Voglio la Mamma! Perchè l’inserimento al Nido e alla Scuola dell’infanzia è difficile?
L’inserimento dei figli al nido o alla scuola dell’infanzia è un momento delicato e spesso anche difficile per i bambini e per i genitori. I bambini a volte fanno i “capricci” (che capricci non sono), piangono, non vogliono andare a scuola… La mamma spesso si sente in colpa perché è “costretta” a lasciare il figlio per andare a lavorare e questi sentimenti di certo non aiutano a vivere serenamente la fase di distacco. Ma perché le spiegazioni razionali non calmano tuo figlio che non vuole andare al nido o alla scuola dell’infanzia? Perché non si calma anche se gli spieghi che devi andare a lavorare? E c’è un modo per farlo sentire accolto e per disinnescare i tanto temuti “capricci” (che capricci non sono)? A volte ci sono delle preoccupazioni che assalgono la mamma che, se non affrontate e sciolte, fanno diventare l’inserimento al nido o a scuola fonte di pianti, tensione e nervosismo per entrambi. Come risolverle? Scopri tutto in questo articolo. Perché l’inserimento al nido e alla scuola dell’infanzia è difficile? Per cominciare possiamo dire che se siamo mamme dispiace a noi per prime lasciare nostro figlio al nido o a scuola, non è semplice emotivamente andare via a vederlo che piange, lasciarlo alle insegnanti… I tanti dubbi e timori irrisolti sull’inserimento e su quello che succederà a nostro figlio al nido o alla scuola materna di sicuro non aiutano la fase del distacco. Per esempio è normale chiedersi: Cosa faccio se mio figlio piange al nido? Quando si fa l’inserimento all’asilo e come evito imprevisti? Come affrontare l’inserimento alla scuola materna? Quanto dura l’inserimento al nido e come facilitarlo? Cosa faccio se non voglio lasciarlo con le educatrici e con le insegnanti? Come si risolve l’attaccamento alla mamma? Asilo a 2 anni: si o no? Molte mamme mi chiedono se è giusto mandare al nido i bambini così piccoli oppure se è meglio di no, mi chiedono come risolvere la situazione se, per necessità, li devono mandare “per forza” e non hanno alternative. Come rendere semplice l’inserimento al nido, alla scuola materna e come far sì che i bambini vadano tranquillamente Innanzitutto quando arriva il momento dell’inserimento i bambini sono ancora piccoli per uscire dal nido familiare e trascorrere tante ore con altri bambini e in un ambiente che non è subito così famigliare. Sappiamo già in partenza che non ci può essere la qualità di relazione che potremmo avere se un bambino potesse stare con la mamma o con papà, con i nonni oppure con una tata tutta per sé, nella sua famiglia. Infatti con pochi adulti che in tutto il tempo della giornata devono comunque essere presenti il più possibile per tutti i bimbi, assecondare la fase dei primi anni del “è tutto mio!” di ogni singolo bambino, e seguire i loro bisogni affettivi è difficile riuscirci con una qualità elevata. Purtroppo però oggi il nido spesso è una necessità, quindi ben venga la possibilità di avere queste strutture a disposizione. Quindi come fare quando siamo costretti a rivolgerci a queste strutture? Allora come si può rimediare e come evitare un inserimento difficile per tutti? 1. Previeni e gioca d’anticipo Il momento migliore è, per esempio, a casa la sera e/o durante il fine settimana. Tuo figlio durante l’inserimento al nido o a scuola avrà bisogno di più attenzioni, di essere accolto di più, di essere più coccolato o molto spesso di arrivare ad avere la possibilità di scaricare la tensione accumulata durante la giornata facendo qualche “capriccio”, dicendo qualche no, piangendo, rifiutandosi di mangiare… L’importante è sapere che la motivazione potrebbe derivare da questo distacco giornaliero. Se accogli tuo figlio, non lo rimproveri, ma semplicemente lo accogli e gli permetti di sfogarsi, lo coccoli molto, cerchi di anticipare i suoi bisogni, allora in automatico riesci a soddisfare quel piccolo buco che si è creato con il distacco e permetti che la situazione non diventi intollerabile o difficile da gestire. Se vuoi approfondire come gestire i “capricci” dei bambini, puoi leggere anche l’articolo: Guida Bimbiveri ai capricci. 2. Evita le spiegazioni: tuo figlio non le comprende e non aiuta a calmarlo Oltre a questo, una volta presa coscienza del fatto che il tuo bambino deve andare al nido e ti trovi tutte le mattine con lui che piange, ti invito a evitare di dare spiegazioni. È quello che d’istinto ci viene spontaneo, il nostro bimbo piange e noi: “dai che mamma torna presto, non fare così. Guarda c’è la maestra. Ma che bello questo gioco! Guarda che sono arrivati gli amichetti! Eh dai che ieri poi ti sei divertito, che la maestra mi ha detto che poi hai smesso di piangere…” Un bambino così piccino non è in grado di comprendere motivazioni razionali. L’ideale è anticipare la sua reazione accogliendo la sua emozione e facendolo sentire compreso. Non aver paura di tenerlo in braccio e dire: “Oooh questo bimbo piange. Eh hai ragione, amore, non vuoi andare. È brutto stare senza mamma, non ti piace vero? Piangi amore, sfogati, la mamma torna presto, viene a prenderti e giochiamo insieme, ma adesso piangi se hai voglia di piangere. Lo so che per te è un momento difficile”. Questo lo aiuterà a sentirsi compreso e quando finirà di piangere, sfogherà, tirerà fuori tutto quello che c’è dentro di lui, e poi inizierà a giocare. Questo è un bene perché il pianto è sempre una valvola di sfogo importante per i bambini. 3. Come sta la mamma e cosa prova in merito all’inserimento del figlio? Oltre a questi suggerimenti, c’è un terzo molto più importante dei primi due: l’età in cui tuo figlio va al nido è un’età molto precoce, un’età in cui inevitabilmente i suoi sentimenti e le sue emozioni sono ancora in completa e totale sintonia/simbiosi con i sentimenti e le emozioni della sua mamma. Quindi, a volte, quando i bambini piccoli hanno un atteggiamento per cui sfogano delle tensioni emotive, piangono, si ribellano, fanno i “capricci”, non dormono, non mangiano, l’ideale è sempre che la mamma si chieda come si sente, per esempio: “Come mi sento e come sto vivendo questo momento di inserimento e di cambiamento?” È possibile che il bambino assorba le nostre emozioni cerchi, in qualche modo, di esprimerli con il pianto. Ecco perché vale la gioia fermarsi e cercare di guardare che cosa c’è dentro di noi. Se questo è il tuo caso, ti invito a prendere uno spazio di tempo per chiederti: “Come mi sento io sapendo che devo mandare mio figlio all’asilo? Voglio o non voglio? È una necessità ma preferirei tenerlo a casa? Soffro tantissimo nel vederlo piangere? Sono io che dentro di me, se potessi, piangerei perché non voglio lasciarlo al nido?” Oppure ecco altri esempi che potrebbero riguardarti: “non voglio andare a lavorare perché il lavoro che faccio non mi piace? È andata bene durante il periodo dell’allattamento, durante il periodo della maternità, adesso devo tornare ma per me è un dramma perché non mi piace quello che faccio.” “E se le maestre dell’asilo non sono abbastanza brave? E se sente la mia mancanza o se lui mi manca? Ma se le maestre della scuola materna non lo conoscono e non sanno assecondare i suoi bisogni, non lo sanno capire come lo posso capire io? Se fosse troppo il tempo che sta fuori casa?…” Queste spesso sono le motivazioni che in te potrebbero rimanere latenti, che non ti concedi di provare e che potrebbero renderti l’inserimento difficile da affrontare. In questo caso è importante prendersi uno spazio serale con calma, prendere carta e penna e sentirti libera di scrivere su un foglio tutte queste emozioni che stai provando, senza giudicarsi, ma anzi lasciando libero sfogo a questa tua parte interiore che comunque soffre, che ha delle difficoltà, che ha delle emozioni profonde da esprimere. Questo ti aiuterà innanzitutto nel trovare la vera motivazione del problema. E, soprattutto, il fatto di poter scaricare queste motivazioni senza giudizio ti renderà più serena, più tranquilla e di conseguenza renderà più tranquillo anche il tuo bambino. 4. Un ultimo piccolo suggerimento pratico per favorire l’inserimento al nido o alla scuola dell’infanzia Lascia un oggetto tuo nello zainetto del tuo bimbo e tu prendi qualcosa di suo. Magari il bavagliolo della sera prima, una maglietta da lavare che ha ancora il suo profumo. Portala con te durante il giorno, durante la tua attività lavorativa e vedrai che ti sarà utile per non sentire troppo la sua mancanza. E poi fai di tutto per recuperare il tempo perduto: più gli darai attenzioni alla sera, durante il fine settimana e più sarà facile evitare di sentirti in colpa perché lo lasci tante ore da solo 😊 Per approfondire questo tema puoi leggere: Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo Spero che questi suggerimenti ti aiutino a vivere al meglio la delicata fase dell’inserimento di tuo figlio al nido o alla scuola dell’infanzia.
5 vantaggi dei videogiochi che non ti aspetti!
Stai per scoprire i reali vantaggi dei videogiochi per tuo figlio. Anche se ti può suonare strano sì, ti confermo che ci sono reali vantaggi! Ma come ogni cosa nella vita abbiamo sia aspetti positivi che negativi dei videogiochi da considerare. Lo sapevi che i sondaggi rivelano che l’81% dei genitori ha una paura bestiale delle conseguenze negative che la tecnologia possono avere sui figli? Queste paure spesso non consentono a noi adulti di considerare più oggettivamente i reali vantaggi dei videogiochi e ci portano invece a considerare molto di più gli aspetti negativi della tecnologia. In particolare le principali paure emerse sono: 1️⃣ Paura che il figlio diventi dipendente e non riesca più a staccarsi dai monitor e da internet. 2️⃣ Paura che acceda a contenuti non adatti, pornografia e pedofilia. 3️⃣ Paura che il figlio perda il senso della realtà e che non riesca più a distinguere il mondo reale dal mondo virtuale. 4️⃣ Paura che perda interesse per altre attività più salutari come giocare con gli altri coetanei o attività all’aria aperta. 5️⃣ Paura che si ammali e che i dispositivi influenzino negativamente la sua salute, il suo cervello, la sua creatività e la sua fantasia. L’aspetto singolare è che nonostante questi timori, il 30% dei bambini va online già a 3-4 anni. Tra i 5 e i 7 anni naviga su internet l’87% dei bambini! E come ben sai fin da subito subiscono un’attrazione fatale verso gli schermi… Ma perché noi adulti facciamo così tanta fatica a comprendere e ad accettare questo naturale innamoramento dei bambini per la tecnologia? E soprattutto esistono reali vantaggi sull’utilizzo dei videogiochi per tuo figlio? Videogames pro e contro: 2 motivi principali per cui ignoriamo i vantaggi legati a videogiochi e tecnologia 1️⃣ Siamo cresciuti con libri di carta, bidoni di inchiostro, tomi di enciclopedie ingombranti e pesanti: è ovvio che stare al passo con tutte le novità tecnologiche degli ultimi anni sia stata una grande fatica. Fino al 1982 la parola Internet non esisteva. Facebook è nato nel 2004 e YouTube nel 2005! 2️⃣ Il tuo cervello è meno flessibile rispetto a quello di tuo figlio. I bambini si adattano con estrema facilità ai cambiamenti e alla tecnologia superveloce e riescono a seguire più cose insieme, noi invece siamo dei bradipi e svolgiamo a fatica una sola attività alla volta. La paura non ti aiuterà ad accompagnare tuo figlio a comprendere come usare la tecnologia a proprio vantaggio e per evitarne i rischi e i pericoli, sociali e di salute. Sarebbe utile invece avere a disposizione una linea di conoscenza dei pro e dei contro della tecnologia. Così come tuo figlio ha bisogno che tu gli trasferisca limiti, regole e sane abitudini per la vita in generale, è necessario che lo educhi a un USO CONSAPEVOLE di Computer, TV, Internet, Social Network, Videogiochi, Tablet e Smartphone. Ecco le difficoltà principali in cui si ritrovano oggi i genitori quando devono gestire i dispositivi tecnologici: Tendono a proibire l’uso dei video giochi e dei dispositivi digitali ma… le cose vietate sono quelle che tuo figlio tende a fare di più. Soprattutto di nascosto. Proprio come a volte tendevi a fare tu da piccolo. La paura dell’ignoto, dello sconosciuto e delle conseguenze sulla salute formano eserciti di mamme che portano avanti la loro furiosa battaglia anti-tecnologia e anti-videogiochi. E hanno ragione!In fondo nessuno ha mai spiegato loro i veri vantaggi e svantaggi della tecnologia. Hanno un tremenda e giustificata paura che i figli diventino dipendenti dagli schermi e non sanno come prevenire né risolvere questo pericolo. Sono spaventati da internet e i suoi contenuti non adatti, la pornografia, la violenza e la pedofilia. Non sanno bene come gestire il tempo che i figli trascorrono di fronte agli schermi: se vietano troppo incominciano litigi e capricci, se concedono di più si sentono in colpa e temono conseguenze per la salute. Si preoccupano della quantità di tempo dedicata alla ricezione passiva di immagini, soprattutto della TV, ritenuta molto più passiva rispetto a computer e video giochi. Non hanno una soluzione per evitare e prevenire alienazione, asocialità e mancanza di comunicazione con i figli. Temono i disturbi dell’apprendimento e la diminuzione di curiosità, fantasia e creatività. Fanno fatica a togliere o limitare i video giochi o il tablet se poi i compagni lo usano. Sono preoccupati per la possibilità che i figli perdano la voglia di imparare tramite i libri e attività concrete e materiali. La vera verità che ti aiuterà a valutare meglio gli aspetti positivi e negativi dei videogiochi Il mondo digitale è qui per restare, sarà sempre più presente nelle nostre vite e con lui devi in qualche modo interagire. Il tuo compito di adulto è comprendere quali sono i vantaggi e gli svantaggi e agire di conseguenza. Vietare o rifiutare rigidamente una situazione non sempre è l’approccio più conveniente e si rischia di non comprendere come trarne vantaggio, soprattutto per tuo figlio che crescerà e lavorerà in un mondo sempre più connesso, digitale, veloce e interattivo! Infatti la tecnologia possiede anche enormi vantaggi. I 5 principali vantaggi dei videogiochi per tuo figlio Ti elenco i 5 PRINCIPALI VANTAGGI dei videogiochi usati in modo CONSAPEVOLE, con i giusti limiti e le GIUSTE CONOSCENZE del genitore: 1️⃣ Collaborazione Digitale. I bambini e i ragazzi tendono a collaborare e cooperare tramite la tecnologia. Mentre noi temiamo l’asocialità e la mancanza di interazione per loro la comunicazione è normale che avvenga anche sul web e tramite i social network. 2️⃣ Scambio e Aiuto. I bambini e i ragazzi non solo interagiscono, si aiutano e collaborano: di fronte alla tecnologia si supportano, si scambiano consigli ed esperienze e litigano meno!! 3️⃣ I giochi aiutano (tantissimo) l’Apprendimento. I video giochi di strategia e di avventura sono ottimi ed efficaci per l’apprendimento a scuola e a casa (più degli attuali metodi di insegnamento razionali che non considerano le vie più fisiologiche di apprendimento dei bambini). Bisogna solo togliere la paura che siano dannosi, sapere come non creare dipendenza e animare il gruppo di studenti alternando carta e libri con supporti multimediali e interattivi. 4️⃣ I Giochi affinano la capacità di Risolvere i Problemi. Il video gioco Minecraft e altri simili di strategia stimolano l’intelligenza digitale (che i bambini hanno già naturalmente), la capacità di risolvere i problemi e di formulare ipotesi. E lo fanno allo stesso modo delle modalità di apprendimento più classiche ma che si basano sulla vera natura del bambino e sulla sua innata capacità di apprendimento (oggi non succede). Sì, queste capacità sono le stesse che i ragazzi useranno nella vita reale e saranno molto più veloci e capaci di noi nel trovare soluzioni alternative ai grandi problemi del mondo!! 5️⃣ Per i bambini e i ragazzi digitali scrivere con il computer è molto più semplice che scrivere a mano. Se opportunamente guidati i bambini alternano la scrittura (e il disegno) sul computer a quella sulla carta e con i colori con fluidità e naturalezza (e senza giudicarne uno valido e l’altro meno come facciamo noi adulti!). La tecnologia può aiutare tuo figlio a esprimere il suo innato potenziale. Ma solo il tuo SUPPORTO e la tua PRESENZA possono renderla UTILE e PRODUTTIVA ed evitarne tutti gli aspetti negativi. Come genitore puoi portare la tecnologia dalla tua parte per coltivare l’abilità digitale e di apprendimento velocissima che tuo figlio possiede (e che rende a volte la scuola terribilmente noiosa e lenta). L’unica via che ti può “salvare” è sapere come utilizzarla a vostro favore e valutare al meglio i reali vantaggi e svantaggi dei videogiochi. Perché, se da un lato è vero che esistono aspetti negativi e che bisogna dare delle regole sin da subito a tuo figlio, dall’altro, come hai scoperto, esistono aspetti positivi dei videogiochi che sono molto importanti.
Smettila di picchiare tuo figlio! Educare i bambini senza schiaffi
Sono in tanti a considerare necessario (e doveroso) ricorrere a schiaffi ai bambini sul viso, alle sculacciate, a picchiare i bambini sulle mani. Sberle e sculacciate ogni tanto ci scappano e i motivi sono davvero vari. Per esempio tanti di noi sono cresciuti ricevendo magari qualche schiaffo o sculacciata e vivendo con genitori che urlavano ed esplodevano con episodi di rabbia. Per questo motivo si arriva a credere che sia l’unico modo per educare e per farsi ascoltare dai figli. Ma non è così. Ancora oggi i genitori si chiedono quando è necessario dare uno schiaffo a un figlio oppure non riescono a valutare sei gli schiaffi ai bambini sono diseducativi oppure inevitabili. Qualcuno di noi pensa davvero che sia uno strumento educativo efficace. Risolviamo tutti i dubbi con questo articolo, troverai anche degli esempi pratici. Perché i genitori ricorrono agli schiaffi con i bambini? La maggior parte delle volte sberle e sculaccioni scappano perché non riusciamo a farne a meno, non riusciamo a gestire quella tensione forte che ci sale dentro, quella rabbia che ci prende d’impulso, ed ecco che diamo la sberla, la sculacciata. Non si tratta di un gesto ragionato. È un modo istintivo che usiamo per scaricare la nostra tensione, la nostra rabbia. E ci giustifichiamo dicendo che lo facciamo perché non mi ascolta, non riesco a farmi ascoltare, non so che cosa altro fare… Se ti ascolti mentre dai la sculacciata, appena prima che ti venga il senso di colpa, è come se una parte di te si fosse svuotata di un pezzo scomodo, senti quasi un senso di calma. Sberle e sculacciate quindi servono soltanto a chi le dà, perché liberano, sono uno sfogo, si scarica quella tensione data dalla frustrazione della rabbia. Subito dopo inizia il loop del senso di colpa: “Mannaggia cosa ho fatto! Non dovevo farlo, mi dispiace”… Ti chiedo, davvero con il cuore in mano, di considerare che non servono, non sono una soluzione valida per l’educazione dei tuoi figli e non portano nulla di buono nella relazione con i bambini, anzi li danneggiano. Non si fa nemmeno sugli animali, giustamente, non si fa con una pianta e lo facciamo con dei bambini?! Abbiamo gli strumenti per educare e sono anche meno faticosi. Soluzioni per diventare adulti più equilibrati ce ne sono tante, per gestire la relazione con i nostri figli in maniera dignitosa e decisamente più fisiologica per tutti. Dare schiaffi ai bambini, sberle, punire, urlare, svalutare, sminuire, umiliare non è dignitoso: danneggia la sua dignità, ma danneggia anche la nostra dignità di adulti genitori. Non voglio però che tu ti senta in colpa, non è un’accusa. Capisco cha magari anche tu sei cresciuta fra una punizione, una sberla e una sculacciata e giustamente non sai fare diversamente o non lo fai apposta. Capisco che non siamo abituati ad agire con un altro approccio, che non siamo in grado di gestire il nostro bagaglio emotivo perché nessuno ci ha insegnato, è così per tutti. Ma date le soluzioni alternative esistenti, lo possiamo fare per noi e per i nostri figli, possiamo creare insieme una generazione di adulti che non usa più questi strumenti. Ce la possiamo fare, un po’ alla volta. Schiaffi ai bambini: come facciamo a sostituire la sberla e la sculacciata? Innanzitutto è necessario tenere a bada e riuscire a gestire la nostra rabbia. La sculacciata, la punizione e le sberle che diamo a un bambino, sono frutto della nostra rabbia e del nervoso che non riusciamo a controllare. E’ necessario iniziare ad agire a monte, prima di arrivare alla reazione, all’esplosione di rabbia. Ecco due inviti che ti faccio: 1. Gestisci la rabbia. E’ necessario arriva a gestire sempre meglio i tuoi stati emotivi in modo da non arrivare a dover esplodere. 2. Preveniamo la rabbia Un’altra cosa utile è l’invito a riorganizzare la tua quotidianità e la tua routine giornaliera, viaggiare per priorità, perché a volte arriviamo talmente esausti, già sul punto di esplodere dai nostri figli che poi saltiamo in aria per la goccia che fa traboccare il vaso. Nessuno ci ha insegnato a calibrare le nostre energie durante la giornata, a come non stancarci troppo e dobbiamo farlo perché altrimenti quando arriviamo dai bambini, loro diventano dei capri espiatori. Arrabbiarsi non serve a niente e questo incide sulla relazione con i figli. Da Aiutante Magico è necessario avvicinarci ai figli e cercare di comprendere il problema 👉 Per esempio puoi fermarti a riflettere: “Perché mio figlio è aggressivo con me? Mi sta dicendo che non vuole fare una cosa?” “Ha preso un brutto voto a scuola, non ha riordinato dopo che gliel’ho detto dieci volte. Come mai? Come mai è successo questo?” 👉 Oppure ha picchiato sua sorella. Riflessione: è vero che non si fa, ma lui per primo sa che non si fa, allora devo andare ad aiutarlo a sanare questa ferita per cui si sente meno della sorella. Quindi a monte cerco di riuscire a risolvere questa situazione tra di loro. 👉 Altra situazione: ha portato a casa un brutto voto. Allora cosa serve dare uno schiaffo a tuo figlio, sgridarlo e arrabbiarsi? Cerchiamo invece di capire come mai è successo. Cerchiamo la causa e chiediamoci: che cosa non ha capito? È andato in affanno perché gli faceva paura la verifica? O aveva paura di non farla abbastanza bene e il cervello è andato in tilt? Cerchi di capire il motivo e ne parli con tuo figlio. 👉 Altro esempio: tuo figlio ti risponde male, in maniera aggressiva. Riflessione: siccome sai che non è cattivo o maleducato, forse ha una difficoltà? In questo periodo ha accumulato troppo nervoso o è stanco? Sta imitando me perché anch’io quando ho qualche problema mi arrabbio, alzo la voce? Anche in questo caso dare uno schiaffo al bambino risolverebbe la situazione? Non risolve il motivo per cui tuo figlio si comporta in un certo modo. E’ utile invece risolvere la vera causa. Per esempio se oggi ti risponde male perché è stanco, la soluzione potrebbe essere andare a dormire. L’indomani organizzerai meglio la giornata in modo che non si arrivi cotti (e nervosi) alla sera. Se è arrabbiato, aggressivo e risponde male perché è geloso della sorella o perché hai tu un modo sbagliato di dire di no allora è molto più utile andare a risolvere queste cause e intanto non entrare in una lotta di potere con lui. Troviamo la soluzione sia a monte che immediata, cioè non mi arrabbio ora e risolvo il problema che ci ha portato qui, come un vero Aiutante Magico. Quando noi perdiamo la calma, urliamo, comunichiamo ai figli che siamo deboli, fragili Infatti più l’adulto è violento e più è debole, è un adulto che non sa gestire i suoi sentimenti, che si sente fragile o insicuro tanto da credere di doversi arrabbiare o di dover fare la voce grossa per mostrare la sua autorevolezza. Quando urliamo o ci arrabbiamo siamo deboli e in difficoltà, non siamo calmi e fermi, presenti, non diamo l’idea di un adulto da ascoltare, che può essere la sua guida. Se è la prima volta che leggi queste cose so benissimo che puoi considerarle assurde. Ma prova a pensare a questo: secondo te chi è più stabile ed equilibrato: un adulto che esplode di rabbia, perde la pazienza e sa solo urlare e punire sfogando la sua frustrazione sui figli o sugli altri oppure un adulto che di fronte alle difficoltà riesce a mantenere la calma, la lucidità e sa come agire nell’immediato per risolvere la situazione? Fa male a tutti sentirsi dire queste cose, ma da qualche parte dobbiamo partire. Magari i bambini ascoltano e ubbidiscono se li congeliamo con una sberla o una sculacciata: ma lo fanno per paura o perché si fidano di noi? Ma veramente vogliamo che i nostri figli ci ascoltino per paura? Io preferirei che un bambino mi segua perché mi stima, perché ho creato una buona relazione con lui, perché sa che si può fidare e affidare. Non serve generare paura nel bambino, l’esperienza dimostra che non si ottiene niente di buono nella relazione con i figli. Vuoi saperne di più su come evitare schiaffi e sculacciate? Leggi l’articolo: Punizioni Bambini: soluzioni concrete per Educare senza Punire
Tuo figlio odia i compiti e la scuola? Forse ha un buon motivo…
Come si spiega che i bambini e i ragazzi spesso non vogliono fare i compiti, li odiano e non chiedono mai che ne vengano dati di più? Perchè tuo figlio non vuole studiare e non vuole leggere? Perché non amano stare seduti ad ascoltare l’insegnante e non mettono volontariamente prima la sveglia la mattina per approfondire le lezioni e per arrivare a scuola in anticipo? Nonostante tutta l’organizzazione scolastica con spiegazioni, compiti, interrogazioni e voti come è possibile che non sembrino MAI ABBASTANZA PREPARATI e, passato qualche mese, a volte anche solo qualche settimana, NON RICORDANO più quello che hanno imparato se non qualche piccolo dettaglio o un discorso vago e a grandi linee? I bambini e i ragazzi perdono così in fretta la passione per lo studio e la curiosità di imparare tanto che arrivati alle scuole superiori sono a volte fortemente demotivati, tristi o ribelli (e quasi sicuramente è successo anche a te). Ecco perchè arrivano nel tempo a rifiutare di fare i compiti a casa, non vogliono studiare e non hanno nessun interesse per lo studio e l’apprendimento. Questo fatto proprio non si spiega. E se proprio vogliamo ridercela un po’, ogni tanto, invece di ringraziarci per il tempo che dedichiamo loro all’interno degli istituti scolastici, ci rispondono con ingratitudine in questo modo: «L.F: giustifica l’assenza del 25/05/1999 con: mi sto preparando con largo anticipo alla fine del mondo»; «L’alunno D.L. giustifica l’assenza con: ha ceduto una diga in Puglia (siamo in Lombardia)»; «Per festeggiare la sufficienza in arte L.S. spara un fumogeno dalla finestra dell’aula»; «C. aizza i compagni a lanciare penne e gomme verso il sottoscritto»; «In classe volano patate e altri ortaggi»; «L’auto della professoressa di storia è bersaglio degli sputi di F.S.»; «L’allievo F. non è sensibile ai miei stimoli culturali»; «La classe dopo ripetuti richiami continua a simulare un insistente terremoto battendo i piedi sul pavimento»; «In classe si inneggia alla rivoluzione»; A volte, invece, gli alunni sembrano disperati e adottano comportamenti preoccupanti: «D.L. abbaia durante la lezione»; «T.U. butta il proprio banco e la sedia del suo compagno fuori dalla classe per motivi ignoti»; «B.D. peregrina senza meta per la classe»; «L’alunno F.M. ritorna dal bagno dopo 20 minuti dicendo che non lo trovava»; «C. disturba la lezione dando testate al muro»; «R.P. si autoestrae un dente nell’ora di Filosofia»; Altre volte ancora, proprio come i neonati che, per non sentire il troppo disagio, si adattano e cercano di compensare, ecco cosa fanno: «D. dice di andare in bagno: va a fumare e torna con cappuccino e brioches a fare colazione in classe»; «L’alunno M. persevera nel dirigere e nell’allestire cori dall’anda mento REP (i compagni lo seguono impedendo la prosecuzione della lezione)»; «L’alunno M.S. costruisce con impegno la sorpresa trovata dentro il cioccolato, che si è mangiato durante la spiegazione» * Tratto da www.notadisciplinare.it Perché tuo figlio arriva a odiare la scuola, non vuole fare i compiti (e perché gli insegnanti sono dei Santi) Vogliamo spezzare una lancia a favore di tutti gli insegnanti che, quotidianamente, si prodigano con tutto l’impegno possibile per fare e per dare il meglio. Chi mi conosce lo sa: li definisco spesso angeli e individui che meritano la “santità”, perché cercano tutti i giorni di fare il loro lavoro in condizioni che non solo sono contro Natura per il bambino, ma anche contro la natura dell’insegnante stesso. Quindi, se tuo figlio non vuole fare i compiti o andare a scuola è perché ci siamo adattati ad un sistema obsoleto e inefficiente che a volte rallenta l’apprendimento, che non considera i ritmi del bambino né le sue tappe di crescita, le sue passioni e i suoi talenti. Se da un lato non abbiamo colpe, dall’altro di certo possiamo e dobbiamo fare il possibile per: 1️⃣ Diventare coscienti di tutte le Idiozie che stanno negando alle future generazioni di manifestare la loro genialità; 2️⃣ Conoscere quello che la loro natura prevede nell’ambito dell’apprendimento; quali sono le modalità con cui i bambini imparano velocemente e divertendosi; come recuperare tempo indirizzandoci verso le potenzialità di ciascuno; 3️⃣ Fare delle scelte secondo coscienza che, una volta applicate, possano portare al cambiamento. Adesso andiamo a vedere quali sono questi schemi e queste false credenze a cui ci adattiamo. I 4 falsi miti sull’Apprendimento che ti riveleranno perchè non vuole studiare e si rifiuta di fare i compiti “Dimmi e io dimentico. Insegnami e io ricordo. Coinvolgimi e io imparo” Benjamin Franklin 1° Falso Mito: perchè odia la lettura e i compiti? I voti sono un buon metro di giudizio per far comprendere al bambino a che punto è, e per spronarlo a fare meglio. Riflessioni su scuola e compiti A cosa serve dare il voto a scuola? Le attuali modalità comunicative basate su minacce e note: potrebbero umiliare bambini e ragazzi? Non sei in grado di sapere da solo che cos’hai o che cosa ti manca, e te lo devi far dire da un altro. Potrebbe essere che si mettono da parte talenti e passioni e invece si segue solo la strada del: “sono io che ti valuto, sono io che decido per te sulla base di un mio metro di giudizio personale e insindacabile”… potrebbe impedire all’individuo di essere davvero autonomo? Da solo non puoi sapere, il tuo senso critico non basta e ti serve sempre qualcuno dall’esterno che ti dica come stanno le cose I voti, soprattutto se usati in un clima di paura, hanno come conseguenza deleteria il fatto di crescere i rappresentanti delle future generazioni SFIDUCIATI, a caccia del premio o TIMOROSI DELLA PUNIZIONE, schiavi del fare anziché padroni dell’essere. Quello che invece dobbiamo fare è smettere di utilizzare il voto come arma di potere e coltivare nel bambino un proprio senso di valutazione sincero, neutrale e trasparente. Dobbiamo impegnarci affinché ritorni in lui la voglia di imparare per il gusto di conoscere, di maturare, di acquisire competenze sempre più sofisticate per migliorare se stesso, la propria esistenza e quella degli altri. Se provi a metterti nei panni dei ragazzi, scopri che oggi vivono troppo spesso tra una profonda apatia e uno stress elevato. Hanno come unico sottofondo la preoccupazione del compito in classe, della valutazione, di sapere e di ricordare nel momento in cui si trovano davanti all’insegnante, di fare bene i compiti e di finire, perché altrimenti… Quando invece tutta quest’ansia non c’è, vivono una sorta di noiosa rassegnazione dove prendono a spizzichi e bocconi qualche cosa che arriva dall’adulto, senza essere più in grado di autoalimentare la propria curiosità e la propria capacità innata di imparare da soli. In un clima simile come si fa a non perdere la voglia di fare i compiti? Come si fa non odiare scuola e apprendimento? 2° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè i bambini si annoiano a scuola? La modalità accademica e frontale attuale va bene per insegnare. Riflessioni su scuola e compiti Ci sforziamo di tenere gruppi di 18, 20, 25 bambini o ragazzi attenti e partecipativi senza riuscirci con quotidiana regolarità, perché usiamo i modi sbagliati per intrattenerli e stimolarli. Non è vero che sono più stanchi il venerdì oppure all’ultima ora. O meglio, è vero che lo sono, ma semplicemente perché hanno accumulato ore (se non una settimana intera) di noia e frustrazione. I bambini non sono fatti per stare fermi immobili a imparare, in ascolto passivo di un individuo che parla, sciorinando tutta una serie di informazioni che poi dovranno ripetere, memorizzare e ricordare per sempre. NOI SIAMO FATTI PER IMPARARE DALL’ESPERIENZA DIRETTA. Impariamo meglio se possiamo muoverci coinvolgendo anche il nostro corpo mentre apprendiamo. Impariamo davvero se possiamo trovare in modo spontaneo le soluzioni, se ci è dato di rispondere ai perché della vita trovando le risposte dentro di noi, senza doverle assimilare preconfezionate e impacchettate. 3° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè bambini e ragazzi a volte che si sentono inadeguati, incapaci e inferiori? Bisogna potenziare le debolezze. Riflessioni su scuola e compiti I voti avvalorano la frase che hai appena letto. Perché dare i voti se non per sottolineare le carenze di chi il voto lo riceve? Non possiamo nasconderci dietro una foglia, negando che consideriamo un “tre” negativo e che suggeriamo di correre ai ripari. Non possiamo neppure negare che spendiamo soldi in ripetizioni per le materie in cui i nostri figli sono carenti e non, ad esempio, per potenziare gli ambiti in cui sono bravi, nei quali possono esprimere al massimo i loro talenti. È vero che bisogna sapere di tutto un po’, avere delle basi che ci permettano di comunicare con gli altri e di vivere nella società, ma se potessimo approfondire le materie che rappresentano le loro passioni, vedremmo più bambini felici nelle scuole. È uno spreco di tempo e di risorse insistere dalle Elementari alle Superiori nel potenziare i temi che non risuonano con le passioni degli alunni, per portare allo stesso livello tutte le loro conoscenze e per omologarli ai coetanei. Faremmo invece un’ottima cosa per le future generazioni e per la società tutta se spendessimo più tempo a VALORIZZARE le CAPACITÀ e i TALENTI SPECIFICI di ciascuno. Questo richiede organizzazione, tempo e fatica? Bene, diamoci da fare! Cosa stiamo aspettando? L’obiezione è invece la paura che le cose ci scappino di mano? O di perdere il controllo sul bambino o sul ragazzo perché noi adulti sappiamo cosa è bene per lui? In questo caso faremmo meglio a osservare la nostra mancanza di fiducia e risolverla, impegnando le nostre risorse per far sbocciare e splendere i meravigliosi e unici talenti che ciascuno di loro possiede. Tu come ti sentiresti se ti costringessero a passare i pomeriggi a fare cose che non sono nelle tue corde e che non ti appassionano? Allora perchè bambini e ragazzi devono passare ore e ore a ripetere temi che non accendono la loro creatività e la loro passione? Dietro il “non voglio fare i compiti e odio la scuola” come vedi c’è un modo sommerso da scoprire. 4° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè la scuola limita la creatività? I programmi attuali garantiscono un’istruzione adeguata. Riflessioni su scuola e compiti Una cosa che ci ha sempre fatto riflettere e, che ancora oggi non capiamo, è la seguente: perché studiamo gli Egizi e i Romani iniziando sempre dallo stesso punto (anche se con gli anni aumentano la complessità e la quantità delle informazioni), alle Elementari, alle Medie e poi alle Superiori? Che pizza! Risposta: è giusto cara Roberta, perché possiamo dimostrarvi che dopo un tot di anni i ragazzi non si ricordano nulla. Meglio non ribattere a questa affermazione: Se un bambino o un ragazzo non ricorda ciò che ha ascoltato in classe la responsabilità è solo nostra, che non abbiamo saputo APPASSIONARLI e fissare il RICORDO VIVIDO nella loro memoria. Nessuno di noi è uno smemorato. Ne è dimostrazione il fatto che ci basta guardare anche una sola volta un film ben fatto, che ci appassiona, per ricordarne per tutta la vita i tratti salienti, le battute principali e la sequenza delle scene. Se solo lo permettessimo, i nostri ragazzi farebbero la stessa cosa con la Storia, la Geografia, le Scienze, la Letteratura ecc. È vero che hanno bisogno delle basi, che il tempo è poco e che sono in tanti ma, anche in questo caso, è un problema di organizzazione e di gestione delle risorse, non certo di capacità dei nostri adulti del futuro. Tutto questo si può ottimizzare per lasciare spazio ad altro e, nel nostro sistema scolastico, c’è troppa POCA PRATICA rispetto alla mole di nozioni teoriche insegnate. E ancora: Perché per esempio nelle Medie o nelle Scuole superiori non si abbonda con lezioni sulla MATURITÀ PERSONALE, su come avviare un’IMPRESA, sulla COMUNICAZIONE, su come SUPERARE I PROPRI TIMORI, sulla gestione della propria AUTONOMIA AFFETTIVA, sui RAPPORTI CON GLI ALTRI, sull’ APPRENDIMENTO veloce, sulle tecniche di visualizzazione, sul come sviluppare un PIANO STRATEGICO per realizzare un proprio sogno ecc.? Perché alle Scuole elementari i bambini non passano la maggior parte del loro tempo a imparare giocando? (scoprirai più avanti che in questa fascia di età apprendono fisiologicamente e spontaneamente in questo modo). A giocare a fare i grandi imparando la teoria da situazioni che simulano la vita di tutti i giorni? (se ti sembrano cose strane devi sapere che in diverse realtà questa modalità di insegnamento è la normalità mentre noi spendiamo ore ed ore per le spiegazioni razionali che per bambini di 6-7 anni sono incomprensibili e noiose). Come apprendono i bambini e i ragazzi: le soluzioni se non vuole fare i compiti Tutti attraversiamo differenti fasi di crescita. In ogni fase sviluppiamo determinate competenze necessarie per diventare individui autonomi e in grado di realizzare le nostre passioni, manifestando così noi stessi e dando anche un contributo agli altri. Se non hai mai sentito parlare delle tre fasi della crescita, ti suggeriamo di approfondirle il prima possibile: non conoscere il “Libretto delle Istruzioni” significa non sapere quali siano i bisogni affettivi ed emotivi di tuo figlio nell’infanzia e nell’adolescenza. Infatti, anche per quanto riguarda l’apprendimento, ogni fase ha le sue caratteristiche e, se le conosciamo e le applichiamo, possiamo superare numerose difficoltà che i bambini e i ragazzi incontrano sul loro cammino. Le fasce di età che vedremo tra poco sono schematiche per necessità di stesura. In verità, le varie fasi si susseguono in modo armonico maturando nel tempo, giorno dopo giorno, senza stacchi netti o cambiamenti repentini. Ora vediamo come si potrebbe prevenire l’odio per la scuola e per i compiti. Le modalità elettive con cui apprendono i bambini da 0 a 5-6 anni Sperimentazione Assorbendo in modo incondizionato dall’ambiente Sfruttando la fantasia Sperimentando nella pratica le loro intuizioni Qualche spunto per la pratica da 0 a 5-6 anni In questi anni il bambino ha bisogno giocare, giocare e giocare ancora. Deve poter vivere nel suo mondo di fantasia dove tutto è possibile, perché questo è il modo naturale in cui sviluppare e strutturare un proprio bagaglio di supporto, l’ottimismo e la sfera delle possibilità. Se viene limitato o trattato come un adulto troppo presto, oppure ridicolizzato, questo bagaglio si alleggerisce a danno degli anni successivi. In più, giocare rappresenta per i bambini l’unico strumento valido per conoscere, per sperimentare e per “fare le prove”, per immedesimarsi e sperimentare la vita di adulto. Le modalità elettive con cui apprendono i bambini e i ragazzi dai 6-7 a 15 anni Attraverso le parole delle persone di cui si fidano e di cui hanno stima Iniziando a sviluppare la loro facoltà razionale e logica Riuscendo a comprendere una regola esposta a parole Qualche spunto per la pratica da 6-7 a 15 anni Permettiamo loro di imitare le lettere con il corpo e di viverne prima i suoni con filastrocche e canzoni. Solo successivamente, diamo loro la possibilità di riprodurre il carattere stilizzato sulla carta con la penna. Per la Matematica portiamo torte in classe da dividere, oggetti, semi e legumi da suddividere. Giochiamo al mercato, cuciniamo utilizzando le dosi degli ingredienti, usciamo a misurare tutto il misurabile (scalini, strade con i passi, altezze ecc.). Per lo studio della Storia facciamo teatrini e scenette con costumi e atti di vita quotidiana. Per esempio, per tutta una settimana o tutto un mese siamo Romani, Egizi, Greci. Le modalità elettive con cui apprendono i ragazzi da 15 a 20 anni Sviluppando un proprio senso critico Mettendo insieme e potenziando tutte le competenze dei tre cicli Qualche spunto per la pratica da 15 a 20 anni In questa fase, aumentando naturalmente le capacità dell’individuo, anche la posta in gioco si alza. Quindi può capitare che un certo numero di formule chimiche si debba per forza ripeterle per ricordarle, così come può succedere per alcuni articoli di Diritto privato. Se al ragazzo è stata data la possibilità di maturare le proprie capacità di apprendimento seguendo ad esempio le indicazioni descritte, non farà fatica a integrare questa parte del suo sviluppo mentale. Gli sarà quindi naturalmente più semplice “studiare e ripetere a memoria” qualora si dimostri necessario. Comunque, anche per le formule chimiche e per gli articoli di Diritto c’è una via breve per semplificarci la vita e, anche questa volta, la troviamo partendo dall’esperienza pratica. Vediamo brevemente qualche soluzione. Per le formule chimiche Si ricordano meglio se, laddove possibile, abbiamo prodotto in prima persona quella sostanza in laboratorio, con tutte le precauzioni del caso, ma pur sempre dal vivo e avendo partecipato attivamente all’esperimento. Altrimenti la formula che dobbiamo imparare resterà sempre anonima e, non trovando prima il suo spazio nel mondo delle sensazioni, non potrà trovare nemmeno quello nei cassetti della mente. Per il Diritto (con il potere delle immagini e delle storie) Che differenza potrebbe esserci se, anziché aprire il tomo alla pagina x, e iniziare a leggere e a ripetere, facessimo così? Il professore ci dice che siamo chiamati a risolvere un caso che da qualche tempo sta affrontando e dice alla classe: “Ragazzi ho una difficoltà e cerco la soluzione. Mio nonno mi ha lasciato in eredità un terreno a cui era molto affezionato. Io non ci ho mai badato più di tanto, perché insegnando ho altro da fare. Ieri ricevo una telefonata dal mio confinante il quale mi dice che il terreno non è mio ma suo. Secondo voi è possibile? (e aspettiamo le risposte dei ragazzi). Lui sostiene che essendo stato incolto per molto tempo ed essendo che lui doveva per forza tagliare l’erba per poter arrivare al suo appezzamento, questo mio terreno è da considerarsi suo di diritto. Secondo voi è possibile? E se così fosse, allora, ragazzi, come è possibile definire il concetto di proprietà? Secondo voi com’è possibile tutelare proprietari e confinanti?”. Il tutto guidandoli e avvicinandoli a quelli che sono i principi del Diritto e, solo alla fine aprire il libro di testo per confrontare gli articoli e impararli a memoria. Per loro sarà molto più facile perché potranno naturalmente associare alla regola il film di immagini che si sono creati immedesimandosi nella storia del professore. Inoltre, sarà anche più facile, perché l’insegnante fin da subito nel suo linguaggio avrà utilizzato tutti quei termini che i ragazzi ritroveranno poi nel testo: non saranno delle cose sconosciute da dover infilare in testa, ma concetti già ben chiari che necessitano soltanto di trovare il loro ordine e di essere fissati.
Perché i capricci di tuo figlio non sono comportamenti isterici e inspiegabili (e come puoi risolverli senza urla o sgridate)
Come gestire i capricci dei bambini a 4 anni? Coosa fare o dire con una crisi isterica di un bambino a 1, 2 o 3 anni? E quando sono più grandi a 10 anni? So benissimo che se i capricci di tuo figlio scomparissero migliorerebbe da subito la qualità della tua vita. Ancora meglio se le lotte di potere e i pianti continui terminassero e tu riuscissi sempre a capirlo al volo ed entrare sempre nella sua testa! 🙂 Quanta salute guadagneresti se non dovessi più urlare, minacciare, sgridare e innervosirti per ogni richiesta assurda e fuori luogo? Per esempio quando: non vuole lavare le mani o i denti… non vuole fare la doccia, vuole di tutto al supermercato, scappa se c’è da riordinare… si rifiuta di spegnere la TV? In fondo ogni genitore vorrebbe scoprire cosa scatena e come gestire i capricci tanto temuti (e come si rivolvono senza urla o sgridate). Sei fortunata perché da noi la risoluzione dei capricci dei bambini era la cosa più “leggera” che poteva capitare. Scopriamo insieme come funziona tuo figlio “dentro” e i principi che che ti aiuteranno a comprenderlo meglio. Negli ultimi anni abbiamo avuto la conferma da parte di centinaia di famiglie che con le sole informazioni che stai per scoprire in questo articolo hanno risolto definitivamente tutti i tipi di capricci, alcuni nel giro di qualche settimana altri nell’arco di 2-3 mesi. Sì, hai letto bene, qualsiasi tipo di capriccio di tuo figlio. Perché se si conosce la causa scatenante e se si agisce su di essa, come un laser, tutti i tipi di “capricci” possono essere risolti. Siamo consapevoli che questa affermazione è piuttosto forte. Tuttavia saranno necessari 3 minuti per leggere questo articolo, che può cambiare per sempre la tua visione sui capricci e soprattutto sui bisogni reali di tuo figlio. Vediamo ora insieme: Perchè i bambini fanno capricci Come prevenire i capricci Perchè la domanda: “Quando iniziano i capricci nei bambini?” potrebbe non avere senso Nel gestire i capricci dei bambini meglio ignorare i capricci o assecondare? Ci sono differenze fra i capricci dei bambini a 1 anno o 2 anni rispetto ai bambini capricciosi a 4 anni, 6 o 9 anni? Cosa sono per te i “capricci” dei bambini? Se ti diciamo capricci, a quali comportamenti di tuo figlio li associ? Possiamo immaginare per esempio che probabilmente stai pensando a situazioni di questo tipo: Non vuole andare a scuola Chiede altre caramelle (cioccolata, giocattoli, ecc.) Rifiuta le regole e non ascolta Fa sceneggiate Piange senza motivo Vuole le mie attenzioni di continuo e se non le ottiene inizia a urlare Non vuole fare il bagnetto o non vuole uscire dal bagnetto Si rifiuta di mangiare… Ci spiace darti, forse, una profonda delusione, ma siamo costretti a farlo per riuscire a darti suggerimenti davvero efficaci che siano risolutivi per te ma anche apprezzati dai tuoi figli. Sappiamo che questi atteggiamenti di tuo figlio ti indispongono, ti innervosiscono, non sai come gestirli e, non comprendendone la causa, li puoi considerare spesso dei comportamenti senza senso, delle provocazioni, dei… capricci, appunto. I capricci di tuo figlio in verità non sono questo e prima ti allontanerai dall’idea che siano comportamenti eccentrici, egocentrici, isterici, inspiegabili e fuori luogo, prima ti sarà facile risolverli alla radice. I capricci dei bambini a 2 anni, 5 anni o 8-10 anni non sono capricci. Quelli che sembrano capricci sono sempre, sempre, manifestazioni di un disagio o di un bisogno profondo che tuo figlio ha in quel momento. Ecco perchè provare a gestire i capricci con urla, sgridate e punizioni nel tempo non è efficace e tuo figlio non smette di farli. Ecco perchè i capricci dei bambini (o le crisi isteriche) non vanno ignorati. Facciamo un esempio che riguarda noi adulti. Se ti capita di arrabbiarti, lo fai per partito preso, perché non sai cosa fare o perché hai la sensazione di avere un motivo valido? Quando alzi la voce o ti innervosisci, lo fai per sport o “ti scappa”, c’è qualcosa più forte di te per cui non riesci a fare a meno di comportarti così? Quando hai la sensazione che il tuo compagno o la tua compagna ti trascuri, non ti capisca, credi di avere delle allucinazioni o sei convinto di quello che provi, anche solo per la certezza di sentire emozioni di un certo tipo nel cuore o nella pancia o nella testa? Per la gestione dei capricci di tuo figlio è la stessa cosa. Ogni volta in cui insiste, piange, non ti ascolta, non vuole fare questo o quello, sembra “lagnarsi”, in verità, come accade a te quando ti innervosisci o ti lamenti, ha un motivo per farlo, sente davvero un motivo interiore valido, sempre. L’unica differenza (a favore del bambino) è che tu sei adulto e hai tutte le capacità emotive (volendo…) e cognitive per ascoltarti, accoglierti e risolvere il problema, tuo figlio invece ancora no. Sono abilità che si acquisiscono: 1️⃣ crescendo (se tuo figlio è piccolo, se ha anche già 4-5 anni è naturale che non sappia gestire da solo le sue difficoltà) 2️⃣ imitando gli adulti attorno a noi che lo fanno (se gli adulti intorno a tuo figlio non lo sanno fare, non lo accolgono e non lo aiutano a risolvere il problema quando è in difficoltà, è più difficile che lui possa imparare). Considerare questi atteggiamenti semplici capricci di tuo figlio non fa che peggiorare la situazione perché rischia di farti entrare in reazione (che significa arrabbiarti, innervosirti, spazientirti, insomma andare su tutte le furie)… …e in generale rischia di farti mettere in campo un comportamento e delle soluzioni del tutto inappropriate che con il tempo peggiorano la situazione perché tuo figlio non si sente compreso e PERDE la FIDUCIA nei tuoi confronti. Infatti, tutto quello che fai oggi ha lo scopo di arginare e gestire il capriccio, mentre invece quello che dovresti fare è andare ad accogliere e risolvere il disagio di un bambino (ovvero la causa scatenante). E allora, cosa sono davvero questi comportamenti che noi adulti etichettiamo come “capricciosi” o come crisi isteriche? Vediamo di spiegarlo meglio. Come già ti abbiamo anticipato, dietro ogni gestione di un capriccio c’è un disagio reale e profondo del bambino. In effetti è così, ma cosa vuol dire veramente? Pensaci un attimo: se davvero tuo figlio riuscisse a risolvere tutte le sue questioni da solo, a dirti sempre quello che prova e quali sono i suoi bisogni, credi davvero che inizierebbe a creare con te delle lotte di potere, a impuntarsi, a piangere, a rifiutare le tue regole, a esplodere con crisi di rabbia? E’ molto probabile il contrario. Infatti, quando lui è sereno, tranquillo, quando si sente ascoltato e capito, proprio come faresti tu, non piange, non urla, non si innervoscisce. Se lo fa ha un motivo valido per farlo. I motivi possono essere tanti e diversi tra loro. Hai presente quando per esempio ti chiede una caramella magari quando ha appena finito di mangiare a merenda un bel panino al prosciutto o con la marmellata? Vogliamo proprio partire da questo esempio perché quando entriamo in tema di caramelle e cioccolatini quello che spesso accade è che senza quasi pensarci da parte dell’adulto scatta la classica frase: “Adesso no, non è ora!”. Non siamo certo qui per dirti che bisogna mangiare chili di caramelle a tutte le ore, anzi! Ma adesso non è questo il punto. Quello che invece vogliamo proporti è una semplice riflessione: molto spesso noi adulti, non si sa perché (o ce lo possiamo immaginare…) rispondiamo a priori di no ai bambini, a volte senza un vero e proprio motivo o magari perché siamo solo nervosi per altre situazioni che con nostro figlio non centrano nulla. In questo caso per esempio non è mai capitato anche a te di avere voglia di qualcosa di dolce finito il pasto? Perché noi adulti possiamo dopo il salato aprire l’armadietto e prendere un dolcetto o un cioccolatino e i bambini non possono chiederlo? Questo è solo un esempio, potremmo fartene anche altri, ma l’obiettivo in questo momento è farti riflettere sul punto di vista perché spesso, se ti metti nei panni di tuo figlio e lo prendi in considerazione, scopri di poter dare un nuovo valore alle tue risposte. E scopri che la gestione dei capricci potrebbe non essere così problematica e difficile. Quello che vogliamo sottolineare e suggerirti è che davanti alle richieste di tuo figlio potresti come prima cosa domandarti se è proprio necessario dire di NO per un motivo particolare (tuo figlio sta correndo verso una strada molto trafficata dalle auto e non accenna di fermarsi né di vedere il pericolo)… …o se, pensandoci bene, il tuo eventuale SI’ non ha di fatto alcuna controindicazione particolare, a parte forse eventuali dubbi o incertezze dettate dai condizionamenti come per esempio: “farò bene?”, “ma non si può avere tutto o averle tutte vinte nella vita, a me hanno insegnato così!”, “e se poi continua a chiedere, chiedere, chiedere, che faccio?”, “e se poi da bambino si trasforma in tiranno, io come riprendo il mio potere su di lui?”. In fondo, che sarà mai una caramella? Che sarà mai mettere una maglietta al posto di un’altra? Che sarà mai non finire quello che c’è nel piatto? Sappiamo che in alcuni casi la situazione è più complessa di come la stiamo descrivendo noi ora e per questo abbiamo ancora molto spazio a disposizione per dipanare la matassa. Intanto ci serviva mettere questo punto fermo a favore dell’elasticità, di una sana riflessione sul perché facciamo le cose, sul domandarci se è sempre il caso di limitare e dire di NO o se ogni tanto si può essere più morbidi. Questo può essere un ottimo punto di partenza. Inoltre l’utilizzo del tono duro, delle urla, dei divieti comunicati con rabbia e con imposizione non fanno che umiliare tuo figlio, lo fanno sentire inadeguato e non finisce qui. Infatti le cose vietate sono sempre quelle che vien voglia di fare di più perché il risultato dell’imposizione è lo sviluppo del conflitto con l’autorità che tuo figlio si porterà dietro per tutta la vita (e ti ricordiamo che l’autorità con cui entrerà in conflitto finché non lascia il nido famigliare sarai tu!). Con questo passaggio ti abbiamo in sintesi spiegato una delle cause delle incomprensioni-conflitti fra genitori e figli che poi portano a capricci dei bambini continui crisi di rabbia crisi isteriche dei bambini episodi di aggressività urla crisi di pianto e in generale a tutti i comportamenti che etichettiamo come “capricci” dei figli. L’Anticipo del Bisogno (ovvero si prevengono e risolvono i capricci dei bambini) A proposito di questo, vogliamo indicarti una via semplice, ma allo stesso tempo risolutiva per la gestione dei capricci dei bambini, che nutre anche l’armonia nella relazione con tuo figlio (cosa che invece non fa il metodo “tradizionale”: URLA, PUNISCI, SGRIDA, IMPONI, NON VIZIARLO, COMANDO IO PERCHE’ LUI E’ SOLO UN BAMBINO PICCOLO E NON CAPISCE). Questa via semplice è l’Anticipo del Bisogno. Non si tratta di accettare o non accettare un comportamento sconveniente di tuo figlio. Si tratta di modificare il nostro modo di pensare alla base e di metterci a sua disposizione prendendo in seria considerazione i suoi bisogni, le sue istanze e le motivazioni che lo portano a fare delle richieste, a toccare una cosa che noi non avremmo toccato, ad attraversare la strada senza darci la mano, a non volere un vestito, a non voler uscire, a richiedere insistentemente regali o dolci da mangiare, ecc. L’Anticipo del Bisogno è un modo “a priori” di comportarti che può evitare molti degli atteggiamenti “capricciosi” di tuo figlio. Come gestire i capricci dei bambini: l’Anticipo del Bisogno in pratica Gestire i capricci dei bambini con l’anticipo del bisogno non è prostrarsi al servizio dei figli e dare loro tutto quello che vogliono ancor prima che lo chiedano. Sarebbe deleterio per la crescita affettiva del bambino: avere tutto senza aver sentito interiormente lo stimolo, il desiderio di possedere che attiva tutta una serie di risorse che lo aiutano a sviluppare la volontà, la capacità di andare a prendere quello che desidera, di creare strategie, ecc. In più, il genitore che ha questo tipo di atteggiamento sottomesso rischia di mostrarsi debole, lassivo e di perdere il proprio ruolo agli occhi del figlio. Se il bambino non percepisce il genitore come colui che è in grado di rivestire in modo adeguato il proprio ruolo, perde il senso di sicurezza, si attivano le paure e inizia a mancare la fiducia. L’Anticipo del Bisogno è quella particolare attenzione del genitore che ascolta le richieste emotive del figlio, che le soddisfa qualora il bambino le provi interiormente, che le viva o che le senta come bisogni e desideri ma non sia in grado di esprimerle verbalmente (perché troppo piccolo o perché non abituato a chiedere, a verbalizzare o a esprimere i suoi bisogni). Dopo aver ascoltato o percepito la necessità o la volontà del bambino, l’adulto che mette in pratica l’anticipo del bisogno, senza remore asseconda il bambino dando quanto richiesto. Ti facciamo un esempio di una possibile gestione di un “capriccio”. Potremmo fartene tantissimi. Durante la lunga e intensa esperienza di affido familiare l’anticipo del bisogno era un vero e proprio salva vita. E oggi riceviamo conferme dalle migliaia di famiglie di leggono i nostri libri e applicano queste conoscenze tutti i giorni con i loro bambini. I primi esempi che ci balzano alla mente riguardano il piccolo V. Dal diario di Roberta: la pistola e le bolle di sapone (come prevenire e spegnere crisi di rabbia, capricci e crisi isteriche) Con grande dispiacere di V. bisogna sospendere il gioco quando ci sarebbero stati ancora tanti esperimenti da fare e la voglia di giocare con le bolle sarebbe stata ancora tanta. A V. dispiace molto che l’acqua saponata sia finita e ne vorrebbe ancora. La mattina seguente esco per fare delle compere e rientro con una sorpresa: ben 2 botticini di bolle di sapone! (2 euro spesi). V. è contentissimo e continua a giocare con le bolle finendo i botticini. Il mattino seguente esco nuovamente e rientro con un altro botticino di bolle (1 euro speso). V. è un bambino di 11 anni che vive in un orfanotrofio bielorusso. Quando V. è qui in Italia ogni occasione è buona per me per frequentare la famiglia in modo da “dare una mano” data la mia esperienza e, spesso, trascorro diversi giorni e a volte settimane intere con lui. Ti premetto che le persone attorno a lui hanno sempre trovato che fosse molto difficile da trattare, ovvero il classico bambino definito capriccioso: “Non sta fermo un attimo! Se ci sono altri adulti o bambini con noi, inizia a fare il diavolo a quattro! Non ascolta! Ah, non so come faremo! Certo che ci vuole molta pazienza! Vuole mangiare solo pasticci, si ingozza di caramelle, cicles” (ovvero chewing gum – la famiglia ha origini piemontesi e qui le gomme da masticare si chiamano cicles). La scorsa estate V. ricevette in regalo una pistola spara bolle di sapone. Lui era un appassionato di bolle di sapone… Dopo circa 2 orette le due bombolette di acqua saponata finiscono e la pistola si inceppa e non spara più. V. è sempre felicissimo, ma questa volta mi dice: “Grazie, grazie, ma adesso basta, non comprarne più!”. Se questo esempio non ti basta posso ancora raccontarti quello che ci succede al supermercato il giorno in cui V. arriva dalla Bielorussia. So che potresti pensare che andare al supermercato il primo giorno, con tutti i bisogni insoddisfatti che ha, sarebbe un vero suicidio per il portafoglio e per il suo stomaco (è un bambino che ama – o amava – compensare i vuoti affettivi con i dolciumi). Se mi segui da un po’ o hai letto uno dei miei libri sai che sono un’anticonformista e quando sono sicura di quello che faccio, agisco punto e basta. Quindi, rientrando dall’aereoporto… supermercato! V. mi aiuta a pesare la frutta e la verdura, scegliamo anche tutto quello che a lui piace e quando mi dice basta io aggiungo uno o due frutti in più. Ovviamente prima o poi arriviamo al reparto caramelle e dolciumi al cioccolato. Che fare? Non sono il tipo che fa finta che questo reparto non esista, né cerco di distrarre il bambino perché non lo veda, né mi affanno per passarci attraverso velocemente dicendogli che non abbiamo più tempo. Con grande serenità affondo le ruote del carrello lungo il filare tanto temuto dagli adulti e dico a V. che può prendere le caramelle che più gli piacciono. Già solo in questo modo V. non ha bisogno di riempirsi voracemente le braccia di pacchetti da svuotare nel carrello ma li sceglie accuratamente guardandomi quando un pacco ha attirato la sua attenzione per avere il mio assenso che naturalmente gli concedo. Prende in questo modo 2 o 3 pacchetti e poi arrivo io. Guardo e riguardo le varie forme, gusti e colori e ne tiro fuori qualcuno domandandogli quale vuole ancora. In questo modo a volte ne sceglie ancora uno a volte mi dice che va bene così. In entrambi i casi lo guardo con sguardo ammiccante, torno indietro e prendo ancora un pacchetto o due delle sue preferite e lo metto furtivamente nel carrello. Lui mi guarda, piega la testa da un lato e mi sorride… A questo punto, arrivati davanti alla fila dei giocattoli i suoi bisogni sono già molto appagati (anche perché per tutto il tempo ho sempre interagito con lui senza dargli modo di annoiarsi e senza lasciare scampo a tutti quei pacchi di biscotti, merendine e bibite che contendevano con me la sua attenzione – il mio obiettivo non è manipolarlo perché non veda i biscotti ma divertirmi con lui e non farlo annoiare) e V. quasi non ci fa caso. Mi fermo io, guardo i giochi (tutte piccole cosette di importo fra i 3 e le 20 euro circa) e gli chiedo se c’è qualcosa che possiamo prendere per giocare insieme e lui mi risponde di no, che abbiamo già altre cose a casa e che possiamo usare quelle. Voilà! Le prime volte… Ci tengo a precisarti che le prime volte in cui arrivava in Italia le caramelle non bastavano e “scappavano” anche almeno 2 giochini. Tutti acquisti iniziali che mi permettevano di iniziare a sanare subito un bisogno e un vuoto (ero quasi costretta a farlo con cose materiali per stare inizialmente dietro alla sua abitudine di veder compensati i vuoti affettivi con oggetti o cose da mangiare, come a molti bambini oggi capita) così da avere la strada molto più in discesa nei giorni successivi. A oggi invece, proseguendo in questo modo a piccoli passi, le sue richieste sono pari a zero. Anche lui comunque ha spesso richieste che consideriamo costose e inutili. Per esempio per Natale ha ricevuto due confezioni di giochi Lego: la stazione di polizia e la stazione mobile (lui adora giocare a inseguire ladri e malfattori, vorrebbe fare il poliziotto sugli elicotteri, ecc.). In due soli pomeriggi ha costruito tutti e due i giochi e per sere intere ci ha giocato, poi smontato e rimontato, poi costruito e disfatto divertendosi. Su internet abbiamo poi visto costruzioni simili e lui, trascinato dall’entusiasmo, ne ha chiesti altri. Cosa facciamo? Seguendo l’anticipo del bisogno gli compro tutto quello che chiede? No. Perché quello che conta davvero è il principio che sta dietro l’anticipo del bisogno e anche quando lo metto in pratica non mi dimentico mai del buon senso, dei limiti e della misura. E dunque cosa fare? Quel giorno gli ho risposto così: “ti piace quella super macchina trasformabile? Guarda (indico il cestone pieno di pezzi di Lego), guarda quanti pezzi abbiamo! Scarichiamo le istruzioni per montarla da internet (ci sono davvero) e la costruiamo con tutti questi pezzi che abbiamo nel frattempo”. Così abbiamo fatto, ci siamo impegnati e divertiti e il suo bisogno è stato soddisfatto senza spendere quasi cento euro per quell’affare che aveva appena visto e che tra l’altro non ha più chiesto. In più V. ha imparato che è possibile soddisfarsi con quello che si ha e che il punto non è avere, avere, avere, accumulare, accumulare, accumulare avidamente (come le sue carenze affettive e la sua cultura di estrema povertà lo porterebbero a fare), ma soddisfare i propri bisogni, imparare e divertirsi indipendentemente dagli oggetti a disposizione. Frasi che puoi evitare Nota: ho evitato di dire frasi del tipo: “Non ce lo possiamo permettere, ne abbiamo da poco comprati due, ma sei fuori, con quello che costa, non ho la macchina che fa soldi, non ti sembra di esagerare, chi troppo vuole nulla stringe”. Il risultato sarebbe solo stato solo quello di infierire sulla sua autostima, di trasferirgli queste frasi “non felici” e condizionanti che lui poi avrebbe utilizzato da grande a sua volta. Che c’è di tanto strano nel fare questo? Non sembra una grande novità o un qualcosa di particolarmente speciale! Eppure, i nostri preconcetti, l’educazione che abbiamo ricevuto nell’infanzia ci impediscono spesso di superare questo nostro personale limite mentale (lo abbiamo assorbito dai nostri genitori). È facile farlo, è semplice e veloce vederne i risultati, ma sappiamo che all’inizio può richiederti un piccolo sforzo raggiungere questa elasticità e questa fiducia nelle conseguenze positive. In verità, se osservi il comportarsi di molti adulti, come già ti anticipavamo, molto spesso il no di fronte alla richieste dei bambini la fa da padrone, anche quando non ci sono dei motivi reali. Cosa succede a tuo figlio se lo giudichi (come prevenire i capricci dei bambini) In più, altrettanto spesso, il dare dell’adulto è molto più simile a un concedere, accompagnato da commenti, giudizi e limitazioni: “Adesso non ho tempo, smettila!” “Solo uno!” “Scegli, perché tutti non è possibile” “No, non toccare!” “Fermo! Non correre! Mamma mia, mi fai disperare!” “No, lì no! Vedi che non capisci!” “Ma ti sembra il caso?” “Cosa ci farai mai con tutti questi Lego?!” “Ma guarda che tutte queste caramelle non vanno bene!” “Te lo sei meritato?” “Adesso no, non lo meriti con tutto quello che combini” Queste frasi pronunciate da mamma e papà, che in teoria dovrebbero essere per il bambino fonte di comprensione e di abbondanza, risultano essere per lui un messaggio contraddittorio e deludente: “Ma come? Tu che sei qui proprio per capirmi, aiutarmi e soddisfarmi, mi dici che non è vero che quello che sento ha un riscontro nella realtà. Allora mi devo sentire inadeguato, sono un bambino incapace, perché tutto quello che desidero poi non può avvenire…. Che delusione…”. E’ sempre necessario acquistare nuovi oggetti o giochi per applicare l’anticipo del bisogno? La risposta è no. L’anticipo del bisogno è legato soprattutto al nostro atteggiamento di genitori e non all’oggetto materiale esterno. Infatti puoi applicarlo benissimo con piccoli pensieri e cose che puoi non acquistare ma fare tu, per questo ti suggerisco soprattutto di usare oggetti che non hanno un costo ma che comunicano a tuo figlio che hai pensato a lui, che può essere un disegno fatto da te, una foglia tutta colorata, un piccolo semplice origami, una sorpresa che sai già che apprezzerà e che gli farà piacere, cucinare più spesso un piatto che adora, riflettere se dire un sì un più invece che partire subito con un limite o con un no quando possibile. Siamo arrivati ad un passaggio importante. Inizi a vedere da dove arriva il pessimismo degli adulti di oggi? La sfiducia in se stessi? L’incapacità di provare a realizzare i propri sogni?! Quello che vogliamo suggerirti con l’anticipo del bisogno è di mostrarti più disponibile e accondiscendente, meno sospettoso e meno rigido. Spegnere la Tv con urla e minacce o spegnerla senza capricci? (come prevenire le crisi isteriche dei bambini) Altro esempio per gestire i capricci: se sai che all’ora dei cartoni animati ogni volta è un tira e molla, perché non lasciare qualche minuto in più se sai che tuo figlio lo desidera? Di solito lo scenario è questo: Approccio 1 Colpevolizzante e Tirannico (e sangue che ribolle del genitore) “Alberto spegni e vieni a tavola…. Dai spegni…. Hai sentito? Ti ho detto di spegnere!… Ma ti vuoi muovere, lo fai apposta!?…. Adesso basta! Spengo e domani non la guardi più!”. Il tutto condito dall’aumento del volume della tua voce, della temperatura corporea… …della tensione, della rabbia e anche di incomprensione e senso di inadeguatezza del bambino. E’ giorno dopo giorno si alimenta il conflitto con l’autorità-genitore che poi proseguirà in modo più forte nella fase adolescenziale. Approccio 2 con Anticipo del Bisogno (e calma e tranquillità del genitore) “Amore, tra un po’ è ora di spegnere, è pronta la cena, ma nel frattempo guardala ancora tranquillo”. Dopo 10 minuti: “Amore ti piace questo cartone? … Mi fa piacere…. Guardalo ancora e la prossima volta che arrivo si spegne e andiamo di là”. Il tutto condito da serenità, calma, sorrisi e disponibilità di cuore. C’è differenza rispetto al primo esempio? Che sensazione ti dà nel cuore l’uno piuttosto che l’altro? Da piccolo, sinceramente, cosa avresti preferito che tua madre o tuo padre facessero con te? Aspetta a giudicare questi contenuti perché se già a priori pensi non funziona per la tua situazione. Magari forse non ci hai mai provato davvero o non l’hai fatto per un tempo continuativo. Oppure è probabile che ti sembrano cose troppo belle per essere vere. Se da questi primi esempi che ti stiamo facendo pensi che siamo troppo permissivi e che ce la caviamo anche con i bambini e i ragazzi difficili solo perché concediamo tutto in anticipo, sei fuori strada. Con le esperienze pratiche che stiamo condividendo con te l’obiettivo rimane sempre: far sentire compreso tuo figlio utilizzare il suo linguaggio per trasmettergli fiducia e stima e nel frattempo trasferirgli le corrette abitudini come lavarsi, riordinare, essere gentile Probabilmente, qualcuno un po’ più rigido, a questo punto, non andrebbe avanti nella lettura. Si fermerebbe dicendo: “Questo non può essere vero! Non è possibile! Troppo facile! Troppo difficile! Ma scherziamo, devo fare questa cosa!? E gli altri cosa diranno?…”. Ci può stare! Il cervello umano, di fronte alle cose nuove, tende subito a liquidarle come assurde, impossibili e non efficaci. Quando le legge qualcun altro un po’ più flessibile, curioso e capace di mettersi in gioco, allora… E tutto questo si amplifica quando parliamo dei capricci dei figli. Perchè? Perchè per una vita intera ci hanno fatto credere che i capricci dei bambini siano davvero comportamenti senza senso e inspiegabili!! E se mio figlio di 2 anni chiede sempre la cioccolata? Se sai che a volte passa tutto il pomeriggio a chiederti una briochina dietro l’altra o un pezzo di cioccolato dietro l’altro, cosa potresti dire? E soprattutto come potresti dirlo? Anche in questo caso non è insolito ascoltare frasi del tipo: Approccio 1 Colpevolizzante e Tirannico (e sangue che ribolle del genitore) “Adesso basta!… Ingrassi… Non ti fanno bene, lo sai…! Non hai sentito che ti ho detto di no!… Ti verrà il diabete se continui così!… Smettila di mangiare tutte ste schifezze!…”. Il problema così è risolto? No. Tuo figlio potrebbe sentirsi accusato, inadeguato. Sente un bisogno irrefrenabile che non sa come gestire, non capisce perché ti stai scaldando così tanto. Cosa potresti dire invece? Per esempio per gestire questo “capriccio” di tuo figlio potresti anticipare il bisogno: “Amore vuoi un pezzetto di cioccolata? (Sì)… Tieni, qui ce ne sono due!”. Dopo 10 minuti forse no o forse sì, te ne chiede ancora ma per te sarebbe eccessivo ed ecco come puoi rispondere: Approccio 2 con Anticipo del Bisogno (e calma e tranquillità del genitore) “Lo so amore che ne vorresti ancora, adesso non è possibile, ne mangerai di nuovo due domani… Mannaggia, lo so che ne hai voglia, questa mamma terribile che non te lo vuole dare (mantieni la calma, sorridi serenamente)!” Come vedi il non arrabbiarsi e restare neutrali senza partire subito con NO!, BASTA! ADESSO NO! è fondamentale. E da come hai letto non significa neanche essere permissivi e concedere tutto. Tutt’altro, significa: 1️⃣ essere comprensivi di fronte alle richieste di tuo figlio. 2️⃣ rispondergli con gentilezza senza ricorrere ai toni duri che magari i tuoi genitori hanno usato con te e che utilizzi senza rendertene conto. So benissimo che sembra irreale ma è possibile imparare a restare calmi, non arrabbiarsi e gestire i capricci di tuo figlio con calma e senza urlare, ricattare o punire. Perché un NO o un limite si possono sempre comunicare in tanti modi… anche con la calma. Tutto bello, ma per i “capricci” e le “crisi isteriche” di mio figlio non funziona… Se pensi che per la gestione dei capricci di tuo figlio sia diverso, che: “la fate facile voi, ma dovete trovarvi a casa mia mentre mio figlio urla e si dimena per terra”! “Non può funzionare con tutti, ogni bambino è diverso”. È vero, ogni bambino è diverso nelle sue passioni, nei suoi talenti e debolezze, svilupperà con gli anni un proprio temperamento, un punto di vista… Comunque i bisogni emotivi sono gli stessi per tutti i bambini di questa terra. Ci sono principi come camminare, giocare, parlare e anche le esigenze fisiologiche di coccole e attenzioni dei bambini che sono uguali per tutti. Per esempio la voglia di stare con mamma e papà è universale, l’impulso di imitare quello che fanno i genitori è fisiologico e fa parte della natura di tutti i bambini che siano bianchi, neri, gialli, blu… L’istinto di considerare tutto loro nei primi anni c’è l’hanno tutti i bambini. I bisogni naturali, che i bambini stessi seguono come impulsi istintivi per la loro crescita, sono uguali per tutti. Quello che cambia (oltre ai talenti e al temperamento di ciascuno) è l’atteggiamento e l’approccio dell’adulto che li accompagna nella loro crescita. Qualcuno può anche continuare a credere ancora che le punizioni, le sgridate, i divieti imposti con rabbia siano indispensabili. Ma, per favore, quando suo figlio farà i cosiddetti capricci non prendertela con lui! Puoi gestire i capricci in modo molto più semplice! Perché lui ha sempre un buon motivo per farli, cioè è successo qualcosa che ha creato in lui un disagio emotivo. Ti invitiamo ora a una riflessione: se il metodo “tradizionale”: URLA, PUNISCI, SGRIDA, IMPONI, NON VIZIARLO, COMANDO IO PERCHE’ LUI E’ SOLO UN BAMBINO PICCOLO E NON CAPISCE è così efficace, perché allora il 99% dei genitori ha difficoltà con i figli? Perché i genitori non riescono a farsi capire dai figli e i figli non si sentono capiti dai genitori? Come mai la maggioranza degli adulti è in conflitto con la propria famiglia di origine? Non ti sembra strano? E tu come ti sentivi quando ti giudicavano come un figlio capriccioso e viziato? Quando piangevi e ti dicevano che dovevi smetterla o andavi subito in camera tua o ti prendevi una sberla? Se ci pensi anche tu avevi un motivo da piccolo per essere triste, per non voler fare una determinata cosa, per avere una crisi di pianto. Non lo facevi di proposito e ogni volta che eri triste avevi voglia di fare i capricci. Ecco perchè potrebbero non esistere i bambini isterici a 18 mesi, una bambina capricciosa a 3 anni, i bambini difficili da gestire a 5 anni, i capricci dei bambini a 2 anni o i capricci a 4 anni! Ecco il punto: i bambini seguono biologicamente dei principi fisiologici, hanno dei bisogni emotivi innati e tutti questi fattori rappresentano il loro linguaggio. Solo chi si adegua a questo linguaggio può comprenderli sempre e farli cresce felici e sereni Il risultato sarà come parlare in cinese in Cina e tutti ti capiranno benissimo. Se invece andiamo in Cina e tentiamo di comunicare in Italiano ci saranno incomprensioni (come quelle che si creano con tuo figlio). Noi, invece di parlare la stessa lingua, cosa siamo abituati a fare? Liquidiamo subito la situazione giudicando il bambino e dando per scontato che è solo un capriccio e non ci soffermiamo sul perché… oggi non vuole la pasta con il sugo (magari è arrabbiato perché non trova il suo gioco preferito e non sa come dircelo?) non vuole mettere la maglia verde (magari il giorno prima ha litigato con un amichetto e ora non vuole tornare in classe?) non vuole lavarsi le mani (magari il papà lo ha sgridato in modo un po’ forte per aver fatto cadere un bicchiere e ora è triste?) Dietro questi atteggiamenti bizzarri, isterici e apparentemente incomprensibili dei bambini si nasconde la VERA CAUSA: c’è sempre un NODO EMOTIVO che sta scatenando i COMPORTAMENTI ESTERNI definiti erroneamente “capricciosi”. Mi auguro che queste informazioni ti siano di aiuto per cambiare il tuo punto di vista per gestire i capricci di tuo figlio senza fatica, urla e nervosismo. Guida Bimbiveri sui capricci Vuoi sapere proprio tutto sui capricci? Leggi qui: Capricci dei Bambini: se li ignori si moltiplicano (Guida Bimbiveri)
Rabbia bambini: 4 passi per gestire crisi di Rabbia e crisi Isteriche
Come gestire le crisi di rabbia dei bambini e le crisi isteriche che esplodono perché gli dici di No a un gelato o quando chiedono un nuovo gioco? Cosa puoi fare nelle situazioni in cui sei costretta a dire di No a tuo figlio e lui si arrabbia tantissimo, ha una “crisi isterica”, una crisi di nervi o uno scatto di ira? Il problema più grande è che in queste situazioni la nostra pazienza si esaurisce in fretta e finiamo noi stessi per essere colpiti dal vortice del nervosismo, della rabbia, delle urla e delle sgridate. Alla fine perdiamo tutti: tuo figlio viene sgridato o punito, non si sente capito, tu ti arrabbi e perdi la lucidità necessaria per aiutarlo e per trovare una soluzione. Scopri in questo articolo: Come si fa a contenere la rabbia e gli scatti di ira dei bambini Come gestire le crisi isteriche e crisi di nervi, indipendentemente che tuo figlio abbia 1 anno, 5 anni, 10 anni o sia più grande Come comportarsi quando un bambino urla, non ascolta, alza le mani ed è nervoso Perché tuo figlio esplode con una “crisi isterica” o una crisi di rabbia? Innanzitutto dobbiamo riavvolgere un attimo il nastro e farci sempre la nostra solita domanda per quanto riguarda le motivazioni. La prima domanda è sempre: Perché i bambini si arrabbiano e si innervosiscono? Perché tuo figlio arriva ad avere crisi di rabbia o una crisi isterica o di pianto? I bambini e i ragazzi non fanno mai le cose a caso. La motivazione è la nostra legge aurea, perché se troviamo la motivazione abbiamo anche la soluzione. Proviamo a fare delle ipotesi: 1. Più noi cediamo e cambiamo idea e più si arrabbia Magari tuo figlio o tua figlia si arrabbia perché sa che più si arrabbia più noi cediamo. Perché è sempre successo così, sa che se ci porta all’esasperazione noi cediamo. È chiaro che la soluzione in questo caso è imparare a mantenere la calma quando diciamo di No e a non cedere, perché così saprà che quel tipo di atteggiamento è inutile, che usarlo non serve a nulla. Che quando gli dici di No sei sicura e non cambi idea. 2. Diciamo di no (e diamo un limite) in modo duro e senza accogliere/comprendere la sua situazione Un altro caso è quando tuo figlio si arrabbia e si innervosisce perché magari gli diciamo di No ma lo facciamo senza tutte quelle “mosse” da Aiutante Magico che sono dei veri salva-vita con i figli, quindi: senza metterci nei suoi panni senza accogliere il suo stato d’animo con calma e senza considerare il suo bisogno evitando di dirgli con empatia per esempio che ci dispiace come se del resto stesse succedendo a noi Non fornire una soluzione immediata o che metterete in campo nei prossimi giorni o quando sarà possibile Nel caso del gelato per esempio è utile accogliere la sua frustrazione, ascoltare i motivi per cui proprio vorrebbe mangiare un gelato, rassicurarlo sul fatto che domani potrà comunque mangiarne un altro anche se oggi non è proprio possibile. Nel caso del gioco nuovo, ipotizzando che è un acquisto che è possibile effettuare, possiamo rassicurarlo che tra un tot di tempo quel gioco potrà averlo molto volentieri e allora subito pianifichiamo e ci organizziamo come fare per comprarlo. Se invece quel gioco non si può proprio comprare, perché non lo riteniamo adatto alla sua età o in generale non lo riteniamo un gioco ideali per i bambini o per lui, allora possiamo accogliere la sua frustrazione. Possiamo quindi dirgli che ci dispiace tanto, possiamo raccontargli perché secondo noi non è un gioco da avere. Possiamo infine rassicurarlo perché, sapendo alla fine cosa vorrebbe fare o ottenere da quel gioco, possiamo dargli tutta una serie di soluzioni e alternative per ottenere lo stesso divertimento o più o meno le stesse cose anche con altro di altrettanto entusiasmante. Tutti questi passaggi, anche se sembra strano, posso essere fatti senza sgridare, minacciare o urlare da parte nostra. Infatti, anche se nessuno lo ha mai fatto con noi quando eravamo piccoli e quindi non siamo abituati, è possibile dire di No, trasferire regole e limiti ai figli con calma da parte nostra. Possiamo farlo senza dover ripetere le cose 100 volte, senza lotte di potere, “capricci” con scatti di ira, episodi di rabbia o pianti. 3. I bambini esplodono con crisi di rabbia perchè sono sempre tutti No (e i Sì sono un miraggio) Altra situazione: tuo figlio esplode con una crisi di rabbia perché magari di solito sono sempre tutti No. E noi abbiamo quel tipo di atteggiamento per cui è un No a priori sempre perché magari pensiamo: “non deve rompere perché non ho tempo di mettermi lì ad aspettare” “Gli dico No perché altrimenti lo vizio” “Gli dico No perché se non impara a diventare grande, perché ha bisogno di batoste che poi nella vita riceverà.” Visto che è No per tutto, all’ennesimo No ricevuto esplode con una piazzata pazzesca, si arrabbia tantissimo e ha una crisi di pianto. Allora è chiaro che se vogliamo veramente risolvere dobbiamo trovare l’equilibrio, magari costruire prima un po’ di abbondanza dentro di noi e valutare quali Sì e quali No possiamo dire. In questo caso la lezione per noi è imparare a essere un po’ più flessibili. In questo modo potrai evitare che davanti al No si creino ogni volta queste lotte di potere e crisi isteriche. 4. Il vero motivo della richiesta che fa esplodere la crisi di rabbia Altra possibilità: possiamo osservare se per tuo figlio è davvero importantissimo avere quel gioco o quel gelato che ha chiesto e per cui si è arrabbiato. Perché magari non si tratta del gelato o del gioco, si tratta di quello che quel gelato o quel gioco compensano dentro di lui. Magari il dolce del gelato gli tampona un po’ quel bisogno di amore, quel bisogno di dolcezza, quel bisogno di appagamento che non sente riempito in un altro modo. Oppure avere il gioco lo fa sentire come gli altri, quindi innalza il suo senso di autostima. Oppure ancora avere il gioco lo fa sentire importante e come i suoi amici. Allora in questi casi in verità non vuole il gioco, desidera ciò che rappresenta per lui il gioco o il gelato. Se noi comprendiamo questa motivazione, si aprono i cieli perché possiamo andare a riempire questo vuoto che lui sente. Possiamo soddisfare questo bisogno agendo sulla sua autostima e magari anche sulla nostra, se ha assorbito un po’ di svalutazione da noi. 4 soluzioni per gestire le crisi di rabbia, crisi di nervi e crisi isteriche di tuo figlio Ecco qui i passaggi principali che puoi seguire: A. Il perché Come prima cosa domandiamoci perché si sta arrabbiando, quindi andiamo a sondare la motivazione, il perché è diventato nervoso e si sta agitando (se non riesci a farlo in quel momento, puoi anche farlo successivamente ma ricordatene il prima possibile perché è la vera chiave). B. Fermezza In quel momento se gli abbiamo detto di No dobbiamo rimanere fermi sul No. Eventualmente dopo valuteremo meglio la cosa con calma e ci domanderemo se davvero doveva essere un no o poteva essere un Sì. Ci possiamo man mano fare un elenco a priori dei Sì e dei No che vogliamo dire per non trovarci a dover improvvisare quando ci chiedono qualcosa. Quindi la prossima volta magari valuteremo meglio, ma se adesso abbiamo detto di no, rimane un no. Perché non possiamo dare l’idea che siamo quelli che fanno la bandiera e cambiamo idea a seconda di come cambia il vento. Dobbiamo mostrare fermezza. C. Accoglienza Nel frattempo accogliamo la sua frustrazione, usiamo le nostre capacità di accoglienza, lo ascoltiamo, ci mettiamo nei suoi panni ci dispiace davvero e gli diciamo che è giusto che sia arrabbiato, per esempio: “È vero, è una cosa tristissima che quando vuoi una cosa non puoi ottenerla subito”. D. Soluzione Troviamo insieme una soluzione e intanto andiamo avanti per la strada o, se siamo in casa, andiamo avanti a fare le cose che dobbiamo fare. E. E se non si calma? Se non si calma subito o se magari all’inizio continua a essere arrabbiato o riprova e insiste perché sa che, tutte le volte in cui ha insistito, poi noi abbiamo ceduto. È quindi necessario mantenere la calma, restare fermi sul No senza esplodere a nostra volta con rabbia e nervoso e soprattutto mettendoci dalla sua parte. Sii serena e non sarà neppure il caso di metterti lì a convincerlo a tutti i costi per farlo calmare, non avere fretta, resta ferma sul No, mantieni la calma, sii comprensiva. Di solito si calmano in breve tempo se usi questa modalità. Se dovesse insistere accoglilo con calma, di tanto in tanto, senza avere la fretta che si calmi a tutti i costi subito. La chiave per gestire le crisi di rabbia di tuo figlio è sempre accogliere il suo stato d’animo e agire da Aiutante Magico restando calma, evitando ricatti/punizioni che nel tempo non aiutano a creare una relazione di fiducia. In questo modo tuo figlio si sentirà compreso e troveremo delle soluzioni, anche se l’oggetto del desiderio non è possibile ottenerlo subito. Ultimo aspetto importante: ricordati di osservare eventuali motivazioni di fondo che magari in superficie non sono così evidenti ma sono le vere cause che fanno scattare queste sue esplosioni di rabbia e di pianto.
Come trasmettere le regole a ragazzi e adolescenti?
I nostri ragazzi non sono ormai più bambini piccoli: come possiamo riuscire a trasmettere le regole ai figli adolescenti e a farle rispettare senza dover lottare e senza dover accendere fuochi inutili? Quando i figli diventano preadolescenti o sono adolescenti avremo a che fare anche con l’integrazione di abitudini più difficili come ad esempio: la forza di volontà per spegnere i videogiochi quando è ora la forza di volontà di impegnarti e di finire di studiare se l’indomani c’è un compito in classe o se non vuoi rimanere indietro la forza di volontà di riordinare la tua camera, rifare il letto anche se non hai voglia ed è una cosa noiosissima ecc Man mano che crescono i nostri figli hanno bisogno di parlare e a volte anche discutere delle regole. Ciò che possiamo fare è dunque “metterci a tavolino” insieme e parlare di ciò che va fatto perché, ad esempio a seconda della situazione: si viva in una casa ordinata e pulita lo studio è importante e abbiamo deciso che questo ciclo di studi si deve concludere, magari alla bene e meglio, ma va finito e quindi in qualche modo bisogna affrontare lo studio. se riteniamo che tu possa giocare con i videogiochi, ma non ad oltranza, non passerai tutta la notte sui videogiochi ecc Ci mettiamo insieme a tavolino o sul divano e ne parliamo, ne discutiamo insieme, troviamo insieme delle soluzioni. Un esempio: ragazzi ho bisogno che mi aiutiate tenere la casa ordinata! Ad esempio supponiamo che ci sia bisogno di integrare l’abitudine di aiutare in casa tenendola in ordine. Parleremo ai nostri ragazzi, anche già dagli otto-nove anni in su, quasi come se fossero adulti, perché in grado di ragionare sulle cose personalmente. Diremo ad esempio che da soli non riusciamo a fare tutto, parleremo delle nostre necessità, delle nostre motivazioni. Gli parleremo di che cosa ci sta a cuore, che cosa ci preoccupa, che cosa desideriamo da parte loro. Diremo che vogliamo ascoltarli, che vogliamo ascoltare tutto ciò che hanno da dire su quello che per loro non va, che non hanno voglia di fare o che non piace. È importante non alzare muri tra noi e loro. Aiutiamoli ad esplicitare ciò che pensano: “Dimmelo pure: riordinare ti fa schifo. Trovi inutile rifare il letto alla mattina se tanto poi alla sera lo devi disfare” Sono quindi da evitare quelle frasi del tipo: “È così, basta, non si discute. Mi devi rispettare perché sono tua madre”. Perché altrimenti li abbiamo persi. I nostri ragazzi sono delle menti intelligenti. Se non faccio sentire un ragazzo giudicato, se gli parlo riconoscendo la sua consapevolezza e la sua maturità per l’età che ha trattandolo come chi ha voglia di crescere e diventare responsabile, allora non si chiuderà completamente, non trasgredirà o cercherà comunque di dare una mano. Ecco cosa nel pratico potremo dire per esempio: “ Abbiamo un problema: non ce la faccio più a fare tutto. Ho piacere che la casa sia ordinata e che tutte le parti della casa siano ordinate, comprese la vostra camera, le vostre cose, i vostri armadi. E poi sinceramente (e so che voi questo discorso non volete sentirlo), ci tengo anche a trasmettervi questa buona abitudine. Perché poi comunque, quando tutto è ordinato, la mente lavora meglio. Il corpo lavora meglio. Però è veramente noiosissimo, riordinare neanche a me piace. È uno sforzo anche per me perché non mi piace. Preferirei mettermi a leggere. Odio mettere in ordine e preferirei andare a fare una passeggiata. Però dopo aver fatto ordine in effetti sto meglio. Avere invece la casa che è un caos e dover impiegare una giornata intera alla settimana o ogni quindici giorni per rivoluzionare tutto perché ormai dobbiamo calpestare la roba per passare non è possibile. Dobbiamo venirci incontro. Qua servono tutte le nostre energie da samurai perché dobbiamo trovare un punto d’incontro” A questo punto li ascolteremo oppure saremo noi direttamente a dire: “Lo so che fa schifo riordinare, che sembra una perdita di tempo considerando anche tutto quello che hai da studiare. In effetti é una paranoia galattica. Dobbiamo trovare un punto d’incontro. Facciamoci venire delle idee. Facciamo un po’ di brainstorming perché insieme dobbiamo aiutarci”. Per trovare una buona via di mezzo, anche in questa fase eviterei di partire a tutta velocità dicendo: “Allora se io tengo ordinata la mia camera da letto, anche tu devi tenere ordinata la tua camera da letto. Quando io faccio le pulizie, anche tu fai le pulizie. L’armadio deve essere sempre a posto. Devi essere responsabile delle tue cose, ecc…” Se siamo una squadra, probabilmente partirei… come se fossimo una squadra 😊 Comportiamoci come se avessimo davanti non i nostri figli adolescenti, ma delle amiche o degli amici adulti con cui farei squadra. Ecco che allora possiamo procedere in questo modo: “Cosa ti piace fare? A me piace meno fare questo e a te? In questo invece mi sento forte, tu dove ti senti forte? Perché magari uniamo le forze due volte alla settimana e ognuno fa qualcosa proprio in base a cosa decidiamo insieme. Io posso togliere la polvere e lavare per terra. Tu puoi piegare i vestiti e sistemare le cose nell’armadio, ecc.” O ancora, proprio puntando su ciò che più ci piace fare o non amiamo: “A me piace stirare e posso farlo per tutti. Tua sorella preferisce togliere la polvere. A te piace passare l’aspirapolvere e lavare il pavimento e puoi fare quello”. Come fare per mantenere questi accordi? Ecco un esempio pratico: “Dato che non possiamo lasciare che da una volta all’altra questa casa diventi di nuovo il finimondo, ragazzi, che ne dite se ci aiutiamo a vicenda? Allora voi sapete benissimo in cosa io sono disordinata, giusto?” “Sì, mamma. Lasci tutta la roba fuori dai cassetti in bagno: i tuoi trucchi e le creme. Alla fine sei sempre di corsa e non le metti mai nell’armadietto. La sera non hai mai voglia di lavare i piatti, non li metti in lavastoviglie e alla fine è tutto poi da fare la mattina dopo, quando siamo di corsa. E poi non ti piace are il letto…ti dimentichi e non cambi le lenzuola tutte le settimane.” “Sì, tutto vero! Voi invece non mettete mai i libri in ordine. Tirate fuori la roba dall’armadio per vedere cosa vi volete mettere e poi non la ripiegate e non la rimettete dentro. Allora ci impegniamo ad aiutarci: io mi impegno a cambiare le lenzuola una volta alla settimana, a mettere i piatti in lavastoviglie la sera e a sistemare le mie creme e i miei trucchi ogni volta che li uso. Se per caso voi vedete che io mi dimentico, o magari tu Lucia, dopo un’ora, vai a fare la pipì e vedi che mi sono dimenticata di mettere via tutta la mia roba in bagno mi chiami. Ma non è che mi sgridi, dobbiamo aiutarci. Me lo dici gentilmente, mi chiedi magari se vuoi aiutarmi perché sono le prime volte e magari ancora non riesco da sola. E io faccio la stessa cosa con voi. Se mentre metto la roba nel cassetto vedo che c’è un gran caos, verrò da te e…. Lucaaaa sono andata di là e nel cassetto ho trovato qualcosa che non andava…c’è stata una rivoluzione nel cassetto! Che facciamo? Sono le prime volte.. Dai, lo facciamo insieme se non hai tempo o non hai voglia. Dai, avevamo deciso che questa era una sfida, lo fai in 5 minuti e poi ti aiuto io a studiare!” Regole adolescenti: ma come fanno ad imparare senza durezza e punizioni? Dopo aver letto questi consigli potresti pensare che in questo modo i tuoi figli non impareranno. Che tu sei cresciuta o cresciuto con la concezione che solo la durezza e la punizione possano aiutarli ad imparare e che questa modalità non sembri affatto rigorosa. Potresti pensare che in questo modo non integreranno mai la disciplina nella loro vita. Ma proviamo a fare un paragone con noi adulti, secondo me piuttosto calzante. Io, adulta, sono più disciplinata se qualcuno mi dà la frusta addosso per obbligarmi a fare le cose, oppure sono disciplinata se mi do degli stimoli, se mi motivo? Se qualcuno allo stesso tempo mi accoglie, mi dice “Guarda, lo so che è difficilissimo lavorare dodici-quattordici ore al giorno, eppure Roby in queste settimane ci devi dare dentro. Dai, magari alla sera ti cucino qualcosa di buono!” O magari con il mio dialogo interiore mi dico: “Dai, Roby, ce la fai. Sei bravissima. Guarda quante cose stai facendo. Stasera ti fai una bella doccia calda, poi ti rilassi.” Una modalità di questo tipo, più morbida, mi fa davvero essere una persona meno disciplinata? Mi fa trasgredire? Assolutamente no. Per i nostri ragazzi, che stanno crescendo, è la stessa cosa. Negli anni ho osservato che più do loro fiducia, più riconosco la loro consapevolezza, la voglia di impegnarsi, evitando di creare lotte di potere, e più loro dimostrano la voglia di darmi una mano. Trovo che con i ragazzi funzioni tantissimo il concetto di solidarietà, di squadra, di aiuto reciproco. Possiamo anche aiutarci disegnando ad esempio una mappa con tutte le nostre tappe della settimana e con i task di ognuno, in modo da avere tutto ben chiaro e in modo da poter segnare ciò che è stato fatto. Ci complimentiamo a vicenda, se abbiamo bisogno di una mano chiediamo agli altri di darci una mano: “mamma, oggi proprio non voglio, non ce la faccio: domani ho l’interrogazione di chimica e oggi mi toccherebbe la spolverata. Per piacere mi dai una mano? Oppure puoi farlo tu e in cambio io domani cambio le lenzuola per tutti perché tanto sarò tranquillo e avrò un sacco di tempo sabato per studiare”. Credo che questa sia la maniera più efficace per aiutare i nostri ragazzi a irrobustire la loro disciplina, imparare le regole, abituarsi a nuove abitudini, anche quando non hanno voglia, anche quando sono cose che non piacciono. Un altro esempio pratico: la disciplina nell’utilizzo dei videogiochi Possiamo applicare la stessa modalità per i videogiochi. Possiamo metterci anche in questo caso a tavolino e possiamo spiegare tutte le motivazioni per le quali non gradiamo. Spiegherò quindi tutte le mie motivazioni per cui non gradisco che stia troppo tempo a giocare con i videogiochi, il perché sinceramente non voglio e perché questa cosa mi preoccupa. Che la mia intenzione non è quella di privarlo dei videogiochi. Dirò secondo me che cos’è pericoloso e quale sia secondo me la maniera migliore per utilizzarli. Lui mi dirà la sua motivazione, cosa gli piace dei videogiochi e perché li usa. Mi dirà quando si accorge che si sta stancando, ma magari non ha la forza di smettere perché i suoi amici non stanno smettendo e si sentirebbe magari meno di loro. Mi racconta le sue difficoltà. Si definisce una regola di base di quanto si può stare, di come si deve stare, che se ha difficoltà a spegnere andrò io, lo aiuterò, parlerò io con i suoi amici. O troveremo insieme soluzioni come ad esempio portare gli amici anche qui a giocare ogni tanto, così potrò monitorare la situazione. Se ne parla insieme, sempre facendo leva sulla consapevolezza e sull’intelligenza che i ragazzi hanno quando crescono. Preadolescenti e adolescenti ribelli: cosa potrebbe non funzionare con le regole? Anche nella trasmissione delle regole, così come nella risoluzione dei conflitti, ci sono degli elementi che potrebbero vanificare o rendere meno efficace questo tipo di approccio. 1. Innanzitutto il “fattore abitudine”, soprattutto se siamo abituati ad arrabbiarci, a fare la morale, a essere molto duri. Per questo motivo all’inizio sarà forse un po’ complicato, trovare una via di mezzo tra l’essere ferma, ma avere questa modalità “morbida” in cui c’è una comunione di intenti si dialoga. È questione di abitudine: prova a non desistere, continua giorno per giorno ad allenarti, anche se le prime volte dovessi incontrare delle difficoltà. 2. Un’altra cosa che potrebbe succedere, è il fatto di non riuscire ad essere e rimanere così calmi. Magari ti viene subito il nervoso, ti arrabbi in generale, ti arrabbi con loro, ti viene da giudicarli come dei disordinati, dei maleducati. Senti di voler essere ascoltata e non ti senti abbastanza apprezzata da loro. Se così fosse, ti suggerisco allora di lavorare proprio su te stessa e sull’imparare a riuscire a rimanere più neutrale possibile. 3. Un’altra cosa che potrebbe vanificare un pochino i nostri intenti è, anche in questo caso, il fatto che con loro abbiamo faticato negli anni precedenti a costruire una relazione di fiducia. Se questa relazione di fiducia è venuta meno perché magari negli anni non li abbiamo mai ascoltati, di solito li rimproveravamo, usavamo le punizioni, le sgridate, ci sono conflitti legati alla gelosia tra fratelli o sorelle si sono sentiti trascurati da te si sono sentito giudicati in questi anni sei stata fredda e dura con loro o, al contrario, ti riconosco come un genitore troppo molle. non hanno fiducia in te. Allora è probabile che all’inizio tu debba dedicare qualche settimana o qualche mese a risanarla e ricostruirla e nel frattempo, puoi comunque iniziare a mettere in pratica questi suggerimenti proprio anche per aiutarti nel cercare di ricostruire un po’ alla volta, una relazione di fiducia. Puoi anche approfondire leggendo il nostro articolo: Conflitti Adolescenziali: da dove iniziare?
Smettila di essere Aggressivo! 5 motivi che scatenano l’aggressività dei bambini con i genitori e a scuola
A volte i bambini picchiano la mamma, lanciano oggetti, mordono, tirano calci, urlano, sono aggressivi a scuola verso compagni, insegnanti, verso le cose… Prima di capire COSA fare, è fondamentale capire PERCHÈ i bambini arrivano a essere aggressivi a casa, a scuola o con gli amichetti. Ci sono molti motivi che sviluppano tensione, rabbia e aggressività e forse molti di questi non te li aspetti nemmeno. Capita che ci siano genitori che mi dicono: “io sono dolcissimo con mio figlio, non faccio nulla di estremo, cerco di prenderlo per le buone. In casa nessuno picchia, nessuno alza le mani, eppure lui…” Spesso i bambini quando sono molto piccoli e cominciano a picchiare, a tirar calci o a innervosirsi hanno l’esempio di adulti di riferimento che, senza rendersene conto, alzano la voce, spaventano: “Basta! Ti ho detto smettila. No eh! Dammi sta roba. Basta adesso!” “No fermo! Smettila!” Oppure sbattono le porte quando sono arrabbiati, strattonano le cose, sbattono le ante degli armadietti, ecc. Risposte di questo tipo, banali e comuni, bastano per generare nel bambino tensioni e paure che necessariamente ha bisogno di scaricare all’esterno. Soprattutto nella prima infanzia quando i bambini non hanno ancora dimestichezza con le proprie emozioni e con la capacità di verbalizzarle o farsi aiutare da un adulto a gestirle. Possono esprimersi solo con quello che conoscono, il pianto e il corpo. Nel momento di gioia, tranquillità e serenità abbracciano, sorridono, ballano, ma quando il corpo è carico di tensione allora picchiano, urlano e tirano calci. Bambini che rompono tutto, graffiano, picchiano i genitori: ecco 5 motivi che scatenano l’aggressività 1. Si arrabbia perché non sa ancora esprimere il suo problema La tensione si accumula anche quando i genitori non se ne rendono conto. A volte i bambini semplicemente sono contrariati, si irritano per un atteggiamento di qualche altro bambino, magari gli viene sottratto un gioco che stanno usando o non vogliono giocare con un amichetto insistente… magari sono stati presi in giro o papà e mamma non l’hanno capito, insistono perché non faccia qualcosa che lo incuriosisce molto… Il bambino si irrita, è piccolo, non sa ancora esprimere il suo problema a parole, la sua difficoltà e chiedere aiuto, lo fa col corpo, lo fa con quella che noi chiamiamo “aggressività”. 2. I bambini diventano aggressivi per la tensione che accumulano Un altro motivo è l’accumulo di tensione “specchio”. Anche se sembra un concetto marziano, davvero i bambini assorbono dall’ambiente circostante. Se mamma e papà sono in tensione, sono stressati, si lamentano, se si trattengono ma sbatterebbero volentieri tutto se solo potessero… Se cercano di essere una maschera di porcellana bella sorridente, ma dentro bollono, sono una pentola a pressione che sta per scoppiare, il bambino lo sente e assorbe questa tensione che necessariamente, prima o poi, deve sfogare. È sufficiente qualsiasi evento, anche quello più inaspettato, per farlo saltare con un capriccio, un calcio o un morso. 3. Il bambino diventa aggressivo perché difende il suo spazio Altre volte i bambini hanno bisogno di difendere il loro territorio. Tengono molto ai loro giochi, tengono molto a mamma e papà, tengono molto ai loro spazi che per loro sono una sicurezza, una garanzia del mondo con il quale possono interagire, del fatto che loro esistono, che possono interagire toccando, sperimentando… Nel momento in cui sentono vacillare il predominio su questo territorio perché qualcuno gli prende il gioco, perché papà o mamma dicono “Basta! Adesso tutte queste cose non le tocchi più” hanno bisogno di difendersi o di esprimere la delusione. Se noi genitori non sappiamo mediare e gestire al meglio la situazione includendo anche l’emotività di nostro figlio, è molto probabile che lui reagisca con l’aggressività. 4. Non ha limiti Una causa paradossale dell’aggressività nei bambini è la mancanza di confini. Quando un bambino sente di avere di fronte un genitore insicuro, un genitore che non sa scegliere, magari fragile, va in confusione. I bambini hanno bisogno di tanto, tanto amore ma, allo stesso tempo, hanno anche bisogno di fermezza, di sentire di avere davanti un genitore che sa decidere, che sa dire di no in modo adeguato. Oggi la maggior parte degli adulti è fragile. Non sappiamo prendere delle decisioni, non sappiamo dire NO senza rabbia, senza urlare con equilibrio e fermezza, non sappiamo non cambiare idea. Spesso mamma e papà delegano la decisione al bambino in merito a scelte della quotidianità che sono di competenza dell’adulto: “Andiamo adesso? Andiamo dopo? Vuoi mangiare? Cambiamo il pannolino? I compiti, boh? Li facciamo adesso? Forse preferisci andare prima di là, forse… ma… non lo so…” Questa forma di insicurezza è una grande fonte di stress per i bambini. Loro hanno bisogno di sentire tutta la forza interiore del genitore. Se manca si sentono destabilizzati, impauriti e spesso reagiscono proprio con l’aggressività. 5. Bambini aggressivi a scuola e con altri bambini Capita spesso di assistere a bambini che diventano aggressivi o aumentano la loro aggressività quando inizia la scuola dell’infanzia. Devono stare otto ore attenti, seduti, concentrati, ad ascoltare senza avere la possibilità di esprimersi, a fare esercizi magari noiosi e ripetitivi. I bambini, ad un certo punto, sentono di dover esplodere, di doversi ribellare. E lo fanno manifestando un comportamento aggressivo. 4 soluzioni per l’aggressività e la rabbia dei bambini Che cosa fare? Prima di tutto osserva la tua quotidianità, osserva la tua interiorità, osserva il rapporto che hai con tuo figlio. Magari la motivazione è una di quelle elencate sopra. 1. Osserva il tuo atteggiamento Non te ne rendi conto e forse accumuli stress, tensione, con tuo figlio sei molto dolce ma dentro sei un vulcano che sta per eruttare e tuo figlio lo sente. A volte non te ne accorgi e sei stanca, frustrata, non ce la fai più, sei alla fine della giornata, ti scappa la pazienza o ti scappa la piccola sberla, lo strattoni dalla maglietta anche se non volevi farlo. Hai un atteggiamento duro, scontroso, ti arrabbi, alzi la voce… tutto questo serve ad alimentare le frustrazioni di tuo figlio. Cerca di mantenere la CALMA prima di tutto. Come? Distraiti, prenditi degli spazi per te, dedicati qualche minuto nella giornata, ricomincia da qualcosa che ti piace, ma fai il possibile per ricaricare le batterie e per riposarti. Non possiamo essere calmi e pazienti con i nostri figli se non ci riposiamo e non pensiamo anche a noi e al nostro benessere. Ogni mamma sa benissimo per esperienza che nei giorni in cui è più serena e riposata riesce a gestire meglio qualsiasi situazione con i figli, “capricci” compresi! 2. Attenzione al ritmo Osserva la giornata, la settimana e fai attenzione ai ritmi troppo frenetici. I genitori che non sanno gestire al meglio l’organizzazione familiare e vanno continuamente in confusione, dimenticano le cose, si lamentano, sono nel caos perenne, passano involontariamente questo stress ai figli. Trova il modo di rendere fluida la scaletta delle cose da fare, degli impegni di ognuno, fai sì che il ritmo rispetti i tempi di tutti i familiari. Anche il ritmo della giornata è le cose da fare sono riferimenti importantissimi per il bambino, perché gli danno serenità e tranquillità. In questa nuova organizzazione è necessario far attenzione a un buon tempo per coltivare la relazione con tuo figlio: ascoltarlo, accoglierlo, dargli il tempo per sperimentare e sostenerlo, raccontare, dargli il tempo di sbagliare e rimediare, il tempo per le coccole, il tempo per gestire i tuoi no e i suoi no. Quando succede qualcosa o fa un capriccio cerca di non partire subito con “NO smettila!”, cerca di comprendere cos’è successo. Guardalo negli occhi, prenditi del tempo per giocare con lui in modo che si senta rassicurato, accolto e considerato. 3. La qualità dell’ascolto Quando ascolti tuo figlio, quando sei disponibile, quando riesci a essere ferma senza delegare le scelte, focalizzati sui suoi bisogni, concentrati su di LUI. Prova prima a ragionare sui mille NO che ti partono per qualsiasi cosa: “Non andare lì. Aspetta! Adesso no. Dobbiamo farlo dopo, sempre dopo, e continuamente dopo” Prova a pensare se di quei mille no qualcuno puoi non dirlo. Magari scopri che solo 200 sono NO utili e gli altri sono solo freni. I bambini diventano aggressivi quando sentono limitata la loro creatività, la possibilità di esprimersi, la possibilità di essere se stessi. Allora cercare di dosare questo atteggiamento, di fargli capire che anche se il tuo è un No, hai comunque compreso molto bene la sua motivazione, sei con lui, sei empatico… Questo lo rassicura tantissimo e lo aiuta a gestire meglio la sua interiorità. 4. Il contenitore fisico Le punizioni e le sgridate alla lunga con tuo figlio non funzionano. I bambini aggressivi puniti o sgridati possono solo peggiorare il loro stato d’animo. Il contenitore fisico è la vera alternativa. L’abbraccio, la coccola, la stretta amorevole, il tocco, il contatto visivo, la carezza, la calma interiore che tu genitore puoi trasmettere a tuo figlio sono perle. Ora che hai queste soluzioni non ti resta che mettere in pratica. So benissimo che non è sempre semplice all’inizio, ci vuole tempo, ma la buona notizia è che la perseveranza fa miracoli! Da ricordare: l’aggressività dei bambini è una “ribellione” che ha bisogno di essere sfogata e accolta Come hai già letto un bambino che morde, alza le mani ai genitori o lancia gli oggetti è un bambino che ha bisogno di liberarsi di uno stato d’animo “scomodo”. C’è qualcosa che vuole comunicare, una difficoltà che non riesce a risolvere, delle emozioni forti che non riesce a scaricare se non con il corpo o verbalmente. Non ha imparato un’altra modalità e quindi si esprime con quelli che noi definiamo atteggiamenti aggressivi. I bambini hanno bisogno di sentirsi compresi nei loro bisogni. Non hanno bisogno di essere attaccati a loro volta. Ti faccio l’esempio del fuoco e dell’acqua. Se davanti a un bambino aggressivo (il fuoco) mettiamo altro fuoco otteniamo semplicemente un fuoco più grande, se mettiamo della benzina anche, anzi peggio. Se noi, vicino a questo fuoco, mettiamo dell’acqua neutrale, limpida e pulita il fuoco non può fare altro che spegnersi. Ti suggerisco di ricordare questa metafora proprio nei momenti in cui dovrai affrontare un episodio di aggressività di tuo figlio. I bambini aggressivi spesso si ribellano a qualcosa che sta loro molto stretto Non solo regole e limiti (che ovviamente sono necessari), ma anche qualche No detto malamente, magari un atteggiamento repressivo dell’adulto, un modello educativo molto rigido fatto di troppe punizioni, troppi no, troppe sgridate, troppe alzate di voce, troppi “Stai fermo! Quello non farlo, lì non andare” La parola aggressività è un’etichetta, ma nella realtà è solo la manifestazione di un bisogno. È sempre un segnale di una richiesta di aiuto da parte dei bambini. Forse stiamo sottoponendo nostro figlio alla frequentazione di un ambiente, scolastico, familiare o altro, che non gli permette di manifestare sé stesso. Infatti per natura i bambini non sono né ribelli, né aggressivi. Sicuramente c’è il bambino che ama di più muoversi, correre, il bambino che ha un tono di voce più alto, il bambino che ama mettere in disordine, differente rispetto a un bambino che fa le cose con più calma, più lentamente, magari non ha bisogno di mettere tutto in disordine per giocare, magari crea in un altro modo, in un modo che noi definiamo più tranquillo, più sereno. Si tratta semplicemente di nature differenti, di talenti differenti. Quando assistiamo all’aggressività, alla rabbia, all’ira, allo sfogo, abbiamo sempre uno stato d’animo non espresso, qualcosa che in un bimbo non è stato compreso, una ribellione che ha bisogno di essere sfogata e accolta. Spero che questa visione ti aiuti a comprendere sempre meglio il Libretto delle istruzioni di tuo figlio e come puoi aiutarlo nei suoi momenti di difficoltà in cui ha bisogno di te. Ha bisogno di un Aiutante Magico. Quindi, di sicuro non dobbiamo favorire le risposte aggressive o fare finta di nulla perché esprimono un bisogno, ma è utile, oltre alla fermezza necessaria in questi momenti, osservare la motivazione, risolverla a monte e ricordarci di accogliere il loro disagio invece di giudicarli. Per approfondire la causa dei comportamenti di tuo figlio puoi leggere: Perché i capricci di tuo figlio non sono comportamenti isterici e inspiegabili?.
Mio figlio si isola, non socializza e legge Platone! (E perchè alcuni ragazzi fanno cose estreme per farsi notare?)
Molti genitori si preoccupano quando i loro figli si isolano e preferiscono stare a casa, amano leggere, non hanno il desiderio di uscire per stare con gli amici, andare al bar, in discoteca… insomma quando non sono “normali come gli altri”. Parliamo di tutti quei bambini e ragazzi che magari si sottomettono all’esterno, ma in realtà lo fanno per sopravvivere. Sono ragazzi che tendono a isolarsi, amano il silenzio, sono molto consapevoli, spesso non devi spiegargli nulla. Perché mio figlio si isola e non socializza? La causa frequente Il figlio che tende a isolarsi è come un filosofo che si trova con gli ultras della squadra dell’inter. Che cosa si possono raccontare? Per lui spesso è una tortura stare nel gruppo. Non è lui che ha ritardi o problemi, tutt’altro! È semplicemente più sensibile, vede le cose in maniera diversa rispetto ai coetanei, magari vuole stare lontano da relazioni fatte da convenienza, ipocrisia, da conversazioni giudicanti (quasi tutte). Ecco perché esiste da un lato chi fa gruppo (la maggioranza) e dall’altro chi si isola (sempre di più). Per comprendere più a fondo l’isolamento degli adolescenti entriamo un attimo all’interno di un gruppo. Quali sono i temi trattati? Il sistema solare, perché si nasce, perché l’uomo si ammala, perché il sole non si spegne mai… Non credo. Nel gruppo, con la sigaretta accesa in una mano e una birra nell’altra, si parla di dove organizzare la prossima festa con musica assordante, della prossima gara in motorino o in macchina, di quante ragazze ognuno abbia conosciuto su facebook, di come rompere le scatole a qualcuno per non annoiarsi, di come vestirsi o pettinarsi i capelli… Come può un ragazzino, che possiede un certa sensibilità, fare gruppo su questi temi? Non gli interessano, gli sembrano una perdita di tempo, preferisce stare a casa e leggere un romanzo, o stare da solo in pace davanti al computer o con le cuffie nelle orecchie per tappare tutto quello che gli arriva dall’esterno e che sente così lontano da sè. Ecco che quel comportamento strano che tu ritieni un isolamento in verità è l’unica via che ha trovato tuo figlio per stare meglio con se stesso. Sei sensibile, asociale e timido: quindi non sei “normale” come gli altri Ognuno, per vari motivi, nasce con un certo livello di sensibilità e l’ambiente esterno famigliare può: contribuire a risvegliare questo aspetto totalmente reprimerlo, come succede da modelli educativi “tradizionali” che prevedono subito toni duri e regole di ferro nei primi 7 anni, quelli della fase egocentrica, in cui i bambini, per loro natura, le regole proprio non le assimilano tramite le spiegazioni razionali (e questo non significa che bisogna essere troppo permissivi). condizionarlo involontariamente attraverso il nostro modo di fare, di comunicare, attraverso le nostre emozioni e le nostre credenze sulla vita. Il dramma: “mio figlio non socializza, è diverso!” Senza determinate conoscenze è ovvio che i genitori etichettino certi comportamenti dei loro figli come “diversi” dagli altri. Perché per cultura del passato siamo stati abituati a omologare i bambini e i ragazzi. Tutti devono essere uguali. E chi esce fuori dalle righe imposte dagli adulti non è normale. Ecco che decisioni e modi di fare “strambi” spesso vengono interpretati come un capriccio, un lotta di potere, o come un segnale di allarme. Il bambino o il ragazzo incomincia a sentirsi diverso, non accettato, rifiutato. Cresce con la convinzione di essere anormale, percepisce “cose” e sente di possedere “facoltà” che non può condividere con nessuno. E si isola ancora di più. Oppure, cerca in tutti i modi di adattarsi alla cultura, alle mode, ai gusti dei coetanei, finendo per perdere la propria identità e iniziando a manifestare un malessere profondo che può sfociare nella depressione, nel fare il bullo dal superego smisurato, in problemi con il cibo o nell’uso della droga o dell’alcool. Infatti a volte questi tumulti interiori sono tali da sfociare a volte in dipendenze e atti estremi come ultimi tentativi di essere notati e compresi: “fino ad oggi non mi hai capito, hai rifiutato chi sono e la mia natura: ora faccio cose che non puoi non notare” Come posso aiutare mio figlio? A te genitore, per comprendere tuo figlio, in questo caso è richiesta tanta comprensione ed empatia nei suoi confronti. L’unica cosa che puoi fare, ma veramente l’unica, e sostenerlo nei suoi desideri e impulsi emotivi. Non forzarlo a fare cose che non sente di fare. Se ti chiede a Natale un libro o un nuovo programma per il computer piuttosto che il piercing, il tatuaggio, il motorino, non ti preoccupare, sostienilo, assicuralo e aiutalo a essere se stesso, a seguire i suoi intenti. Ora ecco 3 punti che ti possono aiutare da subito: 🟠 evita di giudicarlo, di paragonarlo agli altri e di etichettarlo come anormale 🟠 Rifletti davvero se davvero hanno senso i tuoi timori su: “Mio figlio non socializza! Mio figlio è timido! Non vuole uscire con gli amici! 🟠 gioca al giorno del silenzio: smetti di chiedere “perché stai chiuso in camera?”, “perché non mi parli?”, “perché non hai mangiato?” e sorridigli, accoglilo, mettiti a disposizione per fare qualcosa di bello per lui (anche se a te non piace). Onoralo come se fosse la creatura più meravigliosa e perfetta del mondo, anche se fino a ieri avete urlato e vi siete sbattuti le porte in faccia 🟠 prova a fare un excursus degli anni precedenti e scrivi su un foglio che cosa può essere andato storto nella vostra comunicazione emotiva, prova a pensare se tuo figlio può avere oggi vuoti affettivi che dovevano essere riempiti in passato. Valuta se alcuni atteggiamenti tuoi o del tuo compagno/della tua compagna possono averlo influenzato (per esempio: tuo figlio risponde molto male e si isola ma in effetti è un atteggiamento molto simile a quello di suo padre quando rientra stanco dal lavoro o a quello di sua madre quando le cose non vanno come lei vorrebbe). Scrivi tutto. Il giorno seguente riprendi in mano questo foglio con l’elenco e rileggilo. Vedi a quali nuove riflessioni, sensazioni, soluzioni ti porta. E poi brucialo. Aiuta la fragola a maturare e non forzarla a produrre banane Perché forzarlo a fare cose diverse da quello che sente equivale a somministrare sostanze alla pianta di fragole per indurla a produrre banane. Impossibile. Danneggerai la natura stessa della pianta. Lui si sentirà rispettato e rispetterà te. In fondo che diritto hai di giudicare la sue scelte di studio, di come passare il tempo. Tu come ti sentiresti? Se lo rispetterai aiuterai la piantina di fragole a prepararsi e crescere sana e robusta. Un giorno vedrai le fragole: unendo i puntini del passato fino a quel momento, scoprirai che tutto ha avuto un senso. Per approfondire: scopri qui i 7 MODI per ottenere Rispetto e Fiducia da parte di tuo figlio.
Le 9 frasi che fanno sentire tuo figlio uno “sfigato” (e limitano l’autostima dei bambini)
Fiumi di parole sono state scritti su cosa fare o non fare con i bambini per crescerli con una elevata autostima e fiducia in se stessi. C’è chi dice che: bisogna lodarli per aumentare l’autostima altri che bisogna motivare i bambini che si sentono inadeguati altri ancora che bisogna rimproverarli quando sbagliano poi è arrivato il rinforzo positivo stile “ammaestramento animali”… Insomma i filoni che promettono risolvere una bassa autostima dei bambini oppure che forniscono indicazioni su come aumentarla sono tanti. Ma alla fine, nella pratica di tutti i santi giorni in casa, trascorsi fra sveglia di corsa per andare in tempo a scuola, pranzo, compiti (e minacce per finirli), scarrozzamenti vari fra sport o corsi di musica, merenda fatta sul divano sbriciolando ovunque, litigi e botte con la sorella, cena con capricci perché manca l’aranciata a tavola… cosa veramente influenza e condiziona la sicurezza di sé e l’autostima di tuo figlio? Si può davvero aumentare l’autostima nei figli? L’errore più comune sull’Autostima dei bambini e dei ragazzi Sfatiamo subito un grande mito: autostima non equivale a “quanto siamo belli e bravi”, “reggiamo il confronto con gli altri”, “ci potenziamo per raggiungere il risultato”, “ci facciamo il ritocchino o ci gonfiamo i muscoli perché così siamo come…”. Se consideriamo i bambini, i ragazzi e noi genitori Autostima significa sempre: auto-stimarsi ovvero conoscere il peso di sé, di quanto e soprattutto di come si vale, nel senso di quali sono e che peso hanno per la nostra vita le nostre virtù e le nostre debolezze. Autostimarsi infatti vuol dire: 👉 essere consapevoli delle cose su cui possiamo contare (particolari abilità, virtù, talenti, passioni) per realizzare i nostri progetti 👉 conoscere quali sono invece le caratteristiche che naturalmente non fanno parte di noi (debolezze, attività che non ci ispirano e non ci appassionano), non sono nostre passioni o talenti innati, e che non potremo utilizzare spontaneamente per la nostra realizzazione, ma che comunque possiamo decidere di imparare e sviluppare con lo studio e la pratica. Il problema è che siamo talmente abituati a basare la valutazione di noi stessi sulla base di canoni esterni, su cosa gli altri fanno e su come gli altri sono, che ci siamo convinti di non valere, di non essere capaci, di non piacere, di essere sempre inadeguati. Aumentiamo la bassa autostima? Ecco la verità su come “funzionano” i bambini La buona notizia è che ogni BAMBINO nasce con una DOSE ELEVATISSIMA DI AUTOSTIMA. Lui sa chi è, sa su quali doti può contare, sa cosa vuole e ha una ESTREMA FIDUCIA in sé e nella vita. Anche tu lo sapevi. Peccato che una relazione poco ottimale che non sa come seguire e ASSECONDAREil Libretto delle Istruzioni del bambino, mette in campo azioni, parole, emozioni che alterano questo stato idilliaco e propenso alla MASSIMA EFFICACIA insito nel bambino (evento che tutti, o quasi, abbiamo vissuto nella nostra infanzia). Autostima: come sono messi oggi i nostri figli? Non ci vuole Mago Indovino… Non sono messi mica tanto bene! Molti di loro: subiscono lo stress dei voti a scuola subiscono lo stress da prestazione eccessiva nella pratica sportiva sentono il bisogno di omologarsi alle mode del momento o ai leader sportivi o dello spettacolo sulla cresta dell’onda per sentirsi anche loro importanti mancano di rispetto ai loro genitori fanno di tutto per denigrare mamma e papà così da sentirsi di valere rispetto al modello di origine si sentono degli “sfigati” non si piacciono fisicamente non amano e bistrattano il proprio corpo si vergognano di quello che sentono e di quello che pensano soprattutto se questo differisce dalla banalità della media… Riflessioni su figli con bassa autostima Se non vogliamo ricadere nella banalità e nella superficialità di dire: “è colpa dell’allenatore”, “è colpa dell’insegnante”, “è colpa della TV”, dobbiamo porci le seguenti domande: possono le mie parole, le mie azioni influenzare l’autostima di mio figlio? È vero che io concorro a creare l’autostima di mio figlio? È vero che è bene che io faccia qualcosa perché i miei figli si stimino? Davvero è timido e si vergogna? E’ un pasticcione? Tuo figlio potrà anche avere il suo temperamento naturale ma… la tua influenza diretta e dell’ambiente esterno tende a forgiare anche la sua autostima. Facciamo qualche esempio con relativo antidoto (tutte frasi non inventate e sentite migliaia di volte dai nostri genitori, da amici, conoscenti, passanti, ecc.). Perchè i bambini perdono la loro innata autostima? Le 9 frasi che “congelano” la sicurezza di tuo figlio Per rispondere alla prima domanda e darti una soluzione pratica per non limitare l’autostima e la sicurezza di tuo figlio ecco qui una possibile soluzione: semplicemente non pronunciare frasi che fanno sentire tuo figlio svalutato, sminuito. Quindi prima bisogna conoscere le frasi “al veleno” che minano l’autostima e, una volta conosciute, bisognerebbe sostituirle con frasi “antidoto” più efficaci. Se adesso ti stai chiedendo perché abbiamo scelto di approfondire l’effetto che hanno le frasi pronunciate verso l’autostima di tuo figlio devi sapere che… Le PAROLE hanno un GRANDE POTERE. Da un lato RIFLETTONO I SENTIMENTI, lo stato d’animo, le abitudini e il modo di pensare di chi le pronuncia… dall’altro hanno l’enorme potere di PROGRAMMARE I NEURONI di chi le riceve fissandosi giorno dopo giorno fino a essere assorbiti e a essere UTILIZZATE IN MODO AUTOMATICO. Qui sotto troverai: 👉 9 esempi di “frasi al veleno”, che noi adulti diciamo comunemente e che sminuiscono l’autostima dei bambini facendoli sentire… “sfigati”. 👉 La descrizione dell’effetto che la frase potrebbe avere sull’ autostima del bambino. 👉 L’antidoto per non far crollare l’autostima dei bambini e dei ragazzi, cioè cosa potremmo dire o fare in sostituzione per non ferire o condizionare il bambino. NOTA: mentre leggi le frasi è utile chiedersi in merito all’autostima di tuo figlio: io come mi sentirei al posto del bambino? Io come mi sentivo quando me lo dicevano con tono rabbioso e duro? Ora come mi sentirei? 1° Frase al veleno: “Ma sei scemo?!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ops!… ero convinto di no… ma se lo dici tu mi fai venire i dubbi Che umiliazione…Che tristezza…Ti sto deludendo… Allora non sono normale, sono proprio scemo 👉 Antidoto: Nessuno è scemo. Cosa vuol dire per te essere “scemo”? Prima di agire, prova a osservare in te cosa ti ha infastidito dell’atteggiamento di tuo figlio tanto da non poterti trattenere e dovergli dire che è scemo (cosa che, siamo certi, non pensi veramente). “Lo so che non lo hai fatto/detto volontariamente”. “Che cosa non ti è chiaro? Che cosa non hai capito?”. “Vuoi che te lo ripeta?” (cerchiamo di mettere in discussione la nostra comunicazione al posto della sua capacità di capire o non capire). Aiutalo a risolvere invece di giudicarlo. 2° Frase al veleno: “Scommettiamo che non ci riesci?“ 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Se inizi così proprio tu che dovresti darmi fiducia… Non credi in me e quindi non valgo nulla, non sono capace… Se lo dici tu, ti credo, non ci riuscirò 👉 Antidoto: Perché non dovrebbe riuscirci? “Prova” “Riprova ancora… con calma… dai che ce la fai” “Uhm… secondo te cosa è andato storto? Come potresti fare per riuscirci?” 3° Frase al veleno: “Che disastro!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ma stavo giocando! Non è un disastro! Pensavo fosse creatività! Che vergogna!… che umiliazione! E io che pensavo… e io che ero così felice di provarci! Ti ho deluso?!… Non bisogna osare e tentare di fare cose nuove, sbagliare non va bene e fare “disastri” neanche. 👉 Antidoto: Davvero hai messo al mondo un disastro? Disastro è una bomba nucleare, i bambini in Bolivia che lavorano in miniera, ma di certo non una scatola di pennarelli caduta a terra, un bicchiere rotto, dell’acqua rovesciata, un disegno, vestiti e capelli sporchi di fango, ecc. “Come possiamo pulire?”, “come possiamo rimediare?”. “Ti sei divertito? Adesso vieni e ti dò i vestiti puliti”. “Quanti sono questi pennarelli! Raccoglili/raccogliamoli tutti”. “Ti piace rovesciare l’acqua eh?! Sul tavolo non è il massimo, vieni che ti dò una bacinella e dei bicchieri di plastica”. 4° Frase al veleno: “Lascia, basta…faccio io che facciamo prima” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ops… sono troppo lento…Non sono capace…Gli sto facendo perdere tempo… 👉 Antidoto: “Prova… riprova… non ti preoccupare… io aspetto” (se non hai tempo trovalo o inizia prima a fare le cose – l’organizzazione e l’anticipo dei tempi sono la prima arma ninja che ogni genitore dovrebbe conoscere). Se invece come spesso accade, capita proprio quando il tempo non è ben organizzato, possiamo garantirti che qualche minuto in più speso per accordarti ai tempi di tuo figlio non comporta un reale ritardo o viene presto recuperato successivamente). “Mentre riprovi io finisco di far partire la lavatrice, se hai bisogno mi chiami”. 5° Frase al veleno: “Non sei capace!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Davvero?… Non credevo… Ma se lo dici tu… Non sono capace. 👉 Antidoto: Perché questo pregiudizio? Magari ha solo bisogno del tuo aiuto. “Secondo te come mai non riesci?”. “Lo trovi difficile?”. “Prova… Prova ancora”. 6° Frase al veleno: “No! Fermo! Non si fa così!… Ma chi ti ha insegnato?!… Dammi qua…. Così si fa no?!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Veramente volevo provare… Stavo per farcela… Volevo capire… aspetta!… Volevo riprovare… Va beh… forse bisogna essere più veloci, subito pronti, io proprio non sono capace allora… 👉 Antidoto: Lascia che il più possibile possa sperimentare da solo. Se vuoi correggerlo perché quello che sta facendo è pericoloso valuta la possibilità di farlo con lui riducendo il pericolo o di mostrargli virtualmente le conseguenze senza paura, sgridate o spaventi. 7° Frase al veleno: “Sbrigati! Muoviti!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ecco… sono troppo lento… I miei tempi (e quindi io) non vanno bene a mamma e papà… Non vado bene…Non sono efficace… Li deludo = non sono degno di essere amato. 👉 Antidoto: Fai il possibile per adattarti ai suoi tempi. Soprattutto nei primi anni dove abbiamo il massimo della sperimentazione. Potrai iniziare successivamente una sorta di svezzamento quando ti accorgerai che inizia a prendere in considerazione i bisogni degli altri. Se invece bisogna proprio andare e non c’è tempo: “Tesoro dobbiamo proprio andare… lo so che ti dispiace… finisci di legarle in macchina le scarpe… vieni” (se non ti segue, puoi prenderlo in braccio con dolcezza e portarlo con te). Se ti capita di non avere i tempi allineati con tuo figlio nella quotidianità, ricordati che lui non ha responsabilità e non c’è nessun motivo per sollecitarlo ad affrettare i tempi. Sei tu l’adulto “esperto” di vita che hai bisogno di conoscere i suoi tempi fisiologici e migliorare l’organizzazione famigliare. 8° Frase al veleno: “Non riesco a cavar niente di buono da lui” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Bhè io in me ci credo… in teoria… ma tu la sai più lunga… in teoria… quindi mi devo ricredere… e poi non voglio contraddirti… farò in modo di non deluderti, di confermare quanto dici e di diventare un mediocre. Ok. Da ora in poi mi autosaboterò per confermarti che hai ragione! 👉 Antidoto: Se possibile, evita di dire questa frase. Fai un elenco di tutte le qualità che gli riconosci e concentra la tua attenzione solo su quelle per un po’ di tempo. Domandati da dove arriva la tua frustrazione (forse temi come genitore di non aver saputo far suonare in armonia le sue corde?) Le sue azioni toccano tue ferite aperte? Forse la tua svalutazione? Forse la tua insicurezza? 9° Frase al veleno: “Stavo così bene quando non c’eri…avevo più tempo…Nessuno che mi chiamava ogni secondo…” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Come per la frase precedente, prova a essere al posto di tuo figlio e domandati come potresti sentirti anche tu. 👉 Antidoto: Se stai pensando che è inutile metterti nei suoi panni, che non sarebbe la stessa cosa perché in fondo dici queste parole che ogni tanto ti scappano perché davvero se le merita, davvero occupa con insistenza ed egoismo tutto il tuo tempo e senza motivi seri…. Bhè… ti suggeriamo di domandarti innanzitutto qual è la tua frustrazione che si nasconde dietro (forse eccessiva stanchezza, bisogno di staccare o di evadere, delusione perché immaginavi diverso il ruolo di genitore, delusione perché ti credevi un genitore migliore, più paziente e accogliente, ecc.) e di cercare di risolvere quella. Se invece davvero ti sei reso conto che un figlio era meglio non averlo, adesso c’è e non possiamo piangere sul latte versato o delegare a lui la responsabilità del nostro malessere. Affronta il tuo disagio personale senza coinvolgerlo o accusarlo. Approfondimenti per la tua sicurezza e autostima Quali fattori hanno “demolito” la sicurezza e l’autostima che avevi da piccolo? Per approfondire questo tema puoi leggere: Le 5 cause che ti fanno sentire un genitore insicuro (la prima da piccolo ti umiliava) Ti capita di pensare: “Non mi sento brava!” “Mi sento imbranata!” “Ogni cosa che faccio è sbagliata!”? Guarda questo video: Ti senti sbagliata e incapace? E invece sei perfetta così come sei.